Quelle della Anderson sono finte

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Quelle della Anderson sono finte

Il segreto della felicità è possedere una decappottabile e un lago.

(Charles M. Schulz)

Arriviamo a Trillium Lake con ben trenta minuti di ritardo. Scegliere di partire a fine agosto ci era sembrata un'ottima idea, tuttavia la situazione non sembra migliore di quella che avremmo trovato nei primi del mese o in pieno luglio. I campeggi nella zona pullulano di famigliole e nel lago ci sono ancora bambini e coppiette.

Non appena Pam parcheggia, mi catapulto all'aperto come se avessi delle molle sotto le scarpe.

Mi do un'occhiata attorno, venendo subito travolta da un'ondata di caldo che mi infiamma la pelle del viso, non curante del paesaggio che mi circonda. Sono alla ricerca di una sola persona. Becco Taylor e Tony vicino a un barbecue. Stanno discutendo di qualcosa.

–Bellezza, e le valigie? Non penserai mica che siamo in un albergo qui! – mi riprende Pam, affacciandosi solo per metà dalla sua auto.

A quel punto i due ragazzi sollevano lo sguardo su di noi, rivolgendoci dei sorrisi giganti.

–Finalmente siete arrivate!

–Li sistemo dopo, promesso. – dico in fretta.

–È di sopra. Seconda stanza a destra. – fa Taylor, scoccandomi un occhiolino.

Come la stella di Peter Pan, penso.

Lo ringrazio, ricambiando il mega sorriso. Poi saluto anche Tony.

Sento delle risatine dietro di me mentre mi tuffo all'interno della casa.

Di nuovo ignoro tutto, focalizzandomi solo su una rampa di scale che mi fronteggia. Salgo i gradini con foga, sentendo dei lievi cigolii ogni volta che la suola del mio nuovo paio di Converse li sfiora. Mi trovo poi in un corridoio.

–Non si corre sulle scale! Se ti spezzi il collo non ti porterò in ospedale. Sia che tu sia Taylor, sia che tu sia Tony.

Ridacchio, coprendomi la bocca con le mani.

Diverse porte sono chiuse, ma la seconda a destra non lo è. Holden mi dà le spalle. È chinato su una valigia posata su un letto.

Sorrido, rimanendo a fissarlo per secondi interi. Poi entro furtivamente nella sua stanza. Trattengo il respiro e cammino a passo felpato, provando a non fare troppo rumore.

Quando gli sono alle spalle, gli circondo il busto con le braccia, stringendomi a lui. Lo colgo di sorpresa. Sussulta, smettendo di sistemare le sue cose.

–Vediamo un po'. – si ricompone subito. – Mani piccole e gelate, profumo di vaniglia e stretta da orso. Devi essere per forza Taylor!

Mi metto a ridere, stringendolo ancora più forte e inspirando il suo inconfondibile, incantevole, dolcissimo profumo che sa di shampoo per bambini e bucato steso all'aperto.

–Indovinato!

Stringe le mani sulle mie, girandosi nella mia direzione. Quando siamo l'uno di fronte all'altra mi rivolge uno dei suoi soliti sorrisi, gentili e difettati, che ormai da mesi mi mandano fuori di testa.

–Mi mancavi tantissimo! – gli confesso.

–Ma se ci siamo visti solo ieri sera. – poggia le mani sui miei fianchi, tenendomi vicina.

–Quindi non ci vediamo da tredici ore, ventisette minuti e... – guardo il mio orologio. – dieci secondi.

Un luccichio gli attraversa le iridi grigie. – Ma cosa ho creato?

Un fidanzato come Holden MorrisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora