Capitolo 23

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Beatris corse lungo la strada, fino a raggiungere le stalle. Tra le braccia teneva stretti fogli, quaderni e libri, in quantità decisamente eccessiva. A ogni movimenti finiva col perdere qualche foglio ed era sempre costretta a tornare indietro per raccoglierlo, risistemarsi tutto in braccio e riprendere a correre. Faticava persino a vedere dove stesse andando, ma era in ritardo e perdere altro tempo non era permesso: ci aveva messo decisamente troppo nello studio, a cercare tutto quello che le era stato chiesto. Sperava solo che Hanji non sarebbe stata troppo rigida con lei per quello. Quando arrivò alle stalle, per sua fortuna, vide però che anche il capitano e Moblit erano ancora impegnati a finire di sellare i cavalli. In realtà, a fare quel lavoro, era più Moblit mentre Hanji non faceva che parlare, dimenarsi e ogni tanto urlare emozionata. Questo spiegava il loro ritardo: troppo presa dal suo parlare, Hanji non aveva aiutato minimamente quel poveretto del suo assistente.
«Capitano Hanji!» chiamò Beatris, raggiungendola. Inciampò su un sasso a neanche dieci metri da lei, ma riuscì miracolosamente a mantenere l'equilibrio anche se la stessa fortuna non l'ebbero i documenti che aveva in braccio. Libri e fogli si sparpagliarono in giro per la strada, alcuni volando via per qualche soffio di vento. Urlò disperata e iniziò a rincorrerli come una bambina con le farfalle.
«Bea!» sussultò Hanji, vedendola. Corse a darle una mano e insieme riuscirono a riprenderli tutti, prima che finissero in qualche pozzanghera.
«Mi dispiace!» si scusò Beatris, chinando il capo servizievole.
«Non preoccuparti» ridacchiò Hanji. «Sono molti di più di quelli che ti avevo chiesto, se sapevo che avresti portato tutta questa roba avrei mandato qualcuno ad aiutarti».
«Ho trovato alcuni libri in libreria, mi sono presa la libertà di portare anche quelli. Sono di anatomia umana, niente a che vedere con i giganti, ma... ho pensato che avrebbero potuto darci qualche spunto in più» mormorò Beatris, timida. Forse non era stata poi una così brillante idea, a ripensarci in quel momento sicuramente Hanji conosceva tutto ciò che avrebbero potuto loro suggerire quei libri, non erano poi così tanto utili. Ma Hanji si illuminò, lanciò un altro urlo emozionato e riprese a torturare la testa della ragazza con una vivacissima scompigliata di capelli. «Ottima idea! Ottima! Ti è venuta in mente perché ieri abbiamo aperto le nuche dei giganti e abbiamo trovato quelle formazioni particolari, vero?»
In realtà non era così, e se ne vergognava. Ma aveva ancora una volta pensato a Eren e a Reiner e Bertholdt. Loro erano umani che si infilavano nella nuca dei giganti, ma non sapeva altro. Non aveva più chiesto niente di più preciso né a Reiner né a Bertholdt, non solo perché non era sicura di voler riaffrontare l'argomento, ma soprattutto perché da quando Hanji l'aveva presa in carica non aveva più nemmeno avuto modo di vederli se non di sfuggita durante il loro lavoro, incrociandoli per caso. Ed era inoltre qualcosa che non succedeva ormai da giorni. Ma la curiosità non si era placata, il suo bisogno di saperne di più l'aveva spinta a un eccessivo bisogno di informazioni. Voleva saperne di più, conoscere meglio Reiner, sapere come funzionava, cos'era e chi era. Sapeva che Eren si era trasformato probabilmente per via di quell'iniezione, ma lui? Reiner non conoscevano certo suo zio Grisha... come aveva acquisito il potere? Come si trasformava? Qual era la sua natura? Il suo passato? Da quando Bertholdt le aveva confermato che venivano da fuori, anche se non apertamente, aveva iniziato a farsi più domande su di loro, aveva sentito il bisogno di conoscerli meglio. Voleva conoscere il vero Reiner.
Non sapeva come un libro di anatomia umana avesse potuto rispondere alle sue domande, ma non era riuscita a pensare ad altro. In libreria certo non avrebbe trovato libri sull'esterno o sulla vera natura dei giganti, perciò aveva dovuto partire da quello che più poteva avvicinarsi. Ma tutto questo non poteva dirlo ad Hanji, perciò si limitò a rispondere, anche se poco convinta: «Sì, esatto».
Ma Hanji era talmente emozionata dai suoi appunti, in quel momento, da non notare lo sguardo poco convinto di Beatris. «Chissà cosa scopriremo oggi su quei due mattacchioni di Sawney e Bean! Non sei emozionata? Una sperimentazione notturna! Oggi studieremo il loro sonno: quanto ci mettono ad addormentarsi, se sono vigili lo stesso, cosa può svegliarli, in che modo» e tirò un altro urlo, prima di cominciare a sfogliare libri. «Dovrei cantare loro qualcosa? Credi che una ninna nanna possa favorire il loro sonno?» proseguì e continuò spedita come un cavallo in piena corsa a fare supposizioni e domande. Era ripetitiva, iniziò a fare supposizioni che Beatris aveva già ascoltato, domande che aveva già sentito, e parlò a raffica di cose già dette mille volte. Ma nessuno amava la scienza come l'amava Hanji e non c'era modo di fermare il suo animo esploratore ed entusiasta, perciò Beatris la lasciò parlare, ascoltandola con un sorriso.
«Mettiamo tutto nelle scarselle» suggerì Moblit, raggiungendo le due. Prese un paio di libri e tornò verso i cavalli, dove aveva appena finito di sistemare le selle. Beatris annuì e lo seguì col resto dei documenti, mentre Hanji, alle loro spalle, li seguiva continuando a leggere e parlare.
«Guarda!» esclamò, una volta arrivata ai cavalli. Prese Beatris per una spalla, la costrinse a girarsi e le puntò in faccia un foglio pieno di scarabocchi e appunti. «È esattamente questo che intendevo!» e riprese a parlare, costringendo Beatris a seguire con gli occhi tutto ciò che indicava su quel foglio.
«Capitano Hanji, faremo tardi» sospirò Moblit, finendo da solo di sistemare tutto quanto.
«È ancora presto, c'è tempo» tagliò corto Hanji e tornò a commentare gli appunti che lei stessa aveva preso su quel foglio. Beatris l'ascoltò serenamente, non la disturbava sentir ripetere le solite supposizioni, ma anzi era qualcosa che interessava molto anche a lei. Scoprire la natura di quei giganti... scoprire la natura di Reiner. Erano due creature diverse? O forse c'era attinenza tra loro? Non ne era sicura, ma non voleva precludersi nessuna via. Erano passati tre giorni dall'ultima volta che era riuscita a incrociarlo, e anche allora non aveva avuto tempo se non per un saluto con una mano, dato da lontano. Da quando aveva iniziato a lavorare per Hanji, il giorno dopo la sua chiacchierata con Erwin e Pixis e la sua ufficiale entrata nel corpo di ricerca, non aveva avuto più molto tempo libero e quello che riusciva a ritagliarsi non era mai il momento giusto. La guarnigione e la gendarmeria stavano sfruttando molto i cadetti per la pulizia delle strade di Trost dai cadaveri e il ripristino della città, Reiner e il resto dei suoi compagni erano sempre fuori per dei lavori. Colazione, pranzo e cena, pomeriggio e mattina, Beatris passava tutto il tempo con Hanji e quando riusciva ad avere un'ora libera puntualmente i cadetti erano in città a lavorare. Per i primi giorni non era stato così pesante, la sua mente era totalmente incentrata su Eren e riuscire a salvarlo dall'accusa del tribunale, era stata tanto impegnata da non avere neanche il tempo di pensarci. Ma ora che quella faccenda era chiusa, gli esperimenti su Sawney e Bean non erano abbastanza impegnativi da riuscire a tenerla distratta. E il tempo continuava a passare. Ne sentiva la mancanza, la notte cominciava a sentire la solitudine tenerla sempre più al freddo nel suo letto alla sede periferica del corpo di ricerca. Era un onore poter alloggiare lì, era uscita dall'accademia anche prima del diploma e le era stato affidato un ruolo importante, avere una camera tutta per sé era qualcosa che mai si sarebbe nemmeno sognata. Ma dormire sola era qualcosa a cui non era abituata. Da quando avevano lasciato Shiganshina, Mikasa le aveva sempre fatto compagnia. E le mancavano le chiacchierate con Christa prima di dormire, nel letto di fianco al loro, e il brontolare di Ymir che non riusciva a dormire per il loro cianciare. Le mancava potersi svegliare presto, andare nel cortile, e trovare Reiner ad aspettarla con qualche nuovo esercizio da proporle e poi pranzare insieme, scherzare sul risultato degli allenamenti, ridere di Sasha che diceva di avere fame già nel primo pomeriggio, ritagliarsi del tempo la sera prima di andare a dormire per poter stare un po' soli, le fughe notturne per raggiungere il lago dietro la foresta e sperare di riuscire a vedere la luna. Le mancava tutto quello, ma soprattutto aveva bisogno di sapere che poteva ancora averlo. Che nonostante avesse scoperto la verità niente sarebbe cambiato.
«Beatris» Hanji la chiamò con un tono molto meno entusiasta di quello usato fino a quel momento e fu proprio quel contrasto a catturare la sua attenzione. Si era persa nei suoi pensieri e si era estraniata per troppo tempo. Si accorse solo in quel momento che la sua espressione era pian piano cambiata, in una più malinconica. «Sì!» esclamò, sforzandosi di tornare a sorridere, come se niente fosse.
«Stai bene?» le chiese Hanji, preoccupata.
«Sì, certo!» ridacchiò nervosa. «Solo pensierosa. Insomma... non avrei mai potuto immaginare che la natura dei giganti fosse così complessa» disse, sperando di risolvere la situazione riportando l'attenzione di Hanji sul sentiero dei giganti, così da distrarla da quanto appena accaduto. E assurdamente funzionò.
Hanji sorrise, smagliante, ed esclamò: «Incredibile, non è vero?!»
«Capitano Hanji, è tutto pronto. Possiamo partire» comunicò Moblit alle loro spalle e Hanji si voltò per rispondergli, ma Beatris non riuscì neanche a sentirla.
Una voce, in lontananza.
«Connie, smetti di lamentarti!»
«Che palle, non ne posso più di raccogliere cadaveri. Ho l'umore a terra, mi sognerò per sempre le loro ultime espressioni! Come fai a restare così controllato, Reiner?!»
«È veramente estenuante, meno male siamo quasi alla fine. Domani forse i cittadini potranno di nuovo tornare in città» una terza voce. E Beatris non riuscì a trattenersi dal voltarsi, cercarli con lo sguardo, mormorando incontrollata: «Jean».
Riuscì a scorgere appena in tempo Sasha sparire dietro un'abitazione, nella via parallela, neanche cinquanta metri lontani da loro. Si stavano allontanando, forse diretti alla sede dell'accademia per potersi concedere del riposo, dopo aver passato un'altra giornata a ripulire e sistemare. Loro avrebbero iniziato la loro serata di relax, mentre lei invece stava per salire a cavallo e allontanarsi, per un altro lavoro. Non era riuscita nemmeno a incrociare il loro sguardo. E restò qualche secondo a fissare l'angolo dove li aveva visti sparire, con la malinconia che ora le logorava l'anima. Abbassò lo sguardo, rendendosi conto che non avrebbe potuto farci niente e sperando di riuscire ad avere tempo di vederli almeno l'indomani pomeriggio, prima di ripartire. Il programma di Hanji prevedeva di tornare a notte fonda, se non la mattina dopo dalle sperimentazioni notturne, avrebbe concesso a tutti il tempo di riposare e poi avrebbero raggiunto Eren e la squadra di Levi all'ex quartier generale del corpo di ricerca, entroterra, dove sarebbe rimasta lì per un mese, ad aiutarli con gli esperimenti su Eren fino al giorno della loro prima uscita in esterno. Reiner si sarebbe arruolato nella gendarmeria, chissà dove lo avrebbero spedito, e lei sarebbe uscita in esterno... a rinnovare la paura di non poter tornare indietro. L'ultima volta che era riuscita a parlare con lui era stato in quel dormitorio d'ospedale, quando gli aveva mostrato il libro, ed era stato bellissimo ma non soddisfacente. Non avevano ancora parlato di quanto era successo a Trost, anche se non era sicura che fosse la cosa giusta. Non voleva più vederlo disperato come su quel tetto, ma avrebbe almeno voluto provarci. Scoprire chi era... e com'era il mondo che l'aveva visto nascere e l'aveva cresciuto nei suoi primi anni di vita. Chissà se avesse mai avuto più occasione almeno di abbracciarlo di nuovo.
Sospirò e a testa china fece un passo verso i cavalli, costringendosi a partire. Ma si fermò, trovandosi davanti ancora Hanji, ferma immobile. Neanche l'aveva vista e per poco non era andata a scontrarsi contro di lei. Alzò lo sguardo sorpresa e vide la caposquadra sorriderle amorevolmente.
«Hai bisogno di dieci minuti?» le chiese, dolcemente. Aveva seguito il suo sguardo e aveva visto passare, dopo Sasha, qualche altro membro del corpo cadetti. Era intelligente, non era stato difficile per lei comprendere cosa le passasse per la testa, almeno in parte. Anche se Beatris non le aveva mai parlato della sua vita personale era stata una cadetta anche lei, al tempo, sapeva cosa significava passare tre anni di vita intensa in compagnia di quelle persone. E Beatris era stata inoltre strappata via da quel mondo senza darle tempo nemmeno di salutare.
«Non ce n'è bisogno!» sussultò la ragazza, imbarazzata. «Dovremmo partire...»
Ma Hanji le strappò di mano tutti i documenti che ancora stringeva, liberandola da quell'impiccio. «Dobbiamo ancora finire di sistemare questi, vero Moblit?!»
«Ci vorranno trenta secondi...» mormorò Moblit, lontano da loro qualche passo. Impegnato nel suo lavoro, non aveva colto lo sguardo di Beatris e nemmeno le intenzioni del capitano.
«Non vorrai fare un lavoro sommario!» finse di rimproverarlo Hanji. «Avanti, sistema tutto il meglio possibile! Ricomincia da capo! Eh sì...» sospirò, ma lanciò un sorriso a Beatris, prima di aggiungere: «Ci vorranno almeno dieci minuti. Sbrigati, o si allontaneranno troppo».
Per quanto il senso del dovere di Beatris la spingesse a lasciar perdere, non dare quell'impiccio al suo capitano, il desiderio di poter rivedere i suoi compagni almeno prima della partenza del giorno dopo ebbe la meglio. Non esitò un solo istante di più e scappò via, dimenticandosi persino di ringraziare, strozzata dall'urgenza di intercettarli prima che fossero spariti. Arrivò nella via dove li aveva visti allontanarsi e si voltò a cercarli con lo sguardo.
Jean, Sasha, Connie, Reiner e Bertholdt erano lì, a pochi metri da lei. Stavano camminando, erano di spalle e non avevano potuto vederla. Sorridevano, ma era ovvio dalle loro espressioni che fosse un sorriso forzato e che fossero in realtà distrutti. Sia nel fisico, ma forse ancora di più nell'animo. Li inseguì con un'urgenza che sembrava impellente, come se da un momento a un altro un gigante fosse potuto comparire e distruggere ogni cosa. Hanji le aveva dato dieci minuti, non voleva sprecare un solo secondo di più. Corse a perdifiato e nemmeno rallentò, quando fu loro vicino. Puntò Reiner come un predatore con un coniglio e senza neanche chiamarlo gli si lanciò direttamente addosso. Allargò le braccia, si tuffò in avanti e lo abbracciò con foga violenta ma soprattutto inaspettata. Sentendosi attaccare alle spalle Reiner lanciò un urlo terrorizzato, ma non essendo pronto, decisamente troppo rilassato, finì col perdere l'equilibrio per l'improvviso colpo in avanti. Mise una mano avanti a sé, mentre cadeva con Beatris avvinghiata alla sua schiena, e sulla traiettoria trovò Jean. Spinse a terra anche lui, aggrappandosi alla sua divisa inutilmente, e i tre atterrarono tra Bertholdt e Connie, dritti stesi per terra.
«Che cazzo fai?!» ruggì Jean, schiacciato dal peso di Reiner... e qualcun altro che non riuscì a vedere dalla sua posizione sottomessa.
«Scusami!» balbettò Reiner, sopra di lui, e si voltò solo in quel momento a guardare chi avesse ancora avvinghiato alla schiena e avesse attentato così alla loro vita. Beatris lo stringeva al limite del disperato, con le dita serrate sulla sua giacca e il volto schiacciato tra le scapole. Ci si strofinò contro, stringendolo ancora di più, come se avesse voluto infilarsi dentro la sua schiena, diventare un tutt'uno con lui e restare lì per sempre. Come un cucciolo che si strofinava contro il proprio padrone, dopo giorni che non l'aveva visto. Se avesse avuto la coda probabilmente l'avrebbe vista scodinzolare impazzita, ma essendone sprovvista si limitò a vibrare appena, prima di alzare infine il volto e incrociare il suo sguardo. Gli sorrise, felice ed emozionata, e infine mormorò con dolcezza: «Ti ho preso, Reiner».
Nonostante la paura e la confusione, nell'intercettare il candido volto di Beatris, così disteso e così luminoso, Reiner sentì un tiepido calore avvolgerlo completamente.
«Tris...» mormorò, soffocato dalle palpitazioni del cuore che avevano iniziato a tentare di sfondargli la cassa toracica. Quanto era passato dall'ultima volta che l'aveva vista? Da quando aveva avuto quel colloquio con Pixis, sembrava essere sparita ed era riuscita a intercettarla solo sporadicamente, sempre accompagnata dal capitano Hanji o dal comandante Erwin della legione esplorativa. Aveva intuito che avesse iniziato a lavorare per loro, Mikasa e Armin glielo avevano poi confermato, e nonostante il lavoro a Trost avesse tenuto impegnati quasi totalmente i suoi pensieri non era mai riuscito a liberarsi da quella profonda tristezza. Sentiva che il mondo gliela stava portando via più rapidamente di quanto si fosse aspettato, aveva cominciato ad avere paura che non sarebbe più riuscito a passare un po' di tempo con lei. Ne aveva sentito la mancanza, profondamente, e solo ora che ce l'aveva addosso si rendeva conto di quanto avesse avuto bisogno di sentire nuovamente la sua voce. Vedere quel sorriso, soprattutto in un momento pesante e tragico come quello.
L'esitazione gli fu però fatale e non aveva mai pensato che non fosse l'unico ad aver sentito la sua mancanza.
«Beatris!» urlarono Connie e Sasha, un istante prima di prendere lo slancio per spiccare un salto.
«Voi due! Fermi!» gridò Jean, schiacciato a terra dalla coppia, ma non fu abbastanza veloce né abbastanza imperativo. E i due ragazzi infine saltarono a braccia aperte sulla schiena di Beatris, atterrando con pesantezza su di lei e chi aveva sotto di sé. Il colpo tolse il fiato a tutti e tre, Reiner e Beatris lanciarono un urlo dolorante, ma non Jean. Lui smise di respirare. E si accasciò con la faccia a terra.
«Jean!» chiamò Bertholdt, in preda al panico. Si inginocchiò davanti a lui, gli prese il braccio e cercò di tirarlo fuori dalla montagna umana che avevano appena formato, inutilmente.
«Siete impazziti?!» rimproverò Reiner, voltandosi come poteva per riuscire a guardare i due amici che adesso ridevano stesi l'uno sopra l'altro.
«La mia mano...» sibilò Beatris contro le sue spalle. Ancora avvolta alla schiena di Reiner, la mano sinistra col tutore era schiacciata sotto al suo petto e nell'impatto, schiacciata da un peso come quello, le aveva fatto vedere le stelle dal dolore. Tanto che non era riuscita a far di più se non usare quel misero filo di voce, senza aggiungere altro.
Reiner sentì la preoccupazione arrivargli di colpo fino alla testa, una scarica di adrenalina gli tolse per un istante ogni pensiero. Piantò immediatamente le mani a terra, digrignò i denti per la forza che cercò di richiamare a sé e con uno sforzo muscolare sovrumano si diede una spinta verso l'alto, così da riuscire a liberare la mano di Beatris dalla morsa. Lo slancio fu tale da riuscire a far scivolare giù Sasha e Connie e questo permise infine anche a Bertholdt di trascinare via Jean... apparentemente privo di coscienza. Ma ancora vivo.
«Jean!» lo chiamò, preoccupato, e Jean riuscì così ad aprire un occhio. Moribondo, lo puntò a Bertholdt e non riuscì a fare altro se non sibilare qualcosa di incomprensibile. Una bestemmia forse, lo avrebbero scoperto solo più tardi quando si sarebbe ripreso e avrebbe cercato di vendicarsi prendendo a pugni Connie e Sasha.
Reiner, non appena si liberò dal peso sulla sua schiena, si voltò immediatamente verso Beatris, inginocchiata. Le prese preoccupato la mano ferita. «Come stai?! Ti sei fatta male?» le chiese immediatamente. Beatris ridacchiò, cercando di sembrare rassicurante, ma le faceva comunque troppo male per riuscire a dire qualcosa. Nonostante la finta serenità del suo sorriso, era ovvio che stesse soffrendo, il volto tradiva le sue sensazioni. E Reiner fulminò Sasha e Connie come un cane rabbioso.
Ma nessuno dei due lo considerò minimamente e si rialzarono da terra, rapidi, avvicinandosi di nuovo all'amica.
«Sei ancora viva!» si disperò Sasha, abbracciandola.
«Certo che sono viva» mormorò Beatris, sorpresa dal trattamento.
«Non ti abbiamo più vista, dopo quello che è successo a Trost avevamo paura che fosse successo qualcosa» disse Connie. «Mikasa ci aveva detto che Pixis ti aveva considerata direttamente responsabile di Eren, abbiamo pensato ti avessero arrestato!»
«Ma... ero con il capitano Hanji, mi avevate anche vista qualche volta».
«Appunto! Eri sotto scorta!» ruggì Connie, sempre più in preda al panico. «E anche Eren è sparito! Che gli hanno fatto?! Cosa sta succedendo?!»
«Ma no, state tranquilli» ridacchiò Beatris. «Stiamo bene, Eren è sotto protezione e io sto lavorando insieme al capitano Hanji. Sono molto impegnata, per questo non mi avete più vista».
«Lavori già per il corpo di ricerca?!» sussultò Sasha.
«Alla fine ti sei unita a loro veramente» commentò Connie.
«Il fatto che io fossi così vicina a Eren li ha portati a credere che sapessi qualcosa di più sulla natura dei giganti» ridacchiò Beatris nervosa. Lanciò uno sguardo a Reiner e notò la sua espressione improvvisamente più cupa e preoccupata. Cercò di fissarsi sul suo sguardo, prima di dire con serenità: «Ma non so niente di più di chiunque altro» e questo parve tranquillizzarlo almeno apparentemente. «Comunque Hanji pensa che io sia una buona assistente e mi ha voluto tenere con sé. Stiamo lavorando su alcuni giganti che abbiamo preso in custodia, ne stiamo studiando il comportamento».
«Avete catturato dei giganti?!» sussultò Connie.
«Ecco cosa c'è nascosto in quel tendone» mormorò Sasha e Beatris arrossì improvvisamente: «Non... non lo sapevate?! Oh no. Forse non avrei dovuto dirlo» si agitò improvvisamente.
«Credo che solo a noi del corpo cadetti non fosse stato detto niente» commentò Reiner. «Ho visto un gran via vai del corpo di gendarmeria e del corpo di guarnigione, da quel tendone».
«Esatto!» esclamò Beatris. «Ho visto andare e venire un sacco di gente, credevo fosse di dominio pubblico!»
«Intralciate il passaggio» li rimproverò una voce esterna, catturando così la loro attenzione.
«Annie!» salutò Sasha, vedendo la bionda arrivare in compagnia di Christa e Ymir.
«Beatris!» esclamò Christa, correndole vicino. «Stai bene! Che bello rivederti».
«Beatris sta lavorando col capitano Hanji su delle cavie di giganti» disse subito Connie, col volto sconvolto.
«Cosa?!» sussultò Christa.
«Connie!» gridò Beatris, contrariata. «Chiudi la bocca! Mi metterai nei guai!»
«Ah! Non devo dirlo!» si ricordò improvvisamente Connie e Beatris mormorò disperata: «Finirò nei guai».
Concentrati in quel piccolo scambio, Beatris non si rese conto del fugace sguardo preoccupato che si scambiarono Annie e Reiner in quel momento.
«Che tipo di lavori?» chiese Annie, dopo qualche secondo, stranamente interessata.
«Studi sulla natura dei giganti, il capitano Hanji è veramente fissata, ma è un lavoro stimolante... anche se a volte è un po' spericolata» ridacchiò Beatris. «Ieri per poco non si faceva mangiare, per essersi avvicinata troppo».
«Avevi detto che non bisognava parlarne!» disse Connie, sconvolto.
«Ormai voi lo sapete! Che differenza fa?!» rispose Beatris. Reiner si alzò da terra e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. «Cerca comunque di non parlarne troppo. Se i tuoi superiori hanno voluto mantenere il segreto almeno con i meno importanti, ci dev'essere un motivo» le disse.
Beatris accettò l'aiuto e si alzò da terra, mormorando un dispiaciuto: «Forse hai ragione. Scusatemi. Per favore, non parlatene in giro, va bene?!»
«È un bel segreto, il nostro silenzio ti costerà un po'» sghignazzò Ymir e Christa la fulminò, contrariata. «Ymir! Creerai scompiglio!»
«Sto scherzando, stai tranquilla» sospirò Ymir.
«Bea!» gridò qualcuno non troppo lontano. Beatris si voltò, seguendo il richiamo, e vide Armin e Mikasa correre verso di lei. Non li aveva più visti dal giorno del processo e anche in quell'occasione non aveva avuto modo di incontrarli, trascinata via da Hanji e poi da Erwin. C'erano così tante cose di cui parlare, e non avevano nemmeno avuto modo di salutarsi.
La raggiunsero rapidamente e Mikasa si fece strada violentemente tra i compagni, quasi spintonò via Reiner, e abbracciò Beatris con foga. «Come stai?» le chiese, separandosi da lei subito dopo ma tenendole comunque le mani sulle spalle. «Che ti hanno fatto? Stai bene? Sei riuscita a vedere Eren? Come lo trattano? Vi tengono prigionieri? Vi fanno del male?»
«Mikasa» sospirò Beatris, ma un sorriso intenerito le sbocciò in volto. Era in preda al panico, riusciva a vederlo perfettamente nonostante l'espressione apparentemente tranquilla. «Stiamo bene, non devi preoccuparti. Ci trattano con i guanti, siamo due risorse preziose a loro dire, non ci torcerebbero mai un capello».
«Quel nanetto stronzo» digrignò i denti Mikasa. «Giuro che gliela farò pagare prima o poi».
E Beatris ridacchiò nervosa: «Era necessario, l'abbiamo fatto per Eren. In questo modo abbiamo ottenuto la sua custodia». Ma Mikasa non l'ascoltò nemmeno, troppo accecata dalla rabbia. «Lo tengono prigioniero da qualche parte?»
«È sotto protezione, lontano da qui. Domani lo raggiungo. Stai tranquilla, davvero! Staremo bene. Mi occuperò io di lui, te lo prometto».
E solo con quella rassicurazione Mikasa riuscì a tirare un sospiro di sollievo. Lasciò andare le spalle di Beatris e fece un passo indietro, affiancandosi ad Armin. «Bea, hai rischiato veramente grosso in tribunale» commentò quest'ultimo, preoccupato.
«Perché? Che ha fatto?» chiese Sasha, curiosa.
«Non avrai avuto un altro dei tuoi colpi di testa» sussultò Christa e ancora Beatris ridacchiò nervosa: «Il comandante Erwin mi aveva promesso che mi avrebbe coperto le spalle, e così è stato. Non è andata male alla fine, Eren è stato affidato al corpo di ricerca, questo è l'importante».
«Hai quasi fatto credere a tutti di essere un gigante come lui, se fosse andata male avrebbero ucciso anche te» mormorò Armin, per niente tranquillo, e Reiner sussultò. «Cosa?!» sgranò gli occhi.
«Volevo solo spaventarli un po' e convincerli del fatto che non dovessero allontanarlo da me, per il bene della comunità. È stato azzardato, lo so...» sospirò. «Però alla fine è andata bene e il comandante Erwin ha saputo perfettamente gestire la situazione».
«Ti sei messa a rischio per proteggere Eren?» chiese ancora Reiner, per niente tranquillizzato. «Tris, prima o poi ti farai uccidere solo per proteggere gli altri!»
«Che significa "solo per proteggere Eren"?» chiese Mikasa, fulminando Reiner con quel suo modo pacato e macabro. «Eren è necessario a questa causa, era fondamentale riuscire a salvarlo con ogni mezzo».
«Potevano esserci sicuramente altri modi» rispose Reiner, prima di fare un passo avanti così da riuscire a voltarsi e guardare Beatris in volto. «Non devi sempre metterti in prima linea, è pericoloso, non sempre ci sarà qualcuno a coprirti le spalle».
«Reiner» gracchiò Connie, lanciandogli uno sguardo di sbieco. «Dove sono finiti tutti i tuoi discorsi sul dovere del soldato per il bene dell'umanità, eh?!»
«Questo... cosa c'entra?!» chiese Reiner nervoso, ma arrossì, rendendosi conto della sua incoerenza. Non aveva cambiato opinione, era sicuro dei suoi doveri, ed era il primo a spronare gli altri a dare la propria vita per una buona causa. Lui per primo si lanciava verso il pericolo, lui per primo combatteva in prima linea, ma il suo amore per Beatris qualche volta scivolava davanti a qualsiasi cosa a gamba tesa e mandava tutto all'aria. Cercava di non essere troppo plateale, ma era difficile non farsi scoprire a volte. Era una sua debolezza.
«Questa volta do ragione a Reiner» si fece avanti Mikasa, prima di guardare Beatris. «Devi fare più attenzione, non potremmo sempre essere capaci di proteggerti».
«Chi vi ha detto che io voglia essere protetta» rispose Beatris, improvvisamente seria e cupa. E questo riuscì a far cadere ogni stato d'animo positivo e zittire quella piccola discussione. Beatris si rese conto di quanto quella frase li avesse turbati e preoccupati, perciò si affrettò a sospirare e tornare a sorridere. «Ragazzi, per favore...» disse. «Non potete sempre tenermi dentro una campana di vetro, mi fate sentire debole e inutile».
«Non lo sei!» rispose Reiner repentinamente.
«Bea ha ragione» disse Armin. «Vi preoccupate sempre molto per lei perché fa pazzie e sembra sempre debole, ma non credo che lo sia. Mi ha salvato, ha salvato tutti noi e ha salvato Eren. Il comandante Erwin, e il comandante Pixis prima di lui, si sono fidati molto di lei. Dovremmo fare altrettanto».
«È perché non l'hanno vista in accademia» gracchiò Jean, rialzandosi da terra in quel momento.
«Jean!» si illuminò Beatris, nel vederlo mentre si avvicinava. E Jean si innervosì improvvisamente: «Non salutarmi come se mi vedessi per la prima volta! Ero là sotto, non l'hai notato?!» ringhiò furioso, ancora incazzato per essere stato la prima vittima di quell'assalto. Beatris ridacchiò divertita. «Hai ragione. Scusami».
«Non ridere! Mi hai quasi ucciso, stupida!» si infervorò Jean.
«Ti vedo in forma» ridacchiò ancora Beatris, divertita nel vederlo così agitato.
«Mi prendi in giro?!» ruggì e la situazione sembrò sul punto di degenerare, sfociando in una delle loro bisticciate da ragazzini, ma Reiner smorzò immediatamente la tensione affermando deciso: «Io mi fido».
Beatris spostò lo sguardo da Jean a lui e si sorprese di vederlo tanto determinato. Lievemente corrucciato, concentrato su chissà quale complesso pensiero, lanciò una rapida occhiata ad Annie per poi tornare a guardare Beatris.
«Sei perfettamente in grado di proteggerci. Mi fido» ripeté, prima di ammorbidirsi in un'espressione più dolce. «Scusa se ti abbiamo trattata come una bambina».
«Tch» sibilò Annie e si voltò, andandosene. Una reazione apparentemente incomprensibile, ma che in realtà attirò poco l'attenzione dei compagni. Di tutti, tranne che di Beatris. Riuscì a comprenderlo, quello che Reiner stava in realtà dicendo.
Era passata una settimana da quando aveva scoperto il loro segreto e da allora non erano riusciti più a parlare. Aveva scambiato qualche parola con Bertholdt il giorno dopo, aveva provato a convincerlo a fidarsi di lei, ma non aveva ricevuto una vera risposta. Semplicemente l'aveva lasciata andare, col dubbio su come avessero dovuto comportarsi. Era ragionevole pensare che in quel lasso di tempo avessero avuto modo di discuterne tra loro, Bertholdt sicuramente aveva chiesto spiegazioni a Reiner sul perché le avesse rivelato la sua reale identità e delucidazioni su come avessero dovuto comportarsi. Beatris non aveva mai compreso il perché Annie sembrasse detestarla tanto, ma ora cominciava a capirlo. Probabilmente lei era stata contraria a quella storia fin da subito, ed era perciò logico pensare che non appena aveva saputo che lei adesso conosceva la verità avesse spinto per cercare di tapparle la bocca in qualche modo. Ma Reiner si fidava.
Era quello il vero significato di quelle parole.
Lui si fidava di lei, della sua capacità e del suo desiderio di proteggerli. Sapeva che non avrebbe mai detto a nessuno la verità e aveva deciso di coinvolgerla in tutta quella storia. Di non eliminarla, e forse nemmeno di lasciarla indietro. Non erano riusciti a parlare, ma incredibilmente bastò quella semplice frase apparentemente incastrata in un altro contesto. Si sentì più leggera.
«Beatris!» Hanji la chiamò da in fondo alla via, sventolando una mano. «Hai finito? Possiamo partire?»
«Dove ti portano?» chiese Armin, curioso.
«Hanji mi ha preso come assistente per i suoi lavori top-secret» disse facendo un occhiolino.
«Molto top-secret!» annuì Connie vigorosamente, inorgoglito forse dal fatto che lui sapesse la verità. Beatris fece qualche passo avanti, uscendo dal cerchio che avevano formato intorno a lei, e si voltò a guardarli tutti. «Faccio parte del corpo di ricerca, adesso» annunciò. «Anche se verrò ufficializzata alla cerimonia, probabilmente. Comunque, direi che da qui molte delle nostre strade si divideranno» sorrise e alzò una mano. «Spero di rivedervi tutti comunque molto presto. Grazie, ragazzi! Sono stati tre anni favolosi. Mettetecela tutta!» e si voltò, scappando via.
Reiner istintivamente fece un paio di passi verso di lei, intenzionato a seguirla, ma si fermò prima a guardare il resto dei compagni. «Andate avanti, vi raggiungo» e senza aspettare risposta, corse via. Connie e Sasha si scambiarono uno sguardo malizioso e ridacchiarono sotto ai baffi. Molti dei compagni seguirono il suggerimento di Reiner e si avviarono verso la sede del corpo cadetti, ma loro due temporeggiarono un po' di più, restando a guardarli nella speranza di essere testimoni a qualche saluto romantico strappalacrime, così che avrebbero potuto poi prendere in giro Reiner per tutta la durata della cena. E il loro desiderio non venne deluso.
«Tris!» la chiamò Reiner, raggiungendola prima che fosse potuta arrivare da Hanji. Lanciò uno sguardo alla caposquadra, metri più avanti, e si mise in mezzo alle due. Bloccò Beatris, volgendo le spalle ad Hanji, e così notò che Connie e Sasha erano ancora lì che stavano guardando e sghignazzavano tra loro. Non parve interessarsene, o forse se ne preoccupò fin troppo, riuscire a capirlo fu impossibile, ma comunque Reiner seguì l'unica strada che pensò di avere davanti a sé. Strinse Beatris per la vita con un braccio, tirandola a sé, si chinò e le portò una mano al viso, prendendole una guancia. La prese completamente alla sprovvista e riuscì così a strapparle un bacio inaspettato. Nonostante con gli occhi Reiner riuscisse a vedere Connie e Sasha, dietro Beatris, ridersela a crepapelle, nonostante fosse qualcosa di calcolato e studiato, ebbe comunque un cedimento al tocco delle sue labbra. Ed esitò contro di lei più di quanto avesse inizialmente deciso, chiudendo gli occhi nonostante avesse voluto tenere d'occhio i due amici lontani da loro. Si prese quell'istante, imprimendo nella memoria il ricordo che stava costruendo di quel momento, ravvivando quello di tutti i baci dati in precedenza. Si accorse solo in quell'istante di quanto in realtà le fosse mancata, di quanto ne avesse avuto bisogno. Di quanta paura di perderla avesse avuto. Ma si concesse di cedere a quella debolezza solo una frazione di secondo, per poi tornare subito con i piedi per terra. Quel suo gesto impertinente e sconsiderato, in mezzo a una strada trafficata, aveva avuto un obiettivo ben preciso. Si separò da lei, ma restò a portata di labbra così che chi poteva vederli dall'esterno avesse pensato che stessero continuando. In questo modo nessuno avrebbe avuto il coraggio di avvicinarsi, e non avrebbero potuto sentirli. Aveva pochissimi secondi a disposizione, doveva sfruttarli.
«Che cosa avete scoperto di quei giganti?» le chiese prima che lei avesse potuto reagire in qualunque modo e rovinare quella copertura. In casi come quelli, l'immagine che avevano dei fidanzati innamorati gli tornava spaventosamente comoda.
«C'è davvero una connessione tra loro e voi?» mormorò Beatris sorpresa, o forse semplicemente confusa per quanto appena successo. Era stato rapido, inaspettato, spaventosamente imbarazzante, ma a dir poco favoloso. Aveva sentito il proprio cuore battere talmente forte da farle male alla testa. Anche il solo tenerlo lì, a fior di labbra, sentire il suo respiro sulla pelle, le faceva girare la testa. Ma l'esigenza di proteggerlo, la promessa che gli aveva fatto, aveva la priorità persino su quel momento da sogno. Si dimenticò di dov'erano, di chi avevano attorno, e si concentrò solo su quell'informazione. Le loro ricerche su quei giganti avrebbero potuto mettere Reiner in pericolo?
«Riesci a darmi qualche informazione?» insisté Reiner.
«Non in questo momento. Non così... sono pericolosi?»
«Potrebbero portarli troppo vicini alla verità che c'è oltre le mura», ormai stava passando troppo tempo e lui era costretto ad allontanarsi, o avrebbero destato sospetti. Ma Beatris gli portò una mano dietro la nuca e se lo spinse nuovamente contro, fino a sfiorarlo. La sentì tremare, agitata.
E dopo un infinito istante di esitazione, disse con voce rotta, piena di dubbi e preoccupazioni: «Classe quattro metri e sette metri, sono due, inchiodati a terra. Domani partiremo, la notte dovrebbero restare soli».
Gli sfiorò le labbra, gli rubò l'ennesimo bacio, ma riuscì a percepirne l'esitazione nel suo respiro rotto e nel tremolare delle sue labbra. Era pazzo, quello che aveva appena fatto era pura follia. Aveva appena tradito il suo corpo militare, dopo tutta la fiducia che le stavano dando, dopo tutto quello che stava facendo al loro interno. Era felice di far parte della squadra di Hanji, apprezzava e ammirava ciò che stava facendo, era felice di essere lì a dare il suo contributo nell'avanzata dell'umanità. Ma se davvero quei due giganti e tutto il loro lavoro erano una minaccia per Reiner, lei avrebbe mantenuto fede alla promessa fatta. L'avrebbe protetto a ogni costo, persino a costo di se stessa e delle sue convinzioni. Si sentiva una traditrice, ma lo era già diventata dal momento in cui aveva scoperto l'identità del gigante corazzato e del colossale, e lo sarebbe rimasta per sempre. Tutta quella felicità, la sua appartenenza al corpo militare, il suo legame con i suoi amici, persino il rapporto che aveva con Mikasa, Armin ed Eren... ormai niente aveva più significato. Quella felicità era una felicità apparente, la stessa in cui si crogiolava Reiner da chissà quanto tempo, e lei era disposta a nuotare insieme a lui in quel mare di bugie pur di tenere viva la speranza di poterlo avere al suo fianco per sempre.
