𝗧𝗼𝗻𝘆 𝗘𝗳𝗳𝗲

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"Ho scelto i soldi ma non è per questo, che ho messo il mio cuore dentro a un cassetto."

Si dice che l'unica regola per un buon viaggio sia quella di non tornare come sei partito, di tornare diverso con qualcosa dentro.

Di certo, però, non mi sarei mai immaginata di non tornare letteralmente. Ma facciamo un passo indietro.

Circa dodici ore fa ero stremata, al limite della sopportazione.
Il mio ragazzo, se possiamo chiamarlo così, era tornato ubriaco da una delle tante serate con i suoi amici.

Quando ci si ubriaca, ci sono due tipologie di persone: quelle divertenti e quelle violente.
Per mia sfortuna, lui era ed è tutt'ora una di quelle violente, un alcolizzato.

Iniziò tempo fa con una spinta, che gli perdonai per il forte "amore" malato che provavo, poi passò agli schiaffi fino a superare la soglia ieri sera.

Mi risvegliai a terra piena di sangue senza ricordare, fin quando le immagini nitide presero improvvisamente vita nella mia testa: mi aveva preso a pugni.

Fu lì che capii di aver oltrepassato il vero margine, dovevo andarmene immediatamente da quella casa, prendere una pausa.

Presi le prime cose sott'occhio necessarie e le misi nello zaino, con l'intento di correre alla stazione e prendere il primo treno per Milano, quello delle nove.

Mi guardai per l'ultima volta nello specchio del bagno, cercando di coprire per quanto possibile i lividi con i capelli.

Scappai di casa cercando di lasciarmi tutto alle spalle.

Entrai alla stazione, facendo un biglietto di sola andata, non mi importava quando e se sarei tornata.

Mancava ancora mezz'ora alle nove, ma decisi comunque di avviarmi verso il binario tre.

Salii le scale, guardandomi bene intorno, c'era solo un lampione ad illuminare il posto, e la paura del buio è una cosa che probabilmente mi porterò dietro a vita.

Presi una sigaretta dal pacchetto, feci per accenderla ma mi bloccai notando che il treno aveva 180 minuti di ritardo.

-Vaffanculo!- esclamai lanciando l'accendino per terra non curandomi delle buone maniere.

-Vedo che abbiamo una principessa tra noi, complimenti.-

Una voce mi fece sussultare facendomi girare, pensavo di essere sola.

Un ragazzo di circa trent'anni era disteso su una panchina con una sigaretta ormai quasi consumata alla bocca.

Mi avvicinai per insultarlo, ma più mi avvicinavo, più la luce del lampione faceva intravedere i suoi tratti, facendomi perdere le parole.

Capelli scuri, occhi nocciola e tanti tanti tatuaggi.
Quando finalmente riuscii a sbloccarmi, gli presi la sigaretta lanciandola sul binario.

-Chi ti ha dato tutta questa confidenza?- gli domandai stizzita.

Il ragazzo si alzò di fretta fronteggiandomi, facendomi arretrare impaurita.

Lo intuii dal mio sguardo e fece qualche passo indietro lasciandomi spazio.

-Pensavi che ti avrei picchiata?- mi chiese alzando un sopracciglio.

Mi passai una mano sulla fronte sedendomi affranta sulla panchina, sempre la stessa situazione da anni, chiunque si avvicini mi provoca terrore.

-Non mi hai ancora risposto.- mi disse dopo qualche minuto di silenzio sedendosi al mio fianco, cercando di stabilire un contatto.

Sbuffai lanciandogli un occhiataccia evitandolo, ma subito dopo mi prese delicatamente il viso spostandomi una ciocca di capelli dagli occhi, e lo vide.

One shot ; 𝘁-𝗿𝗮𝗽𝗽𝗲𝗿Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora