capitolo 18 briciole

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Le gambe di Carter e quelle di kim sono intrecciate, il capo di lei è posato sul suo petto mentre lui la stringe a se accarezzandole la schiena.
I loro corpi ormai sembrano un tutt'uno tanto da non capire più dove inizia lei e finisce lui, con solo un lenzuolo nero a semi coprire la loro nudità.

Dopo lo scontro in palestra, sono scappati via senza dare spiegazioni a nessuno, chiudendosi ore nella loro camera in villa queen a consumare l'amore trattenuto in questi giorni.

Kim rilassata dalle carezze del suo uomo, si guarda intorno con uno strano mix di felicità e insoddisfazione nel petto.
Le fa piacere essere finalmente a casa sua, nella dimora della sua famiglia, ma le fa strano vederla così spoglia.

E pensare un anno la sua intera vita era vuota, spoglia, impersonale.
E ora invece vedere la camera così, la fa sospirare amara.

La mobilia è ancora spoglia, le mura ti te di viola chiaro troppo nude e persino l'armadio è pieno metà, con il resto della loro roba ancora negli scatoloni.
Ci vorrà ancora qualche giorni e un po di lavoro per renderla davvero "loro", ma essere qui, nel loro letto per Kim è comunque un buon traguardo.

Coccolandosi  al petto del suo uomo, lo sente sospirare e quasi agitare sotto la pelle.
Nel silenzio della stanza, può persino sentire la sua mente rumorosa e piena di pensieri e qualcosa le dice che non sono i suoi stessi pensieri.

Allontanando a malavoglia il capo dal petto, si alza quanto basta per guardarlo negli occhi, trovandolo come già immaginava, pensieroso e nervoso.

"Cosa c'è che non va?"

Non ci gira intorno, non è da lei e sorride vendono sussultare per il risveglio brusco dai suoi pensieri.
Finalmente i suoi occhi color fumo tornano ad essere vivi in quelli ghiacciati di lei.

Carter le accarezza la guancia, baciandole la fronte e pensando a quanto le è mancata e come solo lei sia capace di fermare tutti i suoi pensieri e problemi, pur di amare la sua pelle centimetro dopo centimetro.
Ma ora, con la sua donna tra le braccia e il silenzio a circondarli le mille paranoie bussano alla sua mente, i mille problemi che potrebbero portarla via da lui.

"Avrai capito che ho un fratello, anche se non amo parlarne e mia madre invece lo venera come se fosse Gesù cristo sceso in terra."

Per quanti anni ha vissuto nella sua ombra, ingoiando rabbia e insulti, sentendosi sempre un insetto quando la madre si divertiva a deriderlo e a paragonarlo a quello stronzo.
Senza sapere perché facesse così male, sapendo di essere meglio di lui.

"Giontata è solo uno stronzo, un ingordo di potere e quando nostro padre è morto il tutto è degenerato.
Appena il cadavere di mio padre è stato seppellito sotto quintali di terra, lui è salito sul trono portando fuoco e fiamme tra le strade del bronx.
Recuperare un pezzo di terra non era mai abbastanza, nulla era mai abbastanza, era sempre assettato e affamato di fama e potere."

Fare guerra per un semplice rifiuto di non voler lavorare per lui.
Quanta gente uccisa dalle sue mani, che se chiude gli occhi può quasi immaginare le sue mani gocciolare sangue.
Carter troppe volte voleva rifiutarsi, fare qualcosa, ma lui era il capo e il fratello minore doveva solo eseguire e muto.

"Io e mio nonno paterno non sapevamo più che fare per fermarlo, trovando utile solo allontanarlo da questa città che già stava cadendo a pezzi.
Così, con un piccolo inganno mio nonno gli diede la sua città, dicendo che gli avrebbe fruttato molto più potere.
Quando si è reso conto della presa per il culo, era troppo tardi.
Io avevo già preso il controllo sulla città e non c'era modo per togliermi di mezzo."

Ormai Carter si era fatto un nome, aveva i suoi uomini fidati e il completo controllo più di quanto Gionata avesse mai pensato di poter avere.
E per quanto ci abbia provato per anni a spodestarlo, non aveva i mezzi o punti a suo favore fino ad oggi.

The Queen 3 (i nobili del bronx)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora