Capitolo 46

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La seconda data a Misano si avvicina sempre di più, e con essa cresce la mia ansia. Aver vinto ad Austin mi ha fatto riprendere un po' di fiducia, non lo nego, ma la pista di Misano porta dei segni indelebili del mio passato. Sono pronta, ne sono sicura, tuttavia la paura e l'incertezza si annidano nel mio cuore. Questa mattina ho l'ultima seduta con lo psicologo prima del weekend di gara. È da quando mi sono alzata che mi preparo mentalmente a questo incontro, inserendo nella mia borsa anche il diario delle mie emozioni. E se devo essere totalmente sincera, ho scritto qualcosa anche questa mattina. Sono determinata a fare tutto il possibile per affrontare Misano 2 con la mentalità più giusta. <<Buongiorno, come ti senti oggi?>> mi domanda con gentilezza, accogliendomi nel suo studio con un sorriso caloroso, invitandomi a sedermi sulla mia solita poltrona con un gesto della mano. Mi strofino le mani leggermente tremanti e sudate sulle cosce, accennando un sorriso nervoso. Mi concedo un respiro profondo prima di rispondere alla sua solita domanda. <<Sto bene, rispetto ad una settimana fa sto benissimo, grazie.>> affermo, schiarendomi la gola. Comincia a farmi un discorso e, mi dispiace, ma non saprei come poterlo riportare qui per voi. Il nucleo di tutto quello che mi ha detto, è un riassunto del mio percorso con lui, di ciò che abbiamo guadagnato e mi ha fatta ragionare sull'amore che la gente prova per me. <<Renditi conto che a Misano, c'erano le tribune piene, e dalle registrazioni lo si nota benissimo la gente con la tua bandiera. Un mare di persone rosse, e naturalmente gialle, era lì per te.>> mi dice, con una certa sicurezza nella voce. <<Le mie parole prese sotto un certo punto di vista potrebbero essere banali, vuote e forse superficiali. Ma quello che sto cercando di farti capire è che la tua sicurezza, la tua preparazione mentale non bastano, accedi alla loro riserva di amore e ammirazione che provano nei tuoi confronti. Se nessuno credesse in te, non avrebbero comprato la tua bandiera, la maglietta con il tuo numero, il tuo cappellino e così via.>> afferma, con un sorriso sul volto. Mi contagia e sorrido anche io. <<Cami, se non basti tu da sola, portateli dietro con te. A questo servono i tifosi, ad incoraggiarti nei momenti in cui la tua persona sta sotto i tuoi stivali.>> e in un certo senso, qualcosa cambia dentro di me. Io riesco a dire con certezza che nella mia mente scatta qualcosa ed un sorriso sul mio volto comincia ad ampliarsi sempre di più. <<Desidero che tu rifletta su quanto tu sia cresciuta come pilota e come persona da quando abbiamo cominciato questo percorso. Hai affrontato sfide incredibili, e hai dimostrato una determinazione straordinaria. Ogni passo che hai fatto è stato un passo verso il superamento dei tuoi timori. Ora ti basta fare l'ultimo sforzo, ce l'hai quasi fatta. Non devi mollare adesso!>> mi incoraggia, togliendosi gli occhiali come ogni volta quando deve farmi un discorso serio. Li appoggia distrattamente sul suo tavolino da caffè rotondo, accanto alla sua poltrona. Mi prendo un momento per assorbire le sue parole, mentre il mio terapista sfoglia il diario delle emozioni, che gli avevo portato. Ho compiuto un viaggio incredibile e ho superato la maggior parte delle mie paure. Sono arrivata qui come un vaso di porcellana crepato, pronto per crollare e qualcuno doveva aiutarmi ad incollare i miei pezzi. <<Hai fatto un lavoro meraviglioso scrivendo le tue emozioni e i tuoi pensieri. Questo è un potete strumento di introspezione. Continua a farlo, anche durante il prossimo fine settimana a Misano, mi raccomando.>> mi dice, allungando un braccio per passarmi il mio quaderno nero. <<Farò del mio meglio.>> rispondo, sospirando con l'intento di controllare la mia ansia. <<Ricorda, il tuo valore non è definito da una sola gara. Sei una pilota straordinaria. Con il giusto approccio mentale, puoi superare qualsiasi sfida. Tu devi concentrati sulla tua preparazione, sulla tua grande determinazione e sul tuo amore per la guida. Il resto verrà da sé, te lo prometto.