Capitolo 40 - Alex

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Alex

Faccio avanti e indietro in questo minuscolo salotto, queste pareti sembrano stringersi intorno a me, mi sento soffocare.
Vado in bagno e mi sciacquo il viso, cerco un po' di sollievo, cerco un po' di lucidità, ma niente, guardo la mia immagine nello specchio e mi odio.

Cosa le starà facendo?

A questo pensiero non riesco a contenermi, sferro un pugno sulla mattonella, le ferite fresche sulla mano a causa dello specchio di ieri sera si riaprono, imbratto tutto di sangue.
Esco, afferro la sedia e la scaglio contro il muro con tutta la forza che ho rompendola e facendomi ulteriormente male alla mano.

Nulla può eguagliare il dolore che sento nel petto.

Gianluca e Christian accorrono, non si sono mossi di qui, le ragazze ovviamente non hanno dormito a casa, volevano almeno restare qui ma per la loro sicurezza Michele e Marco le hanno portate altrove, infondo quel pazzo ha le chiavi di casa.
"Alex, calmati la troveremo, sono passate solo dodici ore, devi dare il tempo alla polizia di lavorare."

"É troppo anche un solo cazzo di minuto."
Urlo contro Gianluca.
Pochi istanti dopo entrano Claudio e Francesco dalla porta d'ingresso, i loro occhi viaggiano da me alla sedia rotta ai miei piedi.
"Ci sono novità?"
Chiedo subito andandogli incontro.

"Purtroppo no, sappiamo che macchina ha, nient'altro, ma questo può aiutarci.
Stiamo aspettando il mandato per controllare le telecamere del traffico e per rintracciare il suo telefono. Ci vorrà poco, ma senza un mandato ho le mani legate."
Spiega rammaricato Francesco.

Mi assale una rabbia cieca.
"Spero tu stia scherzando! Dovete aspettare un pezzo di carta con sopra una stupida firma?"
Urlo con quanto fiato ho in gola.
Christian posa una mano sulla mia spalla per cercare di farmi capire che sto esagerando.
Sbuffo frustrato.

"Non le ha mai fatto del male in passato, questo comunque può farci sperare. Giusto?"
Domanda ingenuamente Claudio, forse per darmi un po' di speranza.
Non sento alcuna risposta, guardo Francesco e la sua espressione è alquanto criptica, guarda ovunque ma nessuno di noi che invece puntiamo lo sguardo su di lui.
Temo sinceramente a questo punto che apra bocca.

"Perché non rispondi? Hai detto che ha altre denunce per stalking alle spalle, ed è per questo che lo ritenete pericoloso, altrimenti si sa che in genere la polizia non orchestra addirittura il teatrino che avete fatto."
Cerco di scrutare ogni espressione per capirci qualcosa, le mie parole sembrano smuoverlo infatti.

"É strano che abbiano dato ad Emily due guardie del corpo in effetti, vi siete scomodati per uno stalker tranquillo."
Mi aiuta Christian a rincarare la dose.

Francesco è davvero in difficoltà, sospira pesantemente e incrocia le braccia muscolose al petto, la sua espressione è seria e cio che dice è un pugno dritto al cuore.
"Faccio parte di una squadra che si occupa di casi particolari di stalking, lo sapete questo, con casi particolari non intendo dire chi ha più denunce come vi ho fatto credere."
Si ferma come se fosse in difficoltà e volesse trovare le parole per indorare la pillola.
"Trattiamo casi pericolosi, cioè chi ha già fatto del male e sappiamo che lo rifarà. Lui ha stalkerizzato una ragazza prima di Emily, senza torcerle un capello, ma non posso dire lo stesso per le altre due dopo della tua ragazza."
Mi fissa preoccupato come se temesse che io possa esplodere da un momento all'altro.
"Entrambe rosse, occhi verdi, minute, le ha violentate."
Tutto intorno a me inizia a girare, questa dannata stanza sembra una trottola, devo tenermi con entrambe le mani al tavolo accanto a me per non cadere, chiudo gli occhi e cerco di inglobare più aria possibile.
Nella mia testa le sue parole risuonano pesanti e veloci senza tregua, gli urlo contro con rabbia e dolore puntandogli il dito al petto.
"Avresti dovuto dircelo."

"Avevo ordini precisi, non spaventarla ulteriormente. Di certo uno stalker non può essere tranquillo, ha provato già ad aggreddirla in passato, ti ha minacciato di morte ti ricordo. Bastava questo."
Allarga le braccia a mezz'aria come per sottolineare le sue parole.
Mi sembra di impazzire, devo uscire di qui o darò di matto, è troppo affollata la stanza.

"Ho bisogno di un minuto da solo. Vado nell'appartamento di Emily."
Esco di casa sbattendo la porta alle mie spalle, poggio la testa contro e chiudo gli occhi, inspiro ed espiro, ma niente, mi sembra di non riuscire a respirare, né a calmarmi.
Cerco di assimilare le informazioni appena ricevute, il terrore per Emily e il bambino mi sta distruggendo.

Prendo le chiavi di Emma ed apro la porta della casa accanto, sto per entrare quando una voce alle mie spalle mi coglie impreparato.
"Alex."
Mi volto e lui è l'ultima persona che mi sarei aspettato di vedere o di voler vedere.
"Che diavolo ci fai tu qui?"
Chiedo subito infastidito.

"Marco mi ha detto cosa è successo e sono qui per aiutarti a trovarla."
La sua voce è determinata, come il suo sguardo.

Entro in casa di Emily e lui mi segue, mi butto sul divano frustrato da tutto questo e lui mi imita.
"Forse avevi ragione tu Paolo, sarebbe stata al sicuro con te."
Sussurro fissando il pavimento.

Lo sento sospirare prima di rispondere.
"Capisco che tu ora ti senta colpevole e impotente, ma non è colpa tua."
Mi volto subito verso di lui, non credevo di sentirgli dire questo.
"Non guardarmi così, so che la ami, immagino come ti possa sentire, soprattutto visto che è incinta."
Poggia la testa alla spalliera del divano fissando il soffitto.
"Nessuno poteva proteggerla da lui, ci sarebbe stato per forza un minuto di distrazione."
Resto in silenzio stropicciandomi la faccia con le mani.
"Non pensare male, ho capito che Emily aveva ragione su noi due, eravamo legati da un grande affetto, ma l'amore è altro. Però questo legame resta e sono qui per aiutarti."
Ci guardiamo dritto negli occhi facendo solo un cenno di capo.

"Congratulazioni per il bambino, immagino che ora vi sposerete."
Spezza il silenzio.
A queste parole ricordo la mia squallida proposta e il suo determinato no, scoppio a ridere ricevendo in cambio occhiate confuse.

"Appena l'ho saputo le ho chiesto di sposarmi, eravamo nella sua stanza. Indovina la sua reazione?"
Sto ancora ridacchiando.

"Immagino sia stato un 'No' convinto."
Annuisco per confermare i suoi sospetti.

"Ha detto che voleva una proposta fatta con il cuore, non per via del bambino, qualcosa di carino e rigorosamente in ginocchio."
Ridiamo insieme per la sua forza d'animo, poi finisco per ricadere in un mutismo, perso nei ricordi, nelle paure.

Ad un tratto il mio telefono suona, avrei voglia di gettarlo dalla finestra, lo prendo esasperato, sarà Daniele o le ragazze che per l'ennesima volta chiamano per avere notizie.
Lo afferro dalla tasca dei jeans e appena leggo il nome della persona che sta chiamando, il sangue sembra bloccarsi nelle vene.

La mia rossa.

Di scatto mi alzo in piedi e premo questo pulsante verde, il mio cuore si ferma appena sento la sua voce.
"Emily."
Urlo a gran voce, forse sto sognando.

Arrenditi a Noi (Sequel di Arrenditi All'Amore) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora