20. Fragile

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Avevo come l'impressione di star guardando il film della mia vita dall'esterno, e che fosse quella la ragione per cui mi capitavano continuamente una serie di eventi assurdi, ma soprattutto inspiegabili.

Nulla aveva senso, ed il pericolo di impazzire a seguito di tutte le domande che mi stavo facendo in quel momento era davvero immenso.

"Oh cazzo, la devi smettere di essere così inquietante!" sbottai di colpo, senza distogliere il mio sguardo dal suo avambraccio ancora scoperto.

Mi portai le mani sulla fronte facendo quanta più pressione possibile, così che forse mi sarebbe uscita qualche spiegazione plausibile dal cervello come per magia, ed avrei finalmente smesso di torturarmi continuamente con un pensiero dopo l'altro.

"Che ti sei infilata nel caffè, Chloe?" chiese Nathan con espressione confusa, ma allo stesso tempo anche alquanto divertita per la mia esclamazione probabilmente bizzarra alle sue orecchie.

Continuavo a chiedermi compulsivamente come fosse possibile che ci fosse proprio un faro stampato sulla sua pelle, avendolo sognato proprio quella notte mentre lui si proponeva di farmi da guida nelle mie battaglie.

Iniziai a pensare che stessi davvero impazzendo, probabilmente il troppo dolore per la perdita dei miei genitori stava dando i suoi frutti proprio in quel momento, ed avevo ufficialmente perso ogni mia rotella, anche le poche rimaste.

"Quel tatuaggio è vero? O lo hai appena trovato in un pacchetto di patatine, ed hai ben pensato di appiccicartelo addosso prima di venire qui?" chiesi alterata, speranzosa di ricevere una risposta di consenso in modo da potermi dare un minimo di pace, ma comunque consapevole del fatto che l'opzione delle patatine era molto improbabile, se non impossibile.

Puntai i miei occhi sui suoi, intenzionata ad avere tutte le mie risposte tramite quel semplice incrocio di sguardi, e le sue iridi intense effettivamente mi comunicavano qualcosa, ma non riuscivo a decriptare davvero quello che volessero dirmi. Mi sentivo come se fossi davanti ad una cassaforte con tripla combinazione, di quelle super protette con tanto di guardie davanti, per difendere quanto più possibile ogni segreto contenente al suo interno.

Dopo aver mantenuto retto il mio sguardo per svariati secondo che in quel momento, mi parvero interminabili, spostò il suo sguardo verso il faro che decorava la sua pelle e delicatamente, lo sfiorò con la mano destra con incredibile tenerezza, talmente tanta che mi parve quasi di sentirlo persino su di me quel suo tocco delicato.

"L'ho fatto per i miei diciotto anni... mia madre adorava i fari... o almeno, questo è quello che mi ha detto mio padre dato che non ho mai avuto l'opportunità di parlarci." rispose in maniera dura senza togliere i suoi occhi dal disegno sul braccio.

Lo vidi serrare la mascella in maniera continua, continuava a fissare il suo faro come se al suo interno, potesse vederci qualcosa che solamente lui era in grado di percepire.

Non riuscii a dire niente in quel momento, mi sentivo solamente una stupida ad essere stata così indelicata e non aver riflettuto prima di parlare e blaterare qualsiasi cosa mi passasse per la testa. Ma d'altronde, non lo facevo mai, se non in rare occasioni che si potevano contare sulle dita di una mano.

"Ti sei mai interrogata sulla bellezza di queste torri?" chiese improvvisamente, direzionando il suo sguardo verso di me, cogliendomi quasi di sorpresa.

Odiavo sentirmi i suoi occhi addosso, mi mettevano estremamente a disagio e non ero abituata a quel tipo di sensazione, solitamente ero sempre stata io a procurare quel tipo di sentimento negli altri, e l'idea che adesso invece fossi io la vittima mi turbava alquanto.

"In realtà, no..." risposi imbarazzata, giocherellando con una ciocca dei miei capelli ambrati; mi manteneva più tranquilla impegnarmi in piccoli gesti in momenti come quelli, riuscivo a gestire meglio l'ansia.

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