«Bea» Eren si avvicinò a lei. Erano passati minuti interi, la squadra di Levi ormai si stava rilassando e riposando dopo l'orrenda situazione vissuta fino a quel momento.
Si erano distesi un po' le spalle... ma Beatris aveva preferito isolarsi, mettendosi a sedere su un ramo da sola con i piedi penzoloni nel vuoto, a guardare il cielo sopra di sé. Pensierosa, sicuramente avvilita vista la sua espressione. «Tu lo sapevi?» le chiese Eren, affiancandola. Beatris ciondolò i piedi nel vuoto come una bambina e continuò ad osservare le nuvole che passavano tra i rami degli alberi. Non riusciva a dimenticare lo sguardo di Annie, non riusciva a dimenticare le urla di Marco, non riusciva a dimenticare il volto di sua madre. Tutti loro avevano in comune qualcosa: la disperazione della morte, il loro ultimo attimo, la loro ultima speranza l'avevano rivolta a lei... e lei non aveva mai fatto altro, per tutta la vita, che stare a guardare senza fare niente. Pensare a salvare la sua vita, prima che quella degli altri. Il suo egoismo le faceva venire la nausea. Forse era per quello che cercava sempre di dare più importanza agli altri che a sé, forse era per quello che risultava sempre eccessivamente altruista e pareva così svilire se stessa: era un modo per compensare? Per cercare di convincersi che non era vero, che lei non era poi così egoista. Un modo per negare la propria natura, per ripagare i suoi debiti. Ma nel momento del bisogno... continuava a voltare le spalle a chi le chiedeva aiuto, scegliendo di seguire una via personale. Eren era troppo importante per lei, aveva perciò avuto la precedenza su Annie. Aveva preferito voltarle le spalle, così da avere salva la vita.
«Bea!» la chiamò di nuovo Eren, rendendosi conto che non lo stava ascoltando. «Tu sapevi che il piano del comandante Erwin era sempre stato quello di catturare quel gigante?»
«No, Eren» mormorò. «Non lo sapevo».
«Cosa?!» sussultò Eren. «Ma... mi avevi detto che...»
«Ho iniziato a sospettarlo mentre scappavamo da quel gigante» lo interruppe Beatris. «E non volevo che tu facessi idiozie e provassi ad affrontarlo. Ho cercato di proteggerti. Mi dispiace, Eren, ma ti ho detto qualche bugia» e forse anche di più che solo qualcuna.
«Ma... come lo hai capito?»
Beatris alzò le spalle, poco interessata. «Abbiamo costruito con Hanji tutti quei cannoni e poi ci siamo diretti subito qui, senza mai provare nemmeno ad andare a sud verso Shiganshina. Quando siamo entrati nel bosco molti dei nostri compagni avevano interrotto la marcia, posizionandosi sugli alberi, ho pensato che fosse perché fossimo arrivati a destinazione. Ho capito che c'era qualcosa di diverso dai piani originali e quando ho visto quel gigante...» sospirò. «Eren, tu non hai mai pensato di non essere l'unico?»
«Eh?» mormorò Eren. In effetti no, non ci aveva mai pensato. Ciò che era successo a lui, la sua capacità, era qualcosa di mai visto prima. Era unico.
«Eren... tu cosa credi che sia il gigante colossale?» gli rivolse la stessa identica domanda che gli aveva rivolto tempo addietro, a Trost, prima di scoprire la vera identità di Reiner. Eren se la ricordò... era da allora che Beatris aveva avuto dubbi sulla vera natura di quei giganti.
«Sono... umani?» mormorò, sorpreso.
«Se questo dubbio ha colto una stupida come me, è ovvio che possa aver colto anche il comandante Erwin. Quel gigante femmina... non ti sembrava strano?»
«Pensi davvero che ci sia qualcuno nella sua nuca?!» sussultò Eren, ma più che una domanda fu una risposta. Ora che Beatris glielo faceva notare, era impossibile non pensarla così. «Ma... vista l'importanza della missione, perché non parlarcene? Perché tenercene all'oscuro?» si voltò verso il resto della squadra di Levi, ora molto più vicina a loro. Non avevano detto una sola parola, ma stavano ascoltando. Beatris lo sapeva e forse solo per questo stava parlando così apertamente. La sua speranza era quella di riuscire a risultare il meno sospetta possibile. «Perché tenere all'oscuro noi reclute di una cosa tanto importante?!» chiese ancora Eren, guardando Oruo.
«Quanto sei noioso!» rispose Oruo, nervoso... forse più turbato. Dubitavano ancora di lei, era evidente, la credevano la spia o forse lo sospettavano. O forse avevano solo ricevuto l'ordine da Erwin di tenerla d'occhio. Non lo sapeva, ma era ovvio che non fossero ancora totalmente rilassati.
«Perché la spia potrebbe essere uno di noi» rispose Beatris. «È naturale sospettare degli ultimi arrivati, soprattutto quando questa storia è iniziata praticamente in concomitanza con il nostro arruolamento. E se ci pensi, chi ha ucciso Sawney e Bean era qualcuno che non solo aveva accesso a Trost ma addirittura qualcuno capace col movimento tridimensionale e con le conoscenze adatte ad abbattere due giganti, per quanto piantati a terra».
«Ma che stai dicendo?!» sussultò Eren.«Bea-stupida! Stai davvero dubitando dei nostri compagni?»
«Non sospettavo nemmeno che tu fossi un gigante, eppure eccoti qua...» gli rivolse un'occhiata glaciale, poi sospirando tornò a guardare il cielo. «Nessuno è privilegiato solo perché è molto amichevole e apparentemente piena di entusiasmo. In situazioni come queste, nessun dettaglio deve essere omesso» e chissà quale era stato il suo dettaglio, quello che aveva portato Erwin a sospettare di lei.
«Moreau» Eld fece un passo verso di lei, pronto a parlarle, forse giustificare le loro azioni. Ormai era palese ai loro occhi che lei avesse intuito qualcosa. Ma Beatris lo interruppe subito con un rapido: «Sì, lo so».
Si voltò e cercò di sorridere, sincera. «Avrei probabilmente fatto anche io la stessa cosa. O forse no... forse io sarei stata accecata dai miei sentimenti personali e non avrei mai potuto prendere una decisione tanto fredda». Era quello che aveva fatto, in fondo, giusto? Accecata dal suo amore per Reiner, non avrebbe mai avuto il coraggio di colpevolizzarlo. Era ingenua, continuava a dare troppa fiducia a chi amava... e Reiner l'aveva di nuovo ingannata proprio per quello. Usata per arrivare a Eren, impedendole di intervenire, continuando però a sfruttarla per ottenere informazioni con o senza la sua volontà. Era qualcosa che non riusciva a scrollarsi di dosso. Faceva dannatamente male. Un amaro sorriso le sbocciò in viso. «Il comandante Erwin è davvero un passo avanti a tutti». Un passo davanti a lei, era persino riuscito a intuire il suo coinvolgimento. E ora che Annie era arrivata proprio da dove si sarebbe aspettato di vederla arrivare, dall'ala destra nelle retrovie, in che modo Beatris si sarebbe salvata dalle accuse? In che modo ne sarebbe uscita? Abbandonare Annie, consegnargliela, sarebbe stato sufficiente a convincerlo della sua innocenza?
«Niente di personale, Moreau» ci tenne a specificare Eld.
«Tu ci piaci molto in realtà» intervenne Petra. «Abbiamo solo eseguito gli ordini».
«Ehy... ma di cosa state parlando?» mormorò Eren, confuso. E Beatris sghignazzò. Anche lui era talmente accecato dai suoi sentimenti personali, dal legame che aveva con lei, da non arrivare a sospettare niente nemmeno quando glielo si spiattellava in faccia. «A volte mi irrita davvero tanto vedere quanto mi somigli, Scemo-Eren».
«Eh?!» quasi ringhiò Eren, irritato. «Ma che stai dicendo?! Non ti somiglio affatto!»
Beatris sorrise, ma non rispose. Da quando aveva lasciato Annie nelle mani del comandante non riusciva a togliersi di dosso quella profonda tristezza, tanto amara da spingerla a rabbuiarsi senza nemmeno provare a nasconderlo, a far finta di essere inconsapevole di cosa le accadesse attorno. Quello sguardo... come se lo sarebbe scrollato di dosso?
No, in verità era arrivato tutto molto prima. Quell'abbattimento, il suo dolore, era arrivato nell'istante in cui si era vista voltare le spalle da chiunque. Non solo da Hanji, verso cui si era affezionata enormemente e per cui aveva lavorato così piena di felicità, ma persino da Reiner. L'aveva ingannata, usata, nonostante tutte le promesse, nonostante quella fascia al braccio. D'istinto si portò la mano destra al bicipite, dove nascosto dai vestiti teneva quel dono. Se lo strinse delicatamente, cercando il suo conforto. Persino davanti a quella bugia non riusciva a odiarlo, persino in quel momento non poteva far a meno di desiderare di averlo a fianco. Forse se lui fosse stato lì avrebbe trovato un'altra giustificazione, qualcosa a cui aggrapparsi. Un'altra delle sue bugie tanto rassicuranti.
Non avrebbe mai accettato di mettere Eren in pericolo, era davvero disposta a tutto pur di salvarlo, ma lì, in mezzo a quelle persone, lei ormai era sola. Accusata di tradimento, quanto ci avrebbero messo a scoprire che avevano ragione, che lei era coinvolta? L'unica soluzione era continuare a seguire Reiner, ma questo davvero avrebbe significato cedergli Eren? Non poteva farlo. Era bloccata, in un vicolo cieco.
Sola.
Eren sospirò, notando come ancora una volta sembrava essersi persa nei suoi pensieri. Le si mise a fianco, si sedette vicino a lei con i piedi penzoloni nel vuoto, e rimase in silenzio. A guardare il cielo sopra di loro. Non disse altro, solo restò al suo fianco a condividere quel dolore che palesemente aveva sul volto ma che sembrava intenzionata a non condividere. Fu banale, eppure aiutò. Riuscì a distendere un po' la sua tensione, a farle sentire la solitudine meno pressante. Non le fece domande, non la mise in difficoltà, non la costrinse a dare spiegazioni, semplicemente restò lì con lei, a suggerirle solo con la sua presenza che sarebbero rimasti insieme, di fronte a qualunque difficoltà. Chissà se era così che si era sentito Reiner, quando lei ancora non conosceva la verità. Felice di avere a fianco qualcuno con cui potersi sentire meno solo, senza dover per forza dare giustificazioni, a godersi solo quel momento di pace. Approfittando della fiducia di chi invece avrebbe dovuto odiarlo. Tornò a stringere la fascia al braccio.
«Eren» mormorò. «Tu resteresti con me, in qualunque situazione?»
La stessa identica domanda che Reiner le aveva posto, era proprio quella che sentiva di volergli rivolgere in quel momento. Perché non riusciva proprio a odiarlo? Perché nonostante tutto continuava a desiderare di averlo vicino? Perché desiderava ancora comprenderlo?
«Eh?» mormorò Eren, confuso. «Che stai dicendo? Certo che lo farei».
E Beatris si voltò a sorridergli, felice. Ma fu uno di quei sorrisi emblematici che tanto volevano in realtà nascondere.
«Torniamo insieme a Shiganshina, un giorno, va bene?» gli disse e si strinse teneramente nelle spalle. Era davvero l'unica cosa che riusciva a darle serenità, in quel momento. Che fosse stata arrestata, o che avesse alla fine seguito Reiner, o che lo avesse perso per sempre scegliendo di schierarsi dalla parte di Eren... in tutte quelle opzioni, l'unica cosa che avrebbe potuto darle speranza era poter tornare a casa sua. Eren ricambiò il sorriso, anche se non lo comprese, e schiuse le labbra pronto a risponderle, ma qualcosa glielo impedì. Un lacerante urlo fece vibrare persino le foglie degli alberi. Era come una bestia selvaggia, un urlo pieno di disperazione, il ringhio della terra stessa. Li fece vibrare dal terrore, si voltarono istintivamente a guardarsi alle spalle, riuscendo a intuire che arrivasse dalla direzione del gigante femmina. Durò qualche istante, e infine si quietò. Il silenzio che ne seguì fu quasi innaturale, persino il vento sembrava aver smesso di soffiare.
«Che cos'era?» mormorò Eren, pallido in volto. Ma nessuno gli rispose, sapendo che non ce n'era bisogno e ancora troppo scossi per riuscire a parlare.
La mano di Beatris si strinse di più sulla fascia di Reiner e restò immobile, per qualche secondo, con lo sguardo vitreo. Quello era l'urlo di Annie. Che cosa le stavano facendo? Perché? Il loro obiettivo era di salvare il mondo, non avevano cattive intenzioni. Perché si stavano combattendo con tale ferocia? Perché l'avevano fatta urlare con quella disperazione? Loro... loro non erano i cattivi... giusto?
«Che cosa... le staranno facendo?» mormorò tra sé e sé, ma si accorse troppo tardi di aver usato un tono di voce troppo alto. Lo sguardo di Eld si posò preoccupato su di lei e si corrucciò. Se prima potevano avere dei sospetti, quella forse era una risposta?
«Sei preoccupata per quel gigante, Moreau?» le chiese, torvo in viso, e lei sobbalzò.
«È... è naturale!» balbettò, cercando di indossare la migliore maschera che poteva avere con sé in quel momento. «Lì dentro potrebbe esserci qualcuno dei nostri compagni, no? Non era quello che stavamo dicendo?»
Eld non smise di fissarla, dritto negli occhi, ed esitò fin troppo prima di dire decisamente poco convinto: «Certo. Era quello che stavamo dicendo».
Quella era la sua prova. Lei ormai era la traditrice, l'avevano scoperta in qualche modo, non era stata semplice precauzione quello di tenerla sotto scorta di Levi. Loro avevano avuto sospetti molto forti su di lei fin da subito. E Beatris non era brava a fingere, non era brava a mentire, o inventare scuse. Era preoccupata per Annie, glielo si leggeva in faccia, solo uno stupido accecato dai sentimenti non avrebbe potuto notarlo... solo Eren, non lo notò. Passarono pochi minuti, in preda alla tensione, in allerta, chiedendosi cosa sarebbe successo da lì a poco, quando infine videro il fumogeno blu di Erwin salire verso il cielo.
«Il segno di ritirata» commentò Gunther, prima di voltarsi verso i suoi compagni: «Raduniamoci con gli altri, torniamo ai cavalli».
«Avete sentito?» disse Oruo, alzandosi in piedi. «Andiamo».
Si sporsero tutti, pronti a far azionare il proprio meccanismo di manovra tridimensionale, ma si voltarono a guardare Beatris, immobile. Se fosse scappata in quel momento, se avesse sfruttato la confusione della ritirata per fuggire da quella situazione, forse si sarebbe evitata la galera? Forse avrebbe potuto sopravvivere? Se li avesse seguiti, se fosse tornata a Karanes come previsto, cosa le sarebbe aspettato?
E forse quei pensieri la squadra di Levi li colse.
«Moreau» le disse Eld, rigido. Stringeva i manici della propria attrezzatura, lui come gli altri, e sapeva che non erano solo pronti a volare via ma anche ad attaccarla se necessario. Lei, contro i quattro migliori soldati dell'armata... cosa avrebbe potuto fare? Da sola, in quelle terre infestate dai giganti quanto sarebbe durata?
Restò ferma, rigida, terrorizzata.
«Andiamo» le disse Petra. «Dobbiamo scortarti fino a Karanes».
Dovevano scortarla. Come una prigioniera.
Sentì il panico crescere dentro di sé, il terrore soffocarla. Ormai qualsiasi cosa avesse deciso di fare, per lei era la fine.
«Muoviti mocciosa, non farci perdere tempo» la istigò Oruo, con molto meno tatto.
«Bea» le si avvicinò Eren, preoccupato. Lo lasciò fare, neanche si rese conto di lui tanto era avvolta dalla sua nebbia di terrore. Paralizzata dalla paura... non era in grado di muoversi. Come era sempre stato. Non era mai riuscita a crescere, mai riuscita a rendersi più forte.
Eren le arrivò di fianco che lei nemmeno l'aveva notato, e la prese per mano. «Andiamo, non stare imbambolata come una scema» le disse semplicemente e iniziò a tirarla. Fu assurdo, eppure riuscì a farla muovere. Beatris lo seguì senza porre resistenza, facendosi accompagnare per mano fino al bordo del ramo, passando di fianco alla squadra Levi. Ponendosi infine davanti a loro, pronti per essere seguiti. Eren saltò per primo e Beatris, ormai arrendevole, lo seguì. La squadra di Levi saltò dopo di loro e tornando a circondarli, per assicurarsi di bloccar loro tutte le direzioni, si diressero verso la zona dove avevano lasciato i cavalli. Erano ancora a metà strada, quando videro un fumogeno verde non troppo lontano.
«Dev'essere il capitano Levi che ci cerca» disse Gunther, prima di cambiare direzione. «Andiamo». Sparò a sua volta un fumogeno per indicare la loro posizione e andarono incontro al capitano, intenzionati a incontrarlo a metà strada.
Beatris li seguì passivamente e continuarono a volare per qualche altro minuto, in silenzio, verso la zona dove era stato sparato il fumogeno. Persa completamente nel suo incubo vuoto, senza consistenza, non si accorse della figura che li aveva raggiunti fino a quando non la vide volare loro incontro, tagliandogli la strada. Sentì appena in tempo l'urlo di Gunther, che le chiedeva chi fosse, ma non ebbe alcuna risposta. La figura incappucciata gli volò addosso e gli tagliò la gola con un solo gesto.
«Cosa...» balbettò Eren, rallentando insieme al resto del gruppo. Sgranò gli occhi e guardò Gunther penzolare da un ramo, a testa in giù. Si corrucciò. «Gunther!» gridò prima di catapultarsi verso di lui. La formazione si sciolse improvvisamente, in preda al panico, pronti a guardarsi attorno e vedere da che parte fosse scappato il nemico. Volarono in ogni direzione, cercando di studiare la zona, col volto corrucciato e l'espressione terrorizzata. Da dove era arrivato? Come li aveva trovati? Chi era? Come era riuscita a uccidere Gunther così rapidamente e di nuovo poi sparire?
«Gunther!» gridò ancora Eren, vicino al corpo del ragazzo ormai morto. E Beatris rimase immobile, appesa al suo ramo. Sentì una scarica di adrenalina arrivarle dal cuore dritta fino al cervello. Tenne gli occhi fissi su Gunther e Eren al suo fianco per qualche istante, mentre sentiva ogni muscolo tremarle. Quell'urlo era di Annie, poco prima, ne era certa. Era convinta che l'avessero presa, forse torturata per tirarla fuori dalla nuca, ma non dovevano esserci riusciti. L'urlo di Annie era pieno di disperazione e dolore... e allora come faceva a essere ancora in circolazione?
Sussultò, colta da un pensiero.
Annie era ancora in circolazione.
«Eren!» gridò, lanciandosi verso di lui. Lo raggiunse rapidamente e lo afferrò per la divisa, prima di trascinarlo via. «Non fermatevi! Andiamo!» gridò Oruo, fiancheggiandoli. «Presto! Dobbiamo andare via!» gridò Petra, riavvicinandosi a loro insieme a Eld.
Si voltarono a guardare per l'ultima volta Gunther, alle loro spalle, e fu in quel momento che la videro. La figura incappucciata sbucò alle loro spalle e sparì di nuovo dietro a degli alberi, ma volando comunque nella loro direzione. Li stava inseguendo.
«Dobbiamo proteggere Eren!» gridò Eld.
Perché? Perché volevano Eren? Beatris non riusciva proprio a capirlo. Forse la sua capacità di trasformarsi in gigante avrebbe portato quella gente più vicino alla verità fuori dalle mura, come era stato per Sawney e Bean? Avrebbero ucciso anche lui, come avevano fatto con tutti quelli che avevano sentito minacciosi? Come i due giganti di Hanji... come Marco?
«Non posso permetterti di prenderlo!» gridò a gran voce, per farsi sentire da Annie alle loro spalle. «Mi dispiace, ma non te lo cederò! Non posso farlo!»
«Bea» mormorò Eren, confuso dalle sue urla. Beatris spinse Eren avanti, spingendolo in modo che anticipasse la squadra di Levi. «Vai, Eren! Devi scappare!» e si voltò completamente verso Annie. «Non azzardarti a morire, hai capito?!» gridò e infine diede gas, pronta a correre incontro al loro nemico. Non avrebbe mai potuto farcela, nemmeno Reiner era mai stato in grado di battere Annie nel corpo a corpo, ma se l'avesse tenuta impegnata anche solo per qualche minuto sarebbe riuscita a guadagnare tempo. Mettendosi apertamente contro di lei Annie probabilmente non si sarebbe trattenuta dall'ucciderla, lo sapeva, lei non aveva certamente di quelle remore nei suoi confronti. Beatris sarebbe morta con ogni probabilità, ma sarebbe morta anche tornando a Karanes e forse sarebbe stato anche peggio perché tutti avrebbero saputo del suo tradimento. Avrebbe dovuto fare i conti con le accuse e gli sguardi colmi di rancore dei suoi amici. Non poteva sopportarlo, non sarebbe riuscita a sopportare lo sguardo d'odio di Mikasa, di Armin o di Jean. Se doveva morire, allora tanto valeva farlo nel migliore dei modi: raggiungendo il suo obiettivo, diventare quel muro, proteggere almeno Eren fino alla fine.
Diede gas, ma non fece nemmeno un metro. Qualcuno l'afferrò per la divisa e la trascinò indietro, spingendola verso Eren. Eld la superò e la lasciò andare solo in quel momento, rivelando che era stato lui a fermarla.
«Portalo vivo indietro» le disse con uno strano sguardo determinato. «Dimostra la tua lealtà. Obbedisci agli ordini!»
Le stava dando una possibilità?
«Niente colpi di testa, Moreau! Te l'ha ordinato il capitano Levi, non dimenticarlo» disse Oruo, superandola e mettendosi tra lei e Annie, ancora intenta a inseguirli.
«Maledetta... ti ucciderò con le mie mani!» ruggì Petra, sicuramente la più scossa per ciò che era successo a Gunther. Annie virò ancora, nascondendosi prima che avessero potuto vederla bene in volto. Non faceva che volare a zig zag, nascondendosi tra gli alberi, per poi sbucare... sempre più vicino. E infine, sparendo per l'ennesima volta, un lampo squarciò il cielo. Annie sparì e al suo posto comparve il gigante femmina, sfondando un paio di alberi. E riprese a correre.
«Maledizione! Lasciatelo a me! Adesso basta così!» gridò Eren.
«Eren, no!» gridò Beatris, al suo fianco.
«Perché no?» ruggì Eren, furioso, e Beatris rispose a gran voce, ormai furiosa: «Non è alla tua portata, vuoi capirlo?!»
«Come puoi saperlo?! Posso combattere!»
«No, non puoi! Non contro di lei! Lo so e basta, smettila di fare lo stupido e ascoltami solo per questa cazzo di volta!» e non si preoccupò affatto di alimentare i sospetti su di lei. Tanto ormai l'avevano capito, lo sapevano che lei era la traditrice, o che perlomeno conosceva l'identità di Annie. Non le interessava più, non le importava più in che modo avrebbe posto fine alla sua vita, le interessava solo poter salvare Eren a qualunque costo.
«Moreau» la chiamò Eld. «Porta Eren a Karanes, lo lasciamo nelle tue mani».
«Voi...» mormorò Beatris, guardandolo in un misto tra la disperazione e il terrorizzato. «Vi fidate?»
«Il tuo obiettivo è proteggerlo, ed è anche il nostro. Non importa cosa ci sia di mezzo, adesso è questa la nostra priorità. Penseremo noi ad abbattere quel gigante».
«Posso combattere anche io!» insisté Eren.
«Non se ne parla!» lo rimproverò Eld. «Sei troppo prezioso, non possiamo metterti in pericolo».
«Cosa ti prende? Non ti fidi delle nostre capacità?!» lo rimproverò Oruo.
«Eren» lo chiamò Petra e solo quando intercettò il suo sguardo Eren ebbe un primo cedimento. Lo guardava dritto negli occhi, ma non era autoritaria come gli altri. Sembrava più che lo stesse... supplicando. «Abbi fiducia in noi».
Fiducia. Tutto si appoggiava a quello. La squadra di Levi non aveva avuto fiducia in Eren all'inizio, pensandolo pericoloso era stata pronta a ucciderlo alla sua prima trasformazione incontrollata, avvenuta accidentalmente. E non avevano avuto fiducia in Beatris, fino a pochi istanti prima. Ma poi avevano promesso di darla a Eren, avevano dimostrato quella loro promessa mordendosi una mano in segno di solidarietà e ancora ne portavano i segni addosso. E infine avevano dato fiducia a Beatris, affidandogli Eren, lasciandola da sola. Adesso stava a loro scegliere a chi dare la propria fiducia...
«Va bene!» disse Eren, convinto. «Mi fido dei miei compagni!» e voltandosi diede gas, accelerando, pronto a fuggire.
La squadra di Levi non perse un solo istante e si lanciò contro Annie, pronti ad attaccarla. E furono incredibili. Riuscirono da subito a eludere il tentativo di Annie di colpirli, schivarla, e si lanciarono dapprima contro i suoi occhi. L'accecarono, la fecero traballare e ne approfittarono per colpire le spalle, tagliandole i tendini che le permettevano di usare le braccia. Beatris, alle sue spalle, vide Annie barcollare e infine appoggiarsi a un albero. Le braccia penzoloni lungo il corpo, indifesa. Anche se cercava di proteggersi la nuca schiacciandosi contro l'albero, sarebbe bastato farla crollare a terra e avrebbero potuto tagliargliela. Abbatterla. Era quello il termine che avevano usato. Non catturarla, non tirarla fuori da lì... loro volevano abbatterla. Avrebbero potuto farcela.
E Beatris ancora una volta stava scappando, volgendo le spalle a chi moriva. Avrebbe protetto Eren a ogni costo, ne era certa, ma cosa poteva fare una come lei da sola? Se avessero incontrato pericoli certo la sua presenza non avrebbe fatto la differenza, lei non era così brava. Era davvero necessario che l'accompagnasse... o forse Eld aveva solo voluto istigarla a consegnarsi, tornare a Karanes di sua volontà, sollecitando il suo senso del dovere e il suo amore per suo cugino? A cosa doveva credere? A chi avrebbe dato la sua fiducia? Combattere con e contro Reiner... perché doveva essere così difficile?
Non voleva che Eren morisse, ma non voleva nemmeno che morisse Annie. Per quanto fossero su due piani diversi, l'importanza che dava alle loro vite si basava solo sul suo mero egoismo. Chi amava di più? Chi avrebbe protetto e chi invece sacrificato? Era davvero costretta a fare una scelta?
Avrebbe lasciato Annie nelle mani della squadra di Levi e l'avrebbe vista morire, senza fare niente, come aveva sempre fatto? Lanciò uno sguardo ad Eren: guardava davanti a sé senza neanche voltarsi, completamente fiducioso, impegnato solo ad eseguire l'ordine e scappare. Neanche la notava, poco più indietro rispetto a lui. Non sapeva quali sarebbero state le conseguenze, non sapeva cosa le sarebbe successo, se i sospetti su di lei si fossero intensificati dopo tutto quello o meno. Non sapeva se il tornare sola con Eren l'avesse potuta salvare, ma perché si ostinava a pensare solo a se stessa? Perché non riusciva a smettere di essere così egoista? Non c'era davvero modo di riportare indietro tutti e due... e magari parlarne meglio? Trovare una soluzione diversa?
Si voltò e vide Eld appoggiarsi a un tronco, pronto a darsi lo slancio e colpire Annie al collo. Le avrebbe fatto chinare la testa, così da scoprire la nuca, e loro l'avrebbero uccisa. Proprio alle sue spalle, dopo che lei le aveva lanciato quello sguardo supplichevole nemmeno un'ora prima. Dopo che lei aveva sentito il suo urlo straziato. Eld caricò e si lanciò contro Annie, pronto a colpirla. L'avrebbe presa... se Beatris non avesse deciso di tornare indietro e lanciarsi contro di lui a testa china, facendogli perdere la traiettoria e spingendolo contro la bocca di Annie. Annie aprì in quel momento un occhio, guarito appena in tempo, e riuscì a intercettare Eld che volava in direzione del suo volto piuttosto che del collo. Le bastò voltarsi, aprire la bocca e chiudere i denti sulla sua testa. Il sangue di Eld arrivò a macchiare persino gli abiti di Beatris, ancora spinta dalla foga del suo lancio.
«Mi dispiace» disse quest'ultima, roca e bassa. Gli occhi sconvolti di Petra e Oruo si spostarono dal compagno dilaniato dai denti di Annie a Beatris. «Non posso permettere che prendiate nemmeno lei» mormorò, quasi avvilita. Vinta dalla sua natura egoista. Ma lei era fatta così, lei andava avanti solo a pulsioni personali... senza alcuna nobile ragione. Esattamente come aveva detto Erwin, lei era profondamente egoista.
«Tu... come hai potuto?!» ruggì Petra e si lanciò contro Beatris, ignorando Annie ancora appoggiata all'albero.
«Mi dispiace» mormorò ancora Beatris, e quando alzò lo sguardo terrorizzato su Petra mostrò il volto ormai solcato di lacrime. Non aveva agito con freddezza, era stata avventata, impulsiva e sconsiderata, ma non aveva fatto altro che seguire il proprio istinto. Come al solito. E aveva deciso a chi dare la sua fiducia: esattamente a tutti loro. Si fidava del fatto che Eren avrebbe continuato senza di lei, si fidava del fatto che la squadra Levi fosse in grado di uccidere Annie e si fidava di Reiner, delle sue intenzioni, e della loro missione. Aveva solo cercato il modo più indolore per provare a salvare chi davvero le interessava salvare, in quel caos di scelte. Lottare con e contro Reiner, salvare sia Eren che Annie... in un modo o nell'altro. Vide Petra avvicinarsi ad armi spianate, pronta a colpirla, e non riuscì a muoversi. Solo a piangere. «Mi dispiace» mormorò.
Annie si mosse in quell'istante e si lanciò in avanti, verso le due.
«Petra!» gridò Oruo, troppo lontano per intervenire. Provò a lanciarsi contro il gigante, provò comunque a fare qualcosa, ma ormai la loro formazione era sciolta, gli animi troppo turbati e il gigante aveva avuto il vantaggio di cui aveva bisogno. Con un piede Annie colpì Petra, la tolse dalla traiettoria di Beatris, e la schiacciò contro un albero. Oruo, urlando disperato il nome della compagna, si lanciò contro il gigante e puntò dritto alla nuca ora scoperta. «Muori!» gridò un istante prima di colpirla. Ma Annie indurì la nuca e le lame di Oruo si spezzarono, lasciandolo disorientato e confuso abbastanza da permettere a Annie di reagire con un contrattacco. Si girò su se stessa e lo colpì con un calcio, scaraventandolo contro gli alberi. Il corpo di Oruo, martoriato dal colpo, lasciò una scia di sangue lungo i tronchi, prima di crollare a terra.
«Mi dispiace» singhiozzò Beatris, paralizzata di fronte a Annie. Li aveva uccisi lei. Ancora una volta era stata lei la causa di quelle morti. Ma non aveva avuto altra scelta. Aveva fatto una promessa... se fosse tornata a Karanes da sola con Eren, se la squadra di Levi avesse ucciso Annie, non solo l'avrebbe avuta sulla coscienza. ma al loro ritorno niente avrebbe impedito loro di raccontare come Beatris avesse praticamente confessato. E lei non poteva permetterlo... lei doveva sempre tornare, andare a prendere Reiner. Perché nonostante tutto, lui continuava a essere l'unica cosa che sentiva di poter avere vicino. Macchiati degli stessi crimini, si sentiva esattamente come lui. Si era sentita come Reiner anche mentre si beava della vicinanza di Eren, su quell'albero. Nonostante l'avesse di nuovo ingannata, che altra scelta aveva se non continuare a seguirlo? E sporcarsi le mani insieme a lui? Prima Marco, poi Sawney e Bean e adesso Eld e il resto della squadra. Era un'assassina, ma lo era già da prima. Lei era come Reiner... ed era per quel motivo che adesso portava al braccio la sua fascia che ora stringeva con la mano destra. Si era sentita sola, di nuovo, persa in un incubo... ma aveva stretto le dita su quella fascia, e aveva sentito un tiepido calore sprigionarsi dal petto.
Resteresti con me anche se scoprissi che sono un bastardo?
Aveva maledettamente ragione. Lui era un vero bastardo, ma lei aveva promesso che sarebbe rimasta con lui anche di fronte a tutto quello. Che avrebbero proseguito insieme. E Annie, come Bertholdt, facevano parte di tutto quello esattamente come loro. Non avrebbe mai ceduto Eren, di questo era convinta, ma non avrebbe mai abbandonato nemmeno loro. A qualunque costo...
Anche lei, alla fine, era una dannata bastarda.
Annie voltò l'unico occhio che era riuscita a rigenerare e lo puntò a lei. Restò a guardarla per qualche brevissimo istante, che parve infinito. Faceva davvero venire i brividi, nonostante sapessero che erano dalla stessa parte. Era terrificante.
Un urlo attirò la loro attenzione e Beatris riuscì a sciogliersi dalla morsa di terrore che sentiva soffocarla. Si voltò, spalancando gli occhi, incredula e spaventata.
«Eren» mormorò pallida, vedendolo tornare indietro. Urlava, rabbioso. Perché era tornato indietro? Perché non aveva proseguito verso Karanes?
«Bea!» lo sentì gridare e Beatris sentì il cuore perdere un battito. Stava tornando per lei? Per salvarla, perché la credeva in pericolo?
«Eren! No!» gridò Beatris e provò ad alzarsi da terra, corrergli incontro. Ma non ebbe nemmeno il tempo di tendere le ginocchia... che Annie chiuse la propria mascella su di lei. E la inghiottì.
O almeno quello parve avvenire. La lingua di Annie si piantò contro il palato, chiuse l'accesso alla gola e impedì a Beatris di scivolare giù, lungo la trachea.
«Ma che...» mormorò Beatris confusa, piantando le mani sul tessuto molle all'interno della bocca di Annie. Provò ad alzarsi ma Annie si mosse improvvisamente, come scossa, e lei perse l'equilibrio. Cadde, si ribaltò e andò a sbattere contro la sua gengiva. Sentì all'esterno il rumore di un'esplosione, un ruggito animalesco e riuscì a riconoscerlo: Eren si era appena trasformato. Provò ancora ad alzarsi ma ci furono altri sobbalzi, più potenti del primo. Saltò via, sbatté contro il palato, poi contro la lingua. Tornò sulla mascella, ma ancora rotolò per altri scossoni e movimenti incontrollati. Non c'erano dubbi: Annie e Eren stavano combattendo, e lei era intrappolata dentro la sua bocca, ben serrata.
«Eren!» gridò, provando ancora ad alzarsi. Ma di nuovo cadde per l'ennesimo colpo. Si schiantò contro i denti di Annie, colpendo violentemente la schiena, ma riuscì a resistere al colpo facendosi uscire dalla gola solo un lieve lamento. Ciò che invece l'accecò fu il dolore alla mano sinistra, ancora avvolta nel tutore. Era guarita in quel mese dalla sua lesione, era tornata a muovere e usare la mano, ma avrebbe dovuto portare un tutore mobile ancora per un bel po'. Forse non sarebbe mai guarita del tutto, e nel colpire i denti duri di Annie con il polso si sentì trafiggere da un dolore lancinante e ormai familiare. Si ribaltò di nuovo, cadendo dritta verso la gola di Annie, per fortuna bloccata dalla sua lingua. Cosa stava accadendo? Cosa stava succedendo lì fuori? Perché Annie la teneva bloccata lì dentro?
«Fammi uscire!» ruggì, girandosi in traiettoria della nuca. «Fammi uscire subito di qua! Lasciami andare!»
Ancora venne scaraventata contro la guancia, la mandibola e poi di nuovo i suoi denti. L'aria lì dentro cominciava a mancarle. Ma forse era solo una sua impressione, forse era solo la pressione dell'angoscia nel petto a toglierle il respiro. «Perché...» mormorò, ansimando esausta. «Perché mi hai presa?»
Non era intenzionata a ucciderla, altrimenti avrebbe potuto già farlo. Che stesse cercando di proteggerla da Eren? Forse temeva che incontrollato avrebbe potuto colpirla? Perché avrebbe dovuto? Annie l'aveva sempre detestata, non era mai stata d'accordo all'idea di accettarla, di coinvolgerla. Era sempre stato Reiner a...
Si paralizzò.
Era stato Reiner. Reiner aveva ordinato a Annie di bloccarla, forse per proteggerla, o forse semplicemente per impedirle di intervenire. Reiner non aveva voluto dirle niente del suo piano di cattura di Eren, l'aveva tenuta all'oscuro di tutto volutamente, perché sapeva che lei mai avrebbe accettato di cedere Eren. E Annie l'aveva visto con i suoi occhi, che se si fosse trovata nella condizione di scegliere se mettersi dalla sua parte o da quella di Eren, lei avrebbe scelto Eren. Quello sguardo disperato che le aveva rivolto, quando era stata bloccata dalla trappola di Hanji, non era per chiederle di aiutarla. Era uno sguardo d'accusa, un "lo sapevo che ci avresti voltato le spalle". Annie sapeva che Beatris le avrebbe impedito di prenderlo, in qualche modo, ma Reiner doveva averle impedito di attaccarla e farle del male. Non potendola combattere, non potendola uccidere, l'unica via era bloccarla. Impedirle di intervenire.
Combattere con e contro di lei, era questo che stavano facendo. Avrebbero preso Eren a discapito di ciò che Beatris era disposta a fare per proteggerlo, ma senza farle del male. Annie, in fondo, nella sua corsa appena entrati nel bosco, l'aveva solo sfiorata. L'aveva ignorata, puntando direttamente a Eren, cercando di evitarla.
«Annie» mormorò, rialzandosi dopo l'ennesimo scossone. «Ti ringrazio per non avermi uccisa, ne avresti avuto tutte le ragioni» sfilò le proprie lame dal fodero e le impugnò, nonostante sentisse la mano sinistra indolenzita e formicolante. «Ma non posso permetterti di prenderlo!» urlò e con un colpo deciso piantò entrambe le lame dritte nella mascella sotto di sé. La sentì agitarsi violentemente, probabilmente scuotere la testa, forse per qualche colpo di Eren in esterno o forse per il dolore del colpo. Beatris cercò di restare attaccata alle proprie armi piantate nella sua mandibola per evitare di colpire le pareti della sua cavità orale. Non appena Annie si fermò le estrasse e colpì ancora, questa volta verso la mascella. Altri scossoni, ancora dovette fare uno sforzo esagerato per non venire sbatacchiata troppo in giro. E tornò a colpire. La lingua, di nuovo la mascella, la mandibola, provò a penetrare tra i denti, raggiungere le guance, ma le fu impossibile.
«Apri!» gridò e continuò a lottare per restare in piedi e colpì, colpì e ancora colpì. Fino a che con un colpo di lingua Annie non la scaraventò fuori, lanciandola per terra, tra l'erba e i sassi. Era stata letteralmente sputata. Rotolò per qualche metro e ancora colpì la mano sinistra contro sassi e terreno. Se prima era stata solo una fitta, ora il danno fu decisamente più grosso. Lanciò un urlo, dolorante, e si afferrò la mano. Tremava e faticava a muoverla. Debole nella sua recente guarigione, se l'era appena fratturata di nuovo. Alzò lo sguardo da terra non appena fu in grado di riprendere fiato e coscienza di sé e si voltò, cercando i due giganti, pronta a intervenire. Era riuscita a ferirla? Eren era riuscita a colpirla con tale violenza da spingerla ad aprire la bocca? Si sentiva vittoriosa, nonostante fosse in condizioni pietose, aveva appena vinto quella stupida battaglia. Ma quando riuscì a puntare lo sguardo a Annie e Eren tutte le sue certezze caddero. Annie era china sul corpo del gigante di Eren, senza testa e senza forze. Riuscì a vederla nell'istante in cui a bocca aperta cadde sulla sua nuca, strappandola. E vide i piedi di Eren, i veri piedi, svanire all'interno della bocca dove era stata chiusa lei fino a quel momento.
Beatris non aveva vinto e nemmeno Eren l'aveva fatto. Annie l'aveva sputata perché ormai inutile tenerla lì e per lasciare spazio a Eren.
«Eren!» sentì gridare, quando vide infine il gigante di Annie alzarsi da terra. Si voltò verso la fonte dell'urlo e vide Mikasa volare nella loro direzione a una velocità spaventosa. Annie si voltò, ignorandola, e prese a correre, per scappare.
Aveva perso.
Eren era stato preso... aveva perso.
«Eren...» mormorò, senza avere le forze nemmeno di alzarsi da terra. Vide Mikasa volare sopra di lei e partire all'inseguimento del gigante, ma non riuscì nemmeno a chiamarla, farsi vedere, provare ad avvertirla. Lei era stata inutile. Ancora una volta, aveva perso.
«Ehy!» chiamò una seconda voce, infiniti secondi dopo. «Beatris!»
Si voltò nell'istante in cui vide Levi piombare su di lei. Atterrò al suo fianco e le si inginocchiò vicino. «Puoi muoverti?»
«Capitano Levi....» mormorò Beatris, persa in un incubo.
«Sei ricoperta di merda. Ti sei di nuovo fatta mangiare? È un brutto vizio, lo sai?» la rimproverò, mentre la prendeva per un braccio e la costringeva ad alzarsi in piedi.
«Mi dispiace» sibilò Beatris, e non seppe nemmeno lei per che cosa stesse chiedendo scusa. Per la morte di Eld e degli altri ragazzi della sua squadra? Per essersi fatta mangiare di nuovo? O forse per non essere stata in grado di proteggere Eren?
«In piedi, Beatris» la sollecitò Levi. «Non puoi stare qui ad aspettare che qualche altro giganti tenti la fortuna di ingoiarti».
«Ha preso Eren...» riuscì infine a mormorare. Levi si voltò a guardare il gigante abbandonato di Eren, che ora si stava dissolvendo nel vapore. Non sapeva cosa fosse successo, ma non era difficile intuirlo. Eren doveva aver combattuto, e doveva aver perso.
«Lo tiene in bocca. Non l'ha ingoiato... ne sono sicura».
No, non lo era. Non aveva idea di che piani avesse Reiner con Eren, non sapeva proprio un bel niente. Lui non le aveva detto niente, e lei non riusciva a sconfiggerlo in nessun modo. Lei non era mai stata forte abbastanza. Ma che altra scelta aveva se non sperare che fosse ancora vivo, tentare il tutto per tutto? Annie non aveva ingoiato lei, forse non l'avrebbe fatto nemmeno con Eren, non aveva interesse a mangiarli. E non era mai stata Annie a prendere decisioni... forse il suo obiettivo era solo quello di consegnarlo a Reiner. Era azzardato, ma era tutto ciò che riusciva a pensare.
«Torna al quartier generale» le ordinò Levi. «Non restare qui. Io vado a prendere Eren» e prima che Beatris avesse potuto aggiungere altro saltò via e sparì tra la vegetazione. Avrebbe voluto seguirlo, avrebbe voluto intervenire, fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Salvare Eren e Annie, salvarli entrambi... era davvero possibile?
