Capitolo 13 - Parte 1

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Il cielo era così terso quel giorno che a Charlotte quasi non pareva vero di essere a fine dicembre: il sole rischiarava la capitale francese e avvolgeva i pochi passanti con il calore dei suoi raggi, tanto da sembrare un giorno primaverile.

«Finalmente sei qui!» esclamò Joanne, correndo verso di lei. «Ti stavamo aspettando tutti. Forza, entriamo.»

Charlotte si aggrappò al braccio di sua madre e si avviò a passo lento verso una meta a lei ignota.

"Dove mi sta portando?" si domandò, senza riuscire a dar voce a quel pensiero. Rimase in silenzio e continuò a guardarsi intorno, riconoscendo poi il grande campanile di una chiesa. Mentre saliva quei pochi scalini che precedevano l'entrata, lesse il nome sul grande cartello all'esterno: Abbaye Saint-Germain-de-Prés

Cercò di richiamare alla sua memoria il motivo per cui lei e sua madre dovessero entrare in una chiesa, ma non ne trovò: mancava ancora una settimana a Natale; perciò, sarebbe stato troppo presto andare a messa – in quel momento non sapeva dire con certezza che giorno fosse, ma poteva giurare che il calendario non era ancora arrivato al 20 dicembre. Che si fosse dimenticata di qualche evento? Lei, l'organizzatrice di matrimoni più puntuale di tutta Parigi? Impossibile. Ma poi, perché era proprio a Saint-German?

Ancora immersa nelle sue domande, Charlotte varcò il pesante portone in legno, facendo penetrare la luce del giorno in quella chiesa oscura. Tutti i presenti si girarono verso di lei e fu allora che, tra quei mille volti entusiasti, riconobbe le figure dei suoi zii, di Lorenzo, e persino di suo padre.

"Mio padre è qui, nello stesso posto in cui c'è mia madre, e non è ancora saltato in aria nulla?"

Cercò di individuare uno spazio vuoto in cui prendere posto, ma sembrava di essere a un concerto che aveva fatto il tutto esaurito.

Con una rapidità che la lasciò destabilizzata, la madre cedette il suo posto accanto a Charlotte al nonno di quest'ultima.

Lei allungò un braccio verso una delle panchine in legno, decorate con piccoli bouquet di garofani bianchi, sperando che qualcuno dei suoi parenti l'afferrasse e le concedesse un piccolo spazio lì sopra per poter assistere alla cerimonia senza ritrovarsi con il solito dolore ai piedi.

«Sono onorato di poter assistere a questo giorno, Lottie.»

La presa sul suo braccio si fece più stretta e per un attimo sentì le sue preoccupazioni dissiparsi: suo nonno Paul era sempre riuscito a tranquillizzarla.

Prima che potesse accorgersi di ciò che realmente non andava, si ritrovò all'altare della chiesa, da sola. Al posto del braccio del nonno, ora stava stringendo un mazzo di fiori rotondo. Riusciva a distinguere chiaramente i fiori nel suo bouquet: il mughetto, le peonie rosa, altri garofani – questa volta striati – e i piccoli lillà che davano un tocco di colore in più a quella gamma di toni pastello. Tuttavia, per quanto si sforzasse di aguzzare la vista, tutto il resto attorno a lei appariva sfocato, patinato, come se davanti agli occhi avesse avuto un velo. Quando si portò la mano davanti al volto, scoprì che era proprio quello il suo impedimento: un velo leggero che le solleticava il naso, di cui decise di liberarsi, sollevando quel sottile strato di tulle bianco.

«Avrei dovuto farlo io, Lottie.»

«Nico?»

Charlotte indietreggiò, sconcertata. Perché mai Nicolas era lì, in quella chiesa, su quell'altare... con lei?

«Do– dov'è Alexandra?» Fatta quella domanda, Charlotte si toccò istintivamente l'orecchio, alla ricerca dell'auricolare che utilizzava per coordinare i matrimoni insieme a Lorraine. Tutto ciò che le sue dita trovarono, però, furono i pendenti a cascata dei suoi orecchini.

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