Capitolo 22

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Quanti giorni erano passati? Dentro quella cella sotterranea, lontano da ogni fonte di luce, Eren proprio non riusciva a capirlo. Cos'era successo a Trost? Erano riusciti a riprenderla? I suoi amici erano ancora vivi? Tutte domande a cui non poteva trovare risposta. Le guardie poste davanti alla sua cella non facevano che fissarlo con timore, trattarlo come un mostro, dandogli giusto il minimo necessario per la sopravvivenza. Non gli era concesso neanche muoversi, legato a delle catene attaccate al muro, poteva solo cambiare posizione sul suo letto e provare così a sgranchirsi un po'. Ma quanti giorni erano passati? Quando sarebbe uscito da lì? Erwin Smith e il capitano Levi erano andati a trovarlo tempo prima, gli avevano promesso che avrebbero fatto in modo di ottenere la sua custodia per riprendersi il Wall Maria e gli avevano chiesto solo un po' di pazienza. Ma solo con i suoi pensieri, il suo umore non faceva che colare a picco minuto dopo minuto.
Avrebbe davvero voluto solo sapere se almeno i suoi amici stessero tutti bene.
Sentì dei passi avvicinarsi e questo riuscì a cogliere la sua attenzione. Nel silenzio di quella prigione sotterranea rimbombavano spaventosamente ed era impossibile capire quanti fossero. Attese più a lungo di quanto si sarebbe aspettato, i rimbombi avevano confuso persino la distanza delle persone che si stavano avvicinando. E infine vide comparire Beatris proprio davanti alle sue sbarre.
Gli sorrise, solare come al solito, e alzò una mano, salutando: «Ehilà, scemo-Eren!»
Sembrava in forma, le avevano persino tolto la fasciatura dalla fronte anche se teneva ancora un cerotto su uno zigomo e la mano con cui l'aveva salutato, la sinistra, era bloccata in un guanto rinforzato. Un tutore, palesemente, che le impediva di muoverlo troppo. Eren sgranò gli occhi, sorpreso di vederla e soprattutto felice di scoprire che stesse bene. «Bea» mormorò.
Beatris si appoggiò alle sue sbarre e ridacchiò divertita, guardandolo: «Guarda in che condizioni pietose sei. E che odoraccio...» si portò platealmente le dita a tapparsi il naso, prima di dire: «Ti sei pisciato addosso, per caso?»
«No! Certo che no!» sobbalzò Eren, offeso per l'insinuazione. «Bea...» disse subito dopo, preoccupato più per i suoi dubbi che per le provocazioni di Beatris. «Come stanno tutti?! State bene? Siete riusciti a prendere Trost?»
«Non devi preoccuparti, finché ci sarò io i ragazzi sono in una botte di ferro» sghignazzò lei, fingendosi superiore. Ma poi aggiunse, più comprensiva: «Stanno tutti bene. Parleremo strada facendo».
«Strada facendo?» mormorò Eren, non capendo. Beatris gli allungò un paio di manette oltre le sbarre. «Tieni, mettiti queste. Ordini dei superiori, ti portiamo a fare un giro».
Eren scese dal suo letto e una delle guardie davanti alla cella aprì la porta, permettendo a Beatris di entrare. La ragazza si avvicinò con le chiavi che poi gli porse, e gli tolse infine le catene che lo tenevano inchiodato al muro. «Girati, devo metterti queste» disse, facendo oscillare le manette.
«Dove mi portano?» chiese Eren, obbedendo e mettendo i polsi dietro la schiena. Beatris glieli chiuse, bloccandolo, e lo prese per un braccio cominciando a guidarlo fuori. Bastò fare un paio di passi ed Eren vide che fuori, ad aspettarlo, c'erano anche due ufficiali del corpo di ricerca. Riuscì a riconoscerli, erano volti noti: Hanji Zoe e Mike Zacharias.
«Loro sono il capitano Hanji e il capitano Mike» disse Beatris. «Penso che li conosci già. Mi hanno concesso di venire a trovarti solo con la loro scorta. Andiamo» sollecitò cominciando a farlo camminare. Mike si affiancò a Eren e iniziò ad annusarlo, decisamente troppo vicino al volto.
«Ehy...» mormorò lui, imbarazzato.
«Sì, il capitano Mike fa sempre così» ridacchiò Beatris, camminando a fianco di Eren. «L'ha fatto anche con me. Ora si farà una sghignazzata e poi ti lascerà in pace, tranquillo» e come anticipato Mike si allontanò, ridacchiò sotto ai baffi e continuò a camminare in silenzio.
«Sono tipi strani, questi del corpo di ricerca!» esclamò Beatris. «Ma sono in gamba! Sono riusciti a liberare Trost, mentre tu ti facevi un bel sonnellino. Sei veramente un pigrone, l'hai sempre fatto! Sparivi per andare a dormire da qualche parte e Mikasa era costretta a venirti a raccogliere tutte le volte» sospirò, platealmente scocciata. «E a noi tocca sempre tutto il lavoro. Sei proprio incorreggibile».
«Ma che dici?! Non l'ho fatto mica per mia volontà».
«Hai dormito per tre giorni, è veramente assurdo! Hai superato ogni record» continuò a ridere lei, camminando verso destinazione ignota. Uscirono dai sotterranei in quel momento e Eren riuscì a vedere finalmente la luce del sole dopo così tanto tempo. Doveva essere pieno pomeriggio, c'era una bella luce e il cielo, oltre i fori della grata sopra di lui, era completamente libero da nuvole.
Doveva essere proprio una bella giornata.
«Ti ricordi di quella volta che sparisti per tutto il giorno?» proseguì Beatris. «Zia Carla andò nel panico, ti abbiamo cercato ovunque e poi ti abbiamo trovato sotto un albero a poltrire. Non farai molta strada con questo atteggiamento, lo sai, Scemo-Eren?»
«Parli come se tu invece stessi facendo carriera, piantala».
«Chi ti dice che non sia così?» ridacchiò lei, e alzò il mento orgogliosa. «Sono l'eroina che ha domato la bestia, lo sai?» e rise più forte.
«Domato?!» sussultò Eren.
«Sei proprio scemo come un asino quando diventi gigante, lo sai? Meno male che c'ero io a controllarti, Pixis è stato molto orgoglioso del mio operato».
«Ehy! Sono stato io a portare quel masso, di che parli?!»
«Non ci saresti mai riuscito se non c'ero io a prenderti a calci in culo! L'avevo detto che sarei stata costretta a farlo, sei proprio scemo».
«Bea-stupida! Piantala!» e Beatris gli fece una linguaccia, prima di esclamare: «Scemo-Eren, asino e stupido anche da gigante!»
Straordinariamente, Eren dimenticò per il momento le mille domande che aveva per la testa, colto dall'urgenza di difendere il suo onore. Rispose alla provocazione di Beatris, che continuò a insultarlo e prenderlo in giro per tutto il tempo. Il suo modo di fare sereno riuscì a fargli dimenticare persino di essere in presenza di due ufficiali del corpo d'armata, e i due presero a litigare come bambini, portando avanti quel ridicolo bisticcio decisamente troppo a lungo. Fino a quando non si fermarono davanti a una porta.
«Eren» Beatris abbandonò improvvisamente il tono denigratorio tenuto fino a quel momento. Gli sorrise, amichevole, sorprendendolo. «Scusami, ma mi hanno chiesto di tenerti impegnato fino a qui. Non volevano che opponessi resistenza» disse, rivelando così che tutte quelle chiacchiere erano state in realtà orchestrate per una qualche sorta di ragione. Eren non ebbe tempo di chiedere spiegazioni che due guardie, alle loro spalle, lo afferrarono e lo trascinarono all'interno della stanza da solo. Si voltò a guardare Beatris, colto dal panico, e vide in quel momento una leggera sfumatura nel suo sguardo. Preoccupazione. Era chiaramente preoccupazione.
«Non fare stupidate, Eren, ok?» riuscì a dirgli Beatris, un istante prima che la porta si chiudesse e impedisse loro di interagire ancora.

Non appena la porta davanti a loro si chiuse, portandosi dentro Eren, Beatris fece un lungo sospiro. Era stata tesa per tutto il tempo, anche se non era sembrato, impegnata a fingersi stupida solo per riuscire a distrarre Eren. Ma quel momento, quel pomeriggio, sarebbe stato lungo e pesante. «In bocca al lupo» mormorò tra sé e sé. Era terrorizzata, era questa la verità, ma era stata brava a nasconderlo a Eren abbastanza da non dargli tempo di preoccuparsi. Doveva mantenere la calma, se il cugino l'avesse vista agitata sarebbe entrato nella sala già su di giri e non era il momento di farsi prendere dal nervoso o dal panico. Eren doveva stare il più calmo possibile.
Una mano le si poggiò su una spalla e lei si voltò, guardando Hanji al suo fianco.
«Sei stata bravissima» le disse la caposquadra, con un sorriso. «Andiamo anche noi».
Beatris annuì e seguì Hanji verso una porta secondaria, poco più avanti.
«Ricordati cosa ti ha detto il comandante Erwin, ok?» le disse Hanji, entrando prima di lei. Le fece un occhiolino, e infine aggiunse: «Fidati di lui».
«Va bene» disse Beatris. Ma nonostante tutte le rassicurazioni, lo stomaco non riusciva a darle pace. Non sarebbe stato semplice e lì, in quel momento, proprio in quella sala, avrebbero deciso se uccidere Eren o meno. Lei non poteva permetterlo. Era stata la sua promessa.
Entrarono nell'aula di tribunale, già brulicante di persone. Sugli spalti vi erano specialmente guardie, soldati, ma anche membri importanti del culto delle mura, o semplici civili in veste di testimoni. Al centro della sala c'era un piccolo piedistallo con un palo, e fu lì che Eren venne legato con le manette, messo in ginocchio, proprio di fronte allo spalto dove si sarebbe accomodato il giudice di quel processo: Dhalis Zachary, comandante supremo di tutti e tre i reggimenti del corpo militare. Beatris seguì Hanji, fino a raggiungere Erwin e Levi. Lanciò uno sguardo intorno a sé, affascinata. Era una sala di tribunale ma sembrava quasi una sala di museo, con dipinti alle pareti, gigantesche vetrate e un enorme affresco sul soffitto. Si mise tra Erwin e Hanji e si voltò, a guardare il resto della sala. Dall'altro lato, vicino al capitano Rico, incrociò lo sguardo di Mikasa e Armin. I due si sorpresero nel vederla, soprattutto lì, a fianco del comandante, ma ciò che trasmisero con il loro sguardo fu anche una sana preoccupazione. E infine, tutti e tre, guardarono Eren al centro della sala. Sembrava un cucciolo messo in trappola, aveva lo sguardo palesemente terrorizzato. Beatris si corrucciò, ancora più preoccupata, e sperò che il suo pensiero riuscisse a raggiungerlo.
"Non fare stupidaggini, Scemo-Eren. Ti prego".
Zachary entrò nella sala e si accomodò all'enorme scrivania di fronte a Eren. Sfogliò un paio di documenti, si tolse la giacca e si tirò su le maniche della camicia mettendosi così comodo. Infine annunciò: «Direi di procedere. Ti chiami Eren Jaeger, giusto? E sei un soldato che ha giurato di offrire la vita per il bene dell'umanità. È così?»
«Sissignore» mormorò Eren, atterrito.
«Essendo una situazione senza precedenti è evidente che in questa sede non potranno essere applicate le normali leggi vigenti» disse Zachary. «Ne consegue che ogni decisione sarà di mia esclusiva competenza. Vuol dire che avrò il diritto di decidere della tua sorte. Hai qualche obiezione?»
«Nessuna, Signore» rispose Eren.
«Vedo che sei comprensivo» commentò Zachary. «Te lo dico senza preamboli: come molti temevano, è stato impossibile tenere ancora nascosta la tua esistenza. Da quanto è emerso da una prima serie di discrete verifiche, stiamo rischiando il sorgere di una nuova minaccia all'ordine pubblico. Sono in molti a temere la tua natura e non tollerano la tua presenza entro le mura, ma sono anche molti che vedono in te una nuova speranza. Non possiamo permettere che ci siano scontri civili, è per questo che oggi decideremo a quale corpo militare affidare le tue capacità e dunque la tua sorte. Bene, ora ascoltiamo la proposta del corpo di gendarmeria».
«Sì, Signore» rispose un uomo dall'altro lato della sala. «Sono il comandante di divisione Nile Dawk del corpo di gendarmeria. Noi riteniamo che una volta studiata a fondo la struttura fisica di Eren Jaeger, sia necessario provvedere subito alla sua eliminazione. È stata presa questa decisione in seguito alla considerazione del danno che potrebbe causare lasciarlo in vita. Qualsiasi figura di riferimento dei territori interni lo riconosce come minaccia. La Costituzione e gli stessi nobili e la casata reale si è fortemente distanziata da tutto ciò che concerne il mondo fuori dalle mura, ma dopo l'ultimo attacco la popolazione ha iniziato a considerare Eren come un eroe e quasi tutti i cittadini all'interno del Wall Rose, oltre che i funzionari della città, stanno diventando in larga misura dei rivoltosi. Il risultato è che presto potremmo doverci trovare ad affrontare una guerra civile».
Beatris si corrucciò ancora di più e sentì palesemente una goccia di sudore freddo colarle giù dalla schiena. Le mani incrociate dietro la schiena, dritta nella sua posizione da fiero soldato, cominciarono a torturarsi tra loro.
"Vogliono sezionarlo, come una cavia da laboratorio" pensò, sempre più preoccupata. Lanciò uno sguardo istintivo a Erwin, al suo fianco. Lui non lo avrebbe permesso, lo sapeva, glielo aveva promesso. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per impedire che Eren finisse nelle mani della gendarmeria... era così, vero? Ma ancora una volta il volto di Erwin parve imperscrutabile. La innervosiva ancora di più, ma sapeva che avrebbe dovuto avere fiducia. Perciò fece uscire un lieve sospiro dalle labbra, discreto, ma necessario a riprendere il controllo sul suo nervosismo. E ascoltò Nile, che proseguiva: «Che abbia aiutato a ottenere un'importante vittoria sul campo credo che sia innegabile. Tuttavia, solo la sua esistenza rischia di scatenare gravissimi disordini! Di conseguenza, dopo averne ricavato ogni possibile informazione utile, auspichiamo che possa raggiungere il paradiso degli eroi» e Beatris si tese ancora di più, sentendo le spalle iniziare persino a farle male. Solo allora Erwin spostò lo sguardo da Eren a lei. Fu solo un momento e fu privo di espressione. Non riuscì a interpretarlo, poteva voler dire ogni cosa: preoccupazione per il suo stato, una richiesta a intervenire, studiare la sua reazione o forse un ammonimento per farla stare tranquilla? La confuse e si ripeté ancora una volta di avere fiducia.
«Non merita questo onore!» urlò improvvisamente un uomo in veste religiosa. Gli assetti dorati sulla sua toga dimostravano la sua importanza nel culto delle mura, probabilmente era un reverendo o qualcuno di ancora più importante. Beatris non riuscì a riconoscerlo, il culto delle mura non era mai stato qualcosa che le interessava troppo d'altronde. «Costui è un mostro penetrato tra noi ingannando le mura! Dovete eliminarlo subito!»
E nonostante lo sguardo di Erwin di poco prima fosse riuscito in parte a calmarla, le mani di Beatris tornarono di nuovo a torturarsi tra loro dietro la schiena. Quell'uomo le dava i nervi. Sembrava solo un invasato, non aveva alcuna logica, non sapeva nemmeno perché fosse lì e gli fosse permesso prendere parola.
«Reverendo Nick, faccia silenzio per favore» lo ammonì Zachary. «Sentiamo ora la proposta del corpo di ricerca».
«Sissignore» prese parola Erwin. «Sono Erwin Smith, tredicesimo comandante della legione esplorativa. Esporrò adesso la nostra proposta: noi del corpo di ricerca vorremmo accogliere Eren Jaeger nei nostri ranghi. Utilizzando la sua forza di gigante, puntiamo alla riconquista del Wall Maria. Questo è quanto».
Beatris sussultò e si voltò a guardare Erwin, preoccupata. Non aveva detto niente, non aveva risposto alle accuse della gendarmeria, non aveva nemmeno portato alcuna prova a favore di Eren. Come sperava di ottenere la sua custodia con quelle semplici parole?
«Mh?» mormorò Zachary. «Ha già finito?»
«Sì, Signore. È evidente l'importanza che avrebbe per noi».
«Capisco» mormorò Zachary. «E sentiamo, da dove partireste per mettere in atto un'operazione del genere? Comandante Pixis, le mura di Trost sono ormai sigillate, giusto?»
«Sì, Signore» rispose Pixis. «Lì non è più possibile aprire un passaggio».
«Contiamo di poter partire dal distretto di Karanes, pochi chilometri più ad est, e da lì arrivare a Shiganshina».
«Aspettate un attimo!» esclamò un uomo, nella tribuna dei testimoni. «Perché non sigillare tutte le porte, invece? Il gigante colossale può sfondare le mura solo in quei punti, sono i più deboli della nostra fortezza! Rendendoli definitivamente inviolabili non potrà più tornare ad attaccarci!»
«Sta' zitto, cane dell'associazione dei commercianti!» gridò qualcun altro. «Se sfruttiamo la forza del gigante, potremmo far ritorno al Wall Maria!»
«Noi ne abbiamo abbastanza di finanziare le vostre ridicole spedizioni!» gridò qualcun altro dell'associazione, ma a rispondergli, questa volta, fu Levi stesso: «Sta' zitto, maiale che non sei altro. C'è forse la garanzia che mentre noi ci perdiamo tempo a sigillare le porte i giganti se ne staranno buoni ad aspettare? E quando parli di "noi", vi includi anche quelli che vi permettono di ingrassarvi? I cittadini che per mancanza di terre coltivabili soffrono la fame voi non li vedete neanche, vi preoccupate solo di proteggere i vostri tesori».
«Ma io ho solo detto che rafforzando le porte potremmo essere tutti molto più sicuri!» rispose l'uomo dell'associazione.
«Ma tu non sai neanche quello che stai dicendo!» gli ringhiò contro il Reverendo Nick. «Come possono degli esseri inferiori come noi umani rafforzare delle mura che sono state create da dio stesso?! Come fate a non capire? L'uomo non è in grado di perfezionare qualcosa di origini sovrannaturali come quelle!» e continuò a sbraitare contro l'uomo dell'associazione, convinto delle sue idee, ma a quel punto più nessuno sembrò interessato ad ascoltarli. Tantomeno Beatris.
«Mi da sui nervi» mormorò questa a voce sostenuta, non riuscendo a trattenersi. Fu abbastanza bassa da essere sovrastata dalle urla dei due litiganti, ma non abbastanza da non essere sentita da chi aveva a fianco. Ciò nonostante nessuno dei capitani reagì alla sua frase, non la sostennero, ma non le dissero nemmeno di restare in silenzio. Era evidente che fossero d'accordo, semplicemente preferivano non esprimersi o forse erano in grado di mantenere la calma più di quanto riuscisse lei.
«Adesso basta!» intervenne Zachary, mettendo così ordine nell'aula. E, nel completo silenzio, riprese a parlare e sfogliare i documenti che aveva davanti. «Eren, ho una domanda da porti. Ti sei offerto volontario per entrare nella legione esplorativa. Diventeresti un soldato per contribuire all'avanzata dell'umanità, usufruendo dei tuoi poteri da gigante per farlo. La domanda è: saresti davvero in grado di farlo? Riusciresti a usare le tue capacità per riprenderci il Wall Maria?»
«Sì... Sì, Signore! Posso farlo!» rispose Eren determinato e un piccolo sorriso sbocciò sul volto di Beatris. Quella determinazione lei la comprendeva e la condivideva. Anche se Eren non aveva il controllo di sé da gigante, erano sempre riusciti a cavarsela. Potevano farlo, lei lo sapeva. Dovevano farlo.
«Molto interessante» mormorò Zachary. Alzò uno dei suoi documenti e se lo portò sotto agli occhi, prima di dire: «Ti leggo cosa dice il rapporto dell'ultima operazione: poco dopo esserti trasformato in titano, hai tentato di aggredire prima Beatris Moreau di fronte a te e poi Mikasa Ackerman alle tue spalle, ferendo entrambe» il volto di Eren sbiancò e d'istinto si voltò a guardare prima Beatris poi Mikasa. Mentre quest'ultima lo guardava sempre più preoccupata, la prima invece pareva sorridere.
«Mikasa Ackerman e Beatris Moreau sono qui?» chiese Zachary, guardandosi attorno, e Mikasa rispose prontamente: «Sì, sono Ackerman, Signore».
«Sono io Beatris Moreau, Signore» rispose anche Beatris.
«È la verità? Jaeger ha tentato di aggredirvi?» chiese Zachary e Mikasa si corrucciò in un'espressione contrariata. Sapeva cosa avrebbe implicato confermare quelle accuse, ma sapeva anche che mentire non avrebbe aiutato nessuno. Bloccata in un limbo di incognite, si prese qualche secondo per rispondere, entro i quali Beatris fu invece più schietta e rapida: «Sì, è la verità» alzò il braccio col tutore e lo mostrò alla corte. «Mi sono causata una grave lussazione a causa di quell'attacco».
Eren si voltò a guardarla pallido in volto e con la bocca dischiusa per lo stupore. Neanche ricordava di averlo fatto, era ovvio, se fosse stato cosciente non avrebbe mai alzato contro di loro nemmeno un dito.
«A sua discolpa, Signore» aggiunse Beatris, con un lieve sorriso sarcastico. «Vorrei aggiungere che Eren ha sempre tentato di aggredirmi anche da umano. I nostri rapporti non sono mai stati dei più sereni, era aggressivo nei miei confronti anche da bambino».
Mikasa sussultò, sempre più preoccupata. Come credeva che una cosa simile avesse potuto scagionarlo?! Lo rendeva anzi più pericoloso. «Comunque...» intervenne, cercando di rimediare ai danni che Beatris sembrava stesse per fare. «Prima di quel momento particolare, Eren trasformato in gigante mi ha salvata due volte. La prima mentre ero a un soffio dall'essere catturata da un altro gigante, si è messo in mezzo e mi ha protetto. La seconda, ha salvato me, Beatris e Armin da un colpo di cannone. Credo che dovreste tenerlo in considerazione, nella vostra valutazione».
«Non ne sono così sicuro» rispose Nile. «Nei nostri rapporti non è accennato a niente del genere. Sembra più uno squallido tentativo di difenderlo, una mancanza di obiettività che rendono le sue informazioni ancora meno attendibili. Inoltre sappiamo che Ackerman e Moreau sono legati a Jaeger da un rapporto molto intimo, hanno tutte le ragioni di tentare di scagionarlo con ogni mezzo».
«Come ho già detto» intervenne Beatris, interrompendo Nile, intenzionato ad andare avanti con le sue ragioni. «Io e Eren non abbiamo mai avuto un rapporto pacifico, le aggressioni sono all'ordine del giorno. Ciò che è successo durante l'operazione di Trost non è niente di sconvolgente, per quanto mi riguarda».
«Un'aggressione di quella portata non ha niente a che vedere con una banale lite familiare» rispose Nile. «Moreau ha un legame di parentela certificato con il nostro imputato, Comandante Zachary, è ovvio che voglia cercare di salvarlo».
«Forse è proprio grazie a quel rapporto di parentela che sono l'unica in grado di controllarlo».
«Come?» mormorò Nile e provò ancora ad aprire bocca, pronto a ribattere, ma Beatris fu più veloce: «L'unico legame di sangue che è rimasto a Eren sono io, non esiste al mondo nessun altro che condivida la sua discendenza e il suo sangue. Come ho già detto, i nostri rapporti non sono mai stati troppo pacifici, di questo sono testimoni anche il resto del corpo cadetti e il comandante Keith Shadis che si è occupato del nostro addestramento. Ciò che abbiamo potuto appurare è che una volta trasformato in gigante Eren sembri perdere in parte la ragione, ha attaccato sia me che Mikasa, questo è innegabile. I vostri rapporti raccontano di questo accaduto, ma ciò che vi aggiungerò io è che sono abbastanza certa che si sia trattato solo di un suo tratto istintivo e innato che è emerso senza filtri. Il gigante di Eren si muove come un animale, non ha logica, ma segue solo le proprie pulsioni, e in quel momento la sua pulsione è stata colpirmi perché è ciò che ha sempre fatto anche da umano. Ma oltre che aggredirmi, da umano, non ha mai fatto altro che vivere insieme a me. Siamo cresciuti insieme, contrasti o meno, il suo istinto lo porterà comunque a seguirmi ovunque io vada perché sono l'unica famiglia che gli sia rimasta. Si parla non di logica, ma di impulsi, e anche con i nostri alti e bassi io e Eren non abbiamo mai fatto altro che proseguire le nostre strade insieme. Perciò anche se il primo istinto è stato quello di colpirmi, perché è quello che ha sempre fatto, ha poi seguito il secondo istinto: ascoltare un membro della sua famiglia, aiutarla, seguirla e proteggerla. Il gigante di Eren non ha alcuna intelligenza per comprendere il mondo davanti a sé, si muove seguendo mere pulsioni primordiali. Dunque adesso, comandante Nile, le faccio io una domanda: sarete in grado di controllare Eren, evitare che, privo della logica e colto dalla pazzia di un animale messo in gabbia, possa mietere vittime mentre voi cercherete di studiarlo ed eventualmente abbatterlo?»
E Beatris vide chiaramente una goccia di sudore freddo colare giù dalla tempia del comandante, prima che lui riuscisse a rispondere: «Non abbiamo alcuna certezza che invece tu riesca a farlo. A cosa dovremmo appoggiarci? A una teoria?»
«A delle prove» rispose invece Beatris. «Sono stata io a guidare Eren la prima volta che si è trasformato in gigante, attraverso Trost, per arrivare al quartier generale e proteggerci mentre noi tentavamo il rifornimento di gas nel deposito. E sono stata io a spingerlo a sollevare quel masso e portarlo alla breccia per chiuderla, durante la nostra operazione. Come ho già detto, e come è riportato nei vostri rapporti, Eren è privo di logica e controllo quando è trasformato... perciò che altro motivo avrebbe avuto di eseguire l'ordine se non quello di ascoltare me? Un animale privo di coscienza come avrebbe potuto fare una cosa tanto precisa e intelligente di sua spontanea iniziativa? Eren Jaeger era stato affidato a me dal comandante Pixis, durante l'operazione, e il capitano Ian mi ha lasciato completamente carta bianca dopo la sua aggressione per cercare di riportarlo tra le righe. Ci sono riuscita, questo è quanto scritto nei vostri rapporti. Eren ha portato il masso alla breccia e io ero con lui, a dirgli di farlo. Pensate che Eren sia un mostro, io vi dico che lo è davvero, dunque con che coraggio gli toglierete l'unica museruola che abbia mai avuto?».
«Comandante Zachary» intervenne Erwin. «Beatris Moreau è un membro ufficiale del nostro corpo di ricerca. Si è unita a noi di sua iniziativa e le sue conoscenze in merito alle condizioni di gigante di Eren ci sono state utili per degli importanti studi in merito alla natura dei giganti, al momento è impegnata in alcune ricerche sul campo insieme al capitano Hanji Zoe. Consegnare Eren Jaeger al corpo di gendarmeria significherebbe separarli e lasciare Eren privo di una guida».
«Non c'è alcuna garanzia che tu possa riuscirci ancora!» ringhiò qualcuno, un membro della gendarmeria di secondo rango.
«Può essere stato solo un caso fortuito!»
«O magari quella ragazza condivide il suo potere! Hanno lo stesso sangue, magari anche dentro di lei è nascosto il potere di gigante!»
«Può trasformarsi anche lei! È un pericolo»
«Dovremmo eliminare entrambi!»
E le accuse continuarono a volare addosso a Beatris come pomodori contro un terribile attore di teatro durante un flop. Ma lei restò impassibile ad ascoltarli, ferma nella sua posizione. Non era niente che non si fosse aspettata, ma anzi sembrava stesse andando esattamente come sperato. Doveva solo sperare che Eren non facesse stupidate...
«Giusto! Dovremmo uccidere anche la ragazza! Nel suo sangue potrebbe esserci il potere del gigante!»
«Assolutamente no!» gridò Eren, improvvisamente animato. «Sono io il mostro qui dentro, lei non c'entra assolutamente niente!»
Un lieve sorriso incrinò la maschera di bronzo sul volto di Beatris, ma riuscì a non intaccare troppo la sua espressione fiera e decisa. Era esattamente come il giorno della credenza, o di quando suo zio Grisha li sgridò per aver provato a entrare nella sua cantina. Beatris tirava il sasso e Eren era pronto a mettersi davanti a lei, per difenderla persino da se stessa. Aveva giocato le sue carte appoggiata alla speranza che l'istinto di protezione di Eren avesse la meglio sul suo senso del dovere, era stata la sua avventatezza, ma era esattamente ciò che si era aspettata. Gli uomini che avevano attorno non avrebbero ascoltato alcuna ragione logica, erano mossi dalla paura, sapeva che semplici parole non avrebbero potuto convincerli, era già accaduto con Woermann sotto le mura. Perciò, per dimostrare la sua teoria di un Eren folle, ma attaccato a lei, non aveva dovuto fare altro che trovare il modo di farglielo vedere... facendosi trascinare a fondo insieme a lui.
«E come fai a dirlo?!» urlò qualcuno, in risposta all'affermazione di Eren. «Se è qualcosa che hai nel sangue allora ce l'ha sicuramente anche lei! Anche lei è un pericolo!»
«Vi dico di no! Beatris è sempre stata debole, non ha mai combinato niente di buono, si è quasi fatta ammazzare centinaia di volte, è solo un'idiota che cerca di fare l'eroe ma non sa fare proprio un bel niente senza aiuto, come potete credere che una così miserabile possa essere un pericolo?!»
E il sorriso di Beatris si tirò lievemente di più. Quel suo atteggiamento, anche se pericoloso, non faceva che portare altre prove a suo favore. Il loro rapporto era esattamente quello descritto: Eren la stava insultando davanti a tutti, dopo che lei gli aveva apertamente dato del mostro, dell'animale stupido. Quel disprezzo reciproco non faceva che dimostrare che effettivamente il loro istinto era di "colpirsi" a vicenda, le stava praticamente dando ragione, così come era ormai evidente il suo istinto di proteggerla e restarle comunque legato.
«Stai ovviamente cercando solo di difenderla!»
«Cerca di proteggere il loro segreto!»
«Sono ovviamente complici!»
Insisterono ed Eren perse completamente la testa, urlando: «Chiudete il becco!»
Si agitò sul posto, fece come per scattare in avanti, e il clangore del metallo delle sue catene contro il palo che lo teneva fermo a terra fece tremare tutti i presenti. Stava perdendo il controllo, e per questo li terrorizzava.
«Eren» intervenne Beatris. «Stai facendo una sceneggiata. Ti avevo detto di non fare niente di stupido».
«E tu credi di migliorare la situazione con queste stronzate?! Gli hai messo in testa che sei come me, stupida! Non fai altro che fare danni, come al solito!»
«Eren!» lo richiamò Beatris, ma lui urlò ancora: «Stai zitta! Tutte queste chiacchiere mi hanno stancato! Voi non sapete nemmeno che aspetto abbia un gigante, di che cosa avete paura?» si rivolse direttamente al resto della corte, che fino a quel momento non aveva fatto altro che accusarlo. «Non lo capite? Non capite che non vinceremo mai se non lasciate che siano i forti a combattere al vostro posto? Se siete così spaventati dai giganti, perché non mettete me allora a combatterli al posto vostro? Razza di smidollati... puntate tutto su di me, senza fare storie!»
«Pronto a sparare!» urlò Nile a un subordinato, al suo fianco, ormai troppo terrorizzato per lasciarlo parlare ancora. Eren era davvero aggressivo come era emerso, non sapevano in che modo sapeva trasformarsi, ma era un pericolo. Ormai ne erano sicuri. E dovevano liberarsene prima che perdesse il controllo.
Ma troppo concentrati sul tenere d'occhio Eren, non si accorsero di Levi che aveva invece scavalcato le tribune e aveva raggiunto il ragazzo al centro della sala. Non diede tempo al gendarmo nemmeno di puntargli contro la canna del fucile, che gli tirò un calcio in piena faccia con tale forza da fargli saltare un dente. Eren strabuzzò gli occhi e si voltò a guardare Levi, davanti a lui, terrorizzato. E il capitano ricambiò con un altro calcio, in pieno stomaco. Lo afferrò per i capelli e gli diede una ginocchiata in viso. Lo atterrò e continuò a colpirlo, ripetutamente, senza trattenersi. Il volto di Eren, ormai, era completamente ricoperto di sangue e lividi quando lui lo tenne premuto a terra, schiacciato dal suo stivale.
«Non sono un esperto, ma ho sempre pensato che il dolore fosse la via migliore per arrivare alla disciplina» disse Levi. «Quello che ti serve adesso non è una guida o delle chiacchiere da parte di una mocciosa, ma un addestramento. E questa è l'altezza giusta per essere preso a calci».
E ricominciò, implacabile, a colpirlo fino a schizzare sangue sul pavimento.
«Un attimo... Levi» mormorò Nile, pallido in volto.
«Cosa c'è?» chiese lui, fermandosi.
«È troppo pericoloso. Potrebbe trasformarsi» balbettò Nile.
