Capitolo 12

324 32 4
                                    

POV MEW

Da quella sera in spiaggia dove io e Gulf ci siamo giurati amore sono passati solo due giorni: sono qui seduto sull'aereo che tra poche ore mi riporterà in America, insieme a mamma e papà. Per la prima volta, non ho tanta voglia di tornare a casa...perchè la mia casa è dove st Gulf, ma non posso dirlo di certo a mamma e a papà anche perchè chissà come la prenderanno questa notizia: sicuro a mio padre gli verrà un infarto mentre mamma non saprei, mi ha sempre appoggiato sulla mia sessualità ma la storia con mio cugino potrebbe farle venire un colpo. 

Sono sopravvissuto alla prima settimana "senza Gulf" e almio primo di tirocinio: quest'ultimo è stata una gradita distrazione; il tempo si è dissolto in una nube di volti nuovi, cose da fare. Apro la finestra del mio ufficio e mi affaccio fuori, nell'aria del tardo pomeriggio di Seattle, facendo un bel respiro: non riempie affatto il vuoto che ho dentro e che sento da una settimana, un buco doloroso che mi ricordala mia perdita. Finito il mio orario "lavorativo" esco in fretta e furia, non voglio incrociare i miei colleghi, non ho tanta voglia di relazionarmi: una volta fuori dal grande grattacielo, cammino verso la macchina a testa bassa, fissandomi i piedi.

L'appartamento è vuoto, mamma e papà sono ad un weekend romantico: una doccia veloce e mi butto sul divano, poi accendo la tivù in modo che un po' di rumore riempia il silenzio e mi dia una sensazione di compagnia, ma non ascolto né guardo. Mi siedo e fisso assente il muro di mattoni. Sono vuoto: non provo altro che dolore...Per quanto tempo riuscirò a sopportarlo? E così si sviluppa uno schema: svegliarsi, lavorare, dormire...beh, cercare di dormire; non posso sfuggirgli neanche nei sogni: dolci occhi, il suo sguardo smarrito, i suoi capelli color cenere...tutto mi perseguita.

Non ho parlato con nessuno, neppure con i miei amici: non ho la forza di perdermi in chiacchiere ora; non voglio saperne. Sono diventato un'isola, una terra distrutta, devastata, dove non cresce più niente e gli orizzonti sono desolati. Sì, questo sono io: posso interagire in modo impersonale in ufficio, ma niente di più. Io e Gulf riusciamo a sentirci tramite sms e scambi di mail, ormai è un mese esatto che non lo vedo: certo qualche foto c'è la scambiamo ma non è la stessa cosa di vedere dal vivo il suo volto, toccarlo, accarezzarlo e baciarlo in ogni suo centimetro. 

E' una domenica sera come tante, io e i miei genitori siamo ancora a tavola a mangiare una bella macedonia di frutta quando improvvisamente il cellulare di papà squilla "mia sorella?" dice incredulo, anche perchè in Thailandia è mattina "Amy ciao...hey calma...cosa sta succedendo?" dice papà "cosa?!" urla alzandosi improvvisamente dal divano e dirigendosi nel salone, per poi accendere la tv "l'università di Chulalongkorn è stata oggetto di un bruttissimo incendio, che ha colpito tutta la parte ovest del complesso, dove si trova la facoltà di Ingegneria" "Gulf!" urlo cadendo poi a peso morto per terra, guardando lo schermo avanti a me. 

"calmati Amy...prendo il primo aereo e ti raggiungo...vedrai troveranno il nostro Gulf" dice papà alle mie spalle: fisso le fiamme in televisione, ipnotizzato, danzano e ondeggiano, di un arancione ardente e luminoso con punte blu cobalto; le fiamme oscillano e guizzano, tenendomi prigioniero, mantenendo il mio stato di torpore. Mi focalizzo solo sulla loro sgargiante e rovente bellezza, mi stregano...Mi stringo tra le braccia, mentre tutto il mondo mi crolla intorno e la realtà sanguina nella mia coscienza, il vuoto strisciante dentro di me si espande, Gulf è disperso.

"papà vengo con te...per favore fammi venire con te" gli dico implorandolo. Così dopo 12 ore eccoci tutti nel salone della casa della nonna, ad aspettare la chiamata di qualche vigile del fuoco o dei poliziotti: io sono seduto sul divano insieme a mio cugino Lake mentre papà tiene tra le braccia sua sorella "Mew ecco" dice mia cugina Linda, la sua voce mi riporta nella stanza, nel momento attuale, nell'angoscia: mi porge una tazza di tè e la prendo "grazie" mormoro, ma la mia voce è roca per le lacrime non versate e per il nodo che ho in gola. Non posso far vedere la mia più totale sofferenza, non posso dire loro che nostro cugino disperso è anche la persona che amo e che senza di lui mi sentirei un uomo finito.

Chiudo gli occhi in silenziosa preghiera, cullandomi piano avanti e indietro "ti prego, fa' che il resto della sua vita non sia così breve...per favore, per favore. Non abbiamo avuto abbastanza tempo...Abbiamo bisogno dipiù tempo" penso. Apro gli occhi e guardo ancora una volta il fuoco, senza vederlo: i ricordi del nostro tempo insieme mi tornano in mente come flash improvvisi e creano un nodo alla gola che sembra strozzarmi.

Le autorità ci forniscono informazioni con il contagocce, ma niente ha un senso: rimane il fatto che lui è disperso da ormai ore. Nessun segnale; le ricerche sono state dichiarate sospese perchè c'è troppo buio e non sappiamo dove sia...potrebbe essere ferito o peggio "NO!" penso, Gulf è vivo e tornerà da noi, da me...c'è sempre una speranza. Non devo disperarmi.

Il nostro segretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora