Capitolo 5 - Parte 1

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Non aveva nulla in programma quella sera. Era appena tornata a casa dopo un'intensa giornata di lavoro e non vedeva l'ora di rannicchiarsi sul divano e guardare le repliche di Déjà vu su France 4, come ogni giovedì, con una bella coperta calda e Monet sdraiato sulle sue gambe.

Stava preparando tutto il necessario per quella serata proprio come se fosse stato un rituale. Andò a chiudere la finestra – che probabilmente la signora Fontaine aveva dimenticato aperta dopo la sua visita quotidiana – e recuperò dalla credenza un sacchetto di popcorn, prima di prendere posto su quello che ormai era diventato il suo angolino preferito. Adorava poter sfruttare il bracciolo per appoggiarci sopra il telecomando, il telefono e la ciotola con i suoi salatini preferiti. Avere tutto a portata di mano contribuiva a renderla più rilassata che mai.
Era tutto pronto: le sette e mezza erano vicine e lei non vedeva l'ora di immergersi nelle avventure di quella ragazza che aveva il dono di andare indietro nel tempo. Tutte le luci di casa erano spente e, complice anche il sole che ormai era tramontato, tutta quell'oscurità le diede la sensazione di trovarsi al cinema.
Con il volto illuminato solo dalla flebile luce della televisione, Charlotte tirò su la coperta di pile fino a coprirsi le spalle e in un attimo il suo gatto pretese che lei creasse una cesta con le gambe, per fare in modo che lui ci si potesse raggomitolare.

Quando sentì il nome della protagonista della serie tv, la sua gola tornò a stringersi in un nodo che quasi le rese impossibile deglutire.

Alex. Alexandra. Che facesse "Casala" di cognome e non "Lefèvre", poco le importava. Chiuse gli occhi, rinunciando a vedere parte della sigla pur di togliersi dalla testa quell'analogia. Voleva rilassarsi e seguire il consiglio che ormai le aveva dato chiunque: non pensare solo al lavoro. Quello doveva essere un momento per sé. Solo per sé. Non poteva iniziare a pensare a tutti i negozi che aveva visitato quella mattina in compagnia di Nicolas e della sua futura moglie e al fatto che, di lì a pochi giorni, avrebbe dovuto trascorrere un'altra giornata simile.

L'episodio non era nemmeno arrivato a metà quando il trillo acuto del citofono interruppe la sua visione. Monet schizzò via dalle sue gambe e fuggì in camera da letto, rovesciando la sua ciotola di croccantini. Charlotte si lasciò andare in un lungo sospiro prima di calciare via la sua calda coperta azzurra.

"Forse è la signora Fontaine che ha di nuovo dimenticato le chiavi" pensò, mentre cercava di non calpestare il cibo che il suo gatto aveva sparso su tutto il parquet.

«Sì? Chi è?»

«Lottie, sono io!» Nonostante la sua voce fosse camuffata dal suono metallico dell'apparecchio, sarebbe stato impossibile non riconoscerla.

«Emilie?» borbotto tra sé e sé, decidendo poi di aprire alla sua amica.

L'aspettò affacciandosi alla ringhiera e salutandola quando ancora era solo a metà della scalinata, com'era solita fare ogni volta che riceveva un ospite.

«Lottie, va' subito a cambiarti!» esclamò con voce affannata, senza ricambiare il saluto. «Ma quando si decideranno a mettere un ascensore qui dentro?» si lamentò, appoggiando le mani sulle ginocchia.

Dopo qualche tentativo, Charlotte riuscì a convincerla a entrare. «Si può sapere che succede?» le chiese, una volta che ebbe richiuso la porta dietro di sé.

«Stasera usciamo!»

«Veramente io...» Lanciò un'occhiata fugace in direzione del televisore, dove Alexandra Casala stava utilizzando il suo potere per aiutare un bambino in piscina. Emilie recuperò il telecomando sulla spalliera del divano e impedì all'amica di restare con gli occhi incollati allo schermo.

«Non accetto scuse!» Restò in posa con entrambe le mani sui fianchi finché non si accorse del disastro sul pavimento. «Che è successo qui? Sembra che sia passato un uragano.»

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