«Ma che stai dicendo?» chiese Levi e prese Eren per i capelli, sollevandogli il volto livido e mostrandolo alla corte. «Non volevate forse vivisezionarlo? A quanto risulta, prima che Eren perdesse completamente le forze era riuscito da solo a sterminare più di venti giganti. Se vorrete affrontarlo senza l'aiuto della mocciosa, o cercando di uccidere anche lei, dovete comunque tenerlo presente: sarete davvero in grado di ucciderlo? Per me non sarebbe un problema farlo fuori nemmeno in quelle condizioni, e per voi?»
Erwin alzò in quel momento una mano e chiese parola: «Ho una proposta, comandante Zachary».
«Di cosa si tratta?» gli concesse Zachary, che tra tutti sembrava in realtà quello meno impressionato.
«Abbiamo prove a favore delle teorie di Moreau, le esperienze passate ci hanno mostrato che lei sia veramente in grado di controllarlo, ma è qualcosa di cui dobbiamo ancora accertarci totalmente. Non possiamo affidarci a poche esperienze, sicuramente allo stato attuale è la via preferibile ma Eren Jaeger resta un pericolo, con le conoscenze attuali. Perciò io propongo che venga messo in custodia al capitano Levi come precauzione di sicurezza. Nel caso la nostra prima opzione, quella di Moreau, non funzionasse e Eren si rivelasse una minaccia, lui avrebbe le capacità richieste per gestire la situazione».
«Mh...» mormorò Zachary, prima di voltarsi a guardare Levi. «Puoi farlo, Levi?»
«Se si tratta solo di doverlo ammazzare, allora non c'è alcun dubbio».
«Aspetta, Erwin!» intervenne ancora Nile. «Come credi che questo possa risolvere i disordini interni? Tra la popolazione si sta aprendo una faida tra chi lo teme e chi lo considera un eroe, come dovremmo gestire tutto questo? In che modo potremmo placare le ritorsioni?»
«Sono perfettamente consapevole di ciò che questo comporterà ed è per questo che avanzo una proposta: porteremo Eren nella nostra prossima spedizione con l'obiettivo di dimostrare pubblicamente la sua validità. Affideremo a Moreau la sua riuscita e a Levi la sua sicurezza. In base all'esito della nostra missione, allora prenderete le vostre opportune decisioni».
«Mh» mormorò ancora Zachary, pensieroso. «Sei sicura di poterti assumere questa responsabilità, Moreau? Sei ancora solo una cadetta, si tratta di un grosso onere».
«Assolutamente» rispose Beatris, decisa. «Eren è sotto la mia piena responsabilità».
«Molto bene» decretò Zachary e raddrizzò la schiena. «Ho preso la mia decisione: Eren Jaeger sarà assegnato al corpo di ricerca. A seconda del risultato della vostra prossima spedizione, richiamerò l'imputato a giudizio. La mia decisione definitiva è rimandata ad allora».
E senza trattenersi troppo, Beatris finalmente poté lasciar andare tutta la tensione con un grosso e rilassato sospiro. Erwin era riuscito realmente a sistemare la situazione, nonostante tutto. Gliene fu eternamente grata.

Eren uscì dal tribunale accompagnato dalle stesse guardie che l'avevano portato lì dentro poco prima e solo allora venne ufficialmente lasciato nelle mani del corpo di ricerca. Erwin lo prese in carico personalmente, affiancato da Levi, e cominciò a condurlo verso l'ala della sede militare concessa al loro corpo militare, dove gli avrebbero affidato una stanza, ma non prima di averlo rimesso a nuovo. I colpi di Levi avevano decisamente lasciato il segno, uno zigomo era gonfio e sanguinante, aveva perso un dente, era ricoperto di lividi, aveva decisamente bisogno di essere curato. Avevano da poco lasciato i gendarmi ed erano entrati nell'ala del corpo di ricerca, quando infine intercettarono anche Hanji seguita da Beatris. Si erano allontanate dopo l'udienza per discutere di alcune faccende, mentre Zachary ufficializzava il rilascio momentaneo di Eren. Quella era finalmente la prima occasione che avevano di potersi nuovamente re-incontrare, dopo tutto quello che era successo.
Beatris spalancò gli occhi non appena vide Eren libero dalle manette, in compagnia dei due ufficiali del corpo di ricerca, e tremò visibilmente dall'emozione. Gli occhi quasi lucidi, il sorriso le si allargò, era ovviamente felice e finalmente sollevata di vederlo tutto intero. La paura l'aveva strozzata fino a quel momento, anche se era stata brava a nasconderlo e mostrarsi sicura, per amore della riuscita del loro piano.
«Eren!» gridò, vedendolo, e gli corse incontro a una velocità decisamente troppo sostenuta. Eren restò immobile, a guardarla, aspettando che gli saltasse al collo per salutarlo o forse chiedendosi se Levi le avrebbe permesso di avvicinarsi a lui, visto che lo accompagnava come un cane da guardia senza togliergli per un istante gli occhi di dosso. Comunque, non aveva le forze di muoversi e non si sarebbe opposto a nessun tipo di abbraccio stritolatore. Ma non appena Beatris fu a un passo da lui, Levi si fece improvvisamente da parte, lasciandole spazio, e lei lo colpì in pieno volto con un pugno tanto potente da riuscire persino a destabilizzarlo e farlo cadere a terra.
Sconvolto, Eren si portò istintivamente una mano alla guancia dolorante e ringhiò contro Beatris un feroce: «Ma sei impazzita?!»
Beatris lanciò un urlo dolorante e sventolò per aria la mano con cui l'aveva appena colpito: era stata tanto feroce che si era persino fatta male da sola. «Che cazzo di male!» urlò con le lacrime agli occhi. Levi passò in mezzo a loro e li superò, mettendosi di fianco ad Erwin.
«Le avevo promesso che le avrei lasciato qualcosa di intatto da rompere personalmente» comunicò lanciando uno sguardo ad Eren. Poi si voltò verso Beatris: «Non è stato un granché quel pugno, non gli hai neanche aperto lo zigomo».
«Cosa?!» sussultò Eren, sconvolto.
«Avresti dovuto puntare al naso» insisté Levi, guardando Beatris che continuava a piagnucolare per la mano dolorante.
«Non era girato a favore e dovevo prenderlo di sorpresa, altrimenti si sarebbe ribellato» si giustificò Beatris.
«Ehy... ma cosa...?» balbettò Eren, confuso.
«Non lamentarti, imbecille!» gli ruggì contro Beatris. «È il minimo, dopo che mi hai spaccato una mano!»
«Eh?» sibilò ancora Eren. Per quanto cominciasse a capire, era ancora tutto troppo confuso. Era appena uscito da una terribile situazione, aveva rischiato di essere giustiziato, si era salvato per il rotto della cuffia ed era stato preso a calci da Levi in persona... e il primo pensiero di Beatris era stato vendicarsi di quella mano, quando lei stessa sapeva che non l'aveva fatto nemmeno di proposito. E come se non fosse stato già tutto abbastanza surreale, Levi sembrava non solo essere stato d'accordo con lei ma averla persino incoraggiata. Cos'era? Un sacco da boxe?
Beatris sospirò e, apparentemente più calma, gli si avvicinò con un sorriso. Gli allungò una mano, per aiutarlo ad alzarsi. «Andiamo, vediamo di rimettere a posto un po' quella schifosa faccia che ti ritrovi».
Ma Eren abbassò lo sguardo, avvilito, e non accettò il suo aiuto, restando lì dov'era.
«Bea...» mormorò. «Ho davvero provato a uccidere te e Mikasa?»
«Sì, l'hai fatto» confermò lei, senza troppi fronzoli.
«Io... non riesco nemmeno a ricordarlo».
«Perché credi che mi sia impegnata tanto per riuscire a convincere quegli imbecilli lì dentro a lasciarti nelle mie mani? È ovvio che non lo ricordi, non eri in te».
Eren spalancò improvvisamente gli occhi e alzò lo sguardo su Beatris, esclamando: «Però mi ricordo di aver preso il masso e di aver chiuso la breccia! E mi ricordo di te che eri appesa alla mia schiena e mi urlavi di andare avanti!»
«Davvero?» mormorò Beatris, altrettanto sorpresa. Era davvero stata convinta che Eren si fosse mosso per inerzia, smosso dalle sue parole. Era davvero convinta che Eren non riuscisse a controllarsi e si fosse mosso solo per istinto, invece se lo ricordava voleva dire che almeno in quel momento aveva avuto consapevolezza. Forse... forse c'era modo di evitare che perdesse la ragione quando si trasformava?
«Bea...» mormorò Eren, sempre più emozionato. «Io... ricordo il disegno. Quello con il naso di elefante».
E Beatris spalancò gli occhi, sconcertata. Tanto sorpresa, che la mano che gli aveva allungato tornò a stendersi lungo il fianco, come se non avesse più avuto la forza di restare appesa lì. «Eren... tu mi hai sentita?»
«Io penso che sia ancora lì» le disse, improvvisamente determinato. «È ancora in quel cassetto a casa mia. Bea, andiamo a riprenderlo. Andiamo insieme a Shiganshina, a riprendere quel disegno».
E l'espressione emozionata di Beatris si trasformò lentamente, in una quasi disperata. Tornare a casa, tornare a Shiganshina, stava scoprendo in quel momento che era qualcosa che voleva fare a tutti i costi. Non ci aveva mai neppure pensato, le era sembrato impossibile e inconcepibile, ma ora potevano farlo. Potevano tornare a casa. Insieme.
«Sì!» disse e gli allungò di nuovo la mano, che questa volta Eren accettò di buon grado. «Andiamo insieme a riprendere quel disegno» gli disse Beatris, tirandolo per aiutarlo a rialzarsi. E mano nella mano, si scambiarono un lungo sguardo colmo di determinazione.
«Ohy!» li richiamò Levi, già voltato per riprendere a camminare. «Andiamo, prima che ti faccia infezione il lezzo delle mie scarpe sulle tue ferite. Ricoperto di pus non saresti affatto un bello spettacolo».
«Sì!» esclamò Eren e si incamminò alle spalle dei tre ufficiali, di fianco a Beatris.
«Sei stata stupida, comunque. Hai rischiato veramente tanto, prima in aula, ti hanno quasi accusata di essere un gigante come me» le disse e lei ridacchiò, divertita: «Era esattamente quello che volevo».
«Cosa?!» sussultò Eren.
«Eren, te l'avevo detto, no? Non avresti dovuto fare stupidaggini».
«Invece credo di averle fatte...» mormorò, scosso da qualche senso di colpa. Le cose erano andate bene, alla fine, ma era stato un puro colpo di fortuna.
«No, invece! La stupidaggine sarebbe stata comportarti diversamente dal solito solo perché intimorito dalle alte cariche che erano lì presenti. Invece sei stato perfetto, Eren».
«Ma che dici?»
«È stato azzardato» ridacchiò Beatris. «Ma alla fine la fortuna mi ha sorriso di nuovo».
«L'avevi... previsto?!» sgranò gli occhi Eren.
«Scemo-Eren si comporterà esattamente da Scemo-Eren» si intromise Hanji, che fino a quel momento era stata in silenzio ad ascoltarli. «È così che ha detto» ridacchiò divertita. «Era un'idea tanto folle che è piaciuta ad Erwin e l'ha sistemata per riuscire a farla funzionare. Mi piace come ragiona questa ragazzaccia!» rise e piantò una mano sulla testa di Beatris, tanto forte da spingerla un po' verso il basso, ma non fece altro poi che scompigliarle i capelli con fare quasi affettuoso.
«Immaginavo che ti sarebbe stata utile, Hanji» disse Erwin, pochi passi avanti a loro. Arrivarono di fronte a una porta e lui l'aprì per permettere all'intero gruppo di entrare. Beatris rise divertita dal trattamento della caposquadra e si lasciò torturare volentieri per qualche secondo, prima di liberarsi e tornare a guardare Eren.
«Siediti, comincio a darti una sistemata» disse Hanji, spingendo il ragazzo verso un divanetto.
«Il principio» cominciò a spiegare Beatris, sedendosi su una sedia di fronte a lui. «Era che dovevamo convincere la commissione che dovevi per forza restare vicino a me e poi dovevi spaventarli per dissuaderli dal tenerti troppo in mezzo a loro. Avevamo i rapporti di Trost dalla nostra parte, ovunque era riportato che io fossi stata in grado di guidarti prima al quartier generale e poi alla breccia, anche se la prima volta in realtà è stata un'idea di Armin, me ne sono presa un po' il merito per riuscire a dare questa assurda idea della domatrice. Ci siamo appoggiati molto all'idea di Pixis, del fatto che io dovessi essere responsabile. Il mio discorso a Woermann, sul fatto che io fossi a conoscenza del tuo segreto, era un buon incipit. Abbiamo calcato un po' la mano su questo aspetto, ma semplicemente raccontarlo a parole non sarebbe servito. Se avessero reagito come aveva reagito Woermann non avrebbero ascoltato ragioni, la paura li rende ciechi e io non sono brava come Armin a fare bei discorsi convincenti. Perciò ho pensato semplicemente di mostrarglielo... mostrare quanto tu fossi selvaggio e quanto fossi attaccato a me. Mi sono ricordata di tutte le volte che hai preso le mie difese, so bene quanto ti piaccia fare l'eroe e ho puntato tutto su quello. Ho ribadito quanto tu fossi un animale selvaggio e ho insistito sul fatto che io fossi l'unica in grado di domarti, sottolineando che la cosa funzionava perché eri mio parente».
«Era... già tutto deciso?» mormorò Eren, mentre Hanji cominciava a medicargli le ferite.
«Beh, quasi tutto...» arrosì. «Mi sono presa un po' di libertà».
