Capitolo 4 "Flashback"

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I genitori di Jin vivevano in una villa, sorgeva al di fuori della foresta dove si elevava il castello che ormai apparteneva a Jin.
Era dei suoi nonni, morti in una delle tante battaglie contro i licantropi.
Gli era stato ceduto dai suoi dopo diverse suppliche, voleva la sua privacy, senza essere costantemente sotto sorveglianza.

"Flashback".

Nel castello di Jin.

I due vampiri stavano chiacchierando nella loro camera da letto, erano seduti sulle soffici lenzuola e tra una risata e l'altra si scambiavano piccoli baci, leggere carezze.
Quando erano da soli il tempo si fermava, niente sembrava richiamare la loro attenzione, rimanevano sereni nella loro bolla, amavano quei momenti, si amavano.
Tutto venne spazzato via quel maledetto giorno.

La bolla si spezzò quando venne buttata giù la porta del loro castello, creò un boato assordante, un rumore di passi si avvicinava alla loro camera.
Venne buttata giù anche quella porta, i due si trovarono davanti due occhi iniettati di sangue.
Avevano in comune lo stesso colore, ma quegli occhi erano colmi di odio, rancore represso, vendetta.

Conoscevano fin troppo bene la figura che era piombata come un tifone davanti a loro, con il tempo avevano conosciuto anche il suo lato oscuro, ma mai avrebbero pensato che arrivasse a tanto.

Tra le sue mani teneva stretto il pugnale, quel pugnale.
Quello capace di togliere la vita ad un vampiro con un solo colpo, lo teneva stretto senza togliere lo sguardo dai due poveri innamorati.
Avevano peccato, il loro sbaglio era stato quello di innamorarsi e lui avrebbe posto fine a tutto questo. Avrebbe rimesso le cose al loro giusto posto, questo è quello che pensava la mente malata dell'individuo.
Per lui quella relazione era solo un'incidente di percorso, una scelta sbagliata che andava corretta.

"Fine flashback".

Jin ricordava ogni singolo rumore, ogni singolo respiro, ogni singolo battito, fino all'ultimo, quello che mandò in frantumi ciò che rimaneva del suo cuore.

Quel pugnale doveva trafiggere il suo cuore, doveva proteggere la persona amata, doveva vendicarsi.
Odiava non aver fatto niente di tutto ciò, odiava ciò che rimaneva della sua vita immortale.
Ora una vita così non meritava di essere vissuta, la sua unica ragione gli era stata strappata via.

Quel licantropo poteva ucciderlo o poteva trovare un modo per allearsi con lui.
Magari con la giusta motivazione avrebbe ucciso lui la persona che odiava, perchè lui non ci era riuscito e forse non ci sarebbe riuscito mai. 

Si chiedeva se l'avrebbe rivisto, era passata più di una settimana eppure non si era più fatto vedere in giro, non aveva percepito il suo odore, non aveva udito nessun rumore strano, non aveva visto nemmeno in lontananza la figura di quella creatura.

Si chiedeva se fosse il caso di esplorare i territori confinanti per cercarlo, ma se avesse trovato il suo branco sarebbe stata la fine, la morte ora doveva aspettare, prima doveva saperne di più.

Doveva pazientare, dentro di se sapeva che lo avrebbe rivisto e forse sarebbe riuscito ad ottenere qualcosa in più di semplici sguardi, moriva dalla voglia di conoscere le sue sembianze umane, non capiva il motivo della sua curiosità ma non riusciva a non pensarci, voleva dargli un volto, un'identità.

Avrebbe atteso qualche altro giorno e poi se non si fosse presentato lo avrebbe cercato anche se questo avrebbe voluto dire mettersi in pericolo.

Quando la morte non ti spaventa percepisci il pericolo in maniera differente.
Ti getti sul fuoco senza pensare minimamente che potresti bruciarti, perché forse è proprio quello che vuoi.
Bruciarti, per sentire, provare ancora qualcosa.

Reincarnazione (Jinmin)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora