ENRICO
Io è il mio migliore amico Giorgio, siamo qui a fare compagnia mia sorella. In quella che è la stanza, dove i pazienti quelli che come Zoe combattono ogni giorno, per la loro vita. Se ne stanno comodamente seduti in delle grandi poltrone nere lucide e con la flebo al braccio. Flebo che si spera faccia effetto, e gli aiuti nella loro grande battaglia, come uno scudo di protezione che senza quel aiuto tutto sarebbe vano.
Mia sorella ne ha uno proprio al braccio sinistro, che è esibire e dal quale si vedono tutte le vene. Mi sento male solo a vederlo in quello stato.
Alcuni a vederli bene, hanno un aria stanca e delle occhiaie pazzesche dovute al fatto di essere così magri e deboli. Hanno il viso incavato in una maniera spaventosa, che certe volte non riesco a guardarli tanto mi dispiaccia per loro.
Altri invece non le hanno, e questo mi fa pensare che siano qui da solo qualche giorno e che abbiano iniziato da poco tutto questo. Noto che sulle gambe tengono una coperta, è in testa un berretto. Per saldarsi penso io, devono avere tanto freddo.
Devono soffrire veramente tanto e penso siano molto forti, certo alla loro età non dev'essere bello vivere tutto questo.
Non immagino neanche come si debbano sentire.
Ma nonostante tutto, loro sembrano abbastanza felici e solari. Come se non avessero una malattia, maledetta che alloggia all'interno del loro fragile e piccolo corpo, come se non fossero costretti a conviverci.
O nel peggiore dei casi, ad arrendersi ad essa e lasciare tutto e tutti dietro di loro dopo che se ne saranno andati per sempre.
Venire qui mi mette tanta tristezza, e un grande buco al centro dello stomaco.
Sento un tocco leggero sulla mano, e mi giro trovando un sorriso bello e anche se debole della mia sorellina sulla sue labbra rosse e screpolate.
-Ehi- le dico stringendole la mano e ricambiando il sorriso.
-Stai bene?- le chiedo coprendola meglio, annuisce con l'aria stanca.
Ha solo diciassette anni, è sta affrontando tutto questo, è molto forte e coraggiosa.
Dice sempre che sta bene e, io tutte le volte non ci credo. Anche perché si vede che è stanca e vorrebbe solo dormire.
Si sistema meglio e chiude un secondo gli occhi. Sulle gambe ha una grande coperta e in testa un cappellino, di lana rosso scuro.
Sposto gli occhi sulla sedia accanto a me, e la trovo ancora vuota. Mi chiedo dove sia finito il mio amico, spero non si sia perso e ora stia girando a vuoto. Nella speranza di trovare la via, del ritorno.
In effetti la seconda idea, non è del tutto infondata. Basta vedere che ogni volta in macchina, mette sempre il GPS e che senza si perderebbe. Mi viene da ridere solo a pensarci.
-sei parecchio inquietante sai?- mi chiede la voce divertita di Zoe, e quando alzo lo sguardo la trovo a guardarmi in modo confuso.
-ma grazie- dico con sarcasmo e lei ridacchia, fa sorridere anche me e penso che è in questo momenti che viene il cuore un poco più leggero da tutte le cose brutte, e dai miei sensi di colpa che mi fanno stare solo male.
Continuiamo a ridere e parlare di quanto sia pessimo quel ragazzo, e che non gliene facciamo una colpa solo perché ha la grandissima fortuna di avere una grande pazienza.
D'un tratto la porta viene aperta, e il suddetto interessato compare da essa appoggiato ad una della due ante della porta, che prende fiato e tiene una mano sulla fronte.
-dio mio, credevo di dover girare per sempre per questi corridoi, e che non ne sarei mai più uscito- dice con il fiato corto, facendo il melodrammatico.
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ZOE
Short StoryZoe è una ragazza timida e che sta sempre per le sue, ma per qualche strano motivo, i suoi genitori non la vogliono e non la trattano come lei vorrebbe o come dovrebbero. Su fratello Enrico non ne da meno, anche lui si comporta alla stesso modo. Si...