Capitolo 41 - Alex

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Alex

"Emily."
Urlo a gran voce, forse sto sognando.

"Oh mio Dio, Alex."
Inizia a piangere dall'altro capo del telefono e io mi sento inerme e sollevato allo stesso tempo.
"Dimmi dove sei amore, stai bene?"
Chiedo preoccupato.

"Si, credo di si. Non lo so dove sono.
Mi ha chiusa in una stanza senza finestre, sono stata in salotto ma la persiana del balcone era chiusa non potevo vedere nulla."
Spiega allarmata.
"Alex vuole portarmi via, in campagna, non so dove, ho paura."
Inizia di nuovo a piangere e sono terrorizzato anche io.

"Ti troverò. Ascolta attentamente, devi accendere il gps e internet."

"Ho il telefono scarico, lui sta tornando."
Sento paura nella sua voce e maledico quel maledetto.

"Fidati di me. Ora chiudiamo e ti rintraccerò."
Acconsente ma prima di interrompere la telefonata ho bisogno di dirle una cosa.
"Emily ti amo."
"Ti amo Alex."
Corro verso la stanza della mia rossa con Paolo che seguendomi mi chiede come sta, cosa mi ha detto.
Lo ignoro e accendo il mio PC portatile che avevo lasciato da lei ieri, appena si accende mi collego ad internet, ringraziando il cielo sono un esperto informatico e so qualche trucchetto.
Ho scaricato da qualche settimana un'applicazione sul suo telefono e modificato qualche impostazione sempre di quest'ultimo.
Inserisco alcuni dati specifici del suo account google e incrocio le dita, la pagina inizia a caricarsi e il tempo sembra scorrere più lento del solito fin quasi a fermarsi.
Poi finalmente la mappa di Roma appare davanti ai miei occhi, schiaccio nuovamente invio e riprende l'attesa, tamburello nervosamente con le dita sul letto accanto al pc.
Questi pochi attimi sembrano infiniti, ma per la prima volta da quando l'ho persa, ho speranza.
Mi sto giocando il tutto per tutto in questo momento, devo trovarla ad ogni costo. 
Davanti a me il punto esatto dove si trova il telefono di Emily, leggo la via in questione e
non riesco a credere ai miei occhi.
Volto con una lentezza esasperante il viso verso Paolo con occhi sbarrati.
"É dall'altro lato della strada. "
Riesco a sussurrare incredulo.

Inizio a correre senza sapere bene dove andare, faccio cenno verso la porta di mio fratello dicendo al moro di avvisare gli altri, continua a seguirmi mentre con il telefono all'orecchio chiama Claudio.
Siamo già in strada, il puntino indicava sulla mappa la strada di fronte, quindi sarà in uno di questi due palazzi, almeno è quello che spero.
Mi lascio guidare dall'istinto ed entro nel palazzo esattamente di fronte, inizio a bussare a tutte le porte non sapendo cos'altro fare, Paolo fa lo stesso.
Ci aprono in una vecchietta, nell'altra un ventenne con in mano uno spinello, in un'altra una signora con un neonato in braccio.
Proviamo a fare una descrizione di Ernesto e di Emily, non sanno darci informazioni in merito, ma tutti concordano nel dire che al terzo piano c'è un nuovo inquilino da pochi mesi.
Deve essere per forza di cose quello psicopatico, non posso credere che per tutto questo tempo lui è stato ad un soffio da noi, ci spiava, ci osservava dalla sua comoda postazione.
Abbiamo provato a fuggire,  ora a cercarlo ovunque, lui è sempre stato ad un passo dalla mia Emily, poteva tenere d'occhio ogni suo movimento dalla poltrona di un salotto.

Chissà da quanto tempo la teneva d'occhio.

Corriamo al terzo piano mentre sento Francesco e gli altri entrare nel palazzo, Paolo li avvisa ad alta voce.
Davanti a me un'unica porta senza nome sul campanello, quella centrale, a pensarci bene sarebbe l'unica con esposizione proprio di fronte, così da vedere l'appartamento della mia rossa.
Inizio a prendere la porta a spallate con l'intenzione di buttarla giù, Paolo mi aiuta, ma non serve a molto, in quel momento arrivano gli altri e Francesco tenta di aprirla con la carta di credito.
Mi sembra di impazzire mentre lui tenta di scassinare questo ridicolo portoncino di legno, penso a lei che probabilmente è al di là di questo muro, sola e impaurita.
Quel maledetto potrebbe tornare da un momento all'altro, sinceramente è quello che spero, trovarmelo di fronte e sfogare tutta questa rabbia con pugni su quella faccia.

E se lei non fosse qui?

Cerco di scacciare questo terribile pensiero e non farmi prendere dallo sconforto proprio ora che sono così vicino dal riabbracciarla.
Un click mi fa girare di scatto verso la porta aperta, vedo l'agente entrare impugnando la pistola facendoci segno di restare fuori.

Col cazzo che lo ascolto.

Mi faccio largo ed entro, un piccolo ed essenziale salotto con un angolocottura, due poltroncine in pelle e tre porte,  la prima porta da su un minuscolo bagno, la seconda una stanza vuota con solo una brandina all'angolo con sopra un cuscino e due coperte, un armadio stile antico e un comodino.
Vado immediatamente verso l'altra porta e inizio a chiamare Emily, pochissimi istanti di silenzio che sembrano durare anni, tutto il mio mondo si ferma in quella breve ed estenuante attesa.
Non appena sento la sua voce tutto riprende a girare, chiudo gli occhi tirando un sospiro di sollievo e per un istante i miei muscoli tesi si rilassano.
La sento battere colpi sulla porta che ci separa e piangere, a pensare alla situazione mi sento un perfetto idiota, lei era a cento metri da me ed io dall'altra parte della strada a torturarmi per tutta la notte.
Cerco di aprire questa dannata porta ma è chiusa a chiave, le dico di allontanarsi perché ho tutte le intenzioni di sfondarla in qualche modo.
Sfogherò rabbia e dolore su questa, mi slogherò una spalla, non importa, ma Emily sarà nelle mie braccia entro cinque minuti, lo giuro.

Uno, due, tre colpi e la porta si apre con un tonfo, entro di corsa e la trovo in un angolo, con il trucco sbavato sotto gli occhi, con i capelli spettinati, ancora con il bel vestito di ieri e le calze, gli occhi e il naso arrossati e le labbra gonfie.
I miei occhi saettano nei suoi e torno a respirare.
Ci corriamo incontro e poso con urgenza le mie labbra sulle sue, la stringo forte a me mentre continua a piangere e ancora tutto questo non mi sembra reale.
Temo di potermi svegliare da un momento all'altro e ritrovarmi nel mio letto, senza di lei e a questo pensiero la stringo più forte a me, respiro nei suoi capelli.
Mi scosto e la osservo cercando di squadrarla da capo ai piedi per capire se sta bene, poi poso una mano sulla sua pancia.
Dio, spero che il bambino stia bene, è incinta solo di poco più di un mese, questo periodo è molto delicato.
"È tutto finito."
Le dico accarezzandole i capelli.

Lei è la parte migliore di me, la linfa vitale che mi scorre nelle vene, il battito del mio cuore, il respiro che mi da vita, l'ultimo frammento di anima che ti fa sentire completo.
Non credevo fosse possibile amare così.

Arrenditi a Noi (Sequel di Arrenditi All'Amore) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora