Capitolo Sedici - Sentirsi Liberi

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Il quadro era davanti a loro, mentre le mani erano intrecciate, nel mezzo della galleria d'arte, stranamente vuota.

C'era solo silenzio, erano le uniche persone presenti in quel posto.

Kojiro voltò lentamente la testa verso Genzo, che stava in silenzio, con la mano stretta in quella dell'altro ragazzo, mentre osservava il quadro.

Portava i soliti orecchini con le croci, mentre aveva la fronte corrugata, perso in chissà quali pensieri.

Kojiro strinse più forte la mano di Genzo nella sua.

<< Penso che non capirò mai questi quadri >> fu l'unica cosa che Kojiro fu in grado di dire in quel momento.

Genzo non rispose subito, poi accennò ad una breve risata e si girò verso Kojiro.

<< Dovremmo venire qui più spesso, so che teoricamente non si potrebbe, insomma è chiusa e tutto il resto, ma amo guardare questi quadri >> ammise Genzo, con un cenno del capo.

<< Anche a me piacciono, anche se non li capisco >> mormorò Kojiro.

<< È proprio questo il bello, se non il creatore nessuno può davvero capirli! Tutti danno la loro interpretazione >> commentò Genzo, inclinando leggermente la testa.

Kojiro ci rifletté qualche istante.

<< Sì, alla fine guardali, ripetono soltanto come automi quello che hanno sentito, non ne capiscono niente quanto noi >> replicò Kojiro, serrando le labbra.

Genzo lo guardava, uno sguardo ammirato.

<< Se c'è una cosa che mi piace di te è che dici sempre tutto quello che pensi senza filtri! Sei schietto >> commentò Genzo.

Kojiro sorrise a quel complimento, eppure sapeva benissimo che non era vero, soprattutto su di sé tendeva a mentirsi da solo.

Istintivamente allungò una mano verso quella di Genzo, ma questa volta non sentì il contatto con la sua pelle, era come passarvi attraverso.

<< No, no, no! Aspetta! Aspetta ancora un momento, ti prego! >> esclamò Kojiro, cercando di prendere la mano di Genzo nella sua, senza risultati.

Genzo lo guardava, senza rispondere.

<< Ti prego ancora pochi minuti! Devo ancora dirti delle cose! >> continuò Kojiro, guardandolo negli occhi mentre i muri della galleria d'arte stavano come sciogliendosi davanti ai loro occhi.

Genzo non rispondeva, non poteva farlo dopotutto, non era nemmeno Genzo.

Kojiro lasciò perdere, smise di parlare e chiuse gli occhi, per poi riaprirli e guardare il soffitto sopra di sé, con uno sbuffo.

Osservò quel soffitto illuminato dalla luce del mattino, in camera sua, portandosi le mani di fronte alla faccia, irritato.

Era evidente che anche quel giorno aveva avuto poco tempo per godersi quei momenti nel sonno.

Ogni tanto gli capitava di fare quei sogni a metà tra il sogno lucido e il puro ricordo.

Era come parare con Genzo, solo che Genzo rispondeva sempre allo stesso modo, con frasi che gli aveva detto in passato, che si ripetevano sempre.

La cosa peggiore era fare quei sogni in modo lucido, Kojiro si rendeva conto di essere in un sogno mentre lo faceva e quando si svegliava era solo più frustrante trovarsi dinnanzi alla realtà.

Kojiro si sedette sul materasso, con un altro sospiro, accanto a lui il materasso era ancora caldo, dove Maki aveva dormito probabilmente.

Kojiro si alzò in piedi, avvicinandosi alla finestra e aprendola per fare passare un po' di aria fresca.

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