L'orda di giganti portati fin lì da Erwin gli fu addosso in un attimo. E Reiner, ormai, non poté fare più niente per sfuggirgli. Provò a voltarsi e scappare via, ma venne subito afferrato dai primi e trattenuto.
«Bea! Vieni via di lì!» le gridò Jean, preoccupato e pronto ad allontanarsi. Beatris aveva preferito tenere impegnato Reiner fino all'ultimo istante, impedirgli di reagire e venir così preso di sorpresa, ma questo le era costato molto. Nel fiume di giganti che cercavano di prendere lui, finì col restarci coinvolta. Cercò di scappare, ondeggiando dal gomito di Reiner, dandosi lo slancio per riuscire a uscire dal mucchio ma proprio in quel momento Reiner lasciò libero Bertholdt e mosse il braccio indietro, tirandola via, per riportarla indietro. Il contraccolpo non la lasciò indenne, sentì una fitta partirle dall'osso sacro e arrivare fino alla nuca, ma riuscì comunque a resistere. Avrebbe solo avuto mal di schiena per i prossimi giorni, probabilmente. Non riuscì comunque a comprendere il gesto di Reiner, non immediatamente, ma la risposta arrivò un istante dopo. Un gigante le volò davanti e chiuse i denti proprio nel punto in cui si sarebbe dovuta ritrovare lei, se Reiner non l'avesse tirata indietro per tempo. Un altro gigante abbandonò la preda più grossa, lasciò perdere Reiner e si lanciò su Beatris, ancora scoperta, ancora in volo. Lei sbiancò, improvvisamente terrorizzata. Era al centro del ciclone, ovunque provasse a voltarsi c'erano giganti che la puntavano e tentavano di prenderla. E in campo aperto, non aveva appigli per riuscire a scivolare via, se non Reiner stesso che ora era completamente assediato. Due giganti piccoli cercavano di mordergli le gambe, altri due lo avevano preso per le spalle, uno si arrampicava sul suo petto, un altro ancora cercava di mordergli e strappargli la testa. Ymir, in piena battaglia, colpiva e mordeva disperata nel tentativo di proteggere Christa che ancora restava aggrappata ai suoi capelli. Bertholdt, sulla clavicola di Reiner, cercò di arrampicarsi sulla sua corazza, arrivare alla spalla per sfuggire alla presa di un altro gigante. E Beatris non riuscì a togliere gli occhi di dosso a quello che adesso aveva la mano quasi pronta a stringerla su di lei. Non c'erano vie d'uscita. L'avrebbe presa.
Ma il suo rampino era ancora infilato nel gomito di Reiner, i suoi cavi ancora tesi alle sue spalle. Reiner l'afferrò con la mano ora libera e diede alla ragazza un altro strattone, lanciandola verso l'alto. Riuscì a salvarla di nuovo, facendole fare un paio di piroette a una quota decisamente troppo elevata, e la sentì urlare ormai in preda al panico. Si sporse in avanti, cercò di liberarsi dalla presa dei suoi assalitori, e riuscì a raggiungere il gigante che per poco non aveva preso Beatris. Gli tirò un pugno in pieno viso, con tale potenza da sradicarglielo via e lanciarlo a terra. Si mosse, provò a liberarsi, sfruttando adesso le mani libere. E Beatris lo sentì ruggire, carico di tensione e frustrazione. Arrivò alla quota più alta, da dove poi avrebbe cominciato la discesa, e Reiner alzò lo sguardo di nuovo a lei. Alzò un braccio, tentò di saltare per riuscire a prenderla ed evitare che cadesse a terra. Ma fu in quel momento che Beatris, roteando per aria, riuscì a vedere oltre il braccio teso di Reiner che puntava a lei, sulla sua spalla, Bertholdt con Eren ancora legato sulle spalle. Era libero. Ora poteva raggiungerlo. Si irrigidì di colpo e sparò i propri arpioni, dritta ai piedi di Bertholdt. Diede gas, decisamente troppo, ma riuscì così a darsi lo slancio necessario per passare tra le dita di Reiner poco prima che questo chiudesse la mano per tentare di prenderla. Volò rapida, percorrendo l'intero braccio di Reiner, puntando dritto alla sua spalla. Dritta a Bertholdt. E strinse le proprie lame tra le dita, pronta a colpire.
Bertholdt urlò spaventato nel vederla arrivare nella sua direzione, provò a schiacciarsi contro il collo di Reiner e arrancò. Ma lei era troppo veloce. Con l'altra mano Reiner tentò di intercettarla, ma venne bloccato dalla presa di uno dei giganti che stavano provando inutilmente a mangiarlo. Urlò rabbioso e il suo urlo si unì a quello di Beatris, nell'istante in cui lei riuscì a raggiungere Bertholdt. Tagliò l'aria a metà, in un fendente ben deciso e assestato. Bertholdt fu rapido di riflessi e riuscì a parare il suo colpo con le proprie lame, ma lo slancio di Beatris fu troppo forte per restare in piedi. Barcollò e cadde all'indietro.
«Aspetta! Beatris!» le disse, alzando una mano verso di lei, vedendola pronta a tornare all'attacco. Alla loro sinistra, alle spalle di Reiner, un altro gigante provò ad allungarsi a fauci aperte, per tentare di mangiare almeno uno di loro. Ma la mano di Reiner, l'unica libera, tornò indietro e si frappose tra loro. Si strinse sul suo collo, spingendo Beatris al suo interno, e chiuse almeno parzialmente sia lei che Bertholdt tra il proprio collo e le dita. Urlò ancora, si dimenò cercando di liberarsi dalla presa dei suoi assalitori, ma non spostò quella mano per nessun motivo, intenzionato a proteggerli in qualunque modo avrebbe potuto. Beatris, ora in ginocchio, mise un piede sulla spalla di Reiner e tentò di rialzarsi, impugnando nuovamente le proprie armi e puntando a Bertholdt.
«Aspetta!» le disse questo, alzando una mano verso di lei. «Puoi venire con noi! Non dobbiamo per forza combatterci! La ricordo quella nostra chiacchierata, la ricordo bene, tu avevi detto che avresti seguito Reiner a qualunque costo... puoi farlo. Possiamo lavorare insieme, andarcene insieme» e Beatris esitò. Improvvisamente immobile, ascoltò le parole di Bertholdt che sembrarono aver fatto centro. «Tu... avevi detto che eri dalla nostra parte, me lo ricordo. Avevi detto che avresti combattuto con noi, che mai e poi mai avresti accettato di perderlo» insisté Bertholdt, notando il suo sguardo improvvisamente turbato. Stava avendo effetto, avrebbe potuto convincerla. Lo sapeva. «Lo ricordi anche tu, Beatris? Ti dissi che ero certo che alla fine di tutto questo Reiner avrebbe fatto il possibile per salvarti. Guardalo. Ci troviamo in questa situazione proprio perché lui si è ostinato a proteggerti, siamo circondati dai giganti perché lui non voleva farti del male. E anche ora sta provando a proteggere entrambi, mentre lotta per liberarsi. Lo sai anche tu, no? Noi cerchiamo solo di fare la cosa giusta...»
«Bertholdt» chiamò Beatris, con voce improvvisamente roca. «Quel giorno tu non hai risposto a una mia domanda. Fallo adesso. Dimmi... perché avete distrutto Shiganshina?»
«Noi...» mormorò Bertholdt. «Dovevamo infiltrarci nelle mura e portare a termine la nostra missione».
«E qual è la vostra missione?»
E Bertholdt non rispose, non sapendo cosa e come dirglielo. Erano dettagli che non avevano il permesso di diffondere, avrebbero compromesso la riuscita della loro missione.
Beatris si alzò in piedi e guardò Bertholdt, ancora seduto a terra, dall'alto al basso.
«Non sai cosa rispondere?» gli chiese, guardandolo freddamente. «Se vuoi posso rispondere io per te. Tornare a Marley, portare via il Gigante Fondatore, salvare il mondo, distruggere le persone all'interno delle mura perché le consideravate dei demoni... scegli quella che più ti piace».
«Come fai a sapere tutte queste cose?» sibilò Bertholdt.
«Informazioni che ho estrapolato dalla mia pedina... o... come mi ha chiamata? Marionetta. Bastava fargli gli occhi dolci e cadeva come uno stupido bambino» disse Beatris, ripetendo le stesse orribili parole che Reiner le aveva detto su quel muro. C'era dell'aggressività in queste, ma fu latente, nascoste sotto a un velo di ghiaccio.
«Lui... lo sai anche tu, stava solo cercando di...»
«Lo so!» lo interruppe bruscamente. Reiner aveva solo cercato di proteggerla. Lo sapeva bene. «Questa è stata la sua scelta. Ha deciso infine che eravamo nemici. Io ero disposta a perdonarvi, ero disposta ad aiutarvi, ma questa è stata la vostra risposta. Avevi ragione, combattere con e contro di voi non avrebbe portato da nessuna parte. Dovevo prendere una posizione, e il momento di farlo è arrivato. Io non ci sono riuscita, perciò lui ha scelto anche per me. Me lo hai detto tu, Bertholdt, Reiner cerca sempre di fare la cosa che ritiene più giusta. E tu mi hai chiesto di fidarmi. Beh... l'ho fatto. Anche adesso. Mi fido del suo giudizio e se crede che essere nemici sia la cosa più giusta da fare, adesso, allora non esiterò a seguirlo anche in questo. Mi avete messa voi in questa posizione, mi ha messa lui in questa posizione. E io continuerò a fidarmi... vi combatterò, anche a costo di uccidervi, perché è questo che ha scelto Reiner. Questa è davvero la cosa più giusta da fare...» e strinse l'impugnatura delle sue lame con fermezza, pronta a usarle. «Perciò adesso consegnatemi Eren, senza fare ulteriore opposizione. In questo modo riuscirò a salvare quante più persone possibili, compresi voi. Se vi rifiuterete, allora sarò costretta a uccidervi. Sacrificarne due, per salvarne centinaia... direi che è un prezzo che posso pagare. Le mie mani sono già sporche di sangue, lo sai che non mi periterò a farlo di nuovo».
«Non posso cedertelo, Beatris, lo sai» mugolò Bertholdt.
«Vuoi combattermi? Vuoi provare a uccidermi? Perché non l'hai già fatto? Perché stai esitando e stai provando a convincermi, invece che combattermi. Sono più debole di te, sai anche tu che potresti farmi fuori senza troppi problemi. Perché non ti muovi?» gli chiese, ma sapeva che non era una vera domanda. Lei la risposta già ce l'aveva. E non esitò a tirarla fuori per lui, come se non temesse le conseguenze: «Forse perché è stato lui a chiedervi di non farlo, vero? Avete sempre avuto l'ordine di impedirmi di intervenire, ma senza ferirmi, non è così?»
«Stai sfruttando l'amore che Reiner prova per te a tuo vantaggio?» quasi le ringhiò contro, furioso e frustrato. Aveva le mani legate, non sapeva in che modo risolvere la questione. Doveva fermare Beatris, ma come avrebbe potuto farlo se Reiner era stato sempre risoluto su quello? Non dovevano farle del male, non dovevano ferirla.
«Bertholdt» mormorò Beatris, avvicinandosi di un passo. E lui d'istinto si schiacciò maggiormente contro il collo di Reiner, indietreggiando. Sentì Eren, legato alle sue spalle, che cominciò a dimenarsi. Puntò i piedi alla pelle corazzata di Reiner e fece forza, cercando con quel poco di mobilità che aveva di spingerlo contro Beatris, come se avesse voluto aiutarla. E forse era proprio quello il suo intento. Spingerlo contro di lei, per permetterle di colpirlo, forse addirittura di ucciderlo. «Ti ringrazio molto per quella chiacchierata a Trost. Mi hai permesso di capire molte cose. Avevo bisogno di capire chi fossero i cattivi, temevo che lo foste voi, ma non è così. Voi vi muovete spinti da nobili ragioni, lottate per quello che credete un bene superiore. Bertholdt, voi non siete i cattivi. Io lo sono».
Non lo capisci, Bertholdt? Qui quella cattiva sono io, non voi. Io non ho mai avuto nobili ragioni. Sono sempre stata egoista, ho sempre pensato solo a me stessa.
Glielo aveva detto anche allora, ma non le aveva creduto. Non le aveva dato peso. Ma cominciò a sospettare che fosse la verità. Beatris non aveva mai avuto nobili ragioni, si muoveva per istinto, seguendo solo il proprio egoismo. Sfruttando tutto ciò che il mondo circostante le dava a disposizione, riusciva sempre a trovare il proprio vantaggio in ogni occasione. E lo avrebbe fatto anche in quel momento. Avrebbe sfruttato l'amore di Reiner a suo vantaggio, senza sentirsene minimamente in colpa.
«Io sono una dannata bastarda» sibilò spietata e Bertholdt ebbe persino un brivido lungo la schiena, quando si rese conto che aveva ragione. Lei non avrebbe risparmiato nessuno, pur di arrivare al suo obiettivo. Di fronte a quello... come poteva ancora esitare? Non poteva perdere per una debolezza di Reiner. Si alzò e si lanciò contro Beatris. La colpì, ma Beatris riuscì a difendersi portando la propria lama davanti al volto. La spinse indietro, con un urlo, fino a schiacciarla contro le dita di Reiner che ancora tentava di proteggerli. Oltre queste, sentiva ancora i lamenti e il fiato dei giganti che provavano a penetrare.
«Reiner!» gridò, schiacciando Beatris contro le sue dita. «Togli la mano! Dobbiamo liberarcene!»
Beatris tentò di opporsi, tentò di spingerlo via, ma la sua forza era misera in confronto a quella di Bertholdt. Sentì Eren mugolare appeso alla sua schiena, dimenarsi, disperato di non poter fare niente.
«Reiner!» urlò Bertholdt con più forza, notando che ancora l'amico si ostinava a restare immobile in quella posizione. «Non puoi proteggerla per sempre!»
Un altro scossone, videro uno dei giganti trovare lo spazio aperto nella mano di Reiner e puntare a loro. Con un ruggito rabbioso Reiner cercò di allontanarlo, lo spinse a terra, sporgendosi in avanti. Ma la mano restò dov'era, a circondarli parzialmente. E lei iniziò a sentirsi soffocare, schiacciata tra la spada di Bertholdt e le dita di Reiner dietro di sé. Doveva pensare a qualcosa, inventare qualcosa.
Si guardò rapidamente attorno. Cercò una via d'uscita, ma l'unico spiraglio che riusciva a vedere era oltre i polpastrelli di Reiner. Tra le sue dita c'era solo uno spiraglio di appena dieci centimetri. Non sarebbero riusciti a passare, non sarebbe mai riuscita a portare fuori Eren da lì. E anche se avesse trovato il modo, come avrebbe fatto a portare Eren con sé? Fuori di là... c'erano solo giganti.
No. Non solo giganti. Lo vide, fu rapido, ma riuscì a vedere Jean volare davanti a Reiner, urlando qualcosa che non riuscì a comprendere. Sparì subito dopo, ma le permise di comprendere almeno in parte la situazione. I suoi compagni erano lì, intorno a loro che combattevano. Ora che si concentrava, poteva sentirli urlare. Stavano cercando di raggiungerli... lei doveva solo farsi trovare. E prendere tempo per permettere loro di arrivare, aprendosi la strada tra i giganti.
«È questo il vostro modo di agire» gorgogliò con la poca voce che aveva. Digrignò i denti nello sforzo di contrastare la forza di Bertholdt almeno il necessario per riuscire a far uscire di più la propria voce. E urlò, con tutto il fiato che aveva. «Vi liberate dei pesi morti, come sempre! Come avete fatto con Annie! Siete disposti a fuggire via e lasciarla nelle nostre mani?! Credi che io non possa rivelare chi è in realtà?! Lei si trova ancora dentro le mura e io posso rivelare ogni cosa, posso consegnarla al corpo militare! Cosa pensi che le faranno, poi? Abbandonerete davvero Annie a noi?»
Non era sicura che potesse funzionare, non sapeva qual era il rapporto che correva tra loro, se Annie era solo uno strumento come un altro o meno. Ma doveva aver fatto centro perché vide chiaramente l'espressione di Bertholdt cambiare. E per un istante la sua forza vacillò. Era la sua apertura. Tentò di spingerlo via, di approfittarne per liberarsi, ma Bertholdt fu ancora una volta più pronto di lei. E la spinse nuovamente contro le dita di Reiner, ruggendo furioso: «Reiner! Togli la mano! Dobbiamo chiuderle la bocca!»
«Se toglierà la mano anche voi finirete in mezzo a questo inferno» sghignazzò Beatris. «Sta proteggendo anche voi, idiota! E tu sei stato talmente tanto intontito dalle mie chiacchiere inutili da non aver dato peso a ciò che ti succedeva intorno!» finse un sorriso e si voltò a guardare un punto alle spalle di Bertholdt. Aveva ragione, Bertholdt era rimasto così tanto tempo a parlare con lei che aveva dimenticato di guardarsi attorno. Cosa succedeva? Si voltò istintivamente, allarmato, ma si sorprese di non vedere assolutamente niente. Beatris urlò, dandosi la carica, e piantò entrambi i piedi sulle dita di Reiner per slanciarsi in avanti. Ruppe il proprio equilibrio, ma anche quello di Bertholdt, distratto dalla sua finta. Caddero a terra, atterrarono entrambi su di Eren che mugolò per il dolore, e Beatris provò ancora ad alzare la propria lama sopra la testa di Bertholdt. Non fece in tempo a fargliela cadere sulla gola, pronta a tagliarla, che Bertholdt la scacciò via piantandole un piede sul petto. L'impatto contro le dita corazzate di Reiner, alle sue spalle, le tolse per un istante il fiato. Cadde seduta a terra e vide Bertholdt già in piedi, spingersi contro di lei, pronto a infilzarla con la propria lama. Spalancò gli occhi, terrorizzata, e ancora una volta si affidò solo al suo folle istinto... e alla sua tremenda fortuna.
«Vai Eren!» gridò a pieni polmoni. «Ora che ti sei ferito, trasformati!»
Bertholdt interruppe improvvisamente il proprio attacco e allarmato si voltò a guardare Eren alle sue spalle. Poteva farlo? Aveva già guarito le sue ferite? Aveva perso troppo tempo a parlare, poteva davvero averlo fatto. In preda al panico, terrorizzato all'idea di saltare in aria, si lasciò scappare un lamento e concentrò tutte le sue attenzioni su Eren. E quello fu anche l'unico momento in cui anche Reiner reagì. Mosse rapidamente la mano che li proteggeva e la chiuse totalmente sopra Beatris, chiudendola contro la propria spalla. Spaventato all'idea di Eren che si trasformava, aveva fatto l'unica cosa che aveva creduto sensata. Bertholdt era legato a lui, non poteva proteggerlo in alcun modo dall'esplosione, ma Beatris era troppo vicina e indifesa. L'istinto l'aveva portato a proteggerla. L'amore che evidentemente ancora provava aveva mosso i suoi muscoli prima che avesse anche potuto ragionarci. E Bertholdt restò così totalmente scoperto. Incrociò lo sguardo di Eren, ma vide in lui solo confusione. E notò che le sue mani ancora non si erano rigenerate. Era stata una farsa... e ci era caduto in pieno. No, non lui. Quella bugia era rivolta a Reiner, non a lui. Aveva ingannato Reiner, facendogli credere di essere in pericolo, spingendolo così a lasciar libero Bertholdt... che ora si trovò esattamente sulla linea di tiro di Erwin, a neanche un metro da lui, su quella stessa spalla. Bastò un gesto, non fu neanche capace di prevederlo, troppo confuso e frastornato per quanto accaduto. Ed Erwin squarciò il petto di Bertholdt, tagliando le corde che tenevano Eren legato a lui, senza risparmiarsi di ferirlo profondamente. Bertholdt cadde sulla spalla di Reiner, gorgogliando per il sangue che gli confluiva persino in gola. L'aveva fatto davvero... Beatris aveva usato l'amore di Reiner a suo vantaggio, spingendolo a proteggere solo lei, lasciando all'aperto Bertholdt e Eren, per liberare la strada a Erwin. Ci era riuscita davvero.
Eren cadde verso la schiena di Reiner, ormai libero, ma ancora legato e senza sistema di manovra per riuscire a salvarsi, evitare di cadere al suolo, in mezzo ai giganti. Ma Mikasa riuscì a raggiungerlo in tempo, lo prese al volo e lo portò immediatamente lontano dall'orda, raggiungendo il proprio cavallo. Reiner non restò a guardare. Lasciò andare Beatris e usò quella stessa mano per provare a raggiungerli, per lottare contro l'ennesimo gigante che tentava di bloccarlo e che addirittura ora puntava a prendere Bertholdt. Erwin corse immediatamente verso Beatris, la prese per gli abiti e la costrinse ad alzarsi. La spinse giù dalla spalla di Reiner e si buttò con lei, gridando a pieni polmoni: «Ritirata!»
Beatris ebbe prontezza di usare il proprio sistema di manovra per non cadere al suolo e riuscì a evitare di finire in pasto ai giganti, scivolando tra loro. Arrivò a terra, e Erwin le atterrò di fianco. La prese ancora per un braccio e cominciò a correre, trascinandola via.
«Ritirata!» gridò ancora, più forte che poteva. Solo in quel momento Beatris poté concedere a lui attenzioni sufficienti per notare che gli mancava un braccio. Tranciato di netto appena sopra il gomito, l'emorragia era stata fermata con un laccio emostatico improvvisato, ma anche in quelle condizioni era assurdo che potesse ancora muoversi. Quanta forza aveva il loro comandante? Dei giganti provarono a prenderli, lanciandosi su di loro, ma due soldati dell'armata gli coprirono le spalle, eliminandoli.
Reiner dietro di loro tentò di strisciare a terra, ormai schiacciato dal peso dei giganti, e allungò una mano, per raggiungerli. Ma fu inutile, era completamente bloccato, e camminare era impossibile. Si preoccupò di tornare a proteggere Bertholdt, che aveva almeno smesso di dimenarsi per il dolore della ferita. Stava già guarendo, ma muoversi in quelle condizioni era ancora impossibile.
«Bea!» gridò Jean, raggiungendola a cavallo dalle sue spalle. Allungò una mano e riuscì a intercettarla. Rallentò solo per aiutarla a salire, dietro di lui, poi riprese a correre. E riuscirono ad allontanarsi, galoppando via, con Mikasa in testa al gruppo che teneva Eren. Ce l'avevano fatta. Avevano vinto. Avevano ripreso Eren, era riuscita a sconfiggere Reiner. Usando tutte le sue carte, anche le peggiori. Sfruttando la sua debolezza, il suo desiderio di proteggerla nonostante tutto, era riuscita a intrappolarlo, fermarlo e infine a sconfiggerlo.
Si voltò, guardandosi alle spalle. Reiner era in ginocchio a terra, incapace di muoversi, con le mani strette intorno al collo per proteggere Bertholdt. Ringhiava e ruggiva, le urlava contro, sentiva chiaramente il suo sguardo diretto a lei, e intanto i giganti su di lui si ostinavano nel tentativo di morderlo. La sua unica fortuna era proprio quella corazza che lo teneva protetto dalle ferite, che teneva la sua nuca al sicuro... ma quanto avrebbe resistito? Quando si sarebbe stancato di quella forma, quando sarebbe stato costretto a uscire allo scoperto, come si sarebbe salvato? Se non si fosse liberato di quei giganti, prima o poi, sarebbe morto comunque.
Un lamento uscì dalla gola di Beatris, improvvisamente terrorizzata. Lo stava abbandonando. Stava scappando, lo stava lasciando a morire. Era anzi stata proprio lei la causa di tutto quello. Era stata lei a dare il tempo ad Erwin di portare i giganti, era stata lei a intrappolarlo, e lo aveva ingannato, sfruttando il suo appurato istinto a proteggerla. Lei aveva dovuto riprendersi Eren, era tutto ciò che aveva voluto fare, ed era felice di esserci riuscita. Ma a quale prezzo? Lei aveva voluto riprendersi Eren, non uccidere Reiner.
Si mosse sul cavallo di Jean, si sporse indietro, pronta a lanciarsi nella sua direzione e tornare da lui. Non aveva alcun piano, non sapeva assolutamente cosa avrebbe fatto, forse sarebbe morta e basta, ma non poteva lasciarlo così. Non poteva andarsene, lasciarlo morire, lasciandogli come ultimo ricordo una spietata Beatris che aveva giocato con i suoi sentimenti. Lei aveva già provato quella sensazione, ed era veramente orribile. Non poteva permettergli di prendersi Eren, ma non poteva nemmeno permettere che Reiner morisse in quel modo. Lasciò la presa su Jean e si preparò a corrergli incontro, saltare giù dal cavallo in corsa, ma Jean la richiamò severo: «Bea!»
Beatris incrociò il suo sguardo e Jean si fece ancora più cupo. Era disperata, glielo si leggeva in volto. Era davvero pronta a tornare indietro, tornare da Reiner, dopo tutto quello che aveva dimostrato fino a quel momento? Era stata pronta a mettersi contro di lui, aveva asserito a gran voce quanto lo odiasse per quello che le aveva fatto, che mai lo avrebbe perdonato. Tutta la difesa verso l'accusa di tradimento si basava su quello: sulla volontà di Beatris di ritenerlo nemico, una volta per tutte, e combatterlo. Se fosse tornata indietro sarebbe stato tutto inutile, avrebbero capito che il suo coinvolgimento emotivo era troppo forte, la fiducia che le stavano dando sarebbbe potuta crollare.
«Non voltarti» le disse severo, tenendo gli occhi puntati nei suoi. Umidi. Sul punto di scoppiare in lacrime. «Stringiti, o cadrai da cavallo».
La vide tremare e di nuovo Beatris si voltò per un istante, a guardare un'ultima volta Reiner che in ginocchio a terra, urlava verso di loro. Non si trattenne più. Un singhiozzo le chiuse la gola. Non poteva tornare indietro, non poteva salvarlo, lo sapeva, o tutto quello che aveva fatto per scagionarsi sarebbe stato vano. Forse anche farsi vedere così sofferente avrebbe potuto peggiorare la sua situazione. Aveva fatto la sua scelta, non poteva tornare indietro. Ormai erano nemici, che l'avesse voluto o meno. Jean aveva ragione. Non doveva voltarsi indietro o tutto quello sarebbe stato vano. Il sacrificio di Reiner, il suo urlarle contro, combatterla, sarebbe stato vano.
Si voltò, lasciando Reiner alle sue spalle, e si schiacciò contro la schiena di Jean.
Ormai erano nemici, ormai avevano fatto la loro scelta.
Non poteva tornare indietro.
Strinse le braccia intorno al petto di Jean, affondò il volto contro la sua giacca, e lì, protetta dagli sguardi degli altri, si concesse di dedicare a Reiner almeno quelle lacrime.
«Tranquilla» mormorò Jean, tornando a guardare davanti a sé per cavalcare il più rapidamente possibile. «Il boato dei giganti e le urla di Reiner coprono ogni cosa. Non si riesce a sentire niente».
Una rassicurazione di cui sembrò aver bisogno, perché Beatris si sentì libera di sfogare contro la sua schiena tutti i lamenti e i singhiozzi che ora le uscivano incontrollati di gola. Li tenne lì, chiusi tra lei e Jean, con tranquillità e sicurezza. Sapendo che mai sarebbero usciti da quell'angolo personale che Jean stesso le aveva concesso. Invitandola a stringersi a lui, le aveva semplicemente suggerito di nascondersi, trovare un posto confortante dove potersi lasciar andare. Non l'aveva accusata, non le aveva chiesto giustificazioni, perché non ce n'erano bisogno. Per lui era comprensibile, per quanto Reiner fosse un bastardo lei continuava ad amarlo, era naturale. Ma agli occhi esterni, per mantenersi al sicuro, non avrebbe dovuto mostrarlo. Jean aveva ritagliato per lei quel piccolo spazio dove potersi sfogare, l'aveva rassicurata, aveva dato una giustificazione al suo sporgersi fuori da cavallo, inventando che era quasi caduta. E infine, lo sapeva, avrebbe condiviso con lei quel segreto per sempre. Beatris non sapeva perché lui lo stesse facendo, sentiva di non meritarlo, soprattutto da Jean, soprattutto dopo quello che aveva fatto a Marco. Non sapeva da dove arrivasse tutta la fiducia che lui le stava dando, tutta quella comprensione, ma non aveva nemmeno la forza di provare a chiederselo. Sentiva solo che ne aveva bisogno... e gli fu eternamente grata.
Superarono i primi alberi, si allontanarono per qualche metro, tornando verso la foresta degli alberi giganti, ma gli fu impossibile raggiungerla. Beatris stava ancora piangendo, schiacciata contro la schiena di Jean, quando entrambi vennero improvvisamente sbalzati via da cavallo. Rotolarono per terra, scontrandosi con delle rocce almeno un paio di volte. L'impatto fu violentissimo, Beatris ebbe bisogno di qualche istante per riuscire a tornare a respirare. Non seppe quale parte del corpo le faceva più male, era interamente a pezzi, ma riuscì infine a sollevarsi.
«Ma... cosa...?» balbettò con un filo di voce. Un'ombra passò sopra la sua testa e lei istintivamente alzò lo sguardo. E sbiancò. Un gigante volò sopra di lei, arrivò vicino a un gruppo di soldati ancora a cavallo e cadde sopra di loro, uccidendone almeno due. Il gigante si rigirò, indolenzito ma ancora nel pieno delle energie, e si sollevò in tempo per prendere un soldato che aveva a fianco direttamente con la bocca. Mangiandolo.
«Ci sta lanciando addosso i giganti!» sentì gridare qualcuno.
«Il corazzato si avvicina!»
Si voltò istintivamente verso il campo di battaglia che avevano lasciato alle loro spalle e riuscì a vedere Reiner che arrancava e cercava di avvicinarsi. Prese uno dei giganti piccoli che aveva ancorato alla gamba, lo sollevò e glielo lanciò contro con una forza tale da riuscire a colpire altri dei soldati in fuga, nemmeno troppo lontani da lei. Reiner stava lanciando loro contro dei giganti. Era quello il suo ultimo gesto disperato? Anche a costo di uccidere Eren stesso, anche a costo di colpire persino lei.
Lo sentì ruggire ancora e lo vide trascinare in avanti un altro piede, nella sua disperata avanzata. Intorno a loro scoppiò una vera e propria battaglia. Urla, sangue, c'era chi combatteva, c'era chi tentava di scappare, ma ovunque era pura carneficina. I giganti non risentivano dei colpi dell'atterraggio, non provavano dolore, se non venivano uccisi si alzavano sempre e riprendevano la loro spasmodica ricerca di cibo. E loro erano ancora in campo aperto, lontani dalla foresta, combattere lì era quasi impossibile. Altri giganti arrivarono, si scontrarono su di loro, uccisero e presero a inseguire vittime. L'intero campo si riempì presto, senza dar loro alcuna via di fuga. E Beatris non riuscì a muovere un solo muscolo per almeno i primi dieci secondi, sconvolta, forse in realtà anche troppo ferita per riuscire a sforzare il proprio corpo.
«Perché?» mormorò, confusa e frastornata. La stava mettendo in pericolo, davvero non gli interessava di vederla morta? Si voltò di nuovo a guardare Reiner che lentamente avanzava per raggiungerli. E digrignò i denti.
Reiner doveva aver compreso il suo errore. Il suo istinto a proteggere Beatris l'aveva portato al fallimento della missione, quel tempo che aveva concesso loro per scappare doveva essergli servito per soppesare le sue priorità. E aveva preso la sua decisione. Non avrebbero mai potuto combattere per difendere ogni cosa, cercare di proteggerla non aveva fatto altro che portarlo a complicazioni. Aveva perciò scelto di lasciarla andare definitivamente. Ormai erano nemici, non c'era più niente a cui avessero potuto attingere per continuare a sperare di risolvere le cose. Reiner aveva deciso di combatterla apertamente.
Beatris non ne soffrì, ma paradossalmente fu quasi un sollievo. Era più facile accettare di separarsi da lui, se sapeva che era ciò che voleva realmente anche lui. Era più facile accettare di essergli nemica, di combatterlo, se sapeva che lui avrebbe fatto altrettanto senza darle stupide speranze riguardo al loro amore. Ormai non c'era più niente che avesse potuto farla tornare indietro.
Si voltò verso il campo di battaglia che aveva di fronte, cercando di pensare a qualcosa per uscirne viva, per mettersi in salvo, ma tutta la sua attenzione ora cadde su Jean. Era steso a terra, immobile, e un gigante gli si stava avvicinando pericolosamente.
«Jean!» gridò Beatris e gli corse incontro. Inforcò le proprie lame e sparò il rampino del suo sistema direttamente alla nuca del gigante. Diede gas, si mosse il più rapidamente che poté, ma il gigante si voltò nella sua direzione sentendola arrivare. Non riuscì fortunatamente a prenderla, ma nemmeno lei riuscì a colpirlo come avrebbe dovuto. Gli recise il collo, ma mancò la nuca. Atterrò alle sue spalle, si diede lo slancio e provò una seconda volta. Il gigante le allungò una mano contro, intercettando il suo volo, e sarebbe stata afferrata se con un lamento terrorizzato non avesse avuto la prontezza di aumentare improvvisamente la propulsione del gas. Uscì dalla traiettoria del gigante, schivò la sua mano, ma non smise di tirarsi contro la sua nuca. E infine, con un urlo, riuscì a reciderla. Il gigante crollò a terra e lei insieme a lui, tirata a terra dal rampino ancora fissato alla sua schiena. Atterrò a terra con un urlo, cadde e sbatté i glutei contro il terreno duro e roccioso.
«Ahi» lamentò indolenzita, massaggiandosi la zona colpita.
«È maledettamente difficile» mormorò, rendendosi conto della fatica che aveva fatto per abbattere un semplice cinque metri. Ma non ebbe tempo di perdersi nei pensieri, altri giganti arrivavano verso di loro. Si alzò, corse verso Jean e prendendolo per le spalle lo fece rotolare sul terreno, così da guardargli il volto. Non reagiva, era svenuto, e perdeva sangue dal naso e da un labbro spaccato. «Jean!» provò a chiamarlo, inutilmente. Dei lamenti intorno a loro, il tonfo di qualche passo e Beatris alzò gli occhi. Due giganti erano davanti a loro, un terzo le stava arrivando da destra. Era circondata, e se aveva avuto tanta difficoltà ad abbatterne uno solo, figurarsi con ben tre di loro. Si corrucciò, disperata, e crollò in preda al panico. Un piano folle... le serviva un piano folle! Jean le avrebbe detto di fare la pazza, inventarsi qualcosa. Ma lui era svenuto, non poteva dirglielo, e lei non riusciva a pensare a niente. Prese Jean per le spalle e iniziò a trascinarlo sul terreno, cercando di allontanarsi in una vana speranza di fuggire. Ma i giganti si avvicinavano velocemente, lei era troppo debole per trascinarlo e tutto ciò che riuscì a fare furono tre passi prima di arrancare, sbilanciata. Cadde a terra e tutto ciò che poté fare fu guardare i tre giganti correre loro incontro, raggiungerli ormai. Non aveva speranze. Neanche se si fosse messa a correre da sola forse ce l'avrebbe fatta. O forse sì... se avesse lasciato Jean a loro, lei sarebbe potuta scappare via perché sarebbero stati impegnati a divorarlo. Sapeva che aveva quell'unica via d'uscita, quell'unica speranza. Poteva scappare via.
Ma prese Jean tra le braccia e se lo trascinò contro, in un abbraccio disperato e inutile. Gli cinse il volto, se lo strinse al petto, gli chiuse il busto all'interno delle ginocchia, e ormai in preda alle lacrime si raggomitolò cercando di proteggere almeno la testa di Jean con il proprio corpo. Un gesto inutile, lo sapeva, sarebbero morti entrambi. Ma non lo avrebbe lasciato. Non lo avrebbe mai fatto. Tremò come una foglia, singhiozzò disperata e affondò il volto tra i capelli sporchi di terra e sangue di Jean. Lo strinse tanto che probabilmente lo stava addirittura soffocando, ma in quel momento era decisamente l'ultima delle sue preoccupazioni. Lui non aveva mai fatto altro che darle fiducia, forse anche più di chiunque altro. Come poteva? Come poteva una come lei, che aveva contribuito a modo suo alla morte del suo migliore amico, meritare tutto quello?
«Mi dispiace» gli pianse tra i capelli e infine chiuse gli occhi tanto forte che le sopracciglia presero addirittura a farle male. «Mi dispiace così tanto!» pianse disperata. E sentendo ormai il fiato del gigante contro la sua schiena, pronto a morderla, attese la fine.
Ma non arrivò.
L'attesa fu lunga un'eternità. Ma non arrivò. Persino nella sua condizione, col tempo che pareva rallentato, si accorse che c'era qualcosa che non andava. Avrebbero dovuta mangiarla, perché non lo facevano? Sentì la terra tremare, i passi dei giganti che avevano iniziato a correre, ma gli passavano a fianco. Senza neanche guardarla.
Alzò lo sguardo, sconcertata, e vide l'assurdità che stava avvenendo proprio davanti a lei. I giganti correvano intorno a lei, ma non la consideravano minimamente. La superavano, andavano oltre, e si scagliavano tutti contro un altro gigante. Divorandolo. Ignorando non solo lei, ma tutte le persone presenti sul campo.
«Che sta succedendo?» mormorò, sconvolta.
«Tris...» sentì gorgogliare Jean, stritolato nel suo abbraccio. «Mi fai male» disse con un filo di voce. E qualcosa le esplose nel petto. Una gioia che non credeva avrebbe mai più provato, o perlomeno non in una situazione come quella. Erano vivi! Jean era vivo! Le lacrime che fino a quel momento erano scese dai suoi occhi per paura e disperazione, ora iniziarono a scendere solo per la felicità che provava nell'aver sentito la sua voce. Si accorse solo in quel momento che aveva temuto che fosse morto, quando non l'aveva visto muoversi. Si accorse solo in quel momento che aveva messo a repentaglio la sua vita per proteggere quello che aveva creduto un cadavere. Ma non le importava... Jean era vivo. E lei in qualche modo, qualsiasi esso fosse stato, era riuscita a proteggerlo.
«Jean» singhiozzò. «Ti ho detto di non chiamarmi in quel modo» ma sorrideva, non le importava davvero. Anzi, se Jean avesse voluto continuare a chiamarla così, avrebbe anche potuto farlo.
«Ah...» mormorò lui, moribondo. Non si muoveva, ma almeno riuscì ad aprire gli occhi. «Hai ragione, scusa».
«Non fa niente» e appoggiò nuovamente il volto sui suoi capelli, in un abbraccio meno disperato, ma intenzionata comunque a non lasciarlo andare tanto facilmente. «Non importa».
Non aveva più importanza. Avrebbe dovuto prendere completamente le distanze da Reiner, d'ora in avanti, lo sapeva. Doveva abbandonare anche l'affetto che provava per quel nomignolo, doveva abbandonare ogni cosa. Non importava se Jean la chiamava in quel modo, non si sarebbe più arrabbiata, perché non avrebbe più avuto alcun significato.
«Mi fai male davvero, però» lo sentì mormorare lamentoso. Ma lei restò ancora immobile in quell'abbraccio stritolatorio, con lo stesso sorriso, e ripeté: «Non importa».
«Ehy!» provò a ringhiare Jean, ma con le poche forze che aveva non riuscì a fare niente se non tossire.
«Bea!» sentì gridare da non troppo lontano. Alzò lo sguardo e intercettò Armin, a pochi metri da lei. Le correva incontro, a cavallo, e portava le redini di altre due. «Approfittiamone! Scappiamo, presto!» le disse raggiungendola.
«Jean è ferito!» gli disse Beatris e Armin saltò giù dal proprio cavallo, per correre da lei. Si inginocchiò al suo fianco e solo allora Beatris allentò la presa su Jean, così da permettere ad Armin di guardarlo.
«Jean! Riesci a muoverti?» gli chiese e Jean trascinò una mano a terra, poggiò il palmo al suolo e tentò di sollevarsi. Ma il braccio tremò spaventosamente e non si sollevò nemmeno di un paio di centimetri che di nuovo ricadde in avanti sul ventre di Beatris. Non rispose, ma digrignò i denti. Era così malconcio da non riuscire nemmeno a parlare.
«Aiutami a caricarlo sul mio cavallo, lo porto io» disse Armin a Beatris e questa annuì. Si alzò da terra e insieme ad Armin riuscirono a sollevare Jean da terra. Lo trascinarono fino al cavallo, dove salì prima Armin e poi Beatris aiutò Jean a mettersi dietro di lui. Per poco non cadde di lato, sentendosi ancora una volta quasi svenire, e Beatris rischiò di essere buttata a terra dal suo peso, ma con uno sforzo immane, infine riuscì a sistemarlo al suo posto.
«Jean» gli disse, finendo di spingerlo sul cavallo dietro Armin. «Ancora una volta ti fai salvare dalle due schiappe, eh?»
A occhi chiusi, apparentemente svenuto, Jean tirò comunque le labbra in un sorriso divertito. Un paio di colpi di tosse somigliarono molto a quella che doveva essere forse una risata. E infine si accasciò sulla schiena di Armin.
«Ce la fai a tenerlo?» chiese lei preoccupata e Armin annuì. «Non preoccuparti! Prendi uno dei cavalli liberi, raggiungiamo Eren».
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase, che sentirono il boato di passi pesanti puntare nella loro direzione. Si voltarono, terrorizzati, e videro Reiner tremendamente vicino, e ora completamente libero dai giganti, che correva verso il campo, ma non verso di loro. Puntava a Eren, sicuramente.
«Merda!» sibilò Armin tra i denti. Beatris non esitò oltre, salì sul cavallo che Armin le aveva portato e insieme cominciarono a correre. Non ci volle molto, riuscirono a vedere Eren che poco lontano tentava la fuga con Mikasa appesa alle sue spalle.
«Eren!» gridò Beatris, cercando di raggiungerlo. Videro Eren fermarsi, puntare lo sguardo a Reiner e lo sentirono gridare rabbioso: «Non avvicinatevi! Vi ammazzo, bastardi!»
Ci fu un inquietante silenzio, seguito poi da un tremore della terra. Altri giganti avevano cominciato a correre, ma ancora una volta molti di questi passarono loro a fianco senza neanche degnarli di uno sguardo e puntarono tutti contro Reiner. Lo fermarono, lo bloccarono e tornarono a tentare di mangiarlo penetrando nella sua corazza.
«Eren! Andiamo!» gridò Armin, raggiungendolo e lasciando a lui un altro cavallo. Eren salì insieme a Mikasa e non esitarono oltre, scappando via. Lasciandosi alle spalle il corazzato intento a combattere contro i giganti, che sempre più numerosi lo raggiungevano e tentavano di attaccarlo. Corsero, sentendo le urla di Reiner alle loro spalle che rabbioso e disperato cercava di uscire da quell'ennesimo pericolo. Corsero... e Beatris si voltò a guardarlo. Incapace di fare altrimenti. Incapace di smettere di pensare a cosa si stesse lasciando dietro.
Bertholdt... tu la conosci la storia della megera del nord?
Era salita sul tavolo, si era seduta a gambe incrociate di fronte a Bertholdt coprendo Reiner con la schiena così da permettergli di mangiare di nascosto la carne che lei aveva rubato dalle cucine dei superiori, per scusarsi di averlo messo nei guai la mattina stessa. Quando lui aveva mentito per la prima volta, il giorno che avevano iniziato a conoscersi, per proteggerla dalla punizione di Shadis.
Tieni, Bertholdt. È un regalo da parte sua, non farlo vedere a nessuno.
E Reiner, nonostante fosse solo un segreto tra loro, l'aveva subito condivisa con Bertholdt.
Dove l'hai presa?
Dove non doveva prenderla.
Erano stati preoccupati entrambi della provenienza di quel bottino: anche se non la conoscevano ancora bene avevano intuito che tipo di persona sconsiderata fosse. Una vera combinaguai.
Beh, immagino che non ci sia altra scelta adesso se non farla sparire.
E Bertholdt l'aveva nascosta, senza fare troppe domande o senza preoccuparsene. Quel pezzo di carne era stato il primo segreto che avessero mai condiviso. Quanto poteva sembrare ingenuo in quel momento, quanto poteva sembrare sciocco, in confronto ai successivi.
Ti conviene mangiarla ora, o dopo sarà troppo fredda.
La sua unica preoccupazione era stata renderli felici, dar loro il meglio, convincerli a mangiarla prima che si fosse raffreddata troppo.
Ora c'è troppa gente intorno, non voglio cacciarmi nei guai come voi due.
Ti copro io!
No! Non importa, Beatris! Grazie!
Anche tu pensi che non sia capace di inventare buone scuse?
E pensare che se l'era presa davvero, per quel ridicolo commento. Eppure avevano avuto ragione, avevano sempre avuto ragione. Non era capace di inventare scuse, non era capace di tenere troppo i segreti.
Il tuo pezzo sei già riuscita a mangiarlo?
Ah, no, io non l'ho mangiata.
Hai reso me l'unico peccatore?!
Possiamo dividerla, te ne do un pezzo di questo.
Eppure il loro unico pensiero era stato quello di condividere con lei ciò che avevano. Renderla partecipe dei loro "crimini". Coinvolgerla con un sorriso, in una sciocchezza come quella che adesso sembrava vecchia almeno millenni. Avevano condiviso così tanto, a partire da quel pezzo di carne. Ma al tempo era stato così leggero... Su quel tavolo, mentre raccontava quella ridicola storia ispirata a Mikasa, lei aveva riso davvero di gusto. Ed era stata così felice.
Perché non avevano potuto lasciare che il loro unico segreto fosse solo quel pezzo di carne? Perché non avevano potuto restare quei ragazzi spensierati che ridevano, seduti a un tavolo, condividendo segreti di poco conto? Perché tutto non era potuto restare come quel giorno, di tre anni prima, a ridere delle capocciate tirate a terra con i loro primi tentativi di esercitazione col movimento tridimensionale?
Perché avevano appena provato a uccidersi a vicenda?
Tris, me la ricanteresti quella canzone? Quella che cantasti a tua sorella nella cattedrale.
Mi dispiace, Reiner... temo di non ricordarmela.
Quella canzone... perché era riuscita a ricordarla solo adesso?Nda.
Beh, che dire... ormai hanno preso le loro decisioni, ormai le loro strade si sono definitivamente divise e ne hanno assunto le conseguenze. Beatris ha sfruttato l'amore di Reiner per ingannarlo, per vincere la battaglia e riprendersi Eren, e poi Reiner, capendo che non ci sarebbe mai stato modo di vincere se avesse continuato a proteggerla, accetta di combatterla apertamente. Le lancia addosso i giganti, con l'intenzione di riprendersi Eren, senza preoccuparsi più per la sua incolumità. Un gesto disperato, ma l'unico che avesse potuto provare a fare. Per sua sfortuna Eren ha tirato fuori il potere del gigante fondatore proprio in quel momento, ha manipolato i giganti e li ha usati contro di lui. Hanno vinto, ma che cosa si sta lasciando alle spalle Beatris? Un amore distrutto, un amore sacrificato, e una manciata di ricordi felici lontani solo tre anni ma che sembrano in realtà provenire da un'altra epoca. Quando tutto sembrava più semplice, più spensierato, e l'unico segreto che avessero mai avuto era solo un banale pezzo di carne rubato dalle cantine dei superiori. E quella canzone, quella che Reiner desiderava tanto riascoltare, è riuscita a ricordarla solo ora... quando le è impossibile provare a cantargliela. Le loro strade si sono divise... ma sarà per sempre?
Personalmente, comunque, ho adorato scrivere del piccolo momento Jean-Tris. Vi avevo detto che avrebbe avuto la sua importanza e qui inizia a costruirsela. Lui le da fiducia cieca, nonostante tutto, tanto da permetterle di nascondersi sulle sue spalle, piangere in un luogo sicuro e protetto che ha creato solo esclusivamente per lei, ed è disposto a portarsi nella tomba quel segreto. Non far sapere a nessuno che Beatris ha mentito sull'odio che provava per Reiner, non far sapere a nessuno che lei continua ad amarlo e a piangerlo, nonostante tutto. E le impedisce di tornare indietro, con pochi semplici parole, per proteggerla. È un bimbo cucciolo xD <3 (love Jean!).
Ma ancora più significativo di questo io trovo che sia la scena dei giganti che gli vengono lanciati addosso: in un barlume di lucidità e tattica spietata Beatris realizza che se lo avesse lasciato morire lì avrebbe potuto forse salvarsi. Se avesse sacrificato Jean avrebbe potuto provare a scappare... ma non lo fa. Anche se in realtà lo crede morto (ma se ne rende conto solo dopo) lei resta lì con lui e lo stringe, tenta di proteggerlo, gli chiede perdono per ciò che ha fatto. Lei si crede la cattiva, ha le mani sporche di sangue, ha dimostrato che in casi estremi avrebbe potuto anche farlo di nuovo, macchiarsi di omicidio, ma con lui non lo fa. Preferisce morire ma restare al suo fianco, fino all'ultimo. Che sia per il suo legame con l'amico? O forse lei non è così spietata come crede?
(E alla fine decide persino che gli sta bene se lui la chiama Tris :3 eheheh)
Direi che vi saluto con le note amare di Billie Eilish (sta donna madonna santa quali emozioni non è in grado di smuovermi!!!!). Le note di una Beatris abbattuta, ormai arresa, che decide di lasciarsi definitivamente tutto alle spalle con una profonda amarezza.
Enjoy!
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I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no Kyojin
FanficIl boato che sfondava le sue finestre, il tremore della terra che la faceva cadere dalle scale, le urla di sua madre mentre correva a prenderla. Per le strade era il caos, riuscire a correre in mezzo alla folla senza separarsi era quasi impossibile...