Beatris crollò a terra, ansimante. Non cercò di trattenersi, si accasciò come un peso morto e si stese a terra. Il sudore sulla faccia fece da collante per la polvere e i sassi del cortile, nel mischione avrebbe lasciato una bella strisciata scura sulla pelle. Ma era troppo stanca persino per preoccuparsi della sua pulizia, tanto si sarebbe lavata prima di andare a letto... sempre se avesse avuto le forze di rialzarsi da lì. Un paio di stivali arrivarono nel suo campo visivo e, anche se non alzò lo sguardo a guardare il volto di chi aveva davanti, seppe perfettamente a chi appartenevano.
«Lasciami morire qui» mormorò, socchiudendo gli occhi. «Ormai per me è finita».
«Non mi abituerò mai al tuo modo di fare così drammatico» ridacchiò Reiner, inginocchiandosi davanti a lei.
«Ultimamente mi distruggi, stai esagerando» disse lei senza muoversi.
«È perché sei migliorata», e Beatris d'istinto spalancò gli occhi. Non riuscì a muoversi, ma ebbe almeno la forza di portare lo sguardo al volto di Reiner. «Dici sul serio?»
Reiner annuì e le porse una mano. «Andiamo, un'alimentazione regolare fa parte dell'allenamento».
«Non riesco a muovermi. Per me è finita» mormorò e tornò a chiudere gli occhi, senza muoversi di un centimetro.
«Stai cercando una scusa per farti portare in spalla?» le chiese e non poté far a meno di notare il sorrisino che lei provò invano a trattenere. «Camminare a volte è così faticoso» disse, ma non riuscì ad essere convincente nemmeno per se stessa.
«Non ti porterò in spalla» le disse, risoluto.
«Vuoi lasciarmi qui a morire?»
«Non posso portarti sempre io, dopo gli allenamenti. Devi vincere la tua pigrizia, Tris».
«La mia non è pigrizia» disse, aprendo lievemente un occhio per guardare il compagno. Il nero della polvere sulle guance nascose il lieve rossore che cominciava già a nascerle sul volto, questo la salvò dal dover spiegare che aveva scoperto dal giorno della montagna, quando lui l'aveva presa in spalla la prima volta, che era qualcosa che le piaceva molto. Non sapeva perché, ma sentiva che quelle spalle erano perfette da stringere, il suo collo si incastrava perfettamente tra i suoi gomiti, e poggiando la testa sulla sua spalla poteva sentire il suo odore che aveva scoperto avere il bisogno di sentire almeno una volta al giorno. Persino a fine allenamento, quando era sudato e aveva i capelli umidi appicciati al collo, il suo acre odore di stanchezza e fatica riusciva a solleticarle il petto. Non era pigrizia, era dipendenza.
«E allora perché fai così? Pensavo avessi deciso di impegnarti».
«Mi alleno ogni giorno, accetto di fare tutto quello che dici, mi sveglio presto la mattina e non faccio tardi nemmeno una volta. Non ti sembra abbastanza?»
«Che diamine» sospirò Reiner. «Certe volte sei più capricciosa di una bambina».
«Sono stanca davvero, Reiner. Oggi ci sei andato giù pesante!»
«Domani abbiamo l'esame in campo con il movimento tridimensionale, devi essere pronta».
«Non fa parte dell'allenamento anche il riposo? Stancarmi così il giorno prima dell'esame non è controproducente?»
«Fidati, starai bene. So cosa faccio e da ora fino a domani mattina hai tutto il tempo per riposarti. Non ti chiederò altro, potrai dormire quanto vuoi domani, salteremo il nostro incontro pre-colazione».
«Domani potrò dormire?!» strabuzzò gli occhi Beatris, emozionata all'idea di potersi finalmente riposare un po'. «Sì, ma adesso alzati e andiamo a mangiare. Non azzardarti ad andare a letto a stomaco vuoto».
E Beatris tornò a richiudere gli occhi, sorridendo sotto ai baffi. «Non credo riuscirò ad alzarmi da sola in nessun modo. Accidenti, spero proprio di non morire di fame da qui a domani mattina».
Reiner sospirò ancora, stufo di insistere. Si alzò in piedi e si allontanò di un paio di passi. Beatris aprì gli occhi, sentendolo allontanarsi, chiedendosi se davvero avesse deciso di lasciarla lì. Affamata e insoddisfatta. Ma non ebbe modo di capire che stesse accadendo che si sentì afferrare per una caviglia e venne trascinata sul selciato.
«Ho promesso a Mikasa che ti avrei tenuta in vita, se non lo faccio quella mi ammazza».
D'istinto Beatris iniziò a urlare e dimenarsi, in preda al dolore per i sassetti del cortile che così facendo le sfregavano addosso e le si infilavano addirittura nei vestiti.
«Che significa che lo hai promesso a lei? Quando è successo?!» chiese sorpresa, ma data la scomoda situazione le uscì un tono che più sembrava arrabbiato.
«Qualche giorno dopo l'accaduto della carne. Quando mi hai fatto finire in punizione la prima volta» rispose Reiner con una strana apatia, come se non ci fosse stato niente di strano.
«Che?! Me lo hai tenuto nascosto fino ad'ora?!»
«Non te l'ho tenuto nascosto, non me l'hai mai chiesto».
«Aspetta... stai facendo tutto questo per quella promessa?» chiese e Reiner si fermò, smettendo di trascinarla, un attimo prima di arrivare alla sala comune. Sembrò rifletterci qualche istante, prima di voltarsi e sorriderle. «Non me l'ha chiesto lei di prometterglielo. Anzi, non sembrava essere molto d'accordo, a dire il vero».
«Eh?» mormorò lei, non riuscendo a capire. Mikasa non voleva che Beatris restasse in vita? Non voleva che qualcuno la tenesse in vita? Che stava dicendo?
«È venuta a scusarsi per conto tuo di ciò che mi avevi combinato, non sapeva che ci avevi già pensato tu con quel pezzo di carne rubato. Quando gliel'ho raccontato sembrava essere pronta per venire a cercarti e tirarti due pugni» sghignazzò e Beatris sussultò all'idea di Mikasa furiosa con lei. «Mi ha redarguito e mi ha avvisato del pericolo che avrei corso se ti avessi dato corda. Mi ha avvertito che saresti stata impegnativa e soprattutto invadente, ha cercato di promettermi che ti avrebbe tenuta lontano da me la prossima volta, ma anche lei è sotto addestramento e in più è molto impegnata ad occuparsi di Eren che sembra avere il tuo stesso istinto autodistruttivo... anche se con intenzioni ben diverse. È difficile per lei occuparsi di tutti da sola. Anche Armin, benché non sia incosciente come voi due, è più debole e ha bisogno di essere sostenuto. State portando quella ragazza all'esasperazione» ridacchiò, divertito.
«Mikasa... ti ha detto che mi avrebbe tenuta lontano da te?» mormorò Beatris, dispiaciuta che l'amica si fosse presa così a carico la responsabilità delle sue azioni. Non parlava molto, era sempre taciturna e pacata, e per questo era difficile accorgersi delle volte che come un angelo custode proteggeva e si occupava di tutti senza mostrarsi troppo apertamente. Non era offesa per quello che l'amica aveva detto di lei, sapeva che era vero, ma era colpita dall'istinto quasi materno che aveva mosso Mikasa ad avvicinarsi a uno sconosciuto per scusarsi delle azioni della figlia scapestrata. Avrebbe dovuto darle più considerazione, mai aveva pensato quanto fosse presente e fondamentale per tutti loro, abituata a non notare le sue azioni se non quelle in direzione di Eren.
«Le ho detto di non preoccuparsi, che certo non mi spaventavi e avrei saputo cavarmela. Sarei stato in grado di gestirti anche da solo. Non sembrava essere d'accordo, ma credo in realtà fosse preoccupata più per te che per me. Aveva paura che non avendoti sotto pieno controllo avrebbe potuto perdere presa su di te, perciò le ho promesso che me ne sarei occupato io. Avrei diviso con lei questo fardello».
«Mi... consideri un fardello?!» mormorò, adesso realmente ferita e offesa. Reiner semplicemente la indicò con una mano, senza aggiungere altro, e per lei fu sufficiente. Si stava facendo trascinare come fosse stata un peso morto, certo che era un fardello! Soprattutto in un momento come quello.
«Le ho detto di lasciarti andare e che ci avrei pensato io a tenerti in vita, quando lei non guardava» aggiunse Reiner, prima di sospirare imbarazzato. «E poi lei mi ha detto che se ti fosse successo qualcosa a causa mia mi avrebbe ammazzato».
E ancora un tenero sentimento cominciò a pompare in petto a Beatris. Mikasa non era mai stata tanto plateale nelle sue dimostrazioni d'affetto, a volte aveva persino pensato che non la sopportasse perché il più delle volte era lei che le correva dietro, e Mikasa invece era sempre costretta a intervenire per proteggerla e tirarla fuori dai guai. Sapere che teneva a lei così tanto da minacciare qualcuno di morte fu una piacevole sorpresa. Avrebbe dovuto dare più attenzioni a Mikasa, glielo doveva. Ultimamente la stava trascurando molto, convinta che fosse troppo impegnata col suo addestramento e in quello di Eren.
«Sinceramente ci tengo alla mia pelle, perciò ti terrò in vita» concluse Reiner, prima di voltarsi per riprendere a camminare. Ma Beatris lo interruppe, chiedendogli repentina: «Perché? Non mi conoscevi nemmeno, allora, perché ti sei voluto caricare di questa responsabilità? Perché... non hai fatto che provare a proteggermi fin dal primo momento?»
Reiner era ora voltato di spalle, riuscire a leggergli l'espressione era impossibile. Ma esitò a lungo prima di rispondere, forse immerso nei suoi pensieri. «Chissà...» mormorò infine, e sembrò stranamente sincero. Qualsiasi cosa fosse che l'aveva spinto a prendere Beatris sotto la propria ala, non riusciva a identificarlo nemmeno lui. L'aveva vista in quella cattedrale e l'aveva guardata attentamente, fino alla fine della sua canzone, stranamente attratto da quella figura. Non sapeva cos'era, non era stato interesse, non era stato niente che fosse in grado di identificare. Era stato come se si fosse accorto di essersi dimenticato di qualcosa di importante, era stato come se qualcosa nella sua mente cercasse di dirgli che lei non andava persa di vista, era come se qualcosa, nel petto, gli avesse urlato a squarciagola che era sua responsabilità. Che avrebbe dovuto occuparsene perché era la cosa giusta da fare, e che spettava a lui farlo e a nessun altro. Forse non era stato altro che un latente desiderio di redenzione, per essere stato la causa di tutti i suoi mali. Forse aveva scorto oltre quel sorriso la morte che aveva iniziato a inghiottirla e tutto il suo dolore, ma mai se n'era accorto realmente. L'aveva solo percepita e aveva sentito che spettava a lui dover rimediare a ogni cosa. Ma non riusciva a capirne il motivo. Si era impuntato da subito, non appena aveva riconosciuto la bambina della cattedrale nel volto della ragazza che era atterrata sul suo tavolo il giorno del litigio tra Eren e Jean. Non appena aveva scoperto che lei era quella bambina, qualcosa gli aveva detto che avrebbe dovuto occuparsene personalmente. Era una sua responsabilità. E aveva trovato il modo di convincere Bertholdt a lasciarglielo fare, con una scusa che aveva usato per ingannare anche se stesso. Aveva davvero creduto che fosse solo convenienza, lo aveva creduto fino al giorno della montagna e della valanga, quando non era stato in grado di abbandonarla... quando era stato pronto a morire pur di riportarla viva indietro.
Sospirò ancora una volta, arrendevole, e infine lasciò andare la caviglia di Beatris. Si voltò, le si affiancò e infine si inginocchiò, dandole le spalle.
«Avanti» le disse. «Non darmi tempo di ripensarci».
Beatris si sollevò seduta e lo guardò, mentre aspettava che lei gli salisse in spalla, ma non si mosse. Qualcosa l'affliggeva, Reiner riusciva a scorgerglielo sul volto abbattuto.
«Mh?» mormorò, cercando di capire cosa avesse. Beatris abbassò lo sguardo e parve stringersi nelle spalle, prima di confessare con tristezza: «Non voglio essere il tuo fardello».
Sapere di essere per lui solo una responsabilità da portare sulle spalle, nient'altro che promesse, era triste e frustrante. A lei piaceva poter passare un po' di tempo insieme, gli piacevano persino quegli allenamenti extra distruttivi che lui continuava a proporle per migliorarsi, solo perché la maggior parte delle volte poi si concludevano con una risata, uno scherzo, delle chiacchiere e la vicinanza di qualcuno a cui sentiva di voler ormai un gran bene. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, per non essere solo un peso, ma cosa avrebbe potuto fare una ragazzetta debole come lei? Non faceva che richiedere attenzioni, senza nulla in cambio, perché ne sentiva il bisogno. Persino con Mikasa... non era mai stata altro che un fardello da portare sulle spalle.
«Credi che le persone si impegnerebbero tanto per aiutarti se tu fossi solo un fardello?»
«Eh?» mormorò, sorpresa. Reiner si voltò, ma restò inginocchiato al suo fianco.
«All'inizio puoi sembrarlo, ma se qualcuno si fermasse a darti una possibilità...» e si sporse verso di lei, infilandole un braccio sotto le ginocchia e poggiandole l'altro dietro la schiena. «Scoprirebbe che in realtà sei come un'attrezzatura delle nostre. Pesante da indossare, ingombrante, ma necessaria se si vuole provare l'ebbrezza di volare» e con una naturalezza fuori dal comune la sollevò da terra, prendendola in braccio. Beatris si irrigidì e d'istinti si aggrappò alla camicia di Reiner, sentendosi il terreno mancare da sotto le gambe.
«Che fai?!» sussultò. «Mettimi giù».
«Dicevi di essere stanca, ti porto a mangiare» e cominciò a salire i gradini della veranda che avrebbero portato alla sala comune. Beatris avvampò e in preda al panico schiacciò il volto tra i suoi vestiti, come se avesse voluto nascondercisi dentro e sparire.
«Ti prego, è imbarazzante!»
«La prossima volta cammina da sola, allora» la provocò, entrando nella sala. «E comunque, Tris...» sentendosi chiamare, Beatris alzò appena lo sguardo sul suo volto, restando comunque nascosta il più possibile. Bastò per riuscire a vederlo sorridere con dolcezza. «Non sei poi così pesante».
«È perché sei molto forte» rispose lei, fraintendendo, convinta che stesse realmente parlando della sua pesantezza fisica, forse troppo imbarazzata per essere portata a cena in quel modo per riuscire a ragionare lucidamente. Reiner sghignazzò divertito e si avvicinò al tavolo di Eren. La mise sulla panca vicino ad Armin sotto lo sguardo inebetito dei compagni, tanto inebetito che la zucchina che Eren aveva raccolto con il cucchiaio ricadde nel piatto e lui nemmeno se ne accorse. Reiner lasciò Beatris seduta vicino ad Armin e le fece una vivace scompigliata di capelli, prima di spiegare: «Si è fatta male, non riusciva a camminare».
Non vide lo sguardo omicida di Mikasa arrivargli direttamente, ma riuscì comunque a percepirlo attraverso la pelle e ne rabbrividì. «È solo un crampo, passerà tra poco» specificò rapido, intimorito dalle intenzioni di Miasa.
Col volto ancora in fiamme e le spalle strette tanto da risultare minuscola, Beatris semplicemente annuì. «È già quasi passato».
«Vado a prenderti qualcosa da mangiare, non azzardarti ad andare a letto digiuna» l'ammonì Reiner e si voltò, diretto verso le cucine. «Va bene» sibilò ancora Beatris, completamente passiva a quella situazione.
«Stai bene?» le chiese Armin, preoccupato. E chissà perché, invece di rassicurarli, Beatris seguì l'istinto e negò tanto vistosamente che le ciocche di capelli le volarono ovunque. No, non stava affatto bene. Aveva lo stomaco spappolato dall'agitazione, avrebbe voluto scavare una buca a terra e seppellircisi dentro. Probabilmente non era vero, ma sentiva di avere tutti gli sguardi dei suoi compagni addosso. Cosa stavano pensando in quel momento, avendola vista tenuta in braccio da Reiner in quel modo.
«Quel bastardo sta esagerando con questa storia degli allenamenti extra» disse Mikasa, lanciando uno sguardo furioso nella direzione dove aveva visto sparire Reiner. «Appena torna gliene dico quattro».
«No, tranquilla!» sussultò Beatris e riuscì finalmente a sorridere, a tornare lentamente in sé. «Lui non c'entra, è colpa mia».
«No, non è vero. Non inventare scuse, non sei capace» l'ammonì Mikasa e Beatris sentì qualcosa tra la rassegnazione e la frustrazione portarla ad accasciarsi. A volte quella storia che non era in grado di inventare scuse era davvero pesante. «Dico sul serio» cercò di insistere. «Voleva che mi fermassi ma ho esagerato, non prendertela con lui. Non... ammazzarlo» ridacchiò nervosa, ripensando a ciò che Reiner le aveva raccontato della sua promessa fatta a Mikasa. Anche se Reiner era grande e grosso, sapeva che contro Mikasa persino uno come lui avrebbe avuto dei problemi. In fondo, a volte, nel combattimento corpo a corpo, Reiner si faceva abbattere persino da Eren. Mikasa la fulminò, probabilmente intuì che lei sapesse della minaccia che aveva fatto a Reiner circa un anno addietro, ma non aggiunse altro perché Armin fu rapido nel riuscire a cambiare discorso: «Secondo voi cosa ci aspetta all'esame di domani?»
«Non lo so» parlò finalmente Eren, tornando a puntare la zucchina che gli era sfuggita la prima volta. «Ma sono deciso, questa volta, a non restare indietro. Ce la metterò tutta e riuscirò ad arrivare primo, questa volta».
«Non dirlo troppo a voce alta o Mikasa potrebbe decidere di farti passare avanti a lei di proposito» lo ammonì Beatris ed Eren scattò a fulminare la mora al suo fianco: «Non azzardarti! Devo batterti con le mie forze!»
«Eren, non esagerare o finirai col farti male come è successo a Bea» gli rispose semplicemente Mikasa e Beatris tornò ad arrossire, sentendosi di nuovo in imbarazzo per quella scusa che non riusciva a reggere troppo. «Sto bene, davvero» mormorò.
Reiner tornò indietro con due piatti in mano e uno lo lasciò davanti a Beatris, prima di voltarsi e andarsene, intenzionato a cenare insieme a Bertholdt al tavolo vicino.
«Potevo... andarci da sola» mormorò Beatris, sempre più in imbarazzo per tutte quelle attenzioni.
«Pensa a farti passare quel crampo» le disse Reiner, sicuramente più bravo di lei nel mentire, e le fece un semplice gesto con la mano prima di sedersi di fronte a Bertholdt.
«Io e Bea continuiamo a essere ultimi, spero che questa volta ci vada meglio» ridacchiò Armin nervoso, tornando sul discorso esame. «Forse dovresti allenarti di più anche tu come fa lei» le suggerì Eren. «Possiamo unirci anche noi a lei e Reiner per gli allenamenti extra».
E Beatris sussultò, senza neanche capirne appieno il motivo. Sentì una confusione muoversi dentro lei, un misto tra l'entusiasmo di poter avere i suoi amici a fianco, e il rammarico di non poter più sentire come suo personale quel momento che si ritagliava insieme a Reiner. Era sia felice che triste all'idea di averli con sé, e non riusciva a capire quale delle due emozioni fosse predominante.
«Mi sembra una buona idea» confermò Mikasa, ma sapeva che probabilmente il suo era solo un modo per riuscire a controllare che Reiner non le facesse del male. Forse la scusa del crampo non era stata una buona idea, lei non sembrava averla presa bene.
«Dovremo sentire cosa ne pensa Reiner, non possiamo semplicemente imbucarci» disse Armin, timoroso, e Eren si voltò immediatamente verso il biondo. Alzò un braccio e chiamò a gran voce: «Ehy, Reiner! Possiamo allenarci anche noi con voi?»
Reiner restò per un attimo perplesso, forse confuso dall'essere chiamato così, senza un contesto, e per la domanda improvvisa. In fondo, dopo mesi, ci pensavano solo ora che volevano unirsi a loro? Esitò, ma più per la confusione che per un vero dubbio in proposito, anche se sapeva che probabilmente, se fossero stati tutti insieme, quei momenti non sarebbero più stati gli stessi. Ma forse era meglio così, forse avrebbe dovuto mollare un po' la presa sul senso di attaccamento che stava sviluppando con Beatris. Se fosse peggiorato, sarebbe stato un pasticcio per tutti quanti.
Ymir passò loro in mezzo in quel momento e lanciò uno sguardo malizioso a Eren, prima di dire a Christa: «Questo è quello che succede quando gli idioti non riescono a leggere tra le righe, rovinano le coppie».
Una provocazione che fece arrossire di colpo sia Reiner che Beatris, ma entrambi reagirono violentemente alla cosa. Era talmente tanto, da essere irritante.
E all'unisono risposero a Eren, quasi con furia: «Certo che sì!»
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I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no Kyojin
FanficIl boato che sfondava le sue finestre, il tremore della terra che la faceva cadere dalle scale, le urla di sua madre mentre correva a prenderla. Per le strade era il caos, riuscire a correre in mezzo alla folla senza separarsi era quasi impossibile...