«Beatris riesce a ricavare il meglio dalle situazioni di pericolo» spiegò Erwin, seduto poco distante. «La sua arma vincente non è la strategia, ma l'improvvisazione. Le ho solo detto cosa avrebbe dovuto fare, il resto l'ho lasciato a lei. Il momento per intervenire e il discorso è stato tutto frutto della sua iniziativa. Il mio supporto è servito solo a non farla perdere per strada».
«Mi sono lasciata andare un po'» ridacchiò nervosa. «Ma il comandante Erwin mi aveva detto di inventare qualcosa e di non preoccuparmi, che avrebbe trovato il modo di coprirmi le spalle se avessi fatto qualche stupidata. Quando il comandante Nile ha accennato al nostro rapporto di parentela ho pensato di usarlo a mio vantaggio, è per questo che ho tirato fuori la storia del sangue in comune. Loro non sanno dell'iniezione che ti fece tuo padre, non sanno come ti trasformi in gigante, ho... provato a provocarli. Insistendo sul fatto che fossimo parenti hanno iniziato a sospettare che io fossi come te, hanno iniziato ad aver paura anche di me, ed è lì che tu non avresti dovuto fare la stupidaggine di far sbocciare proprio nel momento sbagliato il tuo animo da soldato e dimenticare di essere solo uno Scemo-Eren! Tu dovevi difendermi e perdere il controllo, così li avresti terrorizzati un po' e questo li avrebbe convinti a lasciarti nelle mie mani perché ero l'unica in grado di domarti. Serviva a sottolineare il fatto che dovessimo restare insieme e non potessero separarci».
«Stava funzionando, fino a un certo punto. Hai fatto una grossa stronzata» la rimproverò Levi e Beatris sospirò: «Continuo a sottovalutare la tua stupidità, Eren».
«Che stai dicendo?!» si irritò Eren e la fulminò.
«La mia idea era che io riuscissi a parlarti e convincerti a calmarti, così avrei dimostrato che potevo domarti» spiegò Beatris. «Ma non mi hai nemmeno fatto parlare, brutto idiota!» gli ruggì contro e si sporse in avanti sulla sedia, con fare minaccioso: «Tutte le volte che penso che le cose vadano liscio con te, puntualmente rovini tutto! Come quel masso! Non appena ho abbassato la guardia, convinta che non mi avresti fatto niente visto che la prima volta sembrava che non ti interessassero gli umani, tu mi hai quasi uccisa! Sei un vero deficiente!»
«Io non posso sapere cosa ti passa per la testa! E sei tu la cretina che si è messa davanti a me senza precauzioni, non sapevamo niente delle mie trasformazioni! Sei troppo spericolata!» gli ringhiò contro Eren e nell'agitarsi, furioso, finì col beccarsi accidentalmente un pezzo di cotone nell'occhio da parti di Hanji. Si corrucciò e si portò una mano a coprirsi l'occhio colpito, senza però lamentarsi.
«Sta' fermo, almeno mentre ti curo il graffio vicino all'occhio!» lo rimproverò Hanji.
«Sta' fermo, idiota!» gli urlò contro, di rimando, Beatris. E d'istinto prese una tazza da sopra il tavolino accanto e glielo lanciò contro, riuscendo con una mira assurda a beccarlo dritto in testa. Eren lanciò un altro urlo dolorante e si toccò la fronte colpita.
«Insomma, voi due! Siete peggio di due bambini!» li rimproverò Hanji. «Adesso smettetela e fatemi finire».
«Se tu mi avessi ascoltato, almeno per questa cazzo di volta, non ti saresti preso tutti quei calci!» lo rimproverò Beatris e incrociò le braccia al petto. «L'intervento del capitano Levi era una delle strategie del comandante Erwin per cercare di coprirmi le spalle. Ne avevamo già parlato, mi aveva anticipato che se fosse stato necessario ci avrebbe pensato lui a tapparti la bocca, ma io gli avevo garantito che sarei riuscita a domarti».
«Smetti di usare quella parola, mi fai sembrare un animale da circo!»
«Lo sei! Imbecille! Mi hai fatto fare la figura dell'idiota!»
«Mi state stancando» mormorò Levi, con voce bassa ma assurdamente terrificante. «Smettetela subito di litigare come due mocciosi del cazzo, o vi faccio stare zitti io».
Entrambi sentirono un brivido di freddo corrergli lungo la colonna vertebrale e si irrigidirono improvvisamente terrorizzati.
«M-Mi dispiace» balbettarono entrambi, con lo sguardo basso e il volto rosso di vergogna. E il silenzio calò improvvisamente. Un silenzio che fu rotto solo pochi secondi dopo, da un leggero ridacchiare di Erwin stesso. Fu inaspettato, li sorprese non solo per il momento ma soprattutto perché era difficile vedere Erwin perdere la sua maschera di serietà. Non diede alcun tipo di spiegazione, ma si limitò a ridacchiare per quei pochi secondi e poi spostare lo sguardo alla finestra fuori.
Non seppero mai perché stesse ridendo e a cosa stesse pensando, e non poterono nemmeno immaginarlo, non avendo partecipato anche loro alla chiacchierata che aveva avuto con Pixis qualche giorno prima, quando gli aveva parlato di Beatris la prima volta. Glielo aveva detto, glielo aveva accennato che sarebbe stata una bella gatta da pelare, gli aveva detto che avrebbe avuto bisogno forse di un guinzaglio e una museruola per riuscire a controllare quella ragazza, ma solo vederla all'opera gli aveva fatto realmente capire cosa avesse voluto dirgli. Non c'erano convenzioni o regole che potessero tenerla ferma, quella ragazza era una bomba vagante. Avrebbe dato a quella squadra una bella spolverata di pepe, e sarebbe stato davvero divertente vedere in che modo Levi sarebbe riuscito a gestirla. Era proprio curioso di vederla, in che modo avrebbe contribuito alla loro avanzata con quel suo modo di fare spericolato e folle.
Avrebbe solo dovuto ricordarsi, poi, di tornare da Pixis e raccontargliele di fronte a un bicchiere di liquore.

Nda.Hello from the other noooooote :P come state? Tutto bene? Anche queste note saranno brevi e poco di approfondimento, il capitolo mi piace ma non succedono molte cose avvincenti e sconvolgenti che meritano un commento. Però adoro l'ardore di Beatris, il suo modo di fare e soprattutto il legame che ha con Eren. L'ho voluta rendere fondamentale per la scena del tribunale, un tassello importante, perché è ciò che sarà... lei e Eren sono profondamente legati, i loro destini praticamente intrecciati, e quella promessa ("Riuscirò a domarlo, Eren è sotto la mia piena responsabilità") non sarà solo una promessa. Ma non vi anticipo altro :PVi lascio la canzone di oggi, dedicata tutta a Beatris e alla sua indole "vulcanica" e soprattutto alla sua ritrovata forza e determinazione (che ricopre il suo dolore e le sue preoccupazioni come un'armatura, nascondendole al mondo con un falso sorriso).

I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no KyojinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora