11. Ghiacciolino

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Era dal giorno precedente, in cui avevamo felicemente consumato la nostra merenda insieme a Nathan e Max, che faticavo a rivolgere la parola a qualsiasi persona tentasse di avere un dialogo con me.

Bel più volte aveva provato a parlarmi per cercare di capire il perché del mio fare così scorbutico e poco accogliente nei confronti dei due, che avevano anche avuto l'accortezza di riportarci a casa, ma io non ero minimamente predisposta ad affrontare nessun argomento, specialmente se esso riguardasse in qualche modo Nathan.

Non volevo toccare quel piccolo tasto, ciò che era successo il giorno prima mi aveva particolarmente scombussolata procurandomi una forte agitazione per le ore successive.

L'ultima cosa che desideravo era essere giudicata: ero totalmente consapevole che dall'esterno le mie reazioni potessero risultare del tutto inadeguate ed eccessive per la situazione, e proprio per quel motivo in momenti come quelli preferivo stare per fatti miei, senza consumare gli altri con i miei problemi ed i miei pensieri contorti.

A dir la verità, non ero nemmeno disposta a sentirmi dire, anche tramite vie sottili, che ero esagerata e avrei dovuto iniziare ad avere un maggior controllo delle mie emozioni, soprattutto quelle negative.

Non ero stupida ed il mio non voler ascoltare probabili critiche nei miei confronti non era indice del fatto che io non avessi consapevolezza dei miei limiti, o che io non volessi migliorare in qualche modo, ma semplicemente non ero pronta a mettere in atto tutti quei meccanismi volti ad un reale cambiamento in me.

Forse non lo sarei stata mai.

Sfogare la mia rabbia non appena la sentissi prendere il sopravvento dentro di me era un qualcosa che avevo assolutamente necessità di fare, non riuscivo a controllarla.

Sentivo che fosse quasi come un bisogno fisiologico per me, oltre che emotivo.

Non importava se fosse del tutto fuori luogo, non era nella mia volontà reprimere l'odio che mi portavo addosso, avevo bisogno di tirarlo fuori nonostante i danni, o non, che ero consapevole di creare in terze persone.

Dopo svariato tempo a crogiolarmi nei miei pensieri, decisi di alzarmi dal letto dove mi ero andata nuovamente a rifugiare dal giorno precedente, e di istinto andai in corridoio con un obiettivo ben preciso.

Volevo togliere tutte le foto che inquadravano i miei genitori nelle pareti più facilmente esposte. La mia intenzione era quella di eliminare qualsiasi opportunità di fare domande di troppo a chi capitava che venisse a casa nostra.

Avrei così evitato non solo la mia rabbia ed il mio successivo stare male, ma anche di trattare in modo poco carino chiunque si azzardasse a chiedere mezza cosa, pur non volendo far niente di male.

Questo per me voleva dire limitare i danni, eliminare qualsiasi variabile che avrebbe in qualche modo potuto crearmi pensieri che non avrei voluto avere durante il giorno.

"Chloe, sono tornata!" sentii Bel urlare, richiudendo non troppo delicatamente la porta dietro di sé

Era di ritorno dal bar dove si era recata per verificare che tutto procedesse secondo i piani e per mettere in ordine alcune pratiche burocratiche.

Non risposi, completamente concentrata nel levare compulsivamente ogni foto dalla parete che sentivo mi procurasse il classico groppo in gola che caratterizzava ogni secondo della mia vita.

"Sei ancora rintanata in camera tua? Se metto un po' di formaggio fuori dalla porta c'è qualche possibilità che il topolino che sta dentro di te esca con l'inganno?" chiese ironicamente, mentre potevo sentirla levarsi le scarpe e sistemare la sua giacca.

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