Capitolo 30

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«Tris» mormorò Reiner, chiudendosi la porta alle spalle. Si voltò a guardarla col volto pieno di panico, improvvisamente disperato. «Perché continui ad evitarmi?»
La domanda le fece un gran male, sentì chiaramente una stoccata infilzarle il petto, trafiggere il cuore e poi tirarlo via. Reiner non se ne rendeva conto? Era in uno di quei momenti di vuoto e negazione e nell'idea di innocente che si era costruito di sé trovava ovviamente inspiegabile l'improvviso comportamento di Beatris. Lei avrebbe dovuto lottare anche contro quello. Avrebbe dovuto cercare di riportarlo a galla, senza sconvolgerlo: era carica anche di quella responsabilità. Ma al momento tutto ciò che sentiva era rabbia e dolore, in che modo sarebbe riuscita a essere comprensiva e dolce con lui? Avrebbe dovuto combattere, glielo aveva appena suggerito Ymir, e ne era rimasta colpita e confortata. Sentiva che aveva ragione... ma lei davvero non ne aveva più le energie. Stare al passo con Reiner la stremava fin troppo. Si alzò da terra e andò verso la porta, a sguardo basso e frustrato. Forse un giorno glielo avrebbe detto, ma certamente non potevano parlarne in quelle condizioni e lei, in quel momento, non aveva la forza di nuotare in quell'oceano di follia da sola per salvare entrambi.
«Lascia stare» disse, allungandosi per raggiungere la maniglia della porta. «Mi hai tradita con una ragazza, se non te lo ricordi non posso farci niente».
Quei pettegolezzi che lei stessa aveva intensificato erano la scusa perfetta. Proteggeva entrambi dalle domande scomode dei compagni, e ora scopriva che era in grado di proteggere anche Reiner da se stesso, dallo shock che provava ogni volta che riaffiorava il vero sé con tutto il sangue che aveva addosso. Era una scusa ingenua, per una vita ingenua che lui stesso sembrava desiderare di vivere.
«Aspetta» le disse e rapidamente si frappose tra lei e la porta, impedendole di raggiungere la maniglia. «Che stai dicendo?!» alzò lo sguardo sul suo volto e Beatris si accorse solo in quel momento di quanto lui fosse fragile. Era pallido, disperato. «Quando avrei mai fatto una cosa del genere?! Come avrei potuto?»
«Reiner...» mormorò Beatris. Aveva fatto un errore, a guardarlo negli occhi. Si era sentita pericolosamente vacillare. Assistere al suo tormento, vederlo in quelle condizioni, la portavano a desiderare di lasciar perdere tutto e appoggiarsi a lui. A svilire ancora una volta se stessa, lasciar perdere il male che aveva provato, solo per proteggerlo. E non era giusto. Non avrebbe retto a qualcosa di così grande. «Lasciami uscire».
Quella stanza sembrava sempre più piccola e soffocante.
«No!» rispose lui piantando bene i piedi a terra, e coprendo la maniglia della porta con la schiena. «Ascolta, dev'esserci sicuramente stato un errore! Avrai visto qualcun altro, o ti avranno riportato informazioni sbagliate. Chi è stato a dirtelo? Possiamo risolverla».
Era così ingenuo. Il Reiner soldato, normale cittadino di Paradis, era così ingenuo, tanto da farle tenerezza. Ma proprio per questo le faceva più male che altro. Le aveva fatto qualcosa di orribile, l'aveva ferita a morte, e neanche riusciva a ricordarselo...
«Fammi uscire» gli disse, sentendo l'aria mancarle.
«Non puoi arrenderti così, non è da te!» insisté Reiner, sempre più disperato. «Come puoi credere a qualcosa di ovviamente falso? Non mi hai nemmeno chiesto niente».
Era tutto così normale. Un ragazzo e una ragazza che discutevano di un banale tradimento d'amore. Era tutto così facile, così quotidiano, così poco complicato. Quanto avrebbe voluto che fosse veramente così, era quello che aveva sempre sognato: poter vivere una vita normale accanto a lui. Come due fidanzati e basta.
«Perché non vuoi parlarne? Perché non vuoi nemmeno provare a chiedermi la verità?» continuò Reiner, ignorando la sua richiesta. E intanto poteva vederlo palesemente cadere sempre più preda della disperazione. Le sopracciglia erano tanto increspate che per poco non si toccavano tra loro, lo sguardo spalancato. Tanto in preda al panico, da arrivare persino ad alzare la voce. «Perché non ti fidi di me? Davvero la nostra storia ha così poco valore per te?»
Gli tirerei un pugno in faccia.
Di tutto ciò che Ymir le aveva appena detto, sembrò essere in grado di ricordare solo quello. La mano partì istintivamente, ma fu lo stesso piena e carica di tutto il rancore che aveva accumulato per giorni. Sentì addirittura la mascella di Reiner scricchiolare all'impatto contro il suo pugno, per quanto fu violento, nonostante lei fosse decisamente più debole. Sentì le nocche indolenzirsi solo qualche secondo dopo, ma il dolore d'animo aveva raggiunto un livello tale da renderla insensibile a qualsiasi sensazione fisica.
«Se vuoi parlare con me almeno abbi la decenza di farlo con la tua vera coscienza!» gli ruggì contro. E al diavolo tutta la sensibilità umana che avrebbe dovuto avere verso una persona palesemente instabile come lui. «E solo dopo chiediti chi davvero di noi due non da alcun valore a questa storia! Non azzardarti mai più a chiedermi una cosa simile, non dopo tutto quello che ho patito a causa tua!»
Reiner si portò una mano al volto colpito, a premere contro il dolore della mascella e dei denti. Era stata davvero forte, mai avrebbe pensato che lei fosse in grado di fargli così tanto male con un semplice pugno. Ma era servito... qualcosa iniziò a muoversi in lui, una confusione più offuscante, che riuscì a zittire il finto Reiner che viveva con felicità e tranquillità quei giorni a Paradis. Beatris fece un passo indietro, come se avesse barcollato. Lo guardò e sentì di nuovo gli occhi riempirsi di lacrime. Non avrebbe ancora avuto la forza di trattenerle.
«Sai di essere stato un tale bastardo che l'unico momento in cui hai trovato il coraggio di venirmi a parlare è stato quando non eri in te» sibilò con quel poco di voce che riuscì a tirare fuori dalla gola che andava serrandosi sempre più. «Non hai neanche le palle di affrontarmi. Inizia a prenderti le tue cazzo di responsabilità perché io da sola non riesco a portare quelle di entrambi!»
Reiner l'aveva fatto davvero. Era stato debole, non era riuscito a portarsi le sue responsabilità, non era mai riuscito a farlo. Aveva sempre sognato di diventare un eroe, fin da bambino, ma era sempre stato un vile. Troppo debole... da non meritare nemmeno di diventare il gigante corazzato, se solo Marcel non avesse convinto i suoi superiori. Tanto debole da morire davanti al primo gigante, se Marcel non avesse sacrificato la sua vita per salvarlo. Da solo non era mai riuscito ad ottenere niente, c'era sempre stato bisogno di qualcuno che lo aiutasse, che facesse il lavoro sporco per lui, che lo salvasse. In quelle miserevoli condizioni, con quella vergognosa debolezza, come poteva credere di riuscire a diventare un vero... guerriero?
«E nonostante tutto, adesso non riesci nemmeno a capire in che cazzo di situazione mi hai messa» continuò Beatris in un lamento. «Che cosa sono costretta a sopportare, quale peso ho sulle spalle. Mi hai scaricato tutto addosso e neanche riesci a capirlo».
«No» mormorò Reiner, cupo. Si raddrizzò dal colpo ricevuto solo in quel momento. L'espressione disperata non c'era più, era evidente che fosse tornato in sé, ma questo non lo rendeva più sereno. Era scuro in volto, corrucciato, ma ora meno confuso e ingenuo. «Riesco a capirlo. Scusami... ogni tanto perdo la testa, non so che cosa mi succeda».
«No, Reiner, non è quello. Non sono i tuoi vuoti di coscienza il problema. Tu davvero non riesci a capirlo, perché non eri con me qualche giorno fa in quel bosco. E non sai cosa è successo» tremò. Reiner spalancò improvvisamente gli occhi. Era successo qualcosa? Qualcosa che non fosse solo stato il tentativo di Annie di prendere Eren? Qualcosa che non sapeva... e che era stata la causa di quella rottura in Beatris.
«Che vuoi dire?» mormorò, guardandola ora negli occhi, pieno di preoccupazione.
L'espressione di Beatris parve contrarsi ancora di più, una disperazione profonda le uscì dallo sguardo, ma lei riuscì a domarla subito dopo. Abbastanza da non cadere in preda ai singhiozzi. «Perché credi che io mi trovi qui con voi, oggi, invece che andare con Eren ed Erwin alla corte di giustizia? Sono stata convocata anche io, lo sai, la nostra missione è fallita. Ci hanno chiamati a processo. Ma io sono qui, lontana da tutto, insieme a voi. Secondo te perché?»
Non ci aveva effettivamente pensato. Non era riuscito a capire perché li avessero radunati tutti lì, per quanto sembrasse strano. Avevano impedito loro persino di indossare la divisa, di indossare armi, di allenarsi. Erano stati trattati più come prigionieri sotto scorta, ora che ci pensava, che come forze armate. Non era riuscito a spiegarselo, benché se ne fosse preoccupato, ed era per quel motivo che aveva proposto a Connie di aiutarlo a fuggire se avesse voluto farlo. Appellandosi alla scusa di voler aiutare un amico, sarebbe uscito da quella situazione prima che la sua sicurezza fosse stata messa in pericolo. Ma perché Beatris era lì? Perché non si era posto prima quella domanda?
Si prese qualche secondo per rifletterci, per cercare di metabolizzare quel dubbio che si poneva per la prima volta, e fu Beatris stessa a rispondergli facendogli crollare così il mondo addosso: «Sono sospettata. Loro mi credono una traditrice e sanno, probabilmente, che c'è qualcun altro tra noi. Non lo hai capito, Reiner? Ci stanno tenendo prigionieri mentre loro organizzano un modo per incastrarci. E tu... tu hai peggiorato ogni cosa! Dopo aver visto Annie sbucare esattamente da dove io credevo che fossimo, dopo aver visto che proprio io ero l'unica superstite di tutta la squadra di Levi dopo esserci scontrati con Annie, cosa gli impedirà di tirare le somme e decidere di arrestarmi definitivamente... forse giustiziarmi? Non lo capisci davvero? Devo allontanarti, devo cercare di salvare almeno te. Ma forse...» barcollò e si portò una mano disperata alla testa. «Forse è troppo tardi lo stesso. Forse tutto questo è inutile. Forse mi sto aggrappando a un'effimera speranza, forse ormai non c'è più niente che possa salvarci. Ma che altra scelta ho? Cos'altro posso provare a fare? Ormai...» e un singhiozzo la scosse. «Ormai è tutto finito».
Chinò la testa, si portò le mani tra i capelli e più niente riuscì a impedirle di versare lacrime. Un disperato sorriso sul volto, il sorriso di chi sapeva quanto fosse ironica la vita e non riusciva ad accettarlo, e le sue labbra tirate si bagnarono completamente delle sue stesse lacrime. L'istinto di Reiner lo portò ad avanzare verso di lei, spinto dal desiderio di stringerla più forte che poteva, provare a proteggerla, ma si bloccò quando la sentì dire: «E mi toccherà andarmene sapendo che persino l'unica certezza che avessi mai avuto mi ha voltato le spalle». Alzò lo sguardo e incrociare i suoi occhi disperati fu l'ultima goccia. La forza di Reiner, quella poca che credeva ancora di avere, crollò definitivamente. «Come hai potuto farlo, Reiner? Come hai potuto tradirmi così? Avevi promesso che non mi avresti lasciato sola... mi hai persino dato quella fascia. Come hai potuto provare a togliermi una delle cose più importanti che avessi, come hai potuto non dirmi niente, come hai potuto usarmi per arrivare a lui? Perché? Perché mi hai usata per arrivare a Eren? Dovevamo...» singhiozzò. «Avevi promesso che saremmo andati avanti insieme... perché mi hai lasciata indietro?»
«Non mi avresti mai permesso di farlo, se lo avessi saputo» mormorò Reiner, svuotato di qualsiasi emozione. «Avresti cercato di fermarmi».
E aveva ragione. Lo avrebbe fatto, come aveva cercato di fermare Annie. Un lamento le uscì dalla gola, intrattenibile, mentre sentiva la disperazione del vicolo cieco tornare a soffocarla.
«Non c'era davvero altro modo?» Davvero non esisteva una via d'uscita da tutto quello? Davvero non c'era alcun modo per riuscire a salvarsi?
«No» rispose Reiner, apparentemente freddo e impassibile. Ormai vuoto.
«Perché... perché Eren? Perché proprio lui?»
«Perché è molto probabile che quello che stiamo cercando ce l'abbia lui, in questo momento. Dobbiamo prenderglielo, a qualunque costo».
«E se così non fosse? Se vi foste sbagliati?»
«È un altro passo avanti, per loro, per arrivare alla verità fuori dalle mura. Dobbiamo eliminarla... e potrebbe inoltre essere un passo avanti per noi, per arrivare al Gigante Fondatore. Non può essere risparmiato».
E l'ennesimo lamento le uscì dalla gola. Sentire Reiner ammettere apertamente che avrebbe eliminato Eren fu la cosa più dolorosa che avesse mai dovuto sopportare. Se prima aveva potuto avere qualche speranza, per quanto illusoria, di riuscire a uscire da quell'orribile situazione, ora non ne aveva più neanche una. Quello era davvero un vicolo cieco.
«Non posso permettervelo» sibilò con un filo di voce.
«Lo so» disse freddamente Reiner. «Inoltre, è evidente che non sei in grado di sopportare il peso dei morti sulla tua coscienza. Non sei forte abbastanza. Sei crollata, per l'ennesima volta. Guardati... non riesci più neanche a dormire. Beatris...»
Beatris.
L'aveva chiamata Beatris.
Quel nomignolo di cui era tanto gelosa da impedire che qualcun altro provasse a usarlo, quel nomignolo che solo Reiner poteva usare, non era più disposto a pronunciarlo. Si stava allontanando. Beatris riuscì a vedere la sua schiena, sempre più distante, mentre correva via e neanche si voltava indietro a guardarla, come era successo quel pomeriggio.
«Questa cosa deve finire».
Si stava allontanando.
«Non sei in grado di portarla avanti. Per quanto tu possa desiderarlo, non ne hai la forza».
Si stava allontanando sempre di più.
«Adesso basta».
E neanche si voltava a guardarla.
«Finiamola qui».
«No» sibilò lei e senza accorgersene si trovò a negare con la testa, disperata. Non aveva che lui, non aveva mai avuto altro se non lui. In quel mare di follia era riuscita a stare a galla solo perché aveva saputo dove aggrapparsi. Lui era la sua forza. Persino nei momenti peggiori, persino quando aveva pensato di impazzire, era sempre riuscita a fare dei passi avanti solo perché aveva trovato le sue spalle a cui aggrapparsi. Se l'avesse lasciata sola... lei sarebbe annegata. «Ti prego, non...» singhiozzò e l'espressione fredda e distaccata di Reiner mutò improvvisamente in una piena di rabbia quando lui ringhiò: «Il mondo non si fermerà solo perché tu desideri che sia così! Guardati attorno, guarda che diamine sta succedendo, smetti di vivere nel tuo bellissimo mondo delle favole dove cavalieri salvano fanciulle e tutti vivono felici e contenti! Questa è la cazzo di realtà, Beatris, non un dannato libro!»
Quel libro che lei aveva letto con tale entusiasmo, dopo aver accettato di seguire Reiner anche in quella follia che era la sua missione di lottare contro la sua stessa gente, quel libro che lei aveva abbandonato su quella brandina d'ospedale era stato un'illusione, un sogno infantile che gli aveva fatto torcere le budella nello stomaco. Beatris non si era mai resa veramente conto di cosa la circondasse, convinta che tutto sarebbe stato semplice solo perché si amavano. Non lo era. Non lo era affatto, ma quell'amore che credeva forza motrice era in realtà l'ostacolo più grande che avessero mai dovuto affrontare. Aveva rallentato lui, aveva reso lei un'assassina e nessuno dei due era disposto a scendere a patti con quell'aspetto della loro vita. Loro non potevano essere gli eroi di quel libro, non avrebbero mai potuto.
Sentendolo urlare verso di lei, Beatris sussultò tanto dalla paura che per poco non cadde a terra, arrancando e scontrandosi con una cassa alle sue spalle. Era la prima volta che lo vedeva in quello stato... era la prima volta che vedeva sul suo volto il riflesso del gigante corazzato che per anni aveva tormentato i suoi incubi peggiori. L'aveva amato così tanto che se l'era dimenticato quanto in realtà fosse terrorizzata da lui, dalla sua vera natura. Lui era quel gigante. Aveva cercato di rifiutarlo, aveva cercato di non pensarci, non ci aveva creduto davvero nemmeno per un istante. Aveva sempre pensato che lui fosse solo Reiner, non il nemico. Solo Reiner. E invece lui... le aveva urlato contro. Proprio come aveva fatto cinque anni prima, un istante prima di calpestarla. Le aveva ruggito contro e quel ruggito le aveva fatto esplodere l'anima in mille frammenti. Spalancò gli occhi e iniziò a tremare, terrorizzata come solo cinque anni prima lo era stata. E Reiner se ne accorse. Quello sguardo... era esattamente così che lo aveva guardato, quella volta. Come se fosse stato il peggior mostro esistente al mondo. E aveva dannatamente ragione.
Spostati da lì, stupida!
Doveva spostarsi, prima che la travolgesse. Non se n'era mai accorto, ma lui non aveva mai smesso di caricare, di correre, nella sua direzione. Non era mai riuscito a fermarsi. Adesso l'ombra del suo piede incombeva proprio sulla sua testa. E lei doveva spostarsi. Doveva farlo!
«Devi muoverti, Beatris» le disse, con un tono di voce più sostenuto, ma non per questo meno aggressivo. «Non puoi più restare ferma in un punto ad aspettare che le cose ti cadano addosso e ti schiaccino! Devi muoverti, adesso, o sarà troppo tardi! Smettila di paralizzarti, smettila di restare ferma e aspettare che qualcuno provi a salvarti, nessuno lo farà ancora! Nessuno!» Nemmeno lui. «Adesso devi scegliere. Questo gioco dove stai dalla parte di tutti è arrivato al capolinea, non puoi farci niente. Devi scegliere se me e questo mondo pieno di crudeltà, o loro... con Eren. Non puoi avere entrambi, non possono esserci mezze vie».
Ma lei restò in silenzio, paralizzata. A tremare e guardarlo in quel modo così orribile. Non era nemmeno sicuro che l'avesse ascoltato, che avesse compreso, e più restava fermo a guardarla più si sentiva cadere in preda al panico. Era stato proprio quello sguardo a farlo crollare la prima volta, spingerlo a legarsi a lei, spingerlo a legarsi a tutti, dimenticare chi era... non era riuscito a tollerarlo. Era stata lei, con quello sguardo, a portarlo a desiderare di essere diverso. Avere una vita normale, in una città normale, circondato da amore e ammirazione. Era stata lei a fargli capire che poteva esserci una felicità anche per persone come lui, a fargli comprendere quanto Marley fosse crudele e spietata, a fargli credere che forse anche lui meritava di avere... un po' d'amore. E aveva temporeggiato per cinque infiniti anni, procrastinando, solo per godersi un po' di tutto quello. Solo perché aveva visto il suo sguardo e aveva capito quanto quel mondo fosse crudele. Affrontarlo di nuovo, dopo tutto quel tempo, avrebbe potuto di nuovo farlo crollare. Non aveva tempo da perdere, più restava immobile a fissarla più si insinuava in lui il desiderio di mandare tutto all'aria di nuovo, pensare solo a starle a fianco. Lo stava disarmando. Quello sguardo era l'unica cosa che fosse mai riuscita a penetrare all'interno della sua corazza.
«Mi hai capito?!» ringhiò, più furioso che mai. «Beatris, devi prendere una dannata decisione, adesso!»
Spostati da lì, stupida!
«Devi muoverti!»
Spostati da lì, stupida!
«Con me o contro di me! Non puoi più stare nel mezzo, prendi una decisione!»
Spostati da lì, stupida!
«Adesso!»
«Non posso...» sibilò. «Non ci riesco».
Paralizzata. Completamente. E non c'era emozione che avesse potuto darle la forza di muoversi. Sarebbe rimasta per sempre lì, su quella via a Shiganshina, con il pupazzo di un coniglio ai piedi, immobile... a farsi schiacciare. Non era mai riuscita a spostarsi veramente. Lei non ne aveva mai avuta la forza.