>> afferma, schiarendosi la gola. Si ricompone sulla sua poltrona, indossando di nuovo gli occhiali. <<Invece, parlami un po' di come vanno le cose con i tuoi amici, la tua famiglia. Come hanno reagito al tuo attacco di panico?>> chiede, con curiosità, prendendo una penna per poter segnare ciò che racconto. <<Non saprei sinceramente da che punto di vista osservare ciò che è successo in quest'ultima settimana e mezza. Ci sono state delle cose che ho apprezzato tanto, e invece altre che ancora adesso non riesco a risolvere.>> rispondo, cercando di prendere coraggio e parlargli di cosa sta succedendo a casa in questi ultimi giorni. Mi guarda, corrugando la fronte. <<Hai litigato con qualcuno?>> intuisce, sistemandosi gli occhiali sul naso, usando l'indice della mano destra. Annuisco e sospiro amareggiata. <<A Francesco non è piaciuto il fatto che Federico sia venuto a casa un paio di giorni per farmi compagnia mentre lui era a Torino a trovare la sua famiglia.>> anticipo il tutto, schiarendomi di poco la gola, prima di esporre i fatti. <<Mio padre era preoccupato per me, dato che rimanevo da sola a casa per circa una settimana. Certo, da sola non sarei mai rimasta, se avevo bisogno sapevo chi potevo chiamare. Però lui si è messo in testa che qualcuno doveva farmi compagnia mentre Pecco non c'era, perciò dato che lui – in primis – non poteva, e i miei fratelli nemmeno, ha chiamato l'unica persona che forse non doveva chiamare senza prima magari chiedermi un parere. Ha telefonato a Federico, e lui è corso a Rimini senza nemmeno pensarci due volte. So che mio padre ha avvisato Francesco della cosa, prima che io sapessi effettivamente che Federico era in viaggio per venire da me. Questa cosa a quanto pare non gli è piaciuta molto. Nel senso, non gli è piaciuto il fatto che non sia stata io a dirgli "per prima" che sarebbe venuto Federico. Ma ripeto, io non lo sapevo finché non mi ha suonato il campanello.>> spiego, gesticolando animatamente con le mani per aiutarmi a mantenere un filo logico del discorso. <<Avete discusso, quindi.>> deduce, il mio psicologo, guardandomi di sottecchi e scrivendo qualcosa velocemente su un foglio. Io annuisco di nuovo e aspetto qualche istante prima di ricominciare a parlare. <<Mi ha detto che se non me la sentivo di rimanere sola, potevo andare con lui a Torino, magari rimanendo qualche giorno in meno. Io però non mi sentivo in piena forma, ecco, e non riuscivo mentalmente a sostenere un incontro con la famiglia di Francesco. Là, a differenza della mia famiglia, sono un po' tutti esperti di moto, loro vivono del motomondiale. Probabilmente sarebbe uscito fuori l'argomento in un modo o nell'altro e avrebbero cominciato ad analizzare la caduta. Una cosa che normalmente si fa e normalmente non mi dà fastidio, anzi. Loro sanno del mio incidente e mi vergognavo dell'idea che loro potessero guardarmi con gli occhi di chi prova "pena" per me, altrimenti non avrei avuto alcun problema ad andare con Pecco su a Torino. Sto bene con la sua famiglia, non ho assolutamente nulla di cui lamentarmi. Mi trattano benissimo e sono ben accetta fra di loro, quindi avevo programmato di elaborare il mio attacco di panico e quello che è successo a Misano da sola. Invece, è arrivato Federico. Io, ci tengo a precisare, che appena ho capito che non aveva intenzione di andarsene prima di essere sicuro che io stessi bene, ho avvertito Francesco che si sarebbe trattenuto. Lui sapeva già tutto da mio padre e me lo aveva confermato per messaggio. Sembrava tranquillo. Sembrava tranquillo anche in America. Invece, poi, quando siamo tornati a Rimini a casa nostra, ha cominciato a essere schivo, a non parlarmi come al solito. Ho aperto la discussione e stiamo litigando da alcuni giorni. Non era mai successo prima.>>

La corsa per la vittoriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora