"Inizia tutto da qui. Un motociclista e il suo caposquadra. Alla ricerca della velocità. Ha inizio tutto da qui. Dal più piccolo circuito di minimoto al più veloce circuito del Gran Premio, dalle piccole moto di qualche centinaio di euro, ai missili MotoGP che valgono milioni. Dalle emozioni a 30km/h da bambini, ai Gran Premi a 350km/h. Il principio è sempre lo stesso. Essere i più veloci in pista. E poi, trovare il modo di correre ancora di più. Gareggiare al Gran Premio, significa trasformare il fuoco in velocità, la combustione del carburante con l'aria del motore, e il fuoco nel cuore del pilota disposto a rischiare di tutto per vincere. Il tempo è il nemico. Le frazioni di secondo perse o guadagnate, che determinano la sconfitta o la vittoria, e gli anni necessari per arrivare in cima e fare tutto per restarci. Ecco cosa devi fare: frena il più tardi possibile, resta largo, gira, arriva alla massima velocità. Frena, piegati, ancora di più. Più veloce. Resta in sella alla moto. Arriva alla massima velocità. Accelera. Resta in sella alla moto. Cadere, fa male. Ti distrugge la moto. Ti distrugge il corpo. Distrugge le tue chance. Resta sulla moto. E lotta. Ad ogni giro, ad ogni curva, ogni secondo. In più di diciotto gare in tutto il mondo, senza sosta, per più di 3000 km a stagione. Lotta fino alla fine. Lotta per arrivare in cima. Lotta. E diventa un campione."
Il cielo sopra Misano sembra più bello. Vedere il sole tramontare dalla decima curva, il Tramonto, le sfumature arancioni e rosa ti appaiono ancora più intense. Più belle. Il sole cala ed il circuito è il suo orizzonte. Sta per cominciare la notte prima di Misano, e sono entrata in pista quasi con la stessa agonia che provo la notte prima della sua Maturità. Non che per i miei esami universitari sia cambiato qualcosa, ma quella sensazione è meno intensa. Se non vi sembro troppo malinconica, l'asfalto sembra avvolto da un'atmosfera di attesa e di tensione. Sento le farfalle nello stomaco, ma non mi sono mai piaciute. I film romantici dove le protagoniste affermano di essere "in un brodo di giuggiole" – so che sto esagerando – sentendole svolazzare nel loro stomaco, mi fanno solo pensare a come storco il naso ogni volta che vedo quelle scene. Sono qui da sola, che mi avventuro per il circuito in silenzio, in balia del venticello serale che mi accarezza delicatamente il viso. Mancano ancora un rettilineo e quattro curve prima di arrivare a fare la resa dei conti con il mio problema, per tutto questo weekend. Quella maledetta curva io non riesco più a farla! Durante l'allenamento non ho problemi, nei test non ho problemi, arriva la gara e non so più come guidare. Ho fatto un esercizio di visualizzazione prima, nel Motorhome, completandolo discretamente. Faccio fatica a concentrarmi. I miei passi risuonano, nel silenzio di Misano, e sono ormai a metà rettilineo. Sono quasi sicura di sentire il rombo della Desmosedici nelle mie orecchie, ma sono consapevole che è solo la mia mente a giocarmi brutti scherzi. Canticchio la mia canzone preferita, per non sentire il silenzio assordante che mi sta circondando. <<Dancin' in the moonlight.>> sussurro, con gli occhi lucidi, finito il rettilineo. Rallento i miei passi. <<Everybody's feelin' warm and bright.>> continuo a canticchiare, con voce sempre più tremante. Un brivido mi percorre la spina dorsale e mi volto di scatto, dietro di me, per controllare che non ci sia nessuno. Sono patetica. <<It's such a fine and natural sight.>> dico a me stessa, superando curva undici, avanzando verso curva dodici. <<Everybody was dancin' in the moonlight.>> finisco il ritornello, concludendo poi curva tredici, rallentando sempre di più i miei passi. Il respiro si fa pesante, il vento si alza e mi spinge i capelli sul viso, che tolgo distrattamente. Il petto si alza velocemente e una sento una voce mi chiama. <<Milla!>> urla Francesco, e lo sento correre dietro di me per raggiungermi. Vorrei andargli incontro, ma ho come la sensazione di essere ancorata al cemento. <<Milla!>> ripete lui, più vicino. Sento le gambe cedermi, ma due braccia possenti mi tengono e mi accompagnano nella discesa verso l'asfalto. <<Cami, sono qui. Stai tranquilla, sono qui.>> afferma Pecco, asciugandomi con il palmo della sua mano le lacrime che hanno solcato le mie guance. Non mi sono nemmeno accorta che ho cominciato a piangere. Mi sento impotente nelle braccia di Francesco, inerme nel mio dolore. Piango. Sempre più forte, senza riuscire a fermarmi. Cullata dalla stretta di Pecco e dal suo tono di voce caldo e fermo, lentamente ritrovo la calma. <<Ehi. Era da un po' che non ti venivano degli attacchi di panico, Cami.>> afferma lui, con tono di voce preoccupato. Mi posa un bacio sulla fronte e porta una mano sulla mia guancia per farmi voltare il viso verso di lui, in modo che io possa guardarlo negli occhi. <<So che stai lottando con i tuoi demoni interiori, ma non devi affrontare tutto da sola. Avresti potuto avvertirmi che stavi per andare a fare il giro della pista. Per fortuna alcuni dei nostri meccanici ti hanno vista e mi hanno avvertito, visto che non ti vedevano tornare da troppo tempo.>> dice Pecchino, accarezzandomi dolcemente la guancia con il pollice della sua mano destra. <<Ho paura, troppa. Paura che si ripeta tutto, di perdere di nuovo il controllo.>> gli rivelo, con voce spezzata e gli occhi di nuovo lucidi dalle lacrime che minacciano di strabordare ancora. Scosto lo sguardo dai suoi occhi, vergognandomi per come sono ridotta in questo momento. <<Guardami. Sei più forte di quanto credi. Hai già superato tanti ostacoli, e questa è solo un'altra battaglia che devi affrontare con la stessa determinazione!>> esclama, scuotendomi dolcemente fra le sue braccia, facendomi sorridere di nuovo. La sua presenza, il suo sostegno, mi donano quella tranquillità che ho perso. Lentamente, mi concentro sulla mia respirazione e con calma riesco a farla tornare normale, dando una fine anche alle mie lacrime. <<Ti stanno brillando gli occhi.>> constata, osservandoli, quasi imbambolato con le labbra leggermente socchiuse. Mi sento arrossire e lui, ridacchiando, baciandomi la punta del naso. <<Non so come avrei fatto senza di te in questo momento.>> rivelo, sincera, facendomi cullare ancora. <<Pecco.>> comincio a parlare, esitante. <<Domani salirai sulla tua moto e darai il massimo, chiaro?>> mi interrompe, guardandomi dritto negli occhi, serio sul volto. Deglutisco e annuisco, cercando di essere abbastanza convincente, soprattutto per me. Rimaniamo seduti, guardando insieme il circuito che lentamente viene illuminato sempre meno dalla luce sempre più fioca del sole. Il mio attacco di panico è solo una mia limitazione, un blocco mentale, posso superare anche questa sfida. <<Che ne dici se ci incamminiamo alla pit lane? Abbiamo entrambi bisogno di farci una bella dormita.>> dice, dandomi una mano per alzarmi nuovamente in piedi. <<Andiamo a casa, Milla. La Micia ci aspetta.>> e, aggrappandomi alla sua mano, cammino lentamente, superando Il carro, la curva numero quattordici, con il cuore in gola. Ricambio il sorriso di Francesco, quando giro verso il piccolo rettilineo prima di curva quindici. E questa notte, Misano, sotto il cielo stellato della Romagna mi appare meno spaventoso di due giorni fa.
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La corsa per la vittoria
FanfictionQual è il problema di essere Camilla Mancini? Apparentemente nessuno, è una semplicissima ragazza di ventun anni. Si considera una persona molto semplice, che si gode ogni cosa che la vita le propone. Non si ritiene speciale, solo fortunata: non tut...