EPILOGO
Per aspera ad astra
Fulgida stella, come tu lo sei
fermo foss'io, però non in solingo
splendore alto sospeso nella notte
con rimosse le palpebre in eterno
a sorvegliare come paziente
ed insonne Romito di natura
le mobili acque in loro puro ufficio
sacerdotale di lavacro intorno
ai lidi umani della terra, oppure
guardar la molle maschera di neve
quando appena coprì monti e pianure.
No, eppure sempre fermo, sempre senza
mutamento sul vago seno in fiore
dell'amor mio, come guanciale; sempre
sentirne il su e giù soave d'onda, sempre
desto in un dolce eccitamento
a udire sempre sempre il suo respiro
attenuato, e così viver sempre,
o se no, venir meno nella morte.
(Fulgida stella – John Keats)
La porta della camera si aprì con la stessa forza con cui si sarebbe aperta se un esercito di topolini vecchi e stanchi avesse provato a spingerla.
Creò un gioco di ombre sul pavimento bagnato dalla luce del sole che filtrava dalla finestra che si trovava poco lontano, coperta da una tenda bianca che svolazzava con delicatezza, portando con sé il profumo del bucato, di lavanda, e di qualcos'altro non facile da identificare.
Dei passettini si fecero sempre più veloci fino a quando non raggiunsero il letto. Il peso del corpo, per quanto modesto, fece tendere verso il basso il materasso, provocando dei lievi mugolii che fecero sgranare gli occhi del piccolo proprietario di quei passettini.
–Che succede? – bisbigliò una voce femminile. Era dolce e calda e rassicurante.
–Ho fatto un brutto sogno. Ho tanta paura.
–Vieni qui.
Le braccia della mamma si tesero verso il bambino, raccogliendoselo al petto e infilandolo sotto le coperte calde, tra il suo corpo e quelle del ragazzo al suo fianco. Lo abbracciò forte, poi gli baciò la testolina castana.
–Che cosa hai sognato? – gli chiese. Mantenne gli occhi chiusi, ancora più nel regno dei sogni, forse.
–C'era un mostro tutto nero con dei denti grandi grandi dalla forma paurosa.
–Ah sì? E cosa voleva da te? – gli accarezzò la fronte.
– Voleva rubarmi il pancino.
Una risatina fece tremare alcune ciocche dei capelli del bambino.
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Un fidanzato come Holden Morris
Teen Fiction|COMPLETA| «Realizzo in pochi istanti che essere una matricola universitaria potrebbe fare davvero schifo. Non sei più uno studente liceale, ma allo stesso tempo non sei ancora uno studente universitario a tutti gli effetti. Sei più un pesciolino ch...