Capitolo 33

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KELLY'S POV

Perdere un genitore è una sensazione orribile che ti travolge così tanto nei pensieri e nelle attività con una forza tale che non si può neanche descrivere per quanto è dolorosa.

Sembra che non ci possa essere niente di più doloroso.

Perdere entrambi i genitori è il doppio del dolore, si aggiunge la consapevolezza che non c'è più neanche una figura matura che ti aiuti nelle situazioni difficili.

Non c'è più nessuna delle due persone a cui sei tenuta a portarti nel cuore per tutta la vita.

Non c'è chi ti ha donato la vita dopo tanti sacrifici per farti venire al mondo.

E mentre loro non ci sono è come se una parte di te fosse con loro, via dal mondo e via da tutti.

Sono al funerale di mia madre, con mia sorella distrutta che piange accanto a me e i miei nonni dall'altro lato.

In questo momento non vorrei essere qui, vorrei essere al loro posto,

almeno loro non devono soffrire,

Non devono subire tutti i "mi dispiace" o le "condoglianze" che non servono a niente se non a rinfacciarti sempre che qualcuno che per te era molto importante se me è andato per sempre.

"Sofi, hai visto mia sorella?" Chiedo alla fine della cerimonia. Ci sono molte persone che conoscevano mia madre, e si è creata una folla di persone così grande che non riesco a trovarla.

"Si... poco fa stava parlando con Logan." L'ultima parola la dice a bassa voce come spaventata da quella che potrebbe essere la mia reazione .

Ma non provo niente.

Ne rabbia ne voglia di spaccare la testa al ragazzo che mi ha spezzato il cuore.

"Ah." Dico semplicemente

"Sta arrivando qui." Mi informa guardando alle mie spalle, e in cuor mio spero vivamente che si riferisca a Iris e non a Logan, ma da come se ne va prima che chiunque sia ci raggiunga mi fa capire chi è.

"Kelly" sussurra toccando la mia spalla

Io mi volto di scatto, non so che fare con lui.

"Logan..." dico per incitarlo a parlare.

La sua voce mi è mancata tantissimo, per una settimana non l'ho visto, né sentito.

Indossa una camicia nera abbinata con dei jeans eleganti dello stesso colore.

È bellissimo.

"Come stai?" Domanda inutile, è ovvio dal mio aspetto che non sto bene.

"Che ci facevi con mia sorella prima?" Chiedo evitando di rispondere ad un'ovvietà.

"Il giorno di Natale... prima che venissi a parlare con te di quello che era accaduto..."

"Oh intendi quando mi hai confessato di avermi tradito, o subito dopo, quando mi hai detto che mia madre era morta, ma lo sapevi tu perché avevi tu il mio telefono." Chiedo ormai infuriata.

"Kelly... tutti e due ok... insomma prima di parlarti sono andato a scusarmi con lei per come mi ero comportato la sera prima, abbiamo parlato e lei si è sfogata un po', per tuo padre e altri problemi.

Quindi gli ho detto che la capivo perché ero nella stessa situazione, e oggi l'ho consolata perché ha paura del futuro. È bello parlare con qualcuno e sfogarti, quando sa che puoi essere capito."

Sono senza parole, non sapevo che avessero parlato, Iris non mi a a a detto niente.

"Vuoi sfogarti anche tu?" Chiede serio dato che io non rispondo.

"Non ci penso neanche." Faccio per andarmene ma lui mi prende il braccio e mi porta contro il suo petto, avvolge i miei fianchi con le sue braccia e mi da un abbraccio forte, caloroso è pieno di sentimenti.

Dopo un po' ricambio l'abbraccio con tutta la forza che ho.

Mi è mancato da morire, ma adesso non è il momento di pensare a noi.

Lui mi stringe sempre più forte e mi sussurra vicino all'orecchio:

"So che non è il momento di parlare di noi, so quanto ti senti persa e quanto vorresti stare lontana da tutti, ma non credere che mi arrenderò. Ti amo e anche se ho sbagliato ti voglio con me nella mia vita, ne ho bisogno tanto quanto te.

Ma so che ora devi solo sfogarti, non sei stanca di urlare in silenzio? Urla quanto vuoi, quando vuoi. Vedrai che io ti ascolto."

Come fa ad essere l'unico tra venti persone ad aver capito come sto? Quello che provo non è solo dispiacere, sarebbe troppo poco come descrizione, ciò che sento è una sensazione indescrivibile a parole, ineffabile.

Alcune lacrime scendono dalle mie guance, ma vengono assorbite dalla sua camicia, restiamo avvinghiati l'uno all'altra per un tempo che sembra quasi infinito, nel quale io finalmente dopo giorni riesco a respirare, almeno fino a quando non mi ricordo della foto che mi ha inviato Giulia.

"Devo... devo andare" dico staccandomi da lui e raggiungendo un paio di amici d'infanzia di mia madre.

Ma mentre mi allontano sempre di più da lui me ne pento, ogni passo sempre di più.

Un amore in incognitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora