Capitolo 2

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"ancora non ci posso credere che te ne vai"

La voce mi fa voltare verso la porta della mia stanza, dove la mia migliore amica ancora coperta dal giubbotto e il cappello mi guarda con il labbro inferiore in fuori e le braccia incrociate al petto.

"ciao Kim" dico mentre mi abbottono i jeans.

"mi mancherai" dice avvicinandosi a braccia aperte.

Accetto l'abbraccio stringendola trattenendo una risata dai tanti strati di vestiti, era sempre stata incredibilmente freddolosa, era ancora ottobre ma lei stava già morendo di freddo.

"penso di tornare a Natale non ti preoccupare" dico sedendomi sul bordo del letto per mettere le scarpe.

"prometti" dice alzando il mignolo.

"Kim non posso prometterti nulla, lo spero ma non so ancora quanto e quando dovrò stare con la famiglia, non appena lo saprò prenoterò il volo" dico infilando l'anfibio destro.

"va bene, prometti comunque" dice proponendo di nuovo il mignolo davanti la mia faccia.

Rido prendendolo con il mio, "promesso" dico ridendo e infilando l'altro anfibio.

"ti do una mano" dice prendendo il borsone davanti la porta e scendendo le scale.

Io sospiro guardandomi intorno, la mia camera ormai svuotata da cose mie, le mie foto o i miei poster non sono più sulle pareti, i miei armadi ormai completamente svuotati e divisi nelle numerose valigie che erano al piano di sotto in attesa di essere caricate in macchina.

Prendo lo zaino e l'ultima valigia e scendo le scale, trovandomi davanti tutta la mia famiglia ad aspettarmi.

Mio padre è davanti la porta serio, aspettando che io esca insieme a lui, incaricato di accompagnarmi all' aeroporto. Troppo orgoglioso e uomo per dire qualcosa di sentimentale, guarda il soffitto in cerca di qualche macchia che poi mamma gli farà togliere più avanti.
Mia madre mi sorride, i capelli tirati indietro in una coda, più la guardo e più mi rendo conto di assomigliarle. Mia madre è sempre stata una donna dura, che ha sempre voluto il meglio per noi perché è ciò che non ha avuto lei dai suoi genitori e la comprendo, ma il modo in cui ha voluto raggiungere questo suo obiettivo, non ha fatto altro che allontanarci. Le volevo ovviamente molto bene, ma tutti i litigi e le arrabbiature non hanno mai permesso che la vedessi come una madre amica o a cui avrei potuto raccontare tutto senza paura di essere giudicata. Ma forse quando un giorno diventerò madre, capirò anche tutti i suoi punti di vista e magari riuscirò a provare meno risentimento e rabbia nei suoi confronti.
Mio fratello Gabe era poggiato al divano, con le braccia incrociate e guardava altrove, cercando di non incontrare il mio sguardo. Potevo scommettere 100 euro che se solo mi avesse guardato negli occhi si sarebbe emozionato. Gabe ha 21 anni, abbiamo sempre avuto un bel rapporto, certo litighiamo come ogni altra coppia di fratelli al mondo, ma sarà in assoluto quello che mi mancherà di più. Lui voleva sempre fare il macho, quello forte e indipendente ma io lo conoscevo, sapevo che si emozionava guardando i film e che gli piacevano le storie d'amore, so che quando piomba in camera mia tuffandosi sul mio letto o lanciando i qualcosa è la sua forma più pura d'amore e mi mancherà urlare il suo nome per casa ogni volta che mi farà arrabbiare.

Sorrido abbracciando velocemente mia madre, "fai buon viaggio, scrivici quando arrivi"

Annuisco, guardando poi Kim che teneva le mani della sua macchina in mano, pronta ad andarsene a casa non appena sarei uscita anche io.
"Ciao Eve, divertiti e chiamami tutti i giorni" dice stringendomi. Poi sussurrano nel mio orecchio "per divertiti intendo scopati qualche bel manzo di Boston"

Sorrido allontanandomi e scuotendo la testa, guardo Gabe che con le labbra serrate sorride guardandomi.
Apro le braccia stringendolo, nessuno dei due osa dire una parola, rimaniamo abbracciati in silenzio per quello che sembra un eternità.

living with the EvansDove le storie prendono vita. Scoprilo ora