𝗣𝗮𝗸𝘆 (𝟮)

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"Mia mamma lavava nelle scale
Dopo che staccava il turno al bar
E puliva casa a tutti i miei amici
Ricordo che tornava da me stanca
Mi chiedeva se ero ancora felice"

Che Milano di sera non era più la città tranquilla di una volta, si era capito da un po'.
Quella sera in particolare, non fu delle più tranquille per la giovane ragazza.
Le sue amiche l'avevano convinta ad andare ad una festa a casa di un ragazzo poco raccomandato della zona.
Non era mai stata amante delle grandi feste, soprattutto perché non era abituata a questi inviti improvvisi.
Ella infatti impiegò molto per dare una risposta positiva alle amiche.
Era quasi mezzanotte ed arrivarono davanti alla casa di un certo Aziz, l'organizzatore.
La ragazza, appena entrata, si sentì subito a disagio e i brutti presentimenti non tardarono ad arrivare.
Suo fratello le aveva raccomandato di non andare conoscendo bene il proprietario e l'ambiente.
Odio era ciò che c'era lì dentro, le continuava a dire per tutta la durata della cena il fratello maggiore.

-Vieni a giocare al gioco della bottiglia?- le domandò una delle sue amiche.

La ragazza fece uno sguardo che non necessitava di parole di troppo.
Questi giochi non finivano mai bene.
Così restò sola in mezzo a tante persone, troppe per i suoi gusti e le sue abitudini.
Il tempo scorreva, e la ragazza continuava ad ignorare le chiamate insistenti di suo fratello, non sapendo cosa rispondergli.
Cercò le sue amiche, e quando le trovò erano ubriache fino all'orlo e incapaci di tornare a casa almeno per il momento.
Chi glielo aveva fatto fare ad andare lì?
Come sarebbe tornata a casa?
La soluzione era una.
Chiamare lui.
Prese il telefono e chiamò il contatto senza esitare.

-Pronto, ammò. -

Sentì la sua voce e le mancò il respiro per qualche minuto di troppo.

-Vi, mi vieni a prendere alla festa? Non dire niente a mio fratello.-

Aspettò con ansia la risposta di Vincenzo che non arrivò, e quest'ultimo chiuse la chiamata senza parole di troppo.
Perfetto, anche lui l'aveva abbandonata a quella maledetta festa.

-Che cosa ci fai sola? Le tue amiche si stanno divertendo.-

Si voltò in direzione della voce e vide Aziz con una sigaretta quasi consumata del tutto alla bocca.

-Preferisco divertirmi in altri modi.- rispose bruscamente la ragazza rivolgendo lo sguardo da un'altra parte.
Non si era mai sentita così a disagio.

-Vuoi farmi vedere questi modi?- domandò il tunisino avvicinandosi al piccolo corpo della ragazza.

Provò in tutti i modi a respingerlo, ma il corpo del ragazzo era il doppio del suo.

Ad un certo punto vide il corpo del ragazzo allontanarsi improvvisamente.
Cosa aveva visto?
La ragazza si voltò e vide Mattera fulminarlo con lo sguardo.

-Non le ho fatto niente. Volevo solo divertirmi un po'. - disse Aziz quasi per scusarsi ad Vincenzo.

-Stasera non voglio creare problemi davanti a lei. Ce ne stiamo andando.-

Vincenzo prese la mano della ragazza e la strinse forte, come per darle sicurezza.
In quel momento ne aveva davvero bisogno.
Si allontanarono ed entrarono nella macchina del ragazzo in silenzio.
Non le aveva ancora rivolto uno sguardo e una parola.
Mise in moto e finalmente il silenzio si spezzò.

-Grazie.- sussurrò con voce flebile la ragazzina, pronta a chiudere gli occhi e a riposarsi sul sedile della macchina.
Però non ci riuscì, infatti il moro iniziò con la ramanzina.

-Cosa cazzo volevi dimostrare andando a quella festa del cazzo?-

-La smetti con tutte queste parolacce?- gli domandò ironicamente sbuffando.

-Non è il momento di scherzare! Non fare la bambina.-

Non avrebbe dovuto chiamarla bambina, sa quanto le da fastidio.

-Bambina io? Sai come cazzo sono cresciuta.-

In quel momento non ci vide più dalla rabbia.
Non le importava delle brutte parole, delle urla.

Il moro smise di parlare e si concentrò a guidare.
Stringeva il volante più del solito, e non si curò dei limiti di velocità, della strada buia illuminata solo dalle luci dei lampioni.
La ragazza si concentrò su quest'ultimi, fino ad addormentarsi sul sedile.
Il ragazzo al volante se ne accorse solo dopo, e si soffermò sulla figura della sua ragazzina.
Da una vita era migliore amico con suo fratello, dunque aveva sempre avuto un grande senso di protezione.
Fin troppo.
Fin troppo da trasformarsi in qualcosa di più grande, di più sentimentale.
Ma come poteva stare con la sorella del suo migliore amico? Si sarebbe rovinato tutto.
E poi erano come cane e gatto.
Lei si sentiva trattata come una bambina, lui si sentiva vulnerabile davanti ai suoi grandi occhi dolci, sempre contornati da una matita nera.
Pensò alla sua vita complicata, ai sacrifici di sua madre, alla delusione dentro ai suoi occhi scuri.
Decise di portarla a casa sua, e di sistemare le cose con il fratello domani a mente fresca.

-Sveglia, bella addormentata. - le sussurrò all'orecchio spostandole una ciocca di capelli dal viso scoprendolo.

La ragazza si svegliò e scese dalla macchina quasi non reggendosi in piedi.
Si sfilò i tacchi e li portò a mano continuando a sbadigliare ripetutamente.
In un attimo si sentì sollevare da terra. Vincenzo la prese in braccio come quando era più piccola, amavano quei momenti da condividere insieme.

-Lasciami, scemo.-

Provava a liberarsi e non ci riusciva.
Ma in fondo non voleva essere lasciata.
Voleva stare per sempre tra le sue grandi braccia.
Al sicuro.
Entrarono in casa e la buttò a peso morto sul suo letto.

-Ti prendo una maglietta, scema.-

Il ragazzo prese dal suo armadio la maglietta preferita della ragazzina, quella nera che le calzava alla perfezione.
Tornò in sala e la aiutò a sfilarsi il vestito rosso, forse troppo stretto per i suoi gusti e per la sua maledetta gelosia.
Non era la prima volta che la vedeva in intimo, ma l'effetto sarebbe rimasto lo stesso.
Le mise la maglia e si distese al suo fianco in quel divano piccolo per due persone.
Ma li avrebbe fatti rimanere più vicini.
Si girarono su un fianco e si guardarono venerandosi a vicenda per numerosi minuti.

-Scusa Vi, non dovevo andare a quella festa.- enunciò la ragazza accarezzando il viso del moro, che si sentì pervadere da numerosi brividi.
Si strinsero la mano libera a vicenda, e la ragazza poco dopo appoggiò la testa sul petto del suo amico.
Eppure quella vicinanza non gli bastava.
Volevano di più.
Si desideravano.
La ragazza continuava a cambiare posizione sul divano, provando a sentirsi più vicina al ragazzo.
Ma non bastava.

-Sento che mi vuoi.-

Le disse improvvisamente Vincenzo, sfacciato come sempre.

-Sento che anche tu mi vuoi.- rispose a tono toccandosi i capelli nervosamente.

-Non adesso, bambolina.
Devi dormire.-

Rassegnati chiusero gli occhi cercando di addormentarsi.
La verità è che si sarebbero voluti per sempre.
Non si possono negare queste cose.
Non possiamo mentire agli altri, ma soprattutto non possiamo mentire a noi stessi.

Quando la mano di un uomo tocca la mano di una donna, entrambi toccano il cuore dell'eternità.

Gibran

[Se volete di più su Paky, passate sul mio profilo per leggere "Storie tristi", storia dedicata interamente a lui.
<3]

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 28, 2022 ⏰

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