~33: Troppo tardi

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La scelta del nome è un momento molto importante. Il nome è la prima cosa che dirai ad una persona per fare conoscenza, è la tua identità, il nome deve essere scelto con cura. Non voglio che mio figlio venga preso in giro, in un futuro, dagli altri bambini per il suo nome. No, il nome deve essere una delle cose più importanti. O almeno è ciò che sto cercando di far capire a Nathan da giorni. Sono incinta da ormai cinque mesi, nonostante potessi già sapere il sesso del bambino abbiamo deciso di non volerlo sapere, ameremo comunque quel bambino indipendentemente dal sesso. Questo però non rende affatto semplice la scelta del nome, per niente.
Sasha voleva sapere il sesso del suo nipotino, e un po' è arrabbiata con me siccome non l'abbiamo voluto sapere, però si sta dedicando completamente per viziare suo nipote. Spera che sia una femmina, anche se sta comprando solo tutine neutre, vorrebbe che Chloe avesse una sorellina, perché sa già che saranno legati come lo siamo noi due, anche se Chloe è più grande di qualche anno.
Nathan spera anche lui in una femmina, anche se si sta preparando psicologicamente, quando sarà grande, a cacciare di casa ogni ragazzo che vorrà uscire con lei. Il solo pensiero mi scappa una risata.
Io non l'ho detto a nessuno, ma vado contro corrente, vorrei tanto un maschietto, vorrei tanto che somigliasse a Nathan, e che un giorno proteggesse, se mai ne avrà uno, il suo fratellino o sorellina.

«Oggi non ci muoveremo di qui finché non avremo deciso il nome» Nathan sa benissimo che quando uso questo tono di voce non voglio essere contraddetta. La gravidanza mi gioca brutti scherzi, mi rende troppo irascibile, meglio non contraddirmi in questo periodo. La Rachel che ci pensava due volte a dire qualsiasi cosa è stata sostituita da una Rachel che è fin troppo schietta, che non vuole sentire ma o però.
«C'è ancora tempo per deciderlo» cerca di prendere tempo.
«No, non abbiamo tempo, non voglio che mio figlio resti anonimo un giorno di più, devo avere la certezza che abbia almeno il nome. E deve essere perfetto» gli punto un dito contro. Mi afferra il braccio e mi avvicina a lui che sta seduto sul divano.

«Oggi è meglio se non facciamo arrabbiare la tua mamma, è davvero terrificante quando parla così» la rabbia viene sostituita dalla gioia quando lascia un bacio sulla mia pancia. Ogni volta che parla con nostro figlio, ogni volta che lascia un bacio o una carezza, non importa se mi ha fatto arrabbiare, o sono arrabbiata già di mio, la rabbia va via.
«Nathan sono seria» il mio tono acido viene sostituito da uno quasi esausto.
«Rachel ci stiamo pensando da giorni, ma non c'è un nome che ti va bene» afferma continuando ad accarezzare la mia pancia.
«Non chiamerò mai mio figlio Anthony» mi guarda accigliato.
«Tu vorresti chiamare nostra figlia Esmeralda»
«Guarda che è un bellissimo nome, e anche il suo significato è molto bello, significa speranza»
«Se proprio vuoi chiamarla speranza, chiamala Hope»
«Assolutamente no, Hope è troppo scontato»

Avevamo solo un compito, lui scegliere il nome per un maschietto e io per la femminuccia. Peccato che ogni nome che proponiamo, da ormai due settimane, non viene accettato dall'altro. Devo assolutamente trovare un nome entro oggi, non mi arrenderò fino a quando non l'avrò trovato.

«Ho un'idea»
«Sarebbe?» domanda passandosi una mano tra i capelli.
«Dato che non riusciamo a decidere, lo farà la sorte» mi guarda come se avessi detto un'assurdità.
«In che senso?»
«Scriviamo i nomi che ci piacciono maggiormente su un pezzettino di carta, poi ne pescheremo uno a caso, quello sarà il nome di nostro figlio» gli sorrido.
«Mi sembra una buona idea»
«Perfetto» prendo dei fogli dal tavolino e ne porgo uno a Nathan, insieme alla penna.

«Senti Rachel, volevo dirti una cosa»
«Dimmi pure» lascio il mio foglio sul tavolino.
«Se fosse femmina, non vorresti chiamarla Hanna come tua madre?»
«No, per un semplice motivo, lei mi ha chiesto di lasciarla andare. Ed è quello che sto facendo, lasciarla andare. Dare a nostra figlia il suo nome è come forzarla a restare, in qualche modo, e non è quello che voglio» il mio sorriso si spegne.
«Ho capito. Beh allora mettiamoci a lavoro»

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