Doveva provarci di nuovo? Ma come? Doveva mettersi in prima linea persino contro Levi e Mikasa? Non ne sarebbe mai uscita viva. Annie non ne sarebbe mai uscita viva... prese i manici della sua attrezzatura, ma non appena provò a usare il sinistro la mano le fece talmente male da toglierle il fiato. Voleva seguirli, tentare qualche altro azzardo dei suoi e continuare nella sua ostinazione. Ma non solo adesso i colossi da abbattere erano insormontabili, ma lei era persino incapacitata a muoversi troppo. E poi... sarebbe riuscita a mettersi apertamente contro Mikasa? Ne avrebbe avuto le forze? Il coraggio? La volontà?
No, Mikasa era importante tanto quanto Eren. La sua volontà non era più così forte. E anche se avesse voluto, non ci sarebbe riuscita. Ci aveva provato, ma aveva fallito. Ancora una volta. Si strinse la mano destra contro il polso sinistro, dolorante. Infine si voltò e iniziò a correre verso dove ricordava che avevano lasciato i cavalli. Per chissà quale colpo di fortuna non trovò nessun gigante per strada, ma forse non era nemmeno solo fortuna. Forse non era un caso che in quel bosco non ci fossero giganti, almeno nei paraggi. Raggiunse April, legata accanto ai cavalli di Eld e il resto della squadra, e una nuova fitta lancinante le dilaniò il petto. Loro le avevano dato fiducia, o almeno ci avevano provato, fino alla fine. E lei li aveva uccisi con le sue stesse mani. Quanti altri morti avrebbe causato, prima di crollare?
La cavalcata fino al punto di ritrovo delle truppe fu come se si trovasse all'interno di un sogno. Non si accorse nemmeno che stava cavalcando, non riuscì nemmeno a ricordare quando avesse sciolto April e vi fosse montata in sella. Si sentiva persa, smarrita in un incubo. Aveva come l'impressione di essere circondata, di essere sul punto di essere uccisa, per mano dei giganti, per mano dei suoi fantasmi, ma quando si guardava attorno in preda al panico non vedeva altro che alberi. Erano terrificanti, ondeggiavano davanti al suo viso irrequieti, ma era sola... eppure si sentiva sul punto di morire. Ne era certa.
Si accorse di aver raggiunto il resto delle truppe solo quando sentì l'abbraccio di Reiner stringersi sulle sue spalle. Quando era arrivata? Dove si trovava? Quando era scesa da cavallo? Non trovava risposta, persa e confusa. Aveva ucciso lei stessa degli uomini, aveva vissuto un incubo e alla fine aveva perso Eren. Reiner aveva vinto, ingannandola, trascinandola a picco con lei, e infine strappandole anche l'ultima cosa che le era rimasta. E lei non aveva fatto che seguirlo. Era stata disposta a fare qualsiasi cosa per lui, era stata disposta a uccidere, a essere complice, a condividere segreti indicibili, nonostante il dolore per aver ucciso la squadra di Levi era pronta a convivere anche con quello... ma Reiner aveva preso Eren. Loro avevano preso Eren, usandola per arrivare a lui. E se si era sentito in dovere di tenerle nascosto quel loro piano significava solo che non l'avrebbero lasciato indenne, che avrebbero dovuto far lui del male. Addirittura ucciderlo. Le avevano impedito di intervenire, prima mentendole, poi bloccandola dentro la bocca di Annie, perché sapevano che quella sarebbe stata una cosa che non avrebbe mai accettato. Era stata disposta a fare qualsiasi cosa per Reiner... ma lui per quanto importante, fondamentale, non era l'unica colonna portante della sua vita. Eren, Mikasa e Armin erano la sua famiglia. E lui avrebbe fatto loro del male, proprio sotto al suo naso, usandola per raggiungerli. Come aveva potuto?
Lo allontanò con uno strattone, si liberò del suo abbraccio disperato. Le stava parlando, forse le stava dicendo che si era preoccupato per lei, ma avrebbe ancora avuto importanza? Lo spinse via violentemente, con gli occhi ora pieni di lacrime fece volare furiosa la mano in direzione del suo volto.
E gli piantò un sonoro schiaffo sulla guancia.
«Come hai potuto tradirmi così?»
Nda.
So che tifavate tanto per la coppia Reiner-Tris, ma in che altro modo avrebbe potuto reagire lei di fronte a un tradimento simile? In fondo, ce lo siamo sempre chiesto: quanto ancora sarebbe riuscita a sopportare prima di esplodere? Ha accettato di collaborare all'uccisione dei giganti, ha accettato di essere complice dell'assassinio di Marco, complice di chi ha raso al suolo la sua città e mandato in rovina l'intero Wall Maria, ed è stata lei stessa a uccidere la squadra di Levi, forse per collaborare, forse terrorizzata all'idea che avessero potuto riferire al comandante la sua "quasi" confessione. Ha fatto tante cose sbagliate, ma è sempre stata forte, pronta a trascinarsi sui suoi piedi con quel masso gigantesco di segreti e bugie... ma questo è stato troppo. Reiner l'ha usata per arrivare alla cosa più importante della sua vita: la sua famiglia. La sua forza veniva dalle colonne portanti della sua vita: Reiner e Eren. E il primo l'ha tradita, usandola per far del male al secondo. Completamente sola, completamente abbandonata da tutti quanti, il momento dello scoppio è arrivato.
E ora non resta che chiedersi: chissà cosa accadrà, al loro ritorno a Karanes.
La canzone di questo capitolo è un sacco triste e rappresenta perfettamente lo stato d'animo di Tris in questo momento: avvilita, scoraggiata, tutto intorno a lei è un gran casino, più (moooolto più) di quello che si aspettava o di quello che Reiner le aveva raccontato. Lei non voleva fare altro che continuare a sognare una vita migliore, lo implora. "Lasciatemi sognare". Tutto quello... è decisamente troppo.
E ora lei sa le ragioni di Reiner, nel tenerla lontana dalla verità, perché tutto è effettivamente solo un gran casino. Lo sa... ma è troppo, la realtà è decisamente troppo per lei, perciò "se ne sta andando". Ma continua a supplicare per quel sogno infranto.
"Lasciatemi sognare".
STAI LEGGENDO
I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no Kyojin
FanficIl boato che sfondava le sue finestre, il tremore della terra che la faceva cadere dalle scale, le urla di sua madre mentre correva a prenderla. Per le strade era il caos, riuscire a correre in mezzo alla folla senza separarsi era quasi impossibile...