Questo pomeriggio, dopo pranzo, devo partire per Firenze. Ho sentito mio padre, ieri sera, quando sono arrivata a casa, a Rimini. Ci siamo messi d'accordo per stare insieme qualche giorno di questa e della prossima settimana, e questo pomeriggio ho il treno per andare a Firenze. Mio fratello mi ha lasciato la macchina alla stazione, quindi non ho nemmeno problemi per muovermi. Ho anche saputo, che ho il mio vecchio appartamento libero e che non ho nessun ospite indesiderato – intendo i miei fratelli – in visita. Che bello! Mi trovo nella stanza del mio psicologo, attendendolo, mentre è andato a prendere la mia cartella. Mi guardo intorno, ogni volta più curiosa, osservando i titoli dei libri posti perfettamente in ordine sulla libreria dietro la poltrona, sulla quale solitamente si siede lui, oppure osservo i suoi attestati appesi al muro. Il suo studio non mi dispiace affatto. Ha un non so che di confortevole. Come se quando entrassi, fossi dentro una bolla di sapone, che ti protegge da tutto e da tutti, che si scoppia alla fine della chiacchierata. <<Allora, Cami.>> esordisce, entrando nella stanza, il mio psicologo. <<Com'è andato questo weekend di gare?>> mi domanda, accomodandosi sulla sua poltrona, di fronte a me. Mi osserva sorridendomi, cercando di mettermi totalmente a mio agio. <<Se devo essere sincera, ho fatto delle considerazioni durante la Germania.>> comincio il mio discorso, provocando un'espressione sorpresa del mio terapista, che si pone in modo da potermi ascoltare meglio. <<Il venerdì è andato veramente male. Abbiamo avuto alcune difficoltà con la moto e in più sono scivolata un paio di volte. Il sabato è andato bene, sono riuscita a qualificarmi nel Q2, e quindi ho gareggiato per fare la pole. Non ci sono riuscita, ma ho ottenuto comunque un bel posto sulla griglia. La gara ha avuto degli alti e dei bassi. Non mi sentivo proprio a posto con le gomme, ho avuto difficoltà per mantenerle. Può sembrare strano, e mi potresti dire "Con tutti i momenti che avevi per pensarci, magari in mezzo alla gara non era il momento migliore" e avresti totalmente ragione, ma è successo proprio in quel momento.>> racconto, gesticolando, seduta con le gambe accavallate. <<La sera prima non riuscivo a dormire e ho utilizzato il metodo che mi hai suggerito, quando i pensieri cominciano ad infittirsi e non riesco ad uscirne. Ho fatto tutto un ragionamento sul destino e mi sono fatta alcune domande, come – ad esempio – "Sarei mai tornata su una moto, senza Valentino?" oppure "Dopo l'incidente il mio sogno, quello di vincere il mondiale, è ancora lì?" e così via. Non saprei bene cosa rispondere a tutte quelle domande, ma di una cosa sono certa, ed era una cosa che mi avevi chiesto anche tu, la prima volta che ci siamo incontrati. Io voglio stare su una moto e sono determinata a vincere.>> affermo, sorridendogli. Lui mi guarda con un'espressione fiera – se così si può definire – e mi annuisce. <<Molto bene. Come puoi ben notare tu da sola, sei riuscita a risponderti alla prima domanda!>> esclama. <<Il giorno della gara, quando mi sono resa conto che non avevo più speranze di riuscire ad arrivare sul podio, dato che mancavano pochi giri ed ero indietro, mi sono rimboccata le maniche e mi sono incoraggiata. Non potevo comunque mollare. Perciò sono riuscita a conquistare un tredicesimo posto. Sono convinta del fatto che, se voglio ritornare a vincere, da qualche parte devo pur cominciare.>> concludo il mio discorso. <<Mi sembra che stai facendo dei grossi passi da gigante!>> si complimenta con me, scrivendo poi qualcosa su un foglio. Posa la penna e si sistema meglio sulla poltrona. <<Per la prossima volta, vorrei che tu mi dicessi il primo obiettivo su cui vuoi lavorare. Pensaci bene, mi raccomando.>> dice, congedandomi. <<Ci vediamo presto, Cami.>>
Penso di aver fatto il più grande sbaglio che si possa fare nella propria vita. Vi domanderete "Ed ora che ha combinato"? Sono le 18.23 e sono andata a fare la spesa con un buco nero al posto dello stomaco. Mi sono dimenticata di prepararmi il pranzo per il treno. Non voglio nemmeno guardare cosa ci sia in questo momento nel mio carrello. In più, sono da sola, e non ho nessuno che mi possa bloccare dal mio gesto – quasi compulsivo – di prendere le cose dagli scaffali. Ormai non guardo nemmeno più cos'è. Sarò forse smielata, però mi manca Pecco. Lui è sempre pronto ad abbassare la mia mano ogni volta che provo ad allungarla per prendere cose che non ci servono. Quando dici "parli del diavolo e spuntano le corna" mi appare una chiamata sullo schermo del mio telefono, ed è lui. Se vi state chiedendo il motivo del perché non è qui con me a Firenze, semplicemente è andato a trovare la sua famiglia a Torino. <<Ciao amore!>> mi saluta, con un tono di voce dolce e caldo, che mi manca da morire. <<Penso di aver fatto un danno.>> ammetto subito, con tono colpevole. Aspetto la sua reazione e mi immagino un piccolo, minuscolo interesse verso la quesitone, ma lo sento scoppiare a ridere. Ma che ha da ridere? <<Fammi indovinare. Ho visto che hai dimenticato il pranzo a casa, dato che sono uscito dopo di te. Quindi, sicuramente, non hai pranzato e sei in supermercato a fare la spesa.>> mi risponde. Rimango sconcertata e – a dirla tutta – un po' spaventata. <<Wow.>> sussurro, incredula del fatto che abbia azzeccato la situazione da solo. Tento di spostare il carrello in avanti e dirigermi al reparto dei surgelati, già che ci sono. <<Secondo te, riesco a mangiare, in questi giorni, dei cavoli romani surgelati?>> domando, tenendo in mano, indecisa, la confezione di cavoli. <<No!>> dice subito, ridendo. <<Mettili giù! Non ti servono! Non li mangi neanche quando siamo a Rimini!>> esclama, divertito dalla situazione. <<Io ora vado a preparare gli gnocchi con la nonna, tu vedi di non combinare disastri.>> afferma lui, tentando di raccomandarsi, e nel mentre tenta di trattenere le risate. Lo odio quando fa così. <<Va bene, salutami tutti e dai un bacio a Carola!>> lo saluto e chiudo la chiamata. Inserisco il telefono nella mia borsa e spingo il carrello in avanti, posando la confezione di surgelati nel frigo. Devo seguire il suo consiglio e tornare a casa adesso, prima che sia troppo tardi. Non riesco a portare troppi sacchetti da sola. Alzo lo sguardo e mi blocco di colpo, incrociando gli occhi dell'ultima persona che avrei mai potuto immaginare di incontrare. <<Camilla?>> si rivolge a me, quasi sussurrando, con gli occhi spalancati dalla sorpresa, immagino. <<Milla!>> afferma, in seguito, alzando la voce. <<Lorenzo!>> esclamo, a mia volta, sorridendo con sincerità a quel ragazzo biondo che è molto più alto rispetto all'ultima volta che l'ho visto. Ormai sono passati anni. Si avvicina a me con velocità, supera il mio carrello e mi abbraccia forte, tenendomi stretta sé per molti istanti, come se avesse paura che io svanisca da un momento all'altro. <<Sei cresciuto dall'ultima volta che ci siamo visti!>> gli dico, constatando divertita che mi sovrasta con la sua altezza. Una volta era il contrario, ve lo giuro. <<Tu invece no.>> mi prende in giro, prima di sciogliere l'abbraccio, mantenendo sempre una distanza molto ravvicinata. Le sue mani sono appoggiate sulle mie spalle. <<In compenso Fede aveva ragione quando mi ha detto che sei sempre più bella.>> dice, mentre io quasi mi strozzo con la mia stessa saliva. Mi fa l'occhiolino e sento il viso andarmi in fiamme per l'imbarazzo. <<Scusa, che ha detto tuo fratello?>> gli chiedo, sbigottita, ricevendo in cambio una risata. <<Lorenzo? Lorenzo!>> si sente una voce chiamarlo e che riconosco subito. Ci voltiamo entrambi nella direzione da cui proviene ed arriva Francesca Chiesa, sua madre, leggermente infastidita verso di noi. Non appena si accorge che sono io, la ragazza vicino a suo figlio minore, il suo viso si rilassa e mi sorride, quasi commossa. <<Non ci posso credere!>> esclama, e si avvicina a me, facendo segno a suo figlio di farsi da parte e di prendere in custodia il carrello che si stava trascinando dietro poco prima. <<Come stai, tesoro? Sei qui da sola?>> mi domanda, per prima cosa, e come suo solito, mi scannerizza dalla testa ai piedi per vedere se sono tutta intera. <<Sto bene! Sono qui da sola, sto prendendo qualche provvista.>> le dico, sorridendole, felice di star parlando proprio con lei. <<Sono venuta a salutare papà.>> e, nel mentre della conversazione, ho come la sensazione che non siano passati anni dall'ultima volta che ci siamo incontrate, ma solo qualche giorno. <<Hai ospiti a cena?>> mi domanda, guardando di sottecchi il mio carrello. Dio che imbarazzo! Abbasso lo sguardo verso terra e per poco non scoppio a ridere. <<No, ci sono solo io.>> e Lorenzo non riesce a trattenersi, scoppiando a ridere dietro a sua madre. <<Guarda un po' cosa sei diventata.>> afferma, cambiando probabilmente discorso, guardandomi con uno sguardo orgoglioso, la mamma dei Chiesa. Buffa? Un pozzo senza fondo? No, questo lo ero già da bambina. <<Io già lo sapevo, ancora quando correvi con le minimoto, che avresti fatto strada!>> esclama. Ah, parla di quello. <<Che sei, una veggente, mamma?>> la prende in giro, il figlio minore, ricevendo uno scappellotto in testa. Neanche dopo ore di allenamento sulla reattività sarei riuscita ad evitarlo. <<Non esagerare, ho un percorso lungo e travagliato alle mie spalle. Per arrivare dove sono adesso, un grande aiuto, è stato entrare nella VR.>> rispondo, ridacchiando, cercando di nascondere quello che una parte di me pensa, in realtà. No, non sto buttando tutto all'aria. <<Credimi.>> si intromette Lorenzo, ancora col sorriso sul suo viso, mentre mi guarda. <<Lei è sempre attaccata alla televisione quando è weekend di gara, dal venerdì alla domenica. Non si perde niente, ti guarda sempre!>> ride e non posso fare a meno di sorridere all'idea di Francesca sul divano di casa. <<Non mi offendo se non lo fai.>> mi rivolgo alla donna, che è quasi una seconda madre per me. Si è presa cura di me quando abitavo a Firenze da sola, mentre mio padre era in giro per il mondo che allenava le squadre di calcio estere. <<Non osare neanche scherzare su una del genere Camilla Mancini!>> esclama seria, prendendomi entrambe le mani fra le sue per stringerle. <<In casa mia, il tuo sport è importante quanto il loro. Se non di più!>> si riferisce ai suoi due figli maschi e al calcio. Uno strano calore invade il petto e non posso fare a meno di sorriderle ascoltandola. <<Da quando sei tornata in Italia, ho sempre guardato tutto.>> perché in Germania non andavo in televisione. Non esce nessuna parola dalle mie labbra. <<Non rinunciare ai tuoi sogni, Cami!>> mi sussurra all'orecchio, mentre mi attira in un abbraccio. Fra le sue braccia, materne, mi sento di nuovo una bambina spensierata nella casa al mare. <<Lo so che le mie parole non cambieranno niente, perché è la tua testa che deve decidere quando sarai di nuovo pronta a combattere per vincere, ma non abbandonare il fuoco che ti arde dentro.>> dice. Stringo forte gli occhi per non scoppiare a piangere in mezzo al supermercato. <<Ho una proposta.>> cambia ancora argomento, dopo essersi allontanata da me, regalandomi un suo sorriso. <<E non accetto un no come risposta.>> sottolinea, con sguardo severo. <<In questo caso è una costrizione.>> si fa sentire Lorenzo, che si becca un altro scappellotto da sua madre. Ci guardiamo negli occhi, io e il più piccolo dei fratelli Chiesa, e cerchiamo di non ridere. <<Tu e tuo padre potete venire a cena da noi, martedì della prossima settimana. Se ti fa piacere, può venire anche il tuo ragazzo! Federico mi ha raccontato tutto. Con Francesco Bagnaia, tesoro? Un bel affare!>> e in tutto questo, annuisco imbarazzata, senza sapere bene cosa risponde in merito. <<Parlo io con tuo padre, tu non ti preoccupare!>> salutandomi poi con due baci sulla guancia, andando avanti per la loro strada. Io la mia spesa l'ho finita e mi appresto alle casse per non avere la tentazione di comprare più niente. Ho già troppa roba, e la lascerò in eredità ai miei fratelli, dato che domani sono su un aereo. Ancora. Il telefono suona nella mia borsetta e leggo velocemente il messaggio. "Fatti sentire qualche volta! E mandami dei backstage di Assen. Come facevi quando eri piccola!" da Francesca. "Sarà fatto, promesso." le rispondo, sistemando poi le cose sulla cassa.
STAI LEGGENDO
La corsa per la vittoria
FanfictionQual è il problema di essere Camilla Mancini? Apparentemente nessuno, è una semplicissima ragazza di ventun anni. Si considera una persona molto semplice, che si gode ogni cosa che la vita le propone. Non si ritiene speciale, solo fortunata: non tut...