Capitolo 37

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«La legione uccide dei civili!» l'urlo di un gendarmo echeggiò in tutta la piazza, affollata e rumorosa, ma non abbastanza per coprire completamente la voce del soldato. «Alcuni dei loro uomini non si sono presentati alla corte giudiziaria come ordinatogli dalla polizia, e sono fuggiti. Se vedete qualcuno che gli somiglia fate subito rapporto!»
L'uomo iniziò a distribuire volantini ai passanti, ripetendo più e più volte le stesse parole.
«Visto? Avevo ragione o no?» disse un uomo, un civile, a un altro. «Sono quelli che hanno lasciato i titani combattere qui dentro».
«Sicuramente vogliono usare quell'Eren, il mostro, per ucciderci tutti» proseguì il compagno.
«Non si può più uscire in tranquillità, ormai. È troppo pericoloso» disse una donna, mentre una ragazza le passava a fianco. Cappuccio sulla testa e uno dei fogli distribuiti dal poliziotto tra le mani. La superò, ignorandola, e proseguì fino al perimetro della piazza, infilandosi in un viottolo.
«Allora?» le chiese Jean, appoggiato a un muro. Abiti civili, un cappello in testa, non era un granchè come travestimento ma almeno senza divisa avrebbero evitato di attirare troppo l'attenzione. Beatris gli porse il volantino e glielo mostrò, indicando con un dito il ritratto di Levi stampato sopra.
«È un gran casino» commentò lei, cupa in volto. «Ma almeno non ci sono anche le nostre facce. Nessuno mi ha riconosciuta, forse anche perché il giorno che Eren e Annie hanno combattuto in questa città io non ero presente. Fate attenzione, tu, Mikasa e Armin eravate qui, qualcuno potrebbe riconoscervi».
Jean abbassò gli occhi al volantino e si prese qualche istante per leggere l'articolo scritto a fianco della foto. Si fece ancora più scuro sul volto, prima di mormorare: «Lo hai letto?»
«Sì» rispose Beatris, corrucciandosi. «Hanno ucciso Reebs e hanno scaricato la colpa su di noi. Questo peggiorerà la situazione di Erwin e di Levi. Come se non fosse già abbastanza incasinata...».
«Non ci voleva» sospirò Jean. «Devono aver capito che Reebs ha partecipato alla trappola ai due gendarmi che abbiamo interrogato, per questo l'hanno ucciso».
«Atteniamoci al piano» gli disse Beatris, prima di incamminarsi per raggiungere il resto dei loro compagni, qualche metro più avanti. «Tra non molto passeranno di qui, possiamo ancora recuperare Eren e Historia».
Jean tornò ad abbassare lo sguardo al volantino e lentamente si corrucciò, addolorato e frustato. «Reebs era un brav'uomo» disse e questo fece per un istante fermare Beatris. Aveva letto della morte di Reebs, e non aveva provato niente, troppo concentrata sull'esito della loro missione. Persino in un momento come quello, con Jean che glielo faceva notare, scoprì che in realtà non le interessava molto. Quando era diventata così fredda?
«Voleva solo aiutare la sua gente a risollevarsi, a Trost. Quei maledetti bastardi...» lo sentì gorgogliare.
«Non è la prima e non sarà l'ultima vittima di questa guerra» commentò Beatris, voltandosi appena per rivolgergli uno sguardo. A differenza di Jean, non sembrava essere turbata dalla cosa. Non sembrava provare alcuna emozione se non una divampante determinazione, una tensione che la rendeva fredda, calcolatrice e assurdamente concentrata. Jean ne restò inquieto e non riuscì a risponderle in alcun modo. Che le stava succedendo? Beatris non era mai stata così, la ricordava. Ricordava perfettamente la ragazza che era corsa a cercarlo con il bento preparato da sua madre, per rinfrancarlo, per sostenerlo. Lei era sorridente, lei era una tavolozza colorata in grado di provare decine di emozioni diverse, lei era pura. Lo era stato. Lei non era quella. La morte di un uomo sembrava non averla toccata minimamente. Sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Non stava ancora bene, ormai poteva dirlo con certezza. Nonostante fosse tornata piena di energie, nonostante avesse smesso di cercare di nascondersi per passare sola e in apatia le sue giornate, nonostante fosse tornata carica di forza... la sua anima era stata demolita, e forse mai si sarebbe ripresa. Erano successe troppe cose, chissà quando esattamente gli eventi avevano iniziato a colpirla con la brutalità di un titano, chissà da quanto tempo Beatris aveva lottato, ferita mortalmente, per cercare di sopravvivere. Chissà esattamente... quando avesse perso. Forse quel giorno che avevano combattuto contro Reiner? Non era stata più la stessa da allora, ma Jean aveva avuto la speranza di riuscire a curare le sue ferite, aveva avuto la speranza che col tempo e la presenza dei suoi amici sarebbe riuscita a tornare la stessa. Ma si era sbagliato, e lo scopriva solo in quel momento. Gli occhi di Beatris erano pieni di un gelo tagliente e terrificante.