Reiner la guardò disperato.
Era stato tutto inutile. Per quanto ci avesse provato, per quante promesse avesse fatto, per quanto avesse dato tutto se stesso... lui non sarebbe mai riuscito a salvarla. I suoi incubi finivano sempre allo stesso modo. Ogni notte, ogni giorno... lui alla fine non faceva che schiacciare e uccidere Beatris.
La porta alle loro spalle si spalancò improvvisamente e andò a colpire con violenza la schiena di Reiner. Con un lamento e l'espressione impanicata, si sentì sbilanciare in avanti dall'impatto decisamente troppo irruento. Finì addosso a Beatris, a due passi da lui, e la cosa sarebbe anche finita lì se lei non fosse stata schiacciata con i polpacci contro una cassa. Il peso improvviso, il blocco alle sue gambe, le fecero perdere l'equilibrio. Lanciò un urlo spaventato, mentre insieme cadevano e si ribaltavano dietro la cassa.
«Siete qui!» esclamò allarmata René, uno dei soldati veterani che li avevano accompagnati lì. Aveva il fiato corto ed era pronta a continuare a parlare, aveva già schiuso le labbra, ma si bloccò qualche istante quando infine li vide. Stesi a terra, l'uno sull'altro. Erano stati giorni noiosi anche per loro veterani, per quanto avessero un compito preciso da svolgere, non era successo niente di che ed era stato impossibile non venire a conoscenza dei pettegolezzi e delle storie di quei ragazzi. Soprattutto di quei due, per qualche motivo, si era parlato parecchio negli ultimi giorni. Sapeva della loro relazione, del presunto tradimento, e ora, in piena notte, mentre tutti dormivano, si erano rintanati soli in una stanza e li aveva appena trovati buttati a terra stretti l'uno nell'altra.
Aveva decisamente interrotto qualcosa.
Un po' le dispiaceva.
«Farete pace un'altra volta, voi due!» gli disse, tornando immediatamente all'urgenza che l'aveva spinta a catapultarsi in quel ripostiglio. «Adesso salite sul tetto, presto! I giganti stanno attaccando il castello!»
«Cosa?!» sussultò Reiner. Piantò le mani a terra e si sollevò con la testa, sbucando da oltre la cassa dove erano finiti. Beatris si alzò su di un gomito, ancora incastrata sotto di lui non poté fare altro se non sporgersi appena, per guardare René.
«Non c'è tempo, andiamo!» disse questa, pronta a correre via, ma tornò a voltarsi e concedere ai due un'ultima occhiataccia. Che diamine stavano combinando a terra in quel modo? Gli sembrava davvero il luogo e il momento adatto a lasciarsi andare a certe cose? Con i compagni a nemmeno dieci scalini da loro e il rischio di una breccia in corso? Col pericolo ad alitare loro sul collo... in un castello sudicio e abbandonato come quello, col rischio di qualche infezione. E non avevano nemmeno provato a fermare la porta in qualche modo! Chiunque avrebbe potuto entrare e vederli, magari nel momento peggiore.
«Dovreste vergognarvi!» disse loro, severa. «Indecenti!» e se ne andò, senza perdere altro tempo.
«Eh?!» mormorarono all'unisono, confusi. Ma non gli ci volle molto per comprendere il fraintendimento. Si guardarono, scoprendosi a pochi centimetri l'uno dall'altro, con i corpi schiacciati e incastrati tra loro. E arrossirono di colpo.
«Scusami» mormorò Reiner, affrettandosi ad alzarsi.
«Non fa niente» ridacchiò nervosa, Beatris. «È stato un incidente».
E pensare che fino a pochi istanti prima erano stati lì a piangere e urlarsi addosso, decisi a porre fine alla loro storia definitivamente. Che razza di modo di smorzare la tensione era stato quello? Non avevano nemmeno avuto il tempo di trovare una risposta... e forse non lo avrebbero avuto ancora per un po'. Giganti che attaccavano il castello, in piena notte. Quella giornata piena di follie pareva non avere ancora avuto fine. Le loro questioni personali avrebbero dovuto aspettare.
«Andiamo» le disse Reiner, dandole la mano per aiutarla ad alzarsi.
Corsero lungo le scale, uscendo dal ripostiglio, e quando arrivarono alla stanza col falò la trovarono già praticamente vuota. Da in cima alla scalinata che portava al tetto, Christa si sbracciò e fece loro cenno. «Sbrigatevi! Da questa parte!»
La seguirono ed uscirono infine all'aria aperta, chiudendosi la botola alle spalle.
«Che succede?» chiese Reiner, correndo per primo al cornicione per guardare il cortile. Non ci fu bisogno di una risposta verbale, bastò vedere la scena. Giganti, innumerevoli, forse addirittura più di dieci, li avevano non solo circondati ma si stavano affaccendando per riuscire a raggiungerli, arrampicandosi sulle macerie.
«Com'è possibile?» sibilò Beatris, raggiungendo il resto dei compagni. «Il tramonto è sceso ore fa, come possono muoversi ancora?»
«Li ho visti non appena è comparsa la luna» spiegò Rene.
«Ehy, guardate là!» gridò Connie, sul lato destro della torre. Corsero al suo fianco, lo raggiunsero e seguirono il suo dito che puntava un gigante non troppo distante. Era enorme, più dei normali giganti, ma soprattutto era completamente diverso da quelli visti fino a quel momento. Ricoperto di pelliccia, aveva lunghe braccia che gli arrivavano quasi alle ginocchia. Camminava sulla piana a lenti passi, ed era l'unico che sembrava non li stesse considerando.
«Che cos'è?» sibilò Beatris, pallida.
«Più che un gigante sembra un animale» commentò Connie.
«Sta andando verso la muraglia!» disse Christa, allarmata. Le mura non erano troppo distanti da loro, e ora che la luna finalmente era sbucata da dietro le nuvole erano persino in grado di vederla. Lo seguirono con lo sguardo, sconvolti, per qualche secondo. Ma dovettero lasciarlo perdere quando la torre vacillò pericolosamente. Christa perse l'equilibrio, cadde su di un lato, e Beatris riuscì a sorreggere entrambe per pura fortuna, aggrappandosi a uno dei merli della struttura in pietra. Ma ancora la torre vacillò, dall'altro lato, e le due non si ressero più in piedi. Caddero a terra, per fortuna senza farsi niente, ma questo non le impedì di farsi prendere dal panico.
«Che succede?!» gridò Christa, guardando i compagni che tentavano di reggersi come potevano ai merli.
«Stanno cercando di buttare giù la torre!» spiegò Nanaba e dovette urlare, per cercare di sovrastare il rumore della pietra che scricchiolava.
«Che cazzo!» gridò Gelgar, affacciandosi oltre due merli. «Stanno provando a entrare dalla porta! L'hanno quasi del tutto sfondata!»
«Non possono essere così intelligenti!» sussultò Beatris, pallida in volto.
Gelgar fu il primo a sfoderare le proprie armi e saltò sul bordo della torre, tra i due merli, affacciandosi verso l'esterno. «Non cercate di fottermi! Non sono ancora riuscito a bere quel vino!» gridò, furioso.
«Cercate di restare al sicuro, reclute» disse Nanaba, saltando al fianco di Gelgar. E lo imitò inforcando le proprie lame. «Da qui in poi tocca alla manovra tridimensionale» e non attesero oltre. Loro e i due compagni veterani che erano lì si lanciarono all'attacco, lasciandosi cadere nel vuoto, dritti verso i giganti. Gelgar tagliò le dita a uno che aveva allungato una mano nella sua direzione, si arpionò alla sua spalla e tirandosi nuovamente su riuscì a raggiungere la nuca. La recise, uccidendolo, e cadendo nel vuoto questo schiacciò alcuni dei giganti più piccoli. René si abbassò e arrivò fino a terra, dove uccise uno dei superstiti. Si fermò davanti alla porta e spalancò gli occhi.
«Merda! Siamo arrivati tardi!» gridò. Lanciò il rampino in cima alla torre e volò nuovamente sul tetto, dove la squadra di reclute li guardava terrorizzati.
«Hanno sfondato la porta!» comunicò. «Presto! Scendete, cercate di barricare le entrate, impeditegli di salire! Là dentro il nostro sistema di manovra è inutile, se le cose dovessero mettersi male scappate fino a qui. Non possiamo garantirvi che ne usciremo vivi, ma questo non cambia la situazione. C'è solo una cosa che possiamo fare, anche se non abbiamo via d'uscita: continuate a combattere fintanto che ne avrete le forze! Capito?!»
«Ricevuto!» gridarono in coro e corsero alla botola, aprendola e scendendo nuovamente. Corsero a perdifiato lungo la scalinata, raggiungendo l'ingresso della prima sala. Ma Reiner li superò, afferrò una torcia dal muro e andò avanti. «Andrò a vedere quanta strada hanno già fatto! Voi intanto raccogliete legna, bastoni e tutto ciò che trovate che possa sembrare utile!»
«Reiner!» gridò Connie, cercando di richiamarlo. Ma fu inutile.
«Reiner! Aspetta!» gli fece eco Bertholdt e insieme a Connie iniziarono a corrergli dietro. «Non cambierà mai... che sia un'esercitazione o meno, si prende sempre i compiti più rischiosi!» sentirono Connie brontolare, mentre lo inseguivano fuori dalla prima sala e continuavano a scendere, fino al piano di sotto.
«Prendiamo dei bastoni!» gridò Christa, correndo invece a lato della sala per raccogliere dei pezzi di legno.
«Qui c'è un forcone per la paglia. Sembra appuntito, ancora» disse Ymir. Beatris le guardò, e in un primo momento non riuscì a fare proprio niente. Era troppo, quella tensione le stava chiudendo la gola, e non era nemmeno riuscita a concludere il discorso con Reiner. Non era ancora riuscita a scegliere da che parte stare. A dargli una risposta. Ma esisteva davvero una risposta? Mai e poi mai avrebbe accettato di cedere Eren, di lasciare che gli facessero del male, ma come avrebbe potuto mettersi contro Reiner? Anche in quel momento, di fronte a quella nuova tragedia, non riusciva a non sentire il panico stringerle la gola. Reiner era corso in prima linea, disarmato, dritto incontro ai giganti. Che avesse scelto di stare dalla parte di Eren o dalla sua, comunque non avrebbe voluto vederlo morto. In nessun caso. Nonostante tutto, non poteva far a meno di desiderare che restasse vivo. Nonostante tutto, non poteva smettere di tenere a lui. Corse all'ingresso della sala e si sporse oltre la porta, guardando cosa stesse accadendo sotto di loro. Reiner aveva appena chiuso la porta successiva, ci si era schiacciato contro, cercando di puntellarla con le spalle.
«C'è un gigante qui!» lo sentì gridare, mentre Bertholdt e Connie cercavano di raggiungerlo. Una mano sfondò il legno e cercò di farsi strada tra le schegge per riuscire a raggiungerlo, eppure ancora lui non si spostava. Preoccupato di fermare la loro avanzata, più che di perdere la sua stessa vita. Un lamento uscì dalla gola di Beatris, qualcosa sembrò strozzarla. Non poteva perderlo. Qualsiasi strada avesse scelto di intraprendere, non poteva assolutamente perderlo. E qualcosa scattò in lei. Il suo istinto di sopravvivenza... quello che la spingeva sempre a fare cose folli. Corse dentro la sala dove Ymir e Christa stavano cercando qualcosa di utile e si diresse verso un vecchio cannone arrugginito, poggiato tra delle casse e il muro.
«Ymir! Christa! Aiutatemi!» gridò, cominciando a spingerlo con tale forza che i piedi le scivolavano sulla fredda pietra. Ymir e Christa lasciarono andare subito le cose che avevano trovato a terra e corsero a fiancheggiare l'amica. Insieme, per quanto arrugginito, riuscirono a spostarlo.
«Che intenzioni hai? Non ci sono palle di cannone e sicuramente sto ammasso di ferraglia non funziona» le disse Ymir.
«Forse non servirà a niente, ma almeno per un po' possiamo bloccarli» disse Beatris, stringendo i denti per riuscire a portare il cannone fino all'uscita della sala. «Glielo lasceremo cadere addosso e speriamo che sia abbastanza pesante da bloccarlo a terra».
«Ma quelli dopo passeranno comunque!» esclamò Christa, dubbiosa.
«Almeno lui lo togliamo di mezzo!» ringhiò Beatris sforzandosi di portare il cannone fino all'inizio della rampa di scale.
«Mi sembra una bella stronzata» diss Ymir, ma nonostante questo sorrideva, determinata. «Reiner! Bertholdt!» gridò, affacciandosi oltre il cannone. Bertholdt era riuscito a bloccare l'avanzata del gigante infilandogli un forcone negli occhi, prima che avesse potuto afferrare Reiner, ma non si era limitato ad accecarlo: spingendo, continuava a respingere l'avanzata del gigante che anche se cieco e ferito era implacabile. Reiner aveva abbandonato la porta e lo stava aiutando, spingendo il forcone nel volto del gigante insieme all'amico. «Toglietevi dai piedi!» gridò Ymir.
«Un cannone?» mormorò Reiner, spalancando gli occhi. «Avete polvere da sparo e palle?!»
«Affatto! Adesso toglietevi, o prenderà anche voi!» gridò Beatris, dando un'ultima spinta. Bastò quella, le ruote sporgendo oltre il primo scalino diedero lo slancio necessario e il cannone iniziò a cadere giù dalla rampa, dritto verso la porta.
«È impazzita!» gridò Bertholdt, impallidendo nel vederselo arrivare addosso. Ma Reiner sogghignò, divertito, e prese l'amico per il colletto tirandolo indietro per tempo. Sì, lo era. Beatris era completamente pazza, lo era sempre stata, altrimenti non avrebbe mai accettato di stare insieme a uno come lui. Era il suo stile. Ed era il suo modo di reagire.
Finalmente si era mossa.
Il cannone li sfiorò e arrivò dritto contro la porta, finendo di sfondarla. Prese in pieno anche il gigante di tre metri che c'era alle sue spalle, lo travolse e infine lo schiacciò. Beatris, Christa e Ymir scesero velocemente le scale, correndo a controllare se avesse funzionato o meno. Il gigante, nonostante il tempo passasse, non sembrò muoversi.
«Sembra aver funzionato... più o meno» mormorò Ymir, piacevolmente sorpresa.
«È stata una pazzia» sibilò Christa, concedendosi di impallidire almeno in quel momento. Le aveva seguite spinta dalla fiducia, ma a ripensarci, a mente fredda, avrebbero potuto anche solo peggiorare la situazione aprendo un varco invece che fermare il gigante. Era stato azzardato. E adesso che poteva permettersi di prendere fiato, concesse alla paura di farla tremare per un attimo.
«Non restiamo qui» disse Ymir, cominciando a risalire per tornare al piano di sopra insieme a Christa. «Ormai quella porta è sfondata, barrichiamoci al piano di sopra».
«Sì» annuì Connie, prendendo un coltellino abbandonato vicino a una cassa. «Ho appena trovato questo, non è molto... anzi, penso che non servirà proprio a niente, ma è sempre meglio che stare completamente disarmati» mormorò, corrucciato, e cominciò a seguire le due ragazze insieme a Bertholdt, per risalire. Beatris esitò qualche istante davanti alla porta, osservando il gigante steso sotto al cannone. Era incredibile che avesse funzionato... era incredibile che il suo istinto di sopravvivenza avesse di nuovo funzionato. Era convinta di averlo perso per sempre, invece era riuscita a trovare la forza di agire nuovamente. E lo aveva fatto solo quando aveva visto quel braccio sfondare la porta e puntare a Reiner. Lo aveva fatto solo quando aveva avuto il terrore di perderlo. Nonostante tutto, lui continuava a essere la sua unica forza. Sospirò, scaricando la tensione, e si voltò pronta a seguire i suoi compagni. Incrociò senza volerlo lo sguardo di Reiner, ancora fermo al suo fianco. La stava fissando, ma non era uno sguardo piacevole. Era cupo, come lo era stato in quella stanza, quando avevano parlato poco prima. Nonostante la terribile situazione in cui si trovavano, lui non aveva smesso di pensarci. Le stava ancora chiedendo di scegliere da che parte stare.
Lei gli aveva appena salvato la vita, era stato istintivo, ma aveva davvero voluto farlo. Se avesse seguito Eren, se avesse scelto di combattere Reiner, avrebbe dovuto accettare di ucciderlo... o perlomeno di lasciarlo morire. Il suo istinto le aveva detto di proteggerlo, ma avrebbe dovuto abbandonarlo. Doveva smettere di proteggerlo. O smettere di proteggere Eren. Era questo che le stava dicendo. Ed era orribile.
Beatris abbassò lo sguardo, fuggendo dai suoi occhi incriminatori, e si voltò, pronta a seguire il resto del gruppo. Ma qualcosa la fece rabbrividire. Ne sentì il fiato sul collo. Si voltò istintivamente, in preda al panico, e lo vide: un gigante era emerso dall'oscurità delle scale e aveva appena scavalcato il compagno schiacciato. A bocca aperta, stava cadendo su di lei... e non avrebbe mai fatto in tempo a evitarlo. Un singulto le uscì dalla gola e arrancò, provando a indietreggiare, ma inciampò sui suoi stessi piedi e sul proprio panico. Cadde a terra, col gigante in piena discesa verso di lei. Sarebbe davvero morta così? Solo per una distrazione... accompagnata dallo sguardo accusatorio di Reiner?
Ma non arrivò nemmeno a toccare terra, nella sua caduta, che qualcosa le si piazzò davanti. Reiner si fece strada tra lei e il gigante, spingendola via per provare ad allontanarla. Alzò istintivamente il braccio destro davanti al suo volto, in un istintivo gesto di protezione, ma non guardò il gigante mentre atterrava a bocca aperta su di lui. In quel frangente di secondo, mentre cadeva e Reiner si metteva davanti a lei stupidamente per proteggerla, Beatris vide i suoi occhi, liberi dalla maschera di rabbia e forza che aveva avuto fino a quel momento. Solo paura, terrore, mero panico. Reiner la guardava, mentre offriva la sua stessa vita per salvarla, accecato dall'angoscia di vederla morire proprio davanti ai suoi occhi. Non avrebbe mai accettato di farlo. Nemmeno lui era pronto... e se ne accorse solo in quel momento. Era sceso a patti con la realtà, aveva accettato di perderla, di allontanarla, ma mai e poi mai avrebbe accettato di vederla morire. Beatris doveva vivere, anche se lontana da lui, anche se lei l'avrebbe odiato, ma doveva vivere e doveva trovare da qualche altra parte la forza di cui aveva bisogno per andare avanti. Lei non doveva morire. Non finché lui avesse avuto la forza di proteggerla. Proteggerla anche da se stesso... e da tutto il male le aveva sempre fatto.
Il gigante ora alla sua destra chiuse la bocca sul primo pezzo di carne che intercettò. L'espressione colma di panico di Reiner tramutò all'improvviso, in una accecata dal dolore. Si corrucciò, un lamento gli uscì dalla gola, mentre il suo avambraccio destro veniva scavato a fondo dai denti del gigante, fin quasi a raggiungere le ossa. Ma Beatris era ancora lì, a terra ai suoi piedi, e lo guardava con occhi spalancati. Spaventata, scossa, ancora sotto shock. Reiner non sapeva in che modo avrebbe potuto liberarsi dal morso del gigante, era andato talmente tanto a fondo che sentiva avrebbe potuto strappargli via la carne da un momento a un altro, e la sua presa era decisamente troppo forte. Ma anche se avesse trovato il modo di liberarsi, questo sarebbe partito alla carica e loro non avevano armi per ucciderlo. Avrebbe sparso il sangue dei suoi compagni, avrebbe sparso il sangue di Beatris che ancora lo fissava, immobilizzata, tremante, ai suoi piedi. Lei era debole, non aveva fatto mai altro che arrivare ultima a ogni prova durante l'accademia, era la più debole del corso e solo negli ultimi tempi era migliorata un pochino. Ma non abbastanza. Beatris era spaventosamente debole, ma lui... lui era il soldato che era arrivato secondo tra più di duecento cadetti, lui era il guerriero scelto di Marley, lui era il gigante corazzato. Lui era forte. Lui era l'eroe che avrebbe salvato il mondo.
Si corrucciò e combatté contro il dolore che rischiava di annebbiarlo. Piegò il gomito, diede la schiena al gigante e si appoggiò a lui, prima di chinarsi in avanti. Gli afferrò una coscia, spinse per sbilanciarlo in avanti e infine se lo caricò sulle spalle. Ringhiando per lo sforzo fisico, lottando contro ogni muscolo che sembrava essere sul punto di scoppiare, riuscì a sollevarsi con quell'enorme peso ancorato al suo braccio. E cominciò a salire le scale, lentamente, ma deciso.
«Ehy!» chiamò Connie, il primo a riprendersi dallo shock. «Che stai facendo?!» gli chiese, non comprendendo il suo gesto. Ymir, da sopra la rampa di scale, spinse indietro Christa con fare protettivo e indietreggiò. Bertholdt e Beatris, invece, restarono ancora paralizzati. Non comprendendolo. Perché aveva scelto di sacrificarsi, farsi mordere al posto suo? Dopo aver messo un muro, averla costretta a scegliere se essere sua nemica, aver dichiarato apertamente guerra, dopo aver giurato che sarebbe tornato a casa sua, a Marley, da eroe e vincitore... perché correre quell'assurdo rischio?
Reiner raggiunse la finestra a metà della scalinata e cominciò a sporgersi, portandosi il gigante dietro.
«Reiner!» lo chiamò Bertholdt, risvegliandosi dal suo shock. «Non vorrai saltare giù insieme a lui?!» gli chiese e gli corse dietro, fino a raggiungerlo.
«Che altra scelta ho?!» ringhiò Reiner, mettendo un ginocchio sul cornicione per scavalcare l'apertura. Si sporse oltre, pronto a lanciarsi, ma qualcosa lo afferrò per i vestiti. Un paio di braccia si strinsero intorno alla sua vita, lo afferrarono con forza, con una misera forza, ma con forza. E riuscì a fermarlo.
«Ma che...» lamentò, sentendosi bloccato. «Beatris?» chiese, non potendosi girare completamente per vederla, ma immaginando fosse lei. Riconosceva il suo tocco, l'avrebbe riconosciuto tra mille. «Lasciami andare!» le ordinò, provando a spingersi oltre per affacciarsi alla finestra. Ma non insisté nemmeno troppo. Doveva prima convincerla a lasciarlo andare, o sarebbe caduta insieme a lui.
«No!» ringhiò Beatris, schiacciando il viso contro la sua schiena.
«Lasciami subito!» urlò, sentendo una rabbia sempre più crescente in petto.
«No, no! Scordatelo, Reiner! Scordatelo!» gridò, serrando ancora di più le dita sulla sua camicia. «Non puoi chiedermelo! Non puoi farlo! Non ti lascerò mai andare! Mai! Non mi importa cosa mi dici, non importa se proverai ad allontanarmi! Io non smetterò mai di prenderti, hai capito?!»
La sentì tremare contro la propria schiena. Sempre più rigida, sempre più stretta. Era quella la sua risposta? Nonostante tutto, lei non l'avrebbe mai lasciato andare. Non era disposta a farlo. Forse non lo avrebbe mai fatto... e questo lo fece cadere in un baratro di disperazione. Perché doveva rendere tutto più difficile? Perché non poteva semplicemente accettare di odiarlo? Come sarebbe riuscito a salvarla da tutto quello? Lui era la causa di tutto, se avesse continuato a seguirlo sarebbe andata sempre peggio, e mai e poi mai gli avrebbe permesso di prendere Eren. Come avrebbe fatto a proteggerla, se restava ancorata a lui... disposta persino a cadere insieme a lui da quella finestra. Tutto pur di non lasciarlo andare. Doveva farlo. Per il suo bene, doveva smettere di amarlo. Reiner aveva trovato la forza di allontanarla, aveva trovato la forza di scegliere di lasciarla indietro per proteggerla, ma perché doveva rendere tutto più complicato? La sua presa, intorno alla sua vita, era così scaldante e confortante.
«Tris...» si lasciò sfuggire in un lamento, ma fu talmente sottile che forse nemmeno lei riuscì a sentirlo e lo scambiò solo per un singulto di dolore e frustrazione.
«Aspetta, Reiner!» disse Connie, arrivando al suo fianco in quel momento. «Se gli tagliamo i muscoli della mascella ti lascerà andare!» e mentre lo disse eseguì, con il coltellino appena trovato. Recise i muscoli del gigante e questo, come previsto, allentò la presta. Muovendosi sopra la sua schiena, ormai libero, Reiner non ebbe altra scelta se non lasciarlo andare. Lo fece cadere su quel davanzale e arretrò di un passo, tirato dalla presa di Beatris. Il gigante si mosse, mentre il gruppo lo guardava ora paralizzato e terrorizzato. Non era caduto, era ancora lì e adesso si stava voltando. Li guardò, tutti intorno a loro, e ringhiò prima di sporgersi in avanti per prenderli ma Ymir e Bertholdt furono rapidi di riflessi. La prima lo colpì con un violento calcio sul viso, il secondo gli diede una spallata, e insieme riuscirono così a spingere giù il gigante e farlo cadere dalla finestra.
Restarono paralizzati per qualche secondo, concedendosi di riprendere fiato e soprattutto per tornare a ragionare lucidamente. La paura li aveva annebbiati tutti per un istante, avevano bisogno di accorgersi di cosa era appena successo.
Infine fu Ymir stessa a trovare la forza di riprendersi per prima, per quanto ancora ansimasse: «Non stiamo qui ad aspettare che ne arrivi un altro. Andiamo, dobbiamo barricare la porta!»
«Reiner ha bisogno di cure!» disse Christa, preoccupata per il braccio sanguinante del ragazzo.
«Ci inventeremo qualcosa» le disse Ymir e spinse la bionda fin dentro la sala dell'ultimo piano. Parlare di Reiner e del suo braccio ferito diedero la giusta scarica di adrenalina a Beatris, che ancora restava arpionata alla sua schiena, intenzionata a non lasciarlo andare. Sussultò, come se se ne fosse ricordata solo in quel momento della ferita di Reiner, e lo lasciò andare così da permettergli di salire insieme al resto del gruppo. Lo accompagnò al centro della stanza, dove gli permise di sedersi e scappò subito, cercando disperata per tutta la stanza qualcosa che potesse aiutarla, mentre il resto dei suoi compagni si occupavano di barricare la porta.
«Bea» si avvicinò Christa. «Ho trovato questo. È il vino che aveva trovato Gelgar, può aiutare a disinfettare un po'».
Beatris piantò un piede al muro, tenne entrambe le mani arpionate a un vecchio stendardo sgualcito appeso a dei chiodi, e tirò con tutta la forza che aveva. Riuscì a strapparlo, anche se questo le causò una caduta all'indietro. Pigolò come una bambina, lo stendardo le atterrò addosso e dovette dimenarsi un po' per riuscire a uscirne.
«Grazie, Christa» le disse, prendendo il vino e alzandosi da terra. Tenne stretto al petto i tesori che era riuscita a trovare, insieme a un legnetto della lunghezza giusta che avrebbe usato come stecca. Si inginocchiò vicino a Reiner e iniziò a medicarlo. Gli alzò la manica della camicia, bloccandogliela sul bicipite, e fermò un po' il flusso di sangue con uno spago legato ben stretto. Usò il vino per disinfettare e infine lo stendardo per fasciarlo. Fece tutto in rigoroso silenzio, senza nemmeno alzare una volta lo sguardo su di lui, fuggendo da tutto ciò che avrebbe potuto cercare di dirle.
Terrorizzata all'idea di vederlo allontanarsi di nuovo, di vedere il suo volto cupo rimproverarla, aggredirla. Terrorizzata all'idea di alzare lo sguardo e vedere ancora la sua schiena che si allontanava. Aveva dato la sua risposta, che non era una risposta. Non era disposta a lasciarlo andare, per nessuna ragione, ma non sarebbe stata disposta nemmeno a cedergli Eren. Alla fine non aveva fatto altro che restare immobile nella sua posizione, decisa ancora a non fare nessun passo e tenerli tutti bloccati lì con lei.
Ma neanche Reiner disse una sola parola e tenne lo sguardo piantato alle sue ginocchia. L'unico suono che emise fu qualche lamento, per il dolore della ferita. Non parlarono, non si guardarono nemmeno, ma ogni senso adesso era concentrato su quell'operazione di medicazione. Si sarebbe rimarginata presto, lo sapevano, Eren funzionava esattamente allo stesso modo, ma proprio per questo era bene non lasciarla scoperta. Era bene che gli altri non la vedessero, mentre si riprendeva a una velocità decisamente disumana. La preoccupazione maggiore di Beatris non fu tanto quella di curarlo, quanto di proteggerlo, ancora una volta. E Reiner lo sapeva. Stava ancora cercando di tenere stretto quel segreto dentro sé, viverlo insieme a lui, in quel mondo di tormenti e scelte così difficili che avevano fatto crollare più volte persino la sua stessa coscienza. I suoi vuoti, i momenti in cui dimenticava chi era davvero, in cui negava il vero sé, erano tutti dovuti a quel pesante senso di colpa unito alla felicità di poter vivere una vita normale, almeno una volta, prima di morire. Non erano piacevoli, lo portavano alla confusione, peggioravano il suo stato d'animo e quando se ne accorgeva sentiva come se avesse rischiato di impazzire. Ma lui non aveva altra scelta, lui era nato proprio con quello scopo, non poteva fare altrimenti se non andare avanti. Non era una sua scelta, era qualcosa che doveva fare e lo avrebbe fatto. Ma Beatris poteva scegliere, poteva ancora salvarsi. Doveva solo riuscire a farla allontanare, convincerla a odiarlo, ma non solo non ci era riuscito... non aveva voluto. Sentire la sua stretta intorno alla vita, mentre ripeteva per l'ennesima volta che avrebbe continuato a prenderlo nonostante tutto, che non l'avrebbe lasciato andare, e sentire ora quel suo delicato tocco sul suo braccio ferito. Poterla avere a fianco era tutto ciò che desiderava. Concentrò i suoi sensi su quel braccio, cercò di captare ogni tocco, ogni dito, ogni presa. E memorizzò a fuoco nella memoria ogni singola volta che le sue dita, più o meno accidentalmente, gli sfiorarono la pelle.
Avevano fatto la loro scelta. Nonostante per un istante fossero riusciti ad allontanarsi, nonostante gli avvenimenti e la loro determinazione a mollare la presa, alla fine, nel momento più critico, non ci erano riusciti. Beatris era corsa a salvare lui, e lui era stato pronto a sacrificarsi per proteggere lei. E l'avevano fatto guardandosi negli occhi, cercandosi, perché era quello di cui avevano bisogno. Nonostante tutta la determinazione, il loro istinto li riportava sempre lì. L'uno dall'altro.
Esattamente al punto di partenza.
E nessuno dei due, in quel momento, riuscì a trovare un solo motivo per rallegrarsene.

Nda.
Ehy there!!!! Sorpresi di vedermi così presto?! Confesso che non ce la facevo ad aspettare, volevo darvi questo capitolo il prima possibile (e anche il prossimo perché sono nodi cruciali, non a caso l'immagine di questo capitolo è molto simile a quella della copertina della storia... con le due mani che si sporgono, a cercarsi quasi con disperazione, unite dal filo rosso del destino, ma che non arrivano a toccarsi), perciò ho deciso per questa settimana di fare la doppia pubblicazione: una ora, un'altra nei prossimi giorni. Siamo a un punto decisivo della storia, la relazione si sta incrinando, Reiner è disposto a lasciarla andare, allontanarla definitivamente, per scoprire solo all'ultimo di non esserne capace. E Beatris, nonostante la delusione, la paura e il rammarico, non è riuscita ad allontanarlo come sa essere giusto. Lui non ha fatto altro che farle del male, e soprattutto negli ultimi tempi non ha fatto altro che sentirsi sola, sommersa da troppe responsabilità, troppi problemi da cui si sente incapace, adesso, di uscirne. La sua posizione è terribile, sa di essere stata praticamente scoperta, di essere sul punto di essere condannata...e ora sa quali sono le fazioni che si combattono realmente: o Reiner o Eren, non può che scegliere solo uno dei due. Ma non può rinunciare a nessuno di loro, entrambi ugualmente importanti. E continua a restare lì, immobile, paralizzata dalla paura esattamente come è successo a Shiganshina quando era bambina... con Reiner impossibilitato a fermarsi e che rischia di schiacciarla da un momento a un altro. Sanno cosa è giusto, ma nessuno dei due riesce a prendere la decisione definitiva, nonostante gli sforzi, i tentativi e tutto il dolore che hanno dentro.
Voi conoscete bene l'anime/manga, sapete qual è il passo successivo a livello di trama... Reiner, proprio qui, esce allo scoperto rivelando la verità, dando inizio alla guerra. Ma lo farà anche in questa storia? O si lascerà convincere dal desiderio di tenere Beatris al sicuro? Quali saranno le sue azioni? E Beatris... come reagirà a tutto questo? Riuscirà a schierarsi alla fine? Da quale parte deciderà di stare? Nemica di Reiner o nemica di Eren? E soprattutto... ora che anche i suoi amici sanno ciò che sta accadendo, dei giganti e del coinvolgimento di Beatris, delle sue bugie, come reagiranno? Quando si rivedranno cosa accadrà? Come l'accoglieranno?
Preparatevi perché ci saranno grandi sviluppi. E grandi dolori, qualsiasi saranno le scelte. Che scelga Eren o Reiner, in ogni caso, Beatris non farà che perdere. In che modo ne uscirà?

Vi lascio la canzone del capitolo e un pacco di fazzoletti, da qui in poi ce ne sarà bisogno xD almeno per le canzoni: quelle scelte per questi capitoli mi lacerano l'anima. Sicuramente conoscete tutti My Immortal degli Evanescence, ma vi chiedo comunque di prendervi questi cinque minuti, leggere bene il testo e ripensarci in funzione di ciò che è accaduto in questo capitolo. Perché anche voi noterete quanto sia la sua canzone, in questo momento, in ogni singola parola.


I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no KyojinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora