8. Pantera rosa

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"Verrò a trovarti, così per avvertirti. Non te lo sto chiedendo, verrò e basta."

Quelle erano state le ultime parole che Nathan mi rivolse la sera precedente, poco prima che io rientrassi nella mia macchina.

Non mi impegnai ad obiettare, tanto sapevo bene che sarebbero state energie sprecate perché lui aveva già deciso, e probabilmente la mia opinione a riguardo non lo avrebbe fermato.

Gli accennai semplicemente un sorriso di rassegnazione provocando in lui un'espressione quasi di vittoria, che lo portò ad abbassare lo sguardo per qualche strano motivo, e poi si incamminò a piedi in direzione opposta alla mia.

Una volta rientrata in macchina, mi sistemai per partire e ricercai istintivamente Nathan con lo sguardo, ma sembrò essere sparito nel nulla, quasi come se non ci fosse mai stato e mi fossi sognata tutto fino a quel momento.

Passai il viaggio in auto a ripensare alla serata che avevo trascorso, a me che come una disagiata cercavo di scavalcare il cancello, ai cioccolatini, al freddo pungente, agli alberi, e mi balenarono nella mente nella maniera più veloce possibile, come due fulmini, un paio di occhi azzurri che mi fissavano.

Poche volte mi era capitato di sentirmi in soggezione sotto lo sguardo di qualcuno, solitamente avevo sempre avuto io la situazione in mano, ma in quel caso mi sentivo completamente in balia di altre forze, ben maggiori rispetto a quella che potessi impiegare io per continuare a mantenere la mia facciata di roccia.

Quel ragazzo riusciva a mandarmi fuori di testa per l'agitazione che mi procurava, superando addirittura la sensazione di grande nervosismo che provavo nel non trovare la Nutella la mattina per colazione, a causa delle voglie di mezzanotte di Bel, dopo che me l'ero gustata mentalmente nei sogni la notte precedente.

Però c'era qualcosa in lui che mi faceva sentire come
legata a terra con le catene quando era nelle vicinanze, come se non avessi la possibilità di reagire a qualsiasi sua volontà di scavarmi dentro con le sue domande, che sembravano sempre voler mirare ad un punto in particolare, anche se continuava a sfuggirmi quale fosse quest'ultimo.

Ero ancora nel letto a rigirarmi tra le lenzuola approfittando della chiusura temporanea del bar a causa dei lavori, che a differenza di Bel, speravo durassero il più tempo possibile.

Dopo la mia magnifica escursione al parco con Nathan, al mio rientro Bel era già nel mondo dei sogni e non era difficile da intuire, poiché nel nostro piccolo appartamento rimbombava molto chiaramente il suo russare da camionista.

Ormai mi ero quasi abituata a quel ronfare, anche se all'inizio della convivenza le avrei volentieri infilato chili di carta igienica in bocca per non sentire più quel fastidioso rumore, e a dirla tutta una volta ci avevo anche provato ma inutile dire che era finita molto male.

Quella mattina però, sapevo che non sarei riuscita a scappare dal suo interrogatorio, per questo continuavo a stare beata tra le mie lenzuola, volevo evitare che arrivasse quel momento.

Nonostante il mio letto fosse uno dei miei posti felici nel mondo, e nonostante l'idea di beccare Bel per il corridoio non mi entusiasmasse chissà quanto, decisi comunque di alzarmi perché la mia astinenza da caffeina iniziava a farsi sentire, nonché anche quella da cibo.

Aprii la porta di camera mia nella maniera più delicata possibile e in punta di piedi, mi recai in direzione della cucina guardandomi bene intorno, come se fossi una vera e propria ladra in casa mia.

Continuai la mia camminata leggiadra finché non arrivai davanti alla caffettiera che sembrava essere già stata inaugurata quella mattina.

Mi versai velocemente un po' di caffè nella tazza, presi due biscotti al volo e mi incamminai nuovamente verso la mia stanza, continuando a prestare attenzione a non far rumore sperando che Bel si fosse dimenticata della mia esistenza.

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