«Andiamo» gli disse, tornando a voltarsi per incamminarsi. «Non perdere tempo».
Glaciale, proprio come i suoi occhi.
La seguì in silenzio, ma non riuscì più a liberarsi da quella terribile sensazione. Come avrebbe potuto lui, da solo, riuscire a riportarla indietro? Riuscire a rimarginare le sue ferite?
«La strada laggiù è sicura» disse Beatris, raggiungendo il resto dei suoi compagni. «Ma cerchiamo lo stesso di mantenere un basso profilo. Reebs è stato ucciso, hanno addossato la colpa al corpo di ricerca, il volto del capitano Levi è stampato su tutti i giornali».
«Reebs...» sussultò Sasha. Jean allungò il volantino ad Armin, seduto di fianco a un cavallo, per permettergli di leggerlo.
«Se le cose stanno così» disse questo. «Allora la legione è ufficialmente sciolta».
«Già» sospirò Jean e appoggiò le spalle a un traliccio, lì di fianco. «Ero pronto a morire nella pancia di un gigante, ma non avrei mai pensato che sarei diventato un ricercato, un giorno, e che tutto sarebbe finito così...»
«Questo non è ancora detto!» esclamò Armin. «Non credo proprio che il comandante Erwin accetti tutto questo a testa bassa, non permetterà che la legione si sciolga così. E comunque, nonostante Eren e Historia siano spariti, abbiamo ottenuto anche noi i nostri successi. Il capitano Levi è riuscito a identificare il luogo in cui li tengono. Siamo ancora in ballo, possiamo ancora rintracciare lord Reiss, ottenere informazioni sui giganti nelle mura, scoprire come usare il potere di indurimento di Eren...»
«Anche se fosse, anche se riuscissimo a ottenere delle vittorie» disse Jean, e si corrucciò. «Reebs non è la prima e non sarà l'unica vittima...» abbassò lo sguardo, riflettendo su quell'inquietante frase che Beatris gli aveva detto solo pochi istanti prima. «Io non riuscirei mai a uccidere delle persone. Anche se me lo ordinasse il capitano, non credo che ci riuscirei. Come possiamo vincere questa guerra senza sporcarci le mani? Che speranze abbiamo? Io non sono come lui, non posso fare una cosa simile...»
«Nemmeno io!» esclamò Connie. «Il capitano pensa che vada bene usare la violenza per riuscire a raggiungere i suoi scopi, ricordate quello che ha detto a Historia?»
«Esatto!» si unì Sasha. «Anche se sembrava gentile con quelli della corporazione, non ha esitato a maltrattare Historia nonostante fosse già al suo limite! Magari una volta che diventerà regina, userà il suo potere per controllarla e manipolarla!»
«Io mi sono unito alla legione giurando che avrei protetto l'umanità, non che l'avrei combattuta e assassinata» si corrucciò Jean, sempre più turbato.
«Ma che state dicendo?» gracchiò Beatris, irritata. Si voltò a fulminare Connie e anche lui ebbe la stessa sensazione di Jean, di poco prima. Glaciale e terrificante, mentre proseguiva: «Che razza di discorsi sono questi? Credi davvero di poter ottenere qualche risultato solo con delle belle parole e con un atteggiamento da coniglio spaventato? Non ti rendi conto che abbiamo le armi puntate addosso? Se esiti adesso, te le ritroverai conficcate nella schiena e noi insieme a te. Come speri di riuscire a vincere questa guerra senza sporcarti le mani? Cosa diamine sei? Un bambino? Smetti di credere nelle favole, Connie, qui siamo in guerra, lo capisci questo, vero?»
«Sì, ma...» balbettò Connie, ma Beatris si voltò verso Sasha e proseguì, senza dar lui il tempo di replicare: «Smettete di avere fiducia in qualcuno solo dal momento in cui si dimostra un po' più determinato di voi? Vi spaventa l'idea che qualcuno possa essere disposto a tutto, pur di arrivare al proprio obiettivo? Vi credevo più combattivi, avevo più fiducia nelle vostre capacità di giudizio. Cosa vi ha spinti ad unirvi alla legione, se non avete la forza di muovervi?»
«Tu... credi davvero che il capitano abbia fatto bene a trattare Historia in quel modo? Che colpe aveva in quel momento? Era solo spaventata, e aveva ragione di esserlo...» provò a ribattere Sasha.
«È per questo che ha reagito in quel modo. Levi ha ragione, non abbiamo tempo da perdere, bisogna essere in grado di reagire e prendere decisioni difficili immediatamente. Historia era giustamente spaventata, ma non poteva concederle il tempo di piangersi addosso. Ha dovuto darle una scrollata, ed è stato disposto a fare la parte del cattivo pur di riuscire a smuoverla, puntando alla sua paura piuttosto che alla sua forza di volontà. Gli eroi di guerra si vedono anche da questo... da quanto sono disposti a perdere, pur di arrivare lontano. Al capitano non gli importa di sembrare una brava persona, non ha alcun egoismo o interesse personale, a lui interessa solo arrivare alla vittoria e salvare l'umanità» abbassò lo sguardo, pensierosa, prima di mormorare: «Forse è lui l'unico, tra tutti, ad essere veramente nobile d'animo. Non credevo esistesse davvero una persona così... mi chiedo quanto ancora reggerà prima di crollare».
«Come puoi considerare nobile d'animo una persona disposta a uccidere per arrivare al suo scopo?!» Connie quasi le gridò contro. E Beatris non rispose immediatamente, colta da un pensiero. Reiner aveva ucciso, ed era disposto a continuare a farlo, solo per portare avanti la sua missione di salvare il mondo... o almeno dal suo punto di vista, questo lo avrebbe fatto. Era stato disposto a uccidere persino lei, quando aveva lanciato quei giganti contro Eren. Era stato disposto a perdere ogni cosa, persino la più preziosa, pur di raggiungere quel nobile traguardo. Per gli altri... aveva rinunciato a tutto. Non l'aveva compreso, quando aveva cercato di ucciderla, e se n'era disperata. Aveva pensato che fosse arrabbiato, aveva pensato che avesse iniziato a odiarla, invece lui aveva solo fatto una scelta... la più nobile. Strinse i pugni, nascosta dal suo mantello. Doveva raggiungerlo, ne era sempre più convinta. Doveva raggiungerlo, anche se non sapeva cosa avrebbe fatto allora, ma doveva farlo. Lui non aveva mai smesso di essere la persona che più ammirava al mondo, la persona che più amava. L'odio nei suoi confronti era ingiustificato, lo avrebbe dimostrato al mondo intero, e avrebbero trovato insieme un modo alternativo di salvare tutti quanti. Lui non era il cattivo... non lo era mai stato. Aveva solo dovuto fare dei sacrifici. Perché nessuno tranne lei riusciva a comprenderlo?!
«Come può la vostra fiducia verso una persona vacillare per qualcosa di così superficiale? Come potete essere così deboli da non comprendere le ragioni delle persone accanto a voi? Credete davvero che chi si comporta così lo faccia perché realmente gli piace essere il cattivo?» se era davvero quello il loro metro di giudizio, Reiner aveva fatto bene a non dire niente a nessuno, a non coinvolgerli fin dall'inizio nel suo piano. Aveva pensato che i suoi amici sarebbero stati in grado di comprenderlo, come aveva fatto lei, aveva pensato che se solo Reiner avesse scelto la via del dialogo tutto si sarebbe risolto per il meglio, senza alcun sacrificio. Ma se erano pronti così a voltare le spalle a Levi per così poco, probabilmente avrebbero fatto altrettanto con Reiner e non lo avrebbero risparmiato. Era stata sciocca e illusa. Loro non avrebbero mai capito. Non poteva contare sul loro aiuto, non avrebbe mai potuto. Doveva muoversi da sola.
«Siete davvero disposti a voltare le spalle a un compagno, solo perché non riuscite a vedere oltre voi stessi? Razza di egoisti, vi credevo migliori di così!»
Era così frustrante, così doloroso. Reiner non meritava tutto quell'odio, e non lo meritava neanche Levi. Erano a capo di due fazioni diverse, combattevano una guerra da nemici, ma erano entrambi gli unici che fossero mai riusciti a essere veramente dei soldati e non solo poppanti pronti a piagnucolare per qualsiasi capriccio. Dovevano ammirarli, non odiarli.
Si avvicinò al proprio cavallo e strappò le redini dalle mani di Sasha, pronta a incamminarsi. «Dobbiamo andare, non perdiamo tempo a discutere. Sempre se non siete troppo spaventati dall'idea di farvi male per decidere di salvare la vita a Eren e Historia, e non decidiate di voltare le spalle anche a loro».
Jean fece istintivamente un passo verso di lei e schiuse le labbra, pronto a chiamarla, ma la voce gli morì in gola. Era cambiata, era cambiata veramente tanto, e faceva venire la pelle d'oca. Odiava dover ammettere che lei aveva ragione, ma persino in quel momento, con quella marea di accuse vomitatogli addosso, si sentì troppo spaventato per fare anche solo un movimento in più. Quella nuova versione di Beatris lo spaventava, era troppo fredda, quasi ostile. Aveva promesso che avrebbe sempre avuto fiducia in lei, e sapeva che poteva farlo, sapeva che poteva riuscirci, ma adesso si chiedeva se avesse fatto bene a dargliela quella fiducia... il suo metro di giudizio era corretto? Era davvero in grado di dare fiducia alle persone giuste? Non sembrava essere stata turbata dalla morte di Reebs, e non era turbata all'idea di dover uccidere lei stessa. Aveva considerato quell'aspetto della loro missione come una "superficialità". Uccidere, davvero lo considerava superficiale? Come poteva dar loro degli egoisti solo perché non avevano il coraggio di mettere fine a delle vite? Aveva creduto di conoscerla, per questo si era fidato di lei, ma adesso si chiese se avesse avuto ragione. La conosceva davvero?
Vide Mikasa seguirla immediatamente, senza accennare ad alcun tipo di turbamento, e dopo un sospiro affranto anche Armin si alzò e la seguì. Loro credevano in lei, nonostante quel suo nuovo spaventoso aspetto? E lui... cosa avrebbe dovuto credere lui? Se lo chiese e si interrogò per qualche secondo, cercando la risposta giusta, ma l'unica a cui riusciva a pensare era che si fidava di Beatris. Anche da sanguinaria, anche da fredda, lui riusciva a fidarsi. Non era una persona malvagia, solo tremendamente ferita e agguerrita. Forse era solo una maschera, la sua, forse sarebbe riuscito a cogliere sul suo viso l'umanità di cui era certo che ne fosse piena, prima o poi. Forse proprio di fronte al pericolo, di fronte alla necessità di macchiarsi le mani, forse almeno lì, avrebbe mostrato il suo buon cuore. Che avesse fatto bene o meno, che avesse ragione o meno, non poteva far a meno di fidarsi di lei. Sospirò e a testa china, infine, la seguì.
Salirono a cavallo, Armin si mise alla guida dell'unico carro che avevano, e si avvicinarono alle mura , tenendo d'occhio l'ingresso. Attesero, pazientemente, sapendo che avrebbero visto passare da un momento all'altro il carro dei gendarmi con a bordo Eren e Historia, e allora avrebbero dovuto pedinarli fino a destinazione. Il capitano stesso li avrebbe raggiunti, confermando loro l'identità del nemico, dopo averli pedinati fino a lì. Ma qualcosa andò storto.
«Spari!» esclamò Sasha, indicando improvvisamente il muro alle loro spalle. «Sentite? Spari multipli! È una sparatoria!»
«Avranno scoperto il capitano e la squadra di Hanj?!» si chiese Armin, preoccupato. «Atteniamoci comunque al piano, aspettiamo che si facciano vedere».
«Si stanno muovendo verso questa direzione» disse ancora Sasha, che riusciva a sentirli meglio degli altri. «La sparatoria si avvicina».
