capitolo 1

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Morire è come addormentarsi, la morte stessa è paragonabile a una mamma che ti da la buona notte, rimboccandoti le coperte.
È una ninna nanna lenta e dolce che ti trasporta verso la luce.

In tanti libri si legge della morte, della luce che ti attende, del fuoco dell'inferno o dei canti serafini, di quanto ci si senta più leggeri e liberi, di cosa c'è dopo e di cosa c'è prima.

Ed io sono morta, sembra così strano dirlo, ma è la verità.
Un proiettile mi è entrato nel petto, il mio cuore e il mio respiro si sono fermati, la mia pelle è diventata bianca.
Sono morta, combattendo e salvando la mia famiglia e non potevo chiedere di più.

Sentoo il mio corpo leggero come una piuma, in realtà è come se non lo senti proprio, come se non avesse né sostanza né forma.
Lentamente apro gli occhi, infastidita da una piccola luce tenue e quasi soffocata, ammetto che l'inferno me lo aspettavo più caotico.
E mi sembra davvero poco plausibile essere finita in paradiso.

Una voce graffiata dal pianto, attira il mio sguardo e capisco di non essere ancora arrivata alla fine del mio viaggio.
Dall'alto, come nei film, guardo l'uomo che amo stringere la mia mano e piangete dicendomi dolci parole.

Sono estraniata dal mio corpo, non sento neppure il suo tocco e xome se quella donna stesa nel letto con macchinette attaccate e un tubo in gola, non fossi io.

Vorrei gridargli che sono qui davanti a lui, che è inutile baciare quella mano poiché non sento il calore del suo tocco e della sua mano.
Dirgli che quella mano che sta steingendo è solo un corpo che non ha più una anima, letteralmente parlando.

Ma sa che sarebbe tutto inutile, lui non può vedermi ne sentirmi e sarebbe solo ridicolo provarci.
Così, mi guardo intorno, piegando le labbra in una smorfia di disgusto nello scoprire di essere in una stanza di ospedale.
Decisa ad andare via, ovunque la luce mi aspetta, esco dalla porta iniziando a correre per il lungo corridoio che mi trovo davanti.
Ma appena faccio qualche metro di troppo, mi ritrovo di nuovo nella camera dove è conservato il mio corpo.

Sbuffando, ci riprovo e ci riprovo ancora, arrivando persino ad avere il fiatone nonostante sono solo un fantasma.
Per poi sedermi sulla sedia nell'angolo della stanza e scoppiare a ridere, quanto è ironica la vita, tanto odio gli ospedali ma sono condannata a rimanere per l'eternità in questo fottuto posto.

"Con quello che hai fatto Cath, direi che ti è andata di lusso.
Si, poteva andarti dicesamente peggio."

Questa voce mi è così familiare, eppure non può essere.
Non può essere lei.

Illudendomi che sia solo un'illusione, forse a causa di questo stato tra la vita e la morte in cui mi trovo.
La seguo fino a trovarmela davanti.

"Martina."

Sussurro incredula, fissandola tra la meraviglia e la scetticità la ragazza che ho davanti ma che tanti anni fa è morta tra le mie braccia.

"Vorrei dire in carne ed ossa. Ma diciamo che è una forma che non mi si addice più da tempo."

Capisco quello che vuole dire, solamente quando si muove.
Il suo corpo non ha più una forma fisica, carnale, assomiglia di più a un soffio di vento, un riflesso di luce che si muove nell'aria, un fantasma per quanto assurdo possa sembrare.

"Direi che hai bisogno di qualcosa di forte per riprenderti."

Sorride lei con la sua solita espressione infantile che non è cambiata, ne, invecchia, dal tempo.
Con uno schiocco di dita il panorama, la stanza, intorno a noi scompare, anzi cambia.
È un flash che colpisce gli occhi, costringendoli a chiudersi e quando li riapro mi ritrovo seduta a un tavolino, in un bar.
E basta poco, basta girarmi intorno per riconoscerlo.

The Queen 3 (i nobili del bronx)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora