Capitolo 26 - Parte 2

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Sul volto dell'uomo spuntò un ghigno raccapricciante. «Mi sa proprio che ti ho conosciuto solo io quella sera» sussurrò e il suo alito caldo rese appiccicoso e umidiccio il collo di Charlotte. «Ma non mi sorprende: tu non hai voluto farmi neppure una domanda. Mi hai pure tirato uno schiaffo» spiegò, ridacchiando seppure fosse tutt'altro che divertito.

Conoscerlo? Uno schiaffo? Ma cosa stava blaterando? Se solo ne avesse avuto la forza, Charlotte gliel'avrebbe chiesto. Aveva così tante domande a cui cercava di rispondere da sola, nella sua testa. Tuttavia, per quanto si sforzasse, non trovò nessuna spiegazione che potesse giustificare il suo comportamento.

«È stato umiliante» gracchiò lui, passando la mano libera lungo i fianchi della donna. «Non tanto quello schiaffo, anzi, in camera da letto sarebbe stato pure eccitante. Ma mi hai fatto perdere.»

«Per... perdere?»

«Quella dannata scommessa.» Il corpo di Charlotte rimase immobile mentre lui le passava la lingua su un lobo e poi lungo il collo, lasciandovi una scia di saliva disgustosa, viscida, rivoltante. Tutto ciò che lei riusciva a muovere era la mano destra, con cui tentò di raggiungere il cellulare nella tasca posteriore dei jeans. «Sei ancora più buona di quanto pensassi.» constatò, roteando gli occhi. Poi, sembrò riacquistare un minimo di lucidità che gli consentì di continuare il discorso. «È la prima volta che il mio amico riesce a finire la notte con una bella scopata e io no. Com'è che si chiamava l'altra puttanella che ti ha lasciato lì per andare a divertirsi con Dominic? Eloise? Emma?»

Emilie! Avrebbe voluto urlare. Tutti i pezzi stavano andando al loro posto. Sapeva chi era quel pazzo, nonostante non ne ricordasse proprio il nome: era passato troppo tempo da quella sera alla Chambre Secrète e poi, come aveva detto l'uomo, da parte sua non c'era mai stato nessun interesse verso di lui. Si era dimenticata della sua esistenza con il passare dei mesi e con il crescente sentimento che aveva ammesso di provare per Nicolas.

«Ma quello schiaffo... quello schiaffo te l'ho perdonato subito perché non sai quanto mi ha eccitato. Volevo, dovevo ritrovarti. Devo farti mia

Charlotte annaspò in cerca d'aria e, quando ne ebbe immagazzinata a sufficienza, riuscì a biascicare: «Co... come hai...?»

«Io, a differenza tua, il tuo nome me lo ricordo. Internet fa proprio miracoli: quale altra Charlotte c'è a Parigi che fa l'organizzatrice di eventi?»

"Ecco perché mi chiamava solo sul cellulare di lavoro. Scema io che gliel'ho detto. Dovevo mentire, ma che mi è saltato in testa?" si rimproverò, mentre gli occhi si stavano riempiendo di lacrime non tanto per la paura, quanto per la difficoltà che aveva nel respirare. Se avesse dovuto spiegare cosa fosse l'inferno, Charlotte l'avrebbe descritto proprio così.

«Quella che hai scelto per il profilo è proprio una bella foto, molto professionale devo dire... non sai quanto l'ho guardata immaginando cosa ci fosse sotto quella camicetta» sibilò, fissando ammiccante il suo basso ventre. «Ma non è la stessa che indossi ora? Forse posso scoprirlo subito» Con la lingua tra le labbra, l'uomo tentò di slacciare il primo bottone della camicia che indossava l'organizzatrice.

«Bas...» annaspò Charlotte, maledicendosi per aver tolto proprio quella dalla gruccia quel mattino. «Basta!» strillò, piantandogli una gomitata nell'incavo del braccio che riuscì a farlo indietreggiare. Nonostante i suoi arti tremassero ancora, cercò dentro di sé il coraggio per sferrargli un calcio nel punto che lui stava fissando poco prima. Così, approfittò del momento in cui era piegato in due dal dolore per scappare. Non sapeva nemmeno lei verso quale meta, ma iniziò a correre.

"Pensa, Charlotte, pensa" si ripeteva, cercando a tutti i costi di ricordare almeno il nome di quel pazzo. Cosa avrebbe raccontato altrimenti? Ma la cosa più importante era trovare un posto sicuro in cui potersi riprendere, in cui poter essere al sicuro lontana dalle sue grinfie. Continuando a guardarsi indietro, sperando che lui restasse un puntino indistinto per sempre, cercava di andare avanti e ignorare le calze bagnate quando finì per immergere un piede in una pozzanghera.

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