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Grande Giove
Linus: Quale diresti che è la tua filosofia, Charlie Brown?
Charlie Brown: Il segreto della felicità è avere tre cose da aspettarti e nulla da temere!
Linus: C'è differenza fra una filosofia e un adesivo per paraurti!
(Peanuts – Charles M. Schulz)
Ho sempre trovato l'espressione 'fare l'amore' di una bellezza disarmante.
Chi l'ha usata per la prima volta (deve esserci per forza qualcuno che l'ha introdotta) deve aver capito che quando due corpi si fondono l'uno con l'altro e lo fanno perché si desiderano, si amano, si appartengono, si renda concreto, toccabile con mano, un sentimento che di fatto è qualcosa che si vive in maniera empirica in più modi, ma che è allo stesso tempo qualcosa di 'astratto'. Come una scia di profumo che si sente, ma non si vede.
Io e Holden abbiamo fatto l'amore. Gli abbiamo dato vita in una maniera diversa, più intensa, quasi più logorante, di quella a cui fossimo più abituati. Lo abbiamo creato. Lo abbiamo plasmato a nostro piacimento. Abbiamo preso il sentimento che ci unisce e lo abbiamo incollato ai nostri corpi. Lo abbiamo spalmato su ogni nostro frammento come si spalma il cioccolato sul pane.
Lo abbiamo fatto, sul serio. È quasi difficile da credere. Lo abbiamo fatto in un modo tutto nostro. Per alcune ore tutto ha smesso di esistere. Tutto ha preso a fare silenzio. Niente ansie, niente paure, niente imbarazzi. Le insicurezze si sono fatte piccole piccole perché le nostre mani, le nostre bocche, i nostri corpi, hanno dimostrato di saper parlare una lingua che neanche noi sapevamo di conoscere così bene, così potente da mettere a tacere ogni pensiero soffocante, in grado di trascendere ogni raziocinio e freno.
Potrei scommettere che le fronde degli alberi, fuori la finestra, stiano gocciolando in questo momento. Plin, plon. Piccole lacrime che rotolano sul dorso delle foglie per cadere con lentezza e scontrarsi così con la strada. Alcuni raggi di sole bagnano parte del pavimento vicino alla finestra. Altri accarezzano lo zigomo sinistro di Holden.
Lo fisso. Sorrido e lo fisso. Guardo i suoi occhi chiusi, le ciglia lunghissime che creano delle ombre sui suoi zigomi, il suo naso affilato, le sue labbra morbide e gentili, la sua pelle calda e soffice, i suoi capelli nerissimi che risaltano contro la federa bianca del cuscino e che gli ricadono disordinatamente sulla fronte, facendolo sembrare quasi un altro Holden. Un Holden più libero, più sfacciato, più disinibito. Il suo braccio è sui miei fianchi e mi tiene stretta a sé. Dorme tranquillo, ma la sua presa è ferrea, come se non volesse permettermi di allontanarmi da lui. Nemmeno di un centimetro.
È strano vedere i nostri corpi nudi esposti alla luce del sole. Vedere con chiarezza le linea delle sue spalle, le clavicole che sporgono, il suo pomo d'Adamo, l'accenno leggero di barba sulle sue guance magre, la leggera peluria che gli ricopre parte del petto e che scende sempre più in basso. Con l'indice prendo a sfiorare i suoi contorni: le sopracciglia setose e folte, il setto nasale dritto, gli zigomi sporgenti, il contorno della bocca. Picchietto delicatamente contro le sue lentiggini. Le conto e le memorizzo. Poi passo alle palpebre sottili e fragili e alle orecchie, in parte coperte da dei ciuffi di capelli, i lobi morbidi, le punte tonde e appena più rosse del resto. Voglio che ogni sua linea si incolli ai miei polpastrelli. Che si disegnino nel mio cervello così da poterle tracciare ovunque. Sui muri, sui quaderni, sugli scontrini, con un rossetto sugli specchi, anche con gli occhi bendati.
Se lui non avesse il sole dentro, probabilmente non avrebbe sconfitto il rischio che un corpo bello come il suo sfiorisse, dopo aver sentito riecheggiare dentro di sé la parola 'mostro' per così tanto tempo.
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Un fidanzato come Holden Morris
Teen Fiction|COMPLETA| «Realizzo in pochi istanti che essere una matricola universitaria potrebbe fare davvero schifo. Non sei più uno studente liceale, ma allo stesso tempo non sei ancora uno studente universitario a tutti gli effetti. Sei più un pesciolino ch...