«Riescono a sparare mentre usano il sistema di movimento tridimensionale?» si chiese Jean, confuso.
«Se stanno ancora sparando vuol dire che non li hanno ancora presi» commentò Beatris. «Cerchiamo di avere fiducia, sono certa che il capitano non si farà ammazzare tanto facilmente. Certe teste calde sono dure a morire».
«Guardate!» esclamò Connie, indicando improvvisamente le porte di Stohess spalancate. «Quello è il carro!»
«È veloce, sta scappando. Armin!» si voltò Beatris e il compagno non esitò a spronare il proprio cavallo. Si misero a correre, ignorando l'idea di seguirli silenziosamente e cautamente, o li avrebbero persi. Pochi istanti dopo, da quelle stesse porte, videro arrivare Levi in pieno volo, seguito da almeno quattro uomini della gendarmeria. Gli spararono ancora addosso, ma senza fermarsi e usando un'attrezzatura del tutto nuova. I rampini partivano direttamente dalle loro pistole, e non dai fianchi, così riuscivano a tenere l'equilibrio del volo nonostante il rinculo della pistola.
«Ma cosa diamine sono?!» esclamò Jean, cercando di studiare quella strana attrezzatura. Non ebbe risposta, ma non se l'aspettava di certo. E anche se fosse arrivata, non l'avrebbe ascoltata in quel momento, scosso e turbato da ciò che vedeva. Uno degli uomini della polizia provò a sparare a Levi, ma lui riuscì a schivare il colpo, voltarsi nella sua direzione e sparò il proprio rampino dritto nello stomaco del suo assalitore. Lo riavvolse, costringendo l'uomo a volare nella sua direzione, e non appena fu a portata di tiro lo tagliò letteralmente in due con una delle sue lame. Fu brutale, fu freddo e spietato, tanto da far attorcigliare le budella nello stomaco. Il loro capitano aveva appena ucciso selvaggiamente e a sangue freddo un essere umano proprio davanti ai loro occhi. Non sarebbero mai più riusciti a dimenticarsi di quell'orrenda scena. Anche se si trattava di un nemico, era un essere umano... Come potevano mantenere il sangue freddo in quella situazione?
Levi volò sopra le loro teste e fece loro un cenno, prima di cambiare direzione e volare dietro alcune case.
«È un segnale!» gridò Beatris, voltandosi a guardare verso il resto dei suoi compagni. Ma nessuno di loro riuscì a reagire. Erano pallidi, turbati, decisamente troppo scossi. Non era nemmeno sicura che avessero visto Levi cercare di comunicare con loro. Digrignò i denti. Si stavano paralizzando, poteva perfettamente capirli... e detestarli. Come aveva detestato se stessa tutte le volte che non era riuscita a muovere un solo muscolo, mentre collaborava alle brutalità di Reiner. Lei aveva perso tutto solo per colpa di quell'atteggiamento, non poteva permettere che succedesse anche a loro. Dovevano riprendersi, scuotersi, dovevano dannatamente muoversi.
«Datevi una svegliata, maledizione!» ruggì, furiosa. «Non possiamo perderli adesso, porteranno via Eren e Historia, glielo permetterete davvero? Per favore... per favore, non crollate proprio adesso! Se non riuscite a fidarvi di lui, fidatevi di me!» gridò senza pensarci e capì che non avrebbe avuto alcun effetto solo successivamente. Loro non si fidavano nemmeno di lei... in che modo avrebbe potuto convincerli? In che modo sarebbe riuscita ad arrivare alla fine di quella storia, da sola? Si contrasse in un'espressione disperata e andò a cercare gli occhi dell'unico che aveva promesso di farlo, di fidarsi, nonostante tutto. «Jean» sibilò. «Per favore».
Il primo sentimento di Beatris, dopo quella maschera di pietra e ghiaccio che aveva mostrato fino a quel momento. Riuscì a scuoterlo. Lei era ancora lì, intrappolata dal suo dolore, ma era ancora lì. Poteva avere una speranza di riportarla indietro.
La vide deviare la propria direzione, andare verso sinistra, e digrignando i denti Jean si costrinse a riprendersi. Accelerò e le corse dietro. «Andiamo! Non possiamo esitare proprio ora!»
Si sorprese di vedere Mikasa e Armin già dietro Beatris. Non avevano detto una sola parola, ma non avevano esitato a seguirla, nonostante tutto. Loro si fidavano ciecamente, forse lo avevano sempre fatto, con o senza le sue parole. E non l'avrebbero abbandonata per nessuna ragione. Connie e Sasha ci misero un po', ma alla fine anche loro speronarono i propri cavalli, anche se riuscì a sentirli lamentarsi per la disperazione.
Si infilarono in una via secondaria, allontanandosi dal carro, e solo in quel momento Levi tornò da loro e atterrò sul carro di Armin.
«Capitano!» esclamò Armin, vedendolo.
«Interrompiamo l'inseguimento» disse semplicemente Levi, e Beatris sussultò.
«Cosa?! Perché?!» chiese, turbata.
«Hanno intercettato i nostri spostamenti, per il momento dobbiamo lasciar perdere Eren e Historia. Vogliono usarli come esca per attirarci, farci uscire allo scoperto, e ucciderci. Di sicuro più avanti ci aspetta un'imboscata, gli altri tre che mi inseguivano li ho già eliminati» e ancora un brivido corse lungo la schiena di Jean, Connie e Sasha.
«Armin!» proseguì Levi. «Prendi la prima a sinistra. Sasha e Connie guidate i cavalli! Jean risponderà al fuoco dal carro. Beatris, apri loro la via con il movimento tridimensionale, mentre io e Mikasa ci occuperemo di guardarvi le spalle. Avete capito?»
«Sì!» risposero in coro.
«Cosa faremo riguardo a Eren e Historia?» chiese Mikasa, preoccupata.
«Ce ne occuperemo non appena saremo usciti fuori da qui, troveremo un altro modo» rispose Levi, preparandosi a saltare via dal carro. Ma esitò di nuovo, guardando in volto i propri ragazzi, prima di dire, severo: «Se ce ne sarà bisogno, uccidete» e scattò, volando alle spalle dei cavalli, restando sopraelevato con il proprio movimento. Mikasa lo seguì immediatamente, con il volto corrucciato, ma concentrata e intenzionata a non esitare. Beatris si sollevò in piedi sulla sella del proprio cavallo e si tolse il mantello di dosso, facendolo volare via. Si voltò e lanciò un rapido sguardo a Jean, e Sasha e Connie dietro di lui. Avevano il volto di chi era troppo spaventato per fare qualcosa, sicuramente stavano pregando che non ce ne sarebbe stato bisogno. Il loro incubo, il capitano che ordinava loro di uccidere, si era appena realizzato e loro erano tenuti a rispondere. Lo avrebbero fatto davvero? Si sarebbero rifiutati, come avevano detto pochi minuti prima? O avrebbero alla fine ceduto a diventare brutali assassini? Era quello il punto di svolta, dovevano fare una scelta, e Beatris era sicura che con quelle espressioni in volto non avrebbero mai fatto quella giusta. Non erano pronti... ma chi lo era davvero? La morte non la si sceglieva, la morte non aveva mai fatto altro che cadere addosso alle persone con tutto il suo enorme peso. Lei lo sapeva, lei l'aveva vissuto sulla propria pelle. Non erano pronti, spettava a lei, a Levi e Mikasa proteggerli ed evitare che fosse potuto accadere. Avrebbe fatto in modo che non avessero dovuto prendere quella scelta in un momento come quello. Saltò via, lanciò i propri rampini alle case di fronte e si diede lo slancio. Una forte pressione di gas, si allungò per aumentare l'aerodinamicità, arrivò a sfiorare il terreno e infine dondolando come su di un'altalena raggiunse una quota sorprendente. Era brava in quel tipo di manovre, aveva imparato come sfruttare al meglio la propria strumentazione, le proprie capacità e l'ambiente circostante. Non era mai stata forte abbastanza, ma era riuscita a migliorare molto come soldato scoprendo in cosa era brava. Lei volava più in alto di chiunque altro, ed era la più veloce. Forse per questo Levi aveva dato a lei il compito di aprire la strada al carro, aveva compreso i suoi punti di forza. Si voltò, si guardò rapidamente attorno, e infine li vide. La discesa cominciò e li perse di vista, ma era riuscita a intercettare i loro movimenti.
«Fianco destro, capitano!» gridò. «Almeno cinque!»
