capitolo 20 insieme

401 19 3
                                    

"Quella notte sono partita per la mia personale vendetta.
Iniziando con la famiglia Stone, finendo in una matassa.
Più ne uccidevo, più ne uscivano fuori, come schifosi funghi velenosi."

E sono su quella collina, seduti sulla stessa panchina, con lo stesso orizzonte a far da panorama.
La domanda di Carter non la sorpresa, sapeva che prima o poi l'avrebbe fatta e a preferito fare cosi, portarlo in quel luogo in cui manca da anni.

La panchina è invecchiata con lei, l'erbetta è ben curata e dei vetri con cui si è fata la cicatrice sul palmo non c'è più traccia.
Sicuramente hanno ripulito questo posto, ma per Kim no, forse in una strana illusione crede che quei vetri siano ancora lì, ormai tutt'uno con il terreno che conserva ancora il suo sangue e quello di Martina.

"Ho incontrato Gian proprio qui, circa tre anni fa, il giorno dell'anniversario della morte di lei.
Quando lo visto avevo mille cose da dirgli, ero persino arrabbiata ma infondo lo ero con chiunque e qualsiasi cosa a quei tempi."

Si direbbe che ad oggi non è cambiato niente, ma sarebbe falsa.
Lei non è la stessa che quella notte ha giurato odio verso il cielo e la terra, non è più solo un pensiero di rabbia e dolore, l'uomo al suo fianco ne è una forte dimostrazione.

È strano vederlo seduto qui, vicino a lei, dove un tempo sedeva Martina.
Si sente come intrappolata tra il ricordo e la realtà, a volte vedendo la sua vecchia amica al posto di Carter, quel sorriso che sa ancora oggi di addio.

"Ma non dissi niente, lui non disse niente, rimanendo seduti qui per ore a guardare l'orizzonte senza aver bisogno di altro.
Lui rispettava il mio dolore, io il suo lutto, nulla di più.
Prima di andarsene, ormai a tarda notte, mi diede il suo bigliettino da visita dicendo che mi doveva ancora quel famoso favore."

Quanto è stata tentata di strapparlo in mille pezzi, sputtandogli in faccia che quel giorno non sarebbe dovuta andare da lui, ma rimanere con Martina evitando che lei si facesse la dose sbagliata.

La pensato per anni, con il senso di colpa a stringergli la gola e alimentare i demoni nei suoi incubi.
Solo con gli anni ha capito che non poteva fare nulla, che quella droga in un modo o nell'altro sarebbe entrata nel naso di Martina fino ai polmoni.
Lei sarebbe morta quella notte, se non in un modo l'avrebbe fatto in un altro.

"Mi ero quasi scordato di Gian, poi l'altro giorno quando Sara se ne uscita fuori con quella folle idea, ho pescato il nome di Cam.
Per pura coincidenza la sera stessa ho ritrovato il numero di Gian e puoi immaginare il resto."

Coincidenza?
Carter sa che Kim non ci crede, la detto lei stessa durante il racconto di Martina e ha ragione.
Per lei le coincidenze non esistono, sono solo occasioni che la vita mette a disposizione solo una volta nella vita.
Per Kim la possibilità di guardare in faccia Gian, il nome legato al ricordo di quella notte, per poter finalmente dire addio a Martina con la dignità che merita.

Si alza dalla panchina, avvicinandosi al burrone, ripensando a quel pensiero di buttarsi da lì che la colpita quella notte.
Suicidarsi o vendicarsi, in realtà quella notte scelse entrambi a modo suo.

Vendicarsi, bruciare l'inferno in terra e lasciarsi andare alle fiamme con esse, ma qualcosa è andato storto e ora lei si trova qui a raccontare l'ultimo pezzo della sua vita.

Si gira verso Carter, il suo confidente, l'unico sulla faccia di questa terra a sapere tutto, tutta la sua storia.
Gli ha raccontato di ogni volta che è morta, eppure lui ancora, anche adesso, la guarda come se fosse la sua vita.

Mai qualcuno la guardata cosi?
Martina non di certo, tra loro era più un guardare i propri demoni danzare con quelli dell'altra.
Sara invece la guarda come se fosse un angelo, la sua supereroina.
Si chiede se i suoi genitori l'hanno mai guardata così, con la stessa capacità di mostrare l'anima riflessa in uno sguardo, come la vede nel fumo negli occhi dell'uomo che ama.

The Queen 3 (i nobili del bronx)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora