Capitolo 4 - Parte 1

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«Lorraine, hai ordinato tu questi?» Charlotte mostrò alla ragazza un pacchetto. L'inconfondibile logo di una corona e la scritta dorata "Dolci Reali" erano stampate su tutta la carta con cui era stato avvolto il vassoio. La rossa scosse la testa corrugando la fronte; quindi, si alzò di colpo dalla sua sedia e raggiunse la sua collega per esaminare la confezione: guardò sotto, sopra e tra il nastrino d'oro arricciato, come se fosse la protagonista di uno dei suoi amati gialli e stesse cercando la prova che le avrebbe consentito di portare avanti l'indagine.

«Sicura che è per noi?»

Charlotte fece cenno di sì con la testa e spiegò: «L'ho chiesto anche al ragazzo delle consegne e mi ha ripetuto il nostro indirizzo. Due volte.»

«Non c'è nemmeno un biglietto...» mormorò Lorraine, quasi delusa dal non essere riuscita a scoprire chi fosse il mittente. «Forse è un ammiratore!» esclamò, battendo il suo gomito contro quello di Charlotte, che alzò gli occhi al cielo.

«O magari è solo qualcuno che non sa come passare il tempo e si mette a fare scherzi.» Propose la bionda, non riuscendo tuttavia a distruggere l'ipotesi della sua collega, che ribatté: «Oh, ma andiamo! I ragazzini non si mettono a mandare dolci: primo, perché dovrebbero spendere troppi soldi e, secondo, perché sarebbe uno scherzo troppo poco cattivo per essere divertente.»

Il ragionamento di Lorraine non faceva una piega. Ma, allora, se quel pacchetto non era un dispetto dei ragazzi del quartiere, chi poteva averlo mandato?

«Forse...» azzardò Charlotte, dopo aver riflettuto a lungo. «... può essere un regalo di qualche nostro cliente? Magari, i Bertrand si sono trovati così bene la settimana scorsa che ci hanno mandato questo, no?»

La ragazza ci pensò su. «Sì, può essere, anche perché hanno scelto Dolci Reali tra le altre pasticcerie», concluse infine. «Ma, se sono davvero per noi, perché non ci prendiamo una piccola pausa?»

Charlotte non se lo fece ripetere due volte: liberò il centro della scrivania dalle scartoffie e aprì il pacchetto, lasciandosi travolgere dal profumo inebriante di quei dolci e dello zucchero a velo. Dopo aver dato una rapida occhiata a ciò che poteva scegliere, optò per il suo amato éclair alla crema Chantilly.

Quella pausa fu anche meglio degli attimi di pace che trascorreva rannicchiata sul suo divano: le capitava raramente di passarli in compagnia di qualcuno che non fosse Monet e le faceva piacere ricevere delle risposte alle sue domande, nonostante le sembrasse quasi strano.

Anche quando chiese alla sua collaboratrice se avesse qualche novità, quasi si stupì di sentire la sua vocina acuta risuonare nello studio: «Stamattina, prima che tu arrivassi, ha chiamato in ufficio monsieur Cardieux.»*

Per poco Charlotte non si strozzò con il pasticcino. Dovette posare su un tovagliolo la metà che aveva in mano per poi iniziare a battere il pugno chiuso contro al suo petto, tra un colpo di tosse e l'altro.

«Mon Dieu!»* esclamò Lorraine, lasciando anche lei la sua crostatina alla frutta a metà per aiutare la sua collega. «Tieni, bevi questo.»

Charlotte trangugiò l'acqua con avidità, tutta d'un sorso e poi, con la gola ancora bruciante, rassicurò la ragazza: «Mi è solo andato qualcosa di traverso, non è niente. Sto bene, davvero.» Cercò di ricomporsi e di asciugare la lacrima all'angolo degli occhi senza sbavare il mascara. «Cos'ha detto il signor Cardieux?»

«Ha chiesto se al prossimo incontro può venire da solo», rispose, pulendosi con un tovagliolino di carta un po' di zucchero a velo dall'angolo della bocca.

Charlotte aggrottò le sopracciglia. «Come mai?»

«Dice che la signorina Lefèvre sarà assente per un impegno di lavoro.»

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