Mikasa e Levi si voltarono nella direzione indicata appena in tempo per vederli piombare loro addosso. Levi lanciò via una delle sue lame, colpendone uno in un occhio, perforandoglielo. E con la punta della lama ancora conficcata nel cranio questo cadde a terra. Ma il resto degli uomini della gendarmeria non stettero nemmeno a guardare e andarono oltre, investendoli improvvisamente. Beatris tornò a sfiorare il terreno e si diede un altro potente slancio verso l'alto, usando più gas del necessario per riuscire a tornare a una quota ancora più elevata. Di nuovo si voltò, guardò l'ambiente circostante, e lì ne vide altri tre provenire da sinistra, proprio alle loro spalle.
«Merda!» digrignò i denti, consapevole che cominciavano a essere troppi. Anche due colossi come Levi e Mikasa non avrebbero potuto tenere troppo testa a quasi dieci soldati, rischiavano di essere messi in difficoltà. Abbassò lo sguardo ai suoi compagni, pronta ad avvertire di nuovo, ma sbarrò gli occhi improvvisamente allarmata. Una ragazza dei primi cinque aveva superato Levi e Mikasa, raggiungendo il carro e il resto dei compagni. Aveva la pistola puntata davanti a sé e stava per mettere Armin sotto tiro. E Levi e Mikasa erano impegnati contro gli altri. I soldati intercettati un istante prima, provenienti da sinistra, stavano per raggiungerli e coglierli di sorpresa, sbucando loro alle spalle. Era una situazione disperata, in un solo istante avrebbe rischiato di perdere più di un compagno. Abbandonò la sua postazione e lanciò il proprio rampino indietro, verso il carro. Inforcò le proprie lame, pronta al combattimento, e si lanciò contro la ragazza che adesso era a pochi centimetri da Armin, con la pistola puntata alla sua testa. Ruggì, mentre le volava addosso alla massima velocità che il gas le permettesse di avere. Mosse la propria lama in orizzontale quando fu a un metro da lei, puntando dritta la testa, puntando dritta alla decapitazione. Negli occhi non vi fu nemmeno un barlume di esitazione, ma parevano infuocati, quasi addirittura fossero stati bramosi di vedere il sangue macchiare le proprie armi. Ma la ragazza riuscì a sentirla arrivare e si voltò per tempo. Alzò il braccio sinistro davanti alla faccia, usando la parte in metallo della propria attrezzatura per bloccare il colpo. Venne spinta via dalla propulsione con cui Beatris le era atterrata addosso e riuscì ad avere salva la vita, ma la lama non venne bloccata totalmente e riuscì a farle un profondo squarcio su di un braccio. Atterrò sullo stesso carro di Armin, proprio di fianco a Jean, e d'istinto si portò la mano alla lacerazione con un lamento. Beatris, ancora spinta dalla propulsione del gas, passò oltre passando di fianco a un Jean sconvolto e paralizzato. I loro occhi si incrociarono per quel brevissimo istante, e lui si sentì cadere in un baratro. Quello era lo sguardo di un'assassina, ne era certo. Era lo sguardo di chi aveva già ucciso in passato ed era disposta a farlo ancora, anestetizzata alla paura della morte, ormai ricoperta di sangue da capo a piedi. Quella era veramente Beatris, quella era la ragazza che aveva collaborato per mesi con un criminale, un genocida. Non era mai stata una vittima, non era mai stata un'ingenua ragazzetta troppo innamorata per capire cosa avesse attorno. Lei sapeva perfettamente ciò che stava facendo, e non lo temeva.
Beatris lanciò uno sguardo alle sue spalle, verso la ragazza a terra. Sarebbe dovuta tornare indietro e finire il lavoro, non poteva lasciarla lì così, ma era riuscita a intravedere il primo del secondo gruppo di soldati raggiungere Mikasa e Levi. Quest'ultimo, voltato verso uno dei nemici, non l'aveva visto arrivare. Si corrucciò, contrariata all'idea di dover fare ancora una volta una scelta, ma si aggrappò al suo folle piano di riuscire a salvare tutti. La ragazza sul carro si stava contorcendo dal dolore, aveva qualche secondo di vantaggio. Sfruttò il proprio slancio e volò in direzione di Levi. Questo si accorse dell'imboscata, si voltò pronto a difendersi ma non ce ne fu bisogno. Beatris arrivò un istante prima che il nemico avesse potuto colpire e con un singolo taglio secco riuscì ad aprirgli il petto andando abbastanza in profondità da ucciderlo. Si voltò di colpo, lanciò i propri rampini alle sue spalle e si diede lo slancio per tornare verso il carro. La ragazza era in piedi, si era ripresa decisamente prima di quanto avesse potuto aspettarsi. Diede gas, fin troppo gas, e strinse l'impugnatura della sua attrezzatura. Jean era a terra, il fucile ai suoi piedi, disarmato e paralizzato, mentre questa ora gli puntava contro la pistola.
«Jean!!!» gridò Beatris con tutto il fiato che aveva nei polmoni, mentre si lanciava verso di lui. Uno dei gendarmi gli bloccò la strada, sbucando proprio di fronte a lei, e non esitò a puntarle la pistola contro. Sparò, ma forse per la fretta mancò il bersaglio facendo a Beatris solo un graffio su uno zigomo. Lei non rallentò nemmeno quando sentì la guancia inumidirsi di sangue e il graffio bruciare sulla pelle. Aveva rischiato di essere uccisa, ma non aveva esitato nemmeno per un istante, completamente anestetizzata alla paura della morte. Gli volò addosso con le lame tese in avanti e urlando gliele conficcò dritte nel cranio, perforandogli entrambi gli occhi. Le tirò via, macchiandosi di sangue, sporcandosi indelebilmente, e calciò via il cadavere per riprendere a volare in direzione di Jean. Ma nell'istante in cui riuscì ad avere la visuale libera vide la ragazza con la pistola puntata verso Jean accasciarsi a terra, in un bagno di sangue. Armin, che ancora guidava il carro, era adesso voltato verso di lei, con la pistola ancora fumante tra le mani. Con un lamento, questo tornò a guardare la strada, dando le spalle alla donna che aveva appena ucciso.
Beatris raggiunse finalmente il carro e vi atterrò sopra. Corse a inginocchiarsi di fronte a Jean e gli mise le mani sulle spalle, chiamandolo. «Come stai?» gli chiese, preoccupata che fosse ferito. Ma l'unico sangue che aveva addosso, riuscì ad appurare, era quello della vittima stesa davanti ai suoi piedi. Stava bene, ma era profondamente sconvolto, tanto che non riuscì nemmeno a guardare Beatris in volto. Continuava a fissare il cadavere che aveva davanti tremando come una foglia, facendo uscire lamenti dalla propria gola, indistinti. Beatris si alzò e afferrò la donna ormai morta per i vestiti. Con non poca fatica riuscì a sollevarla da terra, spingerla a bordo del carro e infine la spinse via, buttandola sulla strada. Portarsela dietro non era decisamente convenevole. Si voltò poi a guardare Armin: era concentrato sulla strada, non riusciva a vederlo in volto, ma era ovvio che quello stesso shock lo stesse vivendo anche lui in quel momento. Davanti a loro finalmente videro le porte che permetteva loro di uscire da Stohess ed entrare in campo aperto, dove non avrebbero più potuti seguirli. Si voltò nuovamente verso Mikasa e Levi, vedendoli abbattere altri due soldati a sangue freddo. E infine, furono fuori. Mikasa e Levi raggiunsero il carro quando non poterono più avere appigli per la propria manovra tridimensionale e atterrarono di fianco a Jean e Beatris.
«Che cosa è successo?» chiese Mikasa, guardando il disastro di sangue sul carro. E Beatris tornando a guardare Armin di fronte a sé mormorò semplicemente: «Armin ha sparato per primo».
Non ci fu bisogno di aggiungere altro. Non in un momento come quello. Armin aveva ucciso qualcuno per la prima volta. La cosa non l'avrebbe lasciato indifferente.
«Pensiamo a trovare un posto sicuro dove nasconderci, adesso» disse Levi e puntò lo sguardo davanti a sé, verso il campo aperto. Pochi chilometri da loro riuscirono a vedere i primi alberi di una foresta, dove si sarebbero rifugiati almeno per il momento. Il resto del viaggio, per quanto avessero molto da dire, lo fecero in realtà in rigoroso silenzio. Avevano bisogno di ritrovare prima di tutto la calma.

I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no KyojinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora