Capitolo 38 - Doppio

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Alex

Spingo il piede sull'acceleratore, l'ansia mi sta divorando, riverso tutta la rabbia stringendo fra le mani il volante, vorrei fosse il collo di quello psicopatico.
Questo viaggio sembra durare ore, non sono per niente lucido e se dovessi trovarlo...no, quando lo troverò, potrei commettere una sciocchezza.
Lascio la macchina praticamente in mezzo al parcheggio del palazzo senza neanche chiudere lo sportello, mi catapulto facendo le scale, gli altri mi seguono.
Infilo le chiavi di Emma nella serratura e apro con forza la porta, sbatte al muro provocando un tonfo che nel silenzio risuona, urlo a gran voce il nome della donna che amo, ma non ricevo risposta.
Entro in ogni stanza, continuo disperato a chiamarla, ma non ottengo alcun risultato, lei purtroppo non è qui, non l'ho salvata.
Dietro di me gli altri, hanno la mia stessa espressione, ci siamo tutti aggrappati alla speranza di trovarla qui, la delusione ora è tanta.
Ad un tratto un rumore provenire dall'ingresso ci mette in allerta, le luci del corridoio sono ancora chiuse e Francesco spegne anche questa della stanza di Emily dall'altra parte della casa, dove siamo noi.
I passi di qualcuno si fanno sempre più vicini, sono pronto a saltare fuori ed è ciò che faccio, mi scaglio contro questa figura sbattendola al muro, sono pronto a colpirlo quando Claudio accende la luce rivelando l'identità dell'intruso.
É Gianluca.
"Fermo, sono io."

"Che diavolo ci fai qui? Stavo per colpirti."
Gli ringhio contro lasciandolo andare di scatto, mi ero illuso di averlo preso.

"Ho fatto tardi alla cena e Michele mi ha informato della situazione al telefono, voi non rispondevate così ho chiamato lui. Ho fatto inversione e mi sono precipitato qui."
Spiega rammaricato.

Frustato passo una mano fra i capelli, inizio a camminare verso l'ingresso, ho una tale rabbia dentro e un senso di impotenza che dilania la mia anima.
Poggio la testa al muro vicino il portone di casa ancora aperto, davanti a me lo specchio.
"Non la troverai, hai perso l'unica opportunità di felicità, l'unica cosa buona che tu avessi, razza di idiota, contava su di te."
Sussurro al me che mi osserva, sferro istintivo un pugno al mio riflesso con tutta la rabbia che ho, frammenti di me vengono sparsi sul pavimento, ed è proprio così che mi sento ora.
Spezzato.

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Emily

Alex accarezza il mio viso dolcemente, sento la sua mano ruvida sulla mia pelle delicata, accenno un sorriso, ma all'ennesima carezza mi scanso.
"Che cosa hai fatto alla mano? Mi stai quasi graffiando."
Mi lamento ad occhi chiusi cercando di trovare sollievo in quel punto passandoci sopra la mia.
Sinceramente mi sento molto confusa e ho un gran mal di testa, il sangue pompa nelle arterie temporali, ho la gola secca e difficoltà ad articolare una frase.
Cerco di aprire gli occhi, ma le palpebre sono così pesanti, ci rinuncio volentieri, avvolta nel mio bel piumone resto sepolta nel letto volentieri a riposare ancora.
Sento Alex avvicinarsi e stendersi vicino a me, strano come in genere questo mi faccia sentire a casa, ma non oggi, come se il mio inconscio non lo riconoscesse, come se il mio corpo non rispondesse al suo, per la prima volta.

"La mia rosa preferita."

Queste parole attraversano come lame taglienti la mia carne procurandomi fitte dolorose, tento di aprire ancora gli occhi sforzandomi.
Sbatto le palpebre più volte, tutto è sfocato e non riesco subito a mettere a fuoco ciò che mi circonda.
Sono stordita e dolorante come se i muscoli fossero addormentati e non rispondessero agli ordini che il cervello gli manda.
Intorno a me un ambiente che non riconosco, una stanza priva di finestre, con pareti grigie, un piccolo armadio stile antico con legno scuro, con un enorme specchio davanti, dove vedo me riflessa.
Il corpo steso alle mie spalle, non appartiene all'uomo che amo, bensì a colui che domina i miei incubi, sobbalzo correndo dall'altra parte della stanza.
Poggio le spalle al muro e fisso i miei piedi nudi non riuscendo a trovare il coraggio per alzare lo sguardo.
Cerco di respirare profondamente, la nube che avvolge i ricordi inizia a diradarsi, tutto diventa nitido.

Ernesto che corre verso di me, la sua mano forte intorno al mio corpo mentre l'altra prepotente preme un fazzoletto di stoffa su naso e bocca, io che perdo le forze e poi il nulla.

Mi ha trovata, mi ha rapita, sono perduta.

Alzo nuovamente lo sguardo sullo specchio, i suoi occhi fanno lo stesso e incontrarli mi provoca un senso di nausea.
Con pochi passi sono alla porta di questa stanza, afferro la maniglia, ma non succede nulla, continuo a tirare ma non si apre, la sua risata arriva alle mie orecchie provocando sulla mia pelle brividi.
Mi volto ed eccolo lì, ancora steso su quel letto, con le braccia dietro la testa, le caviglie accavallate, una ferita sulla guancia.
Persino le mie viscere tremano per questa vicinanza, per quegli occhi gelidi che mi squadrano tutta, come se stesse immaginando di toccarmi, di farmi sua.
Deglutisco a fatica e cerco di regolare il battito, difficile ignorare questo mal di testa, il bruciore agli occhi e la nausea.

"Non ti preoccupare, ci penso io a te adesso. Presto partiremo, devo solo procurarmi alcune cose."
Non so cosa abbia partorito la sua mente malata, ma ho paura, soprattutto per il bambino.
"Ho scelto una bella casetta per noi, in campagna, ti piacerà."
Sorride felice.
Resto immobile schiacciata contro questo angolo mentre lui si alza.
"Ti ho comprato dei vestiti, sono nell'armadio, ora vado a cucinare."
Il suo tono è calmo, si comporta come se questa situazione fosse la normalità, magari nella sua mente malata non è mai successo nulla.
Io sono davvero sua, non lo rifiuto, non mi ha rapita, non è un ricercato.

Si alza dal letto e si avvicina a me, sfiora di nuovo il mio viso con la sua mano ruvida e di scatto mi scanso, cerco di mettere distanza lasciando la sua mano a mezz'aria.
Va dritto verso la porta con fare tranquillo, prende la chiave dalla tasca dei suoi pantaloni beige e la inserisce nella serratura, apre la porta e la richiude alle sue spalle chiudendola a chiave.

Credo di non aver neanche respirato in questi momenti.

Mi guardo intorno, il letto, l'armadio, un comodino, una tv su un mobiletto, nient'altro, solo quattro mura.
Sono in trappola.
Poso la mano sul ventre, non so come farò a proteggerci, lo sconforto di essere senza difese mi assale, posso solo assecondare la sua follia cercando di non scatenare in lui un atteggiamento aggressivo e sperare che Alex ci salvi.
Il pensiero corre a lui, sarà sconvolto, una lacrima percorre la mia guancia insieme ai miei sensi di colpa.

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Ciao, purtroppo Ernesto non ha portato Emily a casa, Alex non l'ha trovata

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Ciao, purtroppo Ernesto non ha portato Emily a casa, Alex non l'ha trovata. 😭

Arrenditi a Noi (Sequel di Arrenditi All'Amore) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora