Capitolo Tredici - L'Addio Definitivo

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Anche quel giorno c'era un leggero vento a Saitama, che aleggiava sulle strade.

Genzo se ne stava seduto sul divano, con Yayoi accanto a sé.

Se ne stava in silenzio, un po' giù, non aveva per nulla voglia di parlare di niente, fissava il vuoto con sguardo perso.

La ragazza accanto a lui gli stringeva una mano, con dolcezza.

Era un mese che lo vedeva così, disperato, abbattuto, senza mai piangere però, forse per non darle preoccupazioni.

Genzo le aveva raccontato la storia di Kojiro, su come lei avesse sempre avuto ragione e lui torto, su quanto stesse male, da quel giorno non ne avevano più parlato.

Yayoi non lo diceva mai a Genzo, ma sapeva che lui soffriva ancora.

Quasi ogni notte lo sentiva alzarsi in maniera furtiva dal letto, una volta lo aveva seguito e lo aveva trovato affacciato alla finestra del salotto, con la giacca di Kojiro stretta tra le braccia, a guardare le stelle.

Nemmeno in quel momento lo aveva visto piangere, era cupo, ma non piangeva.

All'inizio Yayoi aveva quasi sperato che non gli importasse se Kojiro lo aveva preso in giro, poi però aveva capito che l'unico motivo per cui non piangeva era che stava così male che non aveva la forza di piangere e stare peggio.

E quando la ragazza lo aveva realizzato aveva iniziato a sperare con tutto il suo cuore che Genzo tornasse a piangere.

Da quella sera, in cui l'aveva visto assorto in chissà quali pensieri alla finestra, aveva deciso di non seguirlo più.

Lo sentiva alzarsi, ma non ci badava più, lasciava che si sfogasse in qualunque modo volesse, anche solo guardando il cielo fuori dalla finestra.

Genzo in realtà aveva tutt'altri piani, anche in quel momento stava pensando a Kojiro, molto intensamente.

A volte gli capitava di pensare così tanto a lui che gli sembrava di vederlo o di sentire la sua voce, la prima volta che l'aveva intravisto nello specchio aveva avuto paura di stare impazzendo.

Si era domandato se la sua mente non fosse davvero malata, ma dopo qualche esame aveva avuto semplicemente la conferma che tutto era dovuto allo stress, nulla di più.

Non sapeva se esserne sollevato o meno, a volte sperava davvero di essere malato, così tutto quello che aveva sarebbe stato giustificato, invece sembrava solo che fosse nato sbagliato.

Però non si era arreso, quello che aveva provato con Kojiro era stato diverso, si era sentito così bene, così vivo, come se una parte di lui fosse stata persa per molto tempo prima di lui.

No, con Schneider non era stato così, nonostante fossero stati insieme due anni.

Così da due settimane o giù di lì aveva ricominciato a chiamarlo, continuava a lasciare messaggi nella segreteria telefonica e a scrivergli.

Non era andato a casa sua solo perché non si sarebbe mai permesso di fare una cosa del genere, ma al telefono tentava sempre di contattarlo.

Ovviamente Kojiro non gli rispondeva mai, né in chiamata né tramite un messaggio.

Visualizzava, ma non rispondeva, forse non gli importava.

C'erano moltissimi messaggi ormai senza risposta, i primi normali fino agli ultimi disperati, tutti mandati da Genzo.

Ultimamente aveva anche iniziato a raccontargli quello che faceva, con dei messaggi vocali.

Gli scriveva buon giorno e buona notte ogni giorno e poi alla sera gli raccontava tutto quello che era successo.

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