Alla fine, si trattava solo di due cavie da laboratorio. Se le avessero perse, ne avrebbero prese altre ma almeno avrebbe avuto il tempo di riflettere, trovare una via d'uscita. Lottare con e contro di lui, doveva trovare il modo di salvarli tutti quanti. Ma aveva bisogno di tempo.
Si allontanò da Reiner e lo guardò con gli occhi lucidi. L'angoscia non l'avrebbe abbandonata mai più, si sarebbe portata quei sensi di colpa dentro per tutta la vita, lo sapeva. Ma poteva essere peggio che aver lasciato Marco morire? Poteva essere peggio che non dire che tutte quelle persone, compresi amici e familiari, erano morti per mano di Reiner e Bertholdt? Per quanto facesse male, lei ormai ci stava affogando dentro, al fianco di Reiner, e non avrebbe mai accettato di uscirne viva lasciando lui morire.
«Fai attenzione, ti prego» gli disse.
«Anche tu» le rispose di rimando Reiner. Aveva fatto una grossa follia, suggerirgli di ucciderli, dargli le indicazioni per farlo. Se l'avessero scoperta sarebbe stata la fine per lei, lo sapeva. Dovevano fare in modo che nessuno scoprisse il coinvolgimento di Beatris. Reiner sospirò, ma fu quasi impercettibile, servì solo a riprendere il controllo di una marionetta che sapeva perfettamente come muovere. Alzò lo sguardo su Connie e Sasha, finse di vederli solo in quel momento e di sobbalzare. Si allontanò, deciso a raggiungerli, ma Beatris si voltò a guardarlo e lo chiamò di nuovo. Lui si voltò e la vide sorridere, di un sorriso triste ma pieno di speranza. «Un giorno mi piacerebbe sentirti parlare un po' della tua terra».
Reiner ricambiò lo sguardo con la stessa tristezza e speranza, e le sorrise. «Va bene. Un giorno te ne parlerò».
E si allontanò, raggiungendo Sasha e Connie che non persero tempo per iniziare a urlargli contro. Connie rideva tanto da avere le lacrime agli occhi, mentre Sasha sembrava più imbarazzata. Si tappava gli occhi, ma partecipava volentieri alle risate di Connie. Reiner arrossì, rispose loro qualcosa che Beatris non riuscì a sentire, forse semplicemente gli disse di chiudere la bocca.
Beatris lo seguì con lo sguardo, mentre raggiungeva il resto del gruppo, infine sospirò e si voltò pronta a tornare dalla sua caposquadra. Che trovò ancora lì. Immobile. Con ebete sorriso sul volto e lo sguardo stralunato.
Beatris arrossì tanto da diventare dello stesso colore di un pomodoro. Abbassò gli occhi e camminò spedita, a testa bassa, intenzionata a non incrociare il suo sguardo.
«Grazie per il tempo che mi ha concesso, caposquadra Hanji, adesso possiamo andare» disse tutto d'un fiato quando le fu accanto e non si fermò, superandola, diretta ai cavalli.
«Aspetta un attimo!» sussultò Hanji, risvegliandosi solo in quel momento. Si voltò e le si accostò, accelerando il passo per riuscire a starle dietro. «Non mi avevi mai detto di avere un fidanzato!»
«Non credevo le interessasse la mia vita privata, non ha niente a che fare con il nostro lavoro, giusto?» chiese Beatris con la voce più stridula per l'agitazione.
«Sei così giovane» sospirò Hanji. «Eppure già così innamorata, che cosa meravigliosa. Però non ti facevo così spudorata! In mezzo alla strada, davanti a tutti!» ridacchiò e continuò a insistere su quella faccenda per ore, persino lungo il viaggio, raccontando tutti i dettagli di quell'incontro persino a Moblit. Solo la vista di Sawney e Bean, quando arrivarono a destinazione, riuscì a distogliere la sua attenzione e da lì parve dimenticarsi completamente della faccenda. E finalmente Beatris poté tornare ad avere un colorito più umano e riprendere a respirare. Anche se fu impossibile per lei dedicarsi al suo lavoro con la stessa attenzione e la stessa cura di sempre. Come avrebbe potuto, sapendo che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto Sawney e Bean?

Nda.

Aaaaaaaaaa Tris ma che mi combini? (Come se non l'avessi scritta io sta storia >.>)
Le cose si complicano, la situazione è in piena rotta di collisione, tutto sta degenerando. Tris, accecata dal suo desiderio di proteggere Reiner, si sta realmente trasformando in una traditrice. È insensato? Sì, lo è, ma lei fa sempre cose insensate, troppo cuore e poca testa. Segue le emozioni più che la logica, ma ovviamente questo renderà tutto moooolto complicato... se non catastrofico. La domanda è: riuscirà a tollerare il peso di tutto questo? Riuscirà a tenersi nascosta, a non essere scoperta? Lo scoprirete nei prossimi capitoli :3

Grazie, intanto, a tuttə per aver letto, per seguire la mia storia, per le stelline che mi regalate e soprattutto i commenti <3
Ci sentiamo alla prossima... e intanto vi lascio la canzone del capitolo che è perfetta per descrivere lo stato d'animo e i pensieri di Beatris in questo momento. Lui è un "mostro", è un gigante, ma si chiede a un certo punto "è umano? Ha importanza?", perché per lei non ne ha, perché per lei Reiner è solo ciò che più desidera. Ne è innamorata, non può farci niente, anche se è assurdo, inspiegabile, e per questo dice: "chiamate un dottore, c'è qualcosa che non va in me". Ma c'è della speranza, del desiderio ardente "Posso portarlo fuori dal disastro, lo so".
Lui è un tipo strano, non sa quale vestito (*personalità) indossare, non riesce a guardarsi allo specchio (metaforicamente, per i sensi di colpa, per ciò che è realmente).
Insomma... ascoltatevela, è davvero perfetta.

I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no KyojinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora