Capitolo 61

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If we looked down from atop the sky
just what could we see?
I just wanted to wander off
Somewhere that's not here
As a kid i always wondered
about the vast world
and what lies at it's end
Something beyond my comprehension
and completely absurd

The price for dreaming of freedom
is a cold, earthen bed
As we borrow the body of god
justice will bare it's fang
Inside and outside this cage
we all die equally

(Shoukei to Shikabane no Mich - Linked horizon
SNK ending 3; translation)

Era come volare sopra le nuvole. Una distesa immensa di gas e vapore, sotto al quale sapevano avrebbero trovato solo morte e distruzione. Sopra queste, solo il cielo immenso e l'orizzonte disteso. Era come stare in capo al mondo, fino a toccare il cielo con un dito, sopra ogni cosa. Ma non erano nuvole...
«Eccolo!» indicò Beatris, nella cabina di comando insieme a Onyankopon e al resto dei suoi compagni. Tra il vapore ustionante prodotto dall'enorme distesa di giganti colossali, riuscì infine a vedere la sagoma scheletrica del gigante Fondatore. Davanti a loro poterono vedere il Forte a cui era diretto, ancora brulicante di persone. I dirigibili che avevano tentato un attacco poco prima con casse esplosive ormai erano tutti a terra, completamente distrutti. Un vuoto li colse improvvisamente, l'idrovolante sembrò perdere potenza e trascinarli verso il basso per qualche metro. Dovettero reggersi, persero di stabilità ma Onyankopon riuscì a riprendere il controllo del veicolo.
«Il motore sta morendo! Non abbiamo più carburante!» esclamò, lottando contro il veicolo per riuscire a controllarlo in quegli ultimi istanti di potenza che gli restavano.
«Siamo ancora lontani...» commentò Beatris, guardando Eren, poco distante.
«Dobbiamo scendere! Non reggerà a lungo» disse Armin. «Onyankopon, lascia i comandi, andiamo!»
«Non ancora!» gridò Onyankopon. «Voglio portarvi sopra il Fondatore, solo allora farò un atterraggio d'emergenza! Così vi farò scendere proprio sopra di lui!»
E un altro vuoto li colse, le eliche dell'idrovolante rallentarono troppo e quasi li fecero cadere nel vuoto. Ma ancora Onyankopon riuscì a controllarlo, ostinato.
«Arriva qualcosa!» gridò improvvisamente Beatris, indicando il Fondatore davanti a loro. Missili, proiettili, non riuscirono a individuarlo. Ma erano innumerevoli e sfrecciavano contro di loro.
«Tenetevi!» gridò Onyankopon virando eccessivamente verso destra, tanto da far inclinare l'idrovolante. Riuscirono a passare in mezzo ai proiettili, schivarli, ma non fu favorevole al loro equilibrio e l'improvvisa virata li scaraventò tutti in giro. Con un urlo, Beatris perse presa sul sedile a cui era aggrappata e volò verso la parete destra, rischiando di sbatterci contro. Reiner fu rapido e la prese al volo, ma dovette abbandonare il suo appiglio e finì col volare di traverso anche lui. Se la strinse al petto e si spinse da un lato, così che a sbattere la schiena contro la parete e il sedile a fianco fu lui, riuscendo a proteggerla.
«Cos'è stato?!» gridò Beatris, allarmata.
«È lui» digrignò i denti Levi, rialzandosi da terra. «Quel pezzo di merda del Gigante Bestia ci sta lanciando addosso massi come al suo solito».
«Beh, ci ha risparmiato la fatica di cercarlo» disse Armin, rialzandosi a sua volta. «Il nostro obiettivo è il Gigante Bestia! Concentriamo tutte le nostre forze su di lui, così potremmo fermare la marcia».
«Ci siamo!» gridò Onyankopon. «Siete sopra! Ora, scendete!»
Jean corse al portellone e lo spalancò, affacciandosi fuori. Saltò, seguito subito dopo dal resto dei suoi compagni. Pieck fu una delle ultime a muoversi: si avvicinò al carro con l'esplosivo raccolto dall'idrovolante e che si erano portati dietro, iniziò a trascinarlo fuori con fatica per portarselo dietro, ma Beatris le fu immediatamente a fianco. Prese l'altro lato del carretto e lanciò a Pieck uno sguardo deciso. Avrebbero lavorato insieme nel trasporto e l'utilizzo dell'esplosivo, lasciando la battaglia al resto dei loro compagni. Pieck annuì e insieme lo trascinarono. Saltarono e si lanciarono verso Eren. Altri massi li raggiunsero e per poco non li colpirono, ma riuscirono infine ad arrivare indenni alla prima delle sporgenze ossee. Reiner si trasformò per primo in gigante e atterrò direttamente sul Gigante Bestia, collegato alle ossa di Eren con dei filamenti, e lo colpì con un pugno nell'atterraggio. Dietro di lui anche Pieck si trasformò, prese l'esplosivo tra i denti e Beatris si aggrappò ai suoi capelli, restandole ancorata. Atterrarono sulla sporgenza, restando appese al primo spuntone, e guardarono Reiner massacrare il volto del Bestia con una scarica di pugni, fino a immobilizzarlo. Gli aprì immediatamente la nuca, andò a cercare il suo ospite, ma non vi trovò niente. Né una resistenza da parte del nemico, né nessun tipo di corpo umano.
«È un guscio vuoto» commentò Armin, appeso a lui insieme a Jean. «Per questo non ha reazioni. Come immaginavo, anche Zeke sta usando il potere del Gigante Martello per nascondere il suo vero corpo».
«Come facciamo a trovare un punto debole alto un metro e largo venti centimetri in una montagna di ossa come questa?!» chiese Jean, frustrato. «È impossibile! Armin! Dobbiamo prendere una decisione!»
«Lo so!» gridò Armin, inasprito. Il piano prevedeva di fermare la marcia dei giganti eliminando Zeke, ma in caso di fallimento l'unica soluzione sarebbe stata usare l'enorme potere del Gigante Colossale. La sua trasformazione esplosiva avrebbe potuto distruggere l'intero corpo di Eren, anche in quelle condizioni. Ma voleva davvero farlo? Avrebbe davvero preso una decisione così estrema? Non avevano tempo, la marcia dei giganti stava per raggiungere il Forte e tutte le persone superstiti, e restare lì era rischioso. Doveva scendere a patti con se stesso, decidersi a uccidere Eren una volta per tutte. «Fra un minuto farò piazza pulita! Collaborate con il Gigante Carro e allontanatevi da qui!»
«Armin...» mormorò Mikasa, spaventata all'idea di uccidere Eren. Ma Armin la rassicurò: «Eren si aspetta questa mia mossa, perciò dubito possa morire per una cosa come questa. Ma se riuscissi a disperdere le ossa, forse sarebbe più facile trovarli».
«Se qualcosa dovesse andare storto non preoccuparti di noi e scatena tutta la tua potenza, va bene?» gli disse Jean, voltandosi e cominciando a volare via, correre, insieme al resto dei suoi compagni, lasciando Armin indietro. Si allontanarono solo di qualche metro, quando sentirono un sinistro rumore alle loro spalle, e l'urlo di Armin. Si voltarono spaventati appena in tempo per vedere Armin serrato da una lingua prensile e venir ingoiato da un gigante con la testa di un maiale, sbucato chissà da dove.
«Armin!» gridò Mikasa, pronta a tornare indietro, ma in quel preciso momento altri giganti presero forma dalle ossa di Eren. Decine di giganti avanzarono verso di loro, come un esercito.
«Arrivano, Reiner!» gridò Jean e il Corazzato non esitò a buttarsi immediatamente in combattimento con i primi due. Li afferrò, li spinse a terra, distrusse le loro teste, ma un terzo gli saltò a bocca spalancata sulla schiena. Non lo prese, Jean riuscì a volare verso di lui in tempo e lo colpì alla nuca con una lancia fulmine.
«Che cosa sono?!» chiese Connie, guardandosi attorno mentre pian piano venivano accerchiati.
«Non sembrano giganti puri...» commentò Jean. «Ci osservano e cercano lo scontro».
«Che cosa facciamo?» chiese Connie, in preda al panico. «Le lance fulmine così finiranno subito! E... Armin! Armin è ancora vivo?!»
«Se si fosse fatto anche solo un graffio si sarebbe trasformato immediatamente» disse Levi. «Quindi è stato ingoiato incolume, ma quel gigante che lo ha mangiato è scappato subito verso il culo di Eren. Per raggiungerlo dovremo affrontare questa marea di giganti. Anche se fossi nel pieno delle forze non sceglierei mai di sfondare da quella parte. Proverò ad attirarli tutti da una parte, facendo da esca, e voi cercate di passare oltre» propose.
«Pieck...» mormorò Beatris, sporgendosi sulla testa del Gigante Carro e puntando gli occhi ai nemici che marciavano verso di loro. «Non sembra anche a te che somigliano un po' a voi?»
«Già, l'ho notato anche io» disse Pieck. «Capitano! Una cosa simile è impossibile» disse voltandosi verso Levi. «Ho compreso la vera natura del nostro nemico: quelli sono i nove giganti del passato. Non so se possiedono la coscienza dei loro predecessori, ma con il potere del Fondatore è possibile che vengano generati all'infinito. Quelli sono giganti combattenti, veterani, creati appositamente per combattere».
«Non... non potremmo mai farcela...» balbettò Connie, terrorizzato.
«Esatto. Perciò cerchiamo di non fare niente di stupido» confermò Pieck.
«E allora che facciamo?» chiese ancora Connie.
Beatris strinse tra le dita i capelli di Pieck a cui era aggrappata e guardò turbata lo scenario che aveva di fronte a sé. Un'orrenda sensazione, una consapevolezza che si era fatta sempre più forte dentro sé man mano che viaggiavano, dopo aver parlato con Eren all'interno di quel frammento di sogno. Lui voleva essere fermato e sapeva che Beatris era l'unica che avrebbe accettato un compromesso simile. Non c'era dialogo, non c'era altra soluzione. Anche se avessero fermato la marcia, lui non avrebbe smesso di correre dietro a quell'assurda ostinazione. Essere fermato era ciò che voleva, ciò che gli stava chiedendo di fare. Ed Eren... era sempre stata una sua responsabilità. Se c'era qualcuno che avrebbe dovuto macchiarsi le mani di quel crimine, quella era lei. Poteva essere solo lei, che aveva deciso di prendere parte a quella missione non per salvare il mondo, ma per salvare i suoi amici. Salvarli da ogni cosa, anche dalla responsabilità di scegliere. Come aveva già fatto altre volte... li avrebbe protetti anche a da quello. Era sempre stato quello il suo ruolo. Domare Eren, prendersi la responsabilità di ogni cosa, proteggere chi aveva attorno anche a costo di sacrificare se stessa e ciò che più amava. Per quanto avesse fatto male... spettava a lei, perché era l'unica in grado di scendere a compromessi, ed era l'unica di cui Eren si fidava.
«Pieck...» mormorò. «Sai perché sono qui con te, vero?»
«Sì, l'ho capito» rispose Pieck. «Sei davvero decisa?»
«La strada alle nostre spalle è più breve, che andare verso il fondo... A quanto pare non sarò davvero mai in grado di imparare dai miei errori» sbuffò, amaramente. «Sarai contento, Eren... avevi maledettamente ragione tu. Io sono davvero l'unica che può fare una cosa come questa. Andiamo Pieck!» e nell'istante in cui lo disse, a gran voce, Pieck si voltò e iniziò a correre verso la nuca di Eren, prima che qualcuno dei loro compagni avesse potuto pensare o fare qualcosa.
«Cosa?!» sussultò Mikasa, guardandole sconvolta.
«Tris!» la chiamò Jean, inutilmente. Le due erano già lontane, spaventosamente veloci, e tra loro si frapponevano giganti e nemici.
«Giganti davanti a noi! Eren ne sta generando altri!» comunicò Beatris, guardando una decina di giganti prendere forma dal terreno. Il primo nacque proprio al loro fianco e non finì nemmeno di prendere forma che provò a colpirle con un pugno. Pieck fu veloce, riuscì a schivarlo, e proseguì nella corsa. Si arrampicò sulle sporgenze e sulla ossa, saltò, schivò altri colpi e Beatris dovette reggersi a lei con tutte le forze per evitare di essere sbalzata via. Schivò il morso di un Mascella, il pugno di un Corazzato, ma contro un piede di un altro, forse un Bestia, non poté fare molto. Venne schiacciata a terra, bloccata, e questo si preparò a morderle la nuca. Beatris saltò via dalla sua presa e si lanciò contro questo, puntando dritto al volto.
Sganciò la prima delle sue lance fulmine, puntando al viso, e riuscì a colpirlo. L'esplosione lo destabilizzò abbastanza da far perdere presa su Pieck, che riuscì a rialzarsi, ma sembrò pronto a tornare alla carica. Beatris si voltò, le lanciò uno sguardo, e urlò: «Vai!»
Si agganciò a una delle ossa più alte e volò via, schivando un secondo Mascella che tentò di morderla. Lanciò un rapido sguardo a Pieck, impegnata a correre verso la nuca di Eren, braccata e presa d'assedio dai nemici. E ci si lanciò contro con la piena consapevolezza che non ne sarebbe uscita viva. Poteva essere migliorata quanto voleva, ma restava la stessa Beatris di un tempo e lei non era mai stata una grande combattente. Era veloce, sapeva schivare, ma quando si trovava faccia a faccia col nemico, inesorabilmente, perdeva. Ma questo non le avrebbe impedito di combattere, fino alla fine, come Eren le aveva sempre chiesto di fare.
Urlò, disperata e piena di determinazione, e si lanciò contro il primo gigante che si trovò davanti. Cercò di mirare alla collottola, ma questo si protesse la nuca e con una mano cercò di colpirla. Schivò, ma un Gigante Mascella le comparve alle spalle, a bocca aperta. Si voltò, puntò dritto alla sua gola, e sparò un'altra lancia fulmine. Non lo uccise, ma lo fermò e le permise di togliersi dalla traiettoria. Salì in alto, cercò riparo nell'altitudine e si lanciò poco dopo nuovamente all'attacco. Pieck era sempre più vicina e l'ostinato combattere di Beatris le permetteva di avere spazio per avanzare, attirando l'attenzione su di sé. Tornò a urlare, tornò a colpire e volteggiare tra giganti che arrivavano da ogni direzione. Talmente concentrata, talmente assordata dalle sue stesse urla e quelle dei giganti, che non sentì la battaglia che intanto stava coinvolgendo anche i suoi compagni, indietro, sulla schiena di Eren. E non riuscì a vederli, disperati, sempre più sconfitti. Non riuscì a vedere Connie perdere i sensi, non riuscì a vedere Levi venir morso a una gamba nel tentativo di salvarlo, una Mikasa che tentava di trovare la forza urlando per attirare l'attenzione, un Reiner afferrato da un Gigante Colossale e fatto a pezzi. Non riuscì a vedere Jean salvargli la vita, tirandolo fuori dalla nuca in tempo e sorreggendolo, appeso alle ossa di Eren, con l'attrezzatura rotta. Non riuscì a vedere mentre cadevano e si lanciavano nel vuoto per cercare una salvezza disperata. Combatté, sempre più stremata, sempre più in difficoltà, nel disperato tentativo di restare in vita. Sfruttando la sua velocità riuscì a schivare la maggior parte dei colpi dei giganti, ma riuscì ad abbatterne solo un paio. Era una lotta di sfiancamento e lei stava per perdere, contro il potere dei giganti che tornavano sempre in vita. Riuscì a voltarsi, nell'ennesima piroetta, e finalmente vide Pieck raggiungere la collottola di Eren e avvolgergli attorno l'esplosivo. La vide uscire dalla sua nuca, cercare di raggiungere il detonatore per fargliela esplodere, ma attirata da quella distrazione Beatris non vide un gigante nascere proprio sotto ai suoi piedi. Cercò di dare gas, schivarlo, ma questo fu veloce e preciso. Allungò una mano su di lei, chiuse le dita e infine la prese. Si sentì stritolare, stringere a morte, tanto da toglierle il fiato. E urlò di dolore mentre le costole si incrinavano. Non si voltò a guardare Pieck, ma sapeva che era solo questione di tempo. Si chiese solo se fosse riuscita a farlo esplodere prima che quel gigante fosse riuscito a mangiarsela, perché già se la stava portando alla bocca spalancata. Tirò ingenuamente dietro la testa, mentre si dimenava nella presa del gigante, come se fosse servito a schivare i denti che stavano per chiudersi su di lei. E gridò: «Pieck! Fallo! Ora!»
Non ebbe tempo di chiedersi perché lei ancora non premesse il pulsante del detonatore, che vide la sua ombra sovrastarla. Pieck con una mano spinse via la faccia del gigante, prima che fosse riuscita a chiudersi su di Beatris. Spalancò la bocca, si voltò verso questa ancora stretta nel pugno del gigante, e chiuse i denti su di lei, stringendo il polso del gigante che la teneva. Recidendoglielo.
Beatris cadde sulla sua lingua e venne sballottata all'interno della sua bocca, colpendo i denti negli scossoni. Pochi secondi dopo la bocca di Pieck si aprì nuovamente e con la lingua la spinse fuori, verso un osso più sopraelevato, quasi l'avesse sputata. Beatris fece immediatamente scattare il poco meccanismo di movimento, si aggrappò alla sporgenza e riuscì così a non cadere nel vuoto, verso i giganti accalcati sotto di loro. Si voltò a guardare Pieck, appesa sotto di lei, pronta a ringraziarla, ma la vide in quel momento cadere verso il vuoto, trascinata da una lancia che l'aveva arpionata alle schiena. Un Gigante Martello col suo potere di creare cose l'aveva afferrata un istante prima di raggiungere l'osso, e la tirava giù. Verso il resto dei giganti. Pieck l'aveva sputata via appena in tempo per evitare di portarla con sé.
«Pieck!» gridò, in preda al terrore. Si lasciò cadere, diede gas e si lanciò nuovamente nella mischia, puntando questa volta verso Pieck, bloccata contro un altro osso, incapace di muoversi. Volò tra mani e gambe, schivò denti, ma dovette allontanarsi nuovamente nel tentativo di salvarsi. Piroettò sopra le teste dei giganti e vide un altro Mascella tentare di saltare, per raggiungerla in volo, ma riuscì a essere abbastanza alta da schivarlo. Tornò a guardare Pieck: lei non aveva il sistema di movimento tridimensionale, anche se fosse uscita dal suo gigante non avrebbe avuto modo di salvarsi. Doveva raggiungerla, andare a prenderla, e tornò a lanciarsi verso di lei. Urlando, furiosa, recise dita. Si lanciò tra le gambe, tagliò caviglie, facendo crollare a terra altri giganti, e appiattendosi riuscì a schivare l'ennesimo colpo, passando tra un pugno e l'osso di Eren. Raggiunse Pieck, ma il Gigante Martello fece nascere lance dal suolo e dovette di nuovo indietreggiare, per evitare di essere colpita. Non si salvò totalmente, una delle lance, affilata, le graffiò un fianco nella sua nascita. E sentì la rabbia cominciare a ribollirle nelle vene. Piantò un piede a terra, si diede lo slancio e si preparò a tornare, incaponita, contro il Martello. Qualcosa la raggiunse: un pugno dall'alto. Saltò via, provando a schivarlo, ma venne comunque sbalzata dall'impatto. Piantò le mani a terra, si scosse per cercare di tornare in sé e un'altra ombra la sovrastò. Un altro gigante, l'ennesimo, che stava per atterrare su di lei a bocca aperta. Sentì il cuore pulsare un po' più forte, il terrore immobilizzarla. Ovunque guardasse, qualsiasi movimento facesse, i colpi e le minacce arrivavano da ogni parte. Era estenuante, non sapeva mai da che parte guardare, e nonostante le precauzioni rischiava sempre di essere presa. Guardò paralizzata il gigante ormai sopra di lei, consapevole che non avrebbe fatto in tempo a fuggire, e sentì la morte cominciare a stringerle la gola, toglierle il fiato. Ma ancora una volta questo non arrivò a prenderla. Il Gigante Carro di Pieck saltò su di lei, le si mise sopra per proteggerla e venne morsa al posto suo.
«Pieck!» esclamò, sconvolta. Vide in quel momento la ragazza saltare via dalla nuca del suo gigante, prima di essere divorata.
«Non preoccuparti per me! Non credere che non sia in grado di combattere!» le gridò, cadendo verso il suolo. Si morse un dito, poco prima dell'impatto a terra e si trasformò ancora. Un gigante le fu immediatamente addosso, ma lei riuscì a scalciarlo via.
Saltò ancora, lanciandosi all'attacco, ma le lance del Gigante Martello la colpirono e la trafissero. Ancora uscì dalla nuca appena in tempo, ancora saltò via e ancora si morse trasformandosi per l'ennesima volta. «Anche se dovessi provarci cento volte, io posso ancora combattere!» la sentì ringhiare saltando contro un altro gigante che aveva puntato a Beatris. «Perciò adesso sbrigati! Ti copro io! Uccidi Eren, adesso!» le disse eliminando l'ennesimo gigante e venendo attaccata ancora. Beatris strinse l'impugnatura della sua attrezzatura e digrignò i denti. Si alzò infine da terra e cominciò a correre, prima di far scattare ancora una volta il suo meccanismo. «Resisti! Metterò fino a tutto questo!» gridò e scivolò tra piedi e braccia, lance e morsi. Lasciandosi Pieck alle spalle in un mare di sangue e fatica, ma ancora determinata, che si trasformava ancora e ancora. Puntò il detonatore, riusciva a vederlo, ma altri giganti emersero dalle ossa di Eren proprio di fronte a lei. Frenò bruscamente, indietreggiò per schivare il primo, ma alle sue spalle arrivò un secondo gigante. Intrappolata tra due fuochi, lontana dal prossimo appiglio, non poté fare niente se non cercare di pensare a una via d'uscita in quei pochi istanti che le restavano. Uno spiraglio. Uno qualsiasi. Le sarebbe bastato veramente un misero foro, lei poteva passare ovunque. Lei era veloce, era agile, ma le serviva una via d'uscita. Una misera via d'uscita...
Sentì un urlo, seguito da un ruggito. Un lampo nel cielo, sopra la sua testa, e Reiner atterrò alle sue spalle schiacciando con il suo peso il gigante che aveva alle spalle. Un secondo urlo arrivò al suo unico orecchio funzionante e Jean arrivò davanti a lei e tranciò la nuca di quello che aveva di fronte.
«Reiner... Jean...» mormorò, sorpresa di vederli lì. Un'ombra volò sopra le loro teste e alzò lo sguardo notando in quel momento un enorme gigante dotato di ali passare sopra di loro e dirigersi verso il coccige di Eren. «Ma che...» si chiese, confusa. Che stava succedendo? Da dove erano arrivati? Che tipo di gigante era quello?
«Tris!» gridò Jean, lanciandosi contro un altro gigante che stava per saltare loro addosso. Alle sue spalle Reiner si sollevò, piantò i piedi a terra e bloccò la corsa di un altro Corazzato che li aveva raggiunti a velocità spedita, prima che avesse potuto raggiungere e schiacciare Beatris. Venne spinto indietro di qualche centimetro, nell'impatto, ma riuscì a fermarlo e con una testata lo destabilizzò e lo spinse a terra. «Ti copriamo noi! Vai!» gridò ancora Jean, uccidendo il gigante che aveva puntato poco prima. E Beatris non aspettò oltre. Si rialzò e riprese a correre. Due giganti la raggiunsero, ma Jean riuscì a colpirne uno, destabilizzarlo, e Beatris si lanciò su questo. Si aggrappò a lui, volò sotto i suoi piedi, passando tra le caviglie e si diede lo slancio per andare ancora avanti. Lo vide. Il detonatore non era troppo lontano da lei, poteva riuscirci. Poteva raggiungerlo! Allungò una mano nell'ultimo slancio, pronta ad afferrarlo, ma una presa ferrea si bloccò sulla sua caviglia, tanto dilaniante da strapparle un grido di dolore. Venne lanciata via, verso l'alto alle spalle del gigante che l'aveva afferrata.
«No...» lamentò, in un singulto. Ci era quasi arrivata, il detonatore era stato a pochi centimetri da lei. Ma ora volava via, di nuovo verso il centro della battaglia, cadendo da almeno una decina di metri. Si corrucciò, lottando contro il dolore alla caviglia, e tornò a premere i pulsanti della sua attrezzatura. Uno sbuffo, solo un misero sbuffo che le fece a malapena rallentare la caduta. Non uscì nient'altro. E in quell'attimo interminabile, dove presto si sarebbe sfracellata al suolo, riuscì a sentire l'eco della voce di Jean che l'ammoniva ancora una volta per aver sprecato troppo gas. Tradita all'ultimo da uno dei suoi imperdibili vizi. Si dimenò a mezz'aria, disperata, non sapendo in che modo salvarsi. Si guardò attorno, cercando il supporto dei suoi compagni, ma Jean era preso d'assedio, neanche riuscì a vederla. Pieck era senza un braccio, appesa a lui, non si sarebbe potuta trasformare prima di essersi curata. E Reiner, infine, steso a terra, trafitto da una decina di lance che non solo gli impedivano i movimenti ma avevano sfiorato pericolosamente la sua nuca. L'espressione le si contorse, disperata. Stava davvero finendo tutto lì... in quel modo? Allungò una mano verso Reiner, invano. Sarebbe morta da lì a pochi istanti e lo avrebbe fatto con la sua immagine negli occhi.
Reiner...
Qualcosa si frappose fra loro, impedendole di guardarlo ancora. Un gigante, un mascella che conosceva fin troppo bene. Ymir le si lanciò contro, intercettandola a mezz'aria, con una mano allungata verso di lei. E l'afferrò. Chiuse gli occhi, ormai in preda al terrore, preparandosi ad essere uccisa, ma non avvenne. Sentì Ymir ringhiare, ruggire, e restò nella sua mano, sbalzata in giro, ma integra. Quando riaprì gli occhi, confusa e spaventata, vide Ymir abbattere un gigante con un morso e tenere lei lontana, come se avesse voluto proteggerla. Ymir saltò poi via, atterrandolo, e si aggrappò a un osso non troppo lontano. Beatris si voltò verso Reiner, preoccupata, ma vide anche lì un gigante dalle sembianze conosciute combattere contro i nemici che aveva attorno, tentare di proteggerlo. Galliard stava combattendo per lui. E un altro ancora, sconosciuto, saltò verso Jean e Pieck e li portò via, in salvo, prima di essere colpiti.
«Ma che...» mormorò, confusa. «I giganti... combattono insieme a noi?»
Ymir portò Beatris sopra la sua testa e ce l'appoggiò sopra. Lei si aggrappò ai capelli del gigante e continuò a guardarla, disorientata, ma pian piano travolta da una profonda felicità... e tristezza.
«Ymir» pronunciò in un lamento. Ymir ringhiò e si lanciò contro un altro gigante, dilaniandolo con le unghie e mordendo la sua nuca per abbatterlo. Intorno a loro anche Galliard e l'altro gigante fecero altrettanto, colpendo, uccidendo, ma scoprì presto non essere il solo. Ce n'erano altri... ed erano lì per loro.
«Ymir... io avrei davvero voluto portarti da Historia» sibilò, stringendosi ai suoi capelli per non volare via nel combattimento.
«Lo so...» la sentì pronunciare con una voce tanto distorta dai ringhi che ebbe il dubbio che avesse parlato davvero. Ma le bastava. Ymir, reale o meno che fosse, viva o solo ricostruita, era lì per loro. E li stava aiutando. L'aveva salvata... e lei era riuscita a dirle quanto avrebbe voluto vedere lei e Historia di nuovo insieme. Era con loro, era con lei. Anche senza l'uso della caviglia, potevano ancora combattere.
«Ymir! Il detonatore! Portami lì!» e Ymir si voltò verso la nuca di Eren, ascoltandola, prima di iniziare a correre nella sua direzione. «Non ho mai avuto modo di ringraziarti davvero, Ymir. Non sai quanto mi aiutasti quella notte, al castello Utgard» le disse Beatris, mentre lei correva tra i colpi dei giganti e lottava per portarla dove le aveva chiesto. «Mi hai aiutata a capire cosa fosse giusto. Io da allora... non ho mai smesso di combattere. Grazie Ymir! Sei una vera amica!»
E allungando una mano riuscì infine a prendere il detonatore.
«Eren!» gridò, stringendolo tra le mani. «Sono stata anch'io in grado di crescere! Posso prendermi le mie responsabilità!»
Premette la leva.
L'esplosione accecò e sbalzò via entrambe. Beatris atterrò sulla schiena di Eren e guardò la sua testa cadere verso terra, staccata dal resto del corpo, mentre Ymir al suo fianco si dissolveva lentamente.
Ma non ebbe neanche il tempo di alzarsi, quando vide la stessa creatura luminescente che aveva visto la prima volta che aveva fatto saltare la testa a Eren. Dalle fattezze di un insetto, uscì dal suo corpo e si allungò per raggiungere di nuovo la testa del Gigante Fondatore.
«È come allora! Se la tocca sarà tutto inutile!» gridò Beatris, allarmata. Si voltò a cercare il supporto dei suoi compagni e si sorprese di vedere Reiner già vicino a lei. Lui saltò nel vuoto, si lanciò contro la creatura e l'afferrò, tirandola con sé nella caduta, tenendola lontano da Eren.
«Reiner!» gridò Beatris, provando ad allungarsi nel vuoto. E forse sarebbe caduta, tanto si sporse, se Jean non fosse arrivato in tempo per prenderla e tirarla indietro.
«Jean! Pieck! Bea!» la voce di Connie arrivò dall'alto e alzando la testa Beatris vide lo stesso gigante dalle fattezze di un uccello che aveva visto poco prima volare verso di loro. Connie, Mikasa, Levi ma anche Gabi e Annie erano tutti sopra questo.
«Gabi! Annie!» esclamò Beatris, sorpresa di vederle. «Ma allora quel gigante...» rifletté, guardandolo avvicinarsi. Non poteva essere che Falco. Non ebbe tempo di chiedersi che cosa ci facessero lì, né di capire se vedere Gabi e Falco in mezzo a quel casino la rendesse felice o meno, che Falco li raggiunse.
«Jean! Salite! Dobbiamo andarcene!» chiamò ancora Connie, allungando una mano per afferrare quella di Jean. «Armin farà saltare in aria tutto quanto!»
Annie si allungò a prendere Pieck e Mikasa fece altrettanto, afferrando la mano di Beatris e trascinandola sopra il torso di Falco. Beatris le concesse un rapido sguardo, terrorizzata, spaventata all'idea che la stesse odiando per l'ennesimo colpo di testa e il tentativo di uccidere Eren. Ma non vide in lei niente di tutto quello. Solo tristezza e una velata preoccupazione nell'osservare le sue ferite.
«Un attimo!» esclamò Beatris, notando che si stavano allontanando velocemente. «Dobbiamo recuperare Reiner!»
Lasciò la mano di Mikasa e cercò di sporgersi oltre Falco, per riuscire a vedere dove fosse. Lo trovò a terra, vicino ai piedi dei colossali ora immobili, intento a lottare con la creatura luminescente per impedirle di raggiungere la testa di Eren. Era una lotta impegnativa in cui sembrava deciso a non mollare e non lo avrebbe fatto nemmeno al momento dell'esplosione di Armin.
«Falco!» gridò, pronta a dirgli di scendere, di andare verso di lui, ma Jean le mise una mano sulla spalla. «Tris, stai tranquilla! Reiner è forte, la sua corazza potrà resistere all'esplosione del Colossale».
Beatris tornò a guardare terrorizzata Reiner, a terra, mentre lottava determinato con la creatura luminescente. Non era sicura che fosse così, era terrorizzata all'idea di vederlo morire lì ma Jean... Non poteva non avere fiducia nelle parole di Jean, lui sapeva sempre cos'era più giusto. Lui non sbagliava mai.
«Non morirà... vero?» chiese, come una bambina di fronte a un terribile incubo.
«Non lo farà» la rassicurò Jean. «Non ora che ti ha finalmente ritrovata. Non credo che abbia alcuna intenzione di morire qua».
Beatris si strinse di più all'imbracatura di Falco, per impedirsi di volare via, ma forse più come un gesto di conforto. Doveva crederci, sentiva che poteva farlo. Reiner non sarebbe morto lì, lui doveva tornare da lei... chiuse gli occhi e infine attese. Attese che tutto finisse una volta per tutte.
Volarono lontani e pochi istanti dopo un enorme boato squarciò il cielo. Suo malgrado, si ritrovò ad aprire nuovamente gli occhi, sentendo le palpitazioni del cuore troppo pressanti. E si voltò a guardare il Gigante Fondatore che veniva completamente ridotto in polvere dall'esplosione di Armin, inglobando Reiner, distruggendo Eren.
Eren, tu credi che riusciremo mai a vederli gli elefanti insieme?
No, non credo.
Un singhiozzo la scosse da capo a piedi. Sprofondò il volto tra le piume di Falco e nascose infine al suo interno il suo dilaniante pianto. Lui l'aveva sempre saputo, fin da allora.
«Scemo-Eren... sei proprio uno stupido».

Falco atterrò sul promontorio del Forte, in mezzo a centinaia di persone. Scesero dalla sua schiena e lui emerse dalla nuca del suo gigante, raggiungendoli. Aiutò Jean nel sostenere Beatris, incapace di reggersi in piedi da sola con la sua gamba masticata fino al polpaccio, ma durò poco. Vide in mezzo alla folla i suoi genitori e, come Gabi, Annie e Pieck, corse via per raggiungere la propria famiglia. Beatris lo guardò qualche istante, restando appesa alla spalla di Jean, sorpresa. Erano vivi? Erano lì? Gli abitanti di Liberio, alcuni di loro, almeno, erano lì. Spostò lo sguardo e vide anche Gabi correre tra le braccia dei suoi genitori, in lacrime. Ce l'aveva fatta... alla fine era riuscita a portarli dalle loro famiglie. Ci era voluto molto, enormi sacrifici, e ormai aveva perso le speranze, ma ce l'aveva fatta. Non riuscì a non sentire la commozione invaderle il petto, ma durò poco. Si voltò verso la distesa alle loro spalle, allarmata.
«Reiner... dov'è Reiner?» mormorò, preoccupata. Jean l'aiutò ad avvicinarsi al dirupo per poter guardare l'enorme foro che l'esplosione di Armin aveva lasciato nella sua trasformazione. La marcia dei giganti colossali si era fermata, ormai questi, accasciati a terra, si stavano lentamente vaporizzando. E di Eren non restava niente, solo il vuoto. Vide infine Reiner, steso a terra, trafitto e con la corazza quasi del tutto distrutta. Ma si mosse, lentamente, tornando in piedi.
«Hai visto?» le disse Jean. «È vivo».
Dietro Reiner, dal cratere, emerse lentamente anche Armin. Ed entrambi a passi pesanti e fiacchi si avvicinarono al promontorio del Forte, per riunirsi ai loro compagni. Dal volto distrutto di Beatris, il viso ancora solcato dalle lacrime, riuscì infine ad emergere un flebile sorriso. Aveva perso molto, ma non tutto. Gabi e Falco erano di nuovo con le loro famiglie e Reiner era vivo e stava tornando da lei. Poteva ancora andare avanti, in un modo o in un altro. Avevano vinto... se quella poteva considerarsi una vera vittoria.
«Guardate!» esclamò improvvisamente Connie, indicando un punto alle spalle di Armin. Qualcosa strisciava fuori dal cratere e non fu difficile identificarla: la creatura luminosa ancora si muoveva, viva.
«È sopravvissuta all'esplosione?» chiese Jean.
«Ma che diavolo è quella cosa?!» strillò Connie, sconvolto.
«Non lo so... ma non possiamo lasciarla in vita» rispose Jean.
«È sopravvissuta all'esplosione, come diamine facciamo a ucciderla?» mormorò Levi, appeso alle spalle di Connie. E in quel momento un nuovo boato squarciò l'aria, facendoli sussultare tutti quanti. Dalla polvere e dal baglione, videro avvicinarsi nuovamente Eren, in una nuova forma di gigante. Alto quanto Armin, ancora vivo, ancora in grado di andare avanti.
«Ma... com'è possibile?» sibilò Beatris, sconvolta.
«Dobbiamo tenere Eren lontano da quella cosa! Non sappiamo cosa possa succedere!» esclamò Gabi, raggiungendoli per guardare cosa stesse accadendo. «La marcia dei giganti potrebbe anche riprendere!»
Armin e Reiner si voltarono, guardando Eren avanzare verso di loro. Pronti, probabilmente, all'ennesima battaglia, decisi a non arrendersi. Ma distratti dall'apparizione di Eren non notarono la creatura luminescente strisciare rapidamente verso il promontorio, arrivando ai piedi del Forte, dove erano radunati tutti quanti. Non era ancora finita. Eren avrebbe tenuto impegnati Reiner e Armin e loro avrebbero dovuto pensare a quella creatura che non conoscevano e che era sopravvissuta persino all'esplosione di Armin.
«Perciò... non abbiamo ancora finito?» mormorò Beatris, avvilita. Ebbe un cedimento, si lasciò cadere verso terra, distrutta, e Jean dovette fare appello a tutte le sue forze per sostenerla. «Tris!» disse allarmato, guardandola chinare la testa in avanti, chiedendosi se non avesse perso i sensi.
«Sono stanca, Jean» mormorò Beatris con un filo di voce, come se fosse sul punto di svenire. «Ho pianto la morte di Eren già due volte e lui continua a tornare e chiedermi di continuare a combattere. Non ce la faccio più. Perché tutto questo non può finire e basta? Io... non ne ho più le forze».
«Sei ferita» le disse Jean, accompagnandola verso terra per aiutarla a sedersi. «Hai perso un sacco di sangue dalla tua gamba, andrebbe visitata. Cerca di resistere solo un altro po', intanto riposati qui».
Una coltre di fumo li invase improvvisamente, sprigionata da un punto indistinto sotto di loro. E abbassando lo sguardo videro solo in quel momento la creatura luminosa ai piedi del promontorio emettere quello strano vapore dall'aria sinistra. Si insinuò nei loro polmoni, anche proteggendosi con fazzoletti o mani non servì a molto. Proprio sotto di loro, stava facendo respirare a tutti la sua emissione. Reiner si voltò solo in quel momento, rendendosi conto del pericolo che i suoi compagni stavano affrontando, e tentò di raggiungere nuovamente la creatura, per cercare di ucciderla. Ma ormai era tardi.
«Che roba è?» mormorò Jean, cercando di coprirsi naso e bocca con una mano.
«Viene da quella cosa luminosa!» esclamò Gabi, affacciandosi per guardarla.
«Questo...» mormorò Connie, impallidendo. «È la stessa cosa che è successa al villaggio di Ragako».
«Cosa?!» sussultarono, guardandolo terrorizzati. Il vapore che entrava nei loro polmoni, il potere del Gigante Fondatore che prendeva possesso dei loro corpi. A Zeke bastava poi un urlo ed era in grado di trasformare gli eldiani in giganti. Loro stavano per vivere quella stessa tragedia...
«Mikasa, Pieck, salite su Falco, adesso!» ordinò Levi.
«Ma... di che stai parlando?» mormorò Pieck.
«Gli Ackerman e i possessori del potere dei giganti sono immuni, sai meglio di me quello che dobbiamo fare» le disse Levi, ma Pieck restò paralizzata, tremante. «No... non può essere... così è troppo...» lamentò. Era appena riuscita a riabbracciare la sua famiglia, suo padre era ancora tra le sue braccia, piangente. Non poteva lasciarlo, non poteva fuggire e guardarlo trasformarsi. Dovevano fare qualcosa, impedire che accadesse, ma che cosa? Ormai era tardi...
«Sbrigatevi!» gridò Levi tanto forte da far sobbalzare Pieck. Mikasa la prese per la divisa e la trascinò vicino a Falco, che si trasformò e si preparò a volare via. Salirono sulla sua schiena, con Pieck che non riusciva a smettere di guardare suo padre con gli occhi vitrei. E infine si allontanarono, lasciandoli soli, in quell'ultimo saluto.
Jean si sistemò a gambe incrociate vicino a Beatris, seduta a terra, con la testa reclinata in avanti. Era silenziosa e immobile come una statua, i capelli che le cadevano di fronte agli occhi gli impedirono di scorgere la sua espressione. Ma aveva le mani abbandonate sulle gambe, le spalle accasciate. Connie si avvicinò a loro e si sedette di fianco a Jean, guardando Falco allontanarsi e Mikasa che sopra questo continuava a tenere Pieck, sporta all'indietro, con una mano allungata verso di loro, come se avesse voluto raggiungerli.
Tutti e tre, seduti, non fecero niente se non aspettare, pacificamente, la loro fine.
«Tris...» mormorò Jean, guardandola con preoccupazione.
«Va bene così, Jean» la sentì rispondere con una voce stranamente rilassata. Ormai, anche lei, aveva smesso di combattere ed era pronta a lasciarsi andare al riposo. Un eterno, oscuro riposo. «Non fa più male, adesso» alzò la testa solo in quel momento e nonostante gli occhi appannati ancora di lacrime, il suo volto era disteso in un felice e rasserenato sorriso. «Desideravo poterlo incontrare un'ultima volta, e sono riuscita a farlo. Ho avuto ciò per cui mi sono battuta tutto questo tempo, sono felice. Almeno, così, non dovrò vivere il giorno in cui tra due anni sarò costretta a vederlo morire davanti ai miei occhi senza poter fare niente. Avrei...» tremò per un istante, ma il suo sorriso si allargò. «Avrei solo voluto avere un po' più di tempo. Ma non fa niente, va bene anche così. Adesso... adesso posso finalmente riposare un po'» una lacrima le sfuggì dagli occhi, percorse la sua guancia e arrivò a bagnarle le labbra. Ma il suo sorriso non ne venne intaccato. Con un sospiro affranto Jean tornò a cingerle le spalle e gliele strinse affettuosamente.
«Jean...» disse ancora, voltandosi per guardarlo in volto. «Sono felice che tu sia con me».
E Jean si ammorbidì lentamente in un sorriso raddolcito, sentendosi pervadere da un calore sprigionato all'altezza del petto. Quello sarebbe stato il loro ultimo momento, non avrebbero vissuto il giorno dopo, non avrebbero mai scoperto se alla fine l'umanità avrebbe vinto o meno. Non avrebbero più rivisto casa loro, né avrebbero vissuto altri bei momenti insieme. Lì, tutto sarebbe finito. Ed era felice anche lui di poterlo fare al suo fianco. Se la strinse contro una spalla e le poggiò la guancia sulla testa.
«Se mi fossi unito alla gendarmeria, quattro anni fa, mi sarei annoiato a morte. È stato divertente essere parte delle tue follie, pazzoide» sospirò.
«Ehy» disse Connie, avvicinandosi a loro e sedendosi di fianco a Jean. «C'è posto anche per me nel vostro quadretto romantico?»
Non fece nemmeno in tempo a finire la domanda che Jean allungò l'altro braccio verso di lui e gli avvolse le spalle. Connie ricambiò la stretta fraterna, allungando una mano dietro la sua schiena e poggiandogli una mano sull'altra spalla. E Beatris lo imitò poco dopo, facendo scorrere il braccio sulla schiena di Jean, intercettando Connie e arrivando infine ad aggrapparsi all'altra spalla di Jean. Stringendo così entrambi.
«Perciò è così che finirà» sospirò Jean, alzando lo sguardo per vedere Falco allontanarsi. «Ora non ci resta che lasciare tutto nelle loro mani. È così che fanno i membri del corpo di ricerca, giusto?»
«Te la ricordi, Jean?» disse Connie. «La notte della cerimonia d'arruolamento».
«Come potrei dimenticarla...»
«È tutta colpa tua, lo sai?» e gli sorrise di un sorriso triste e malinconico. «Siamo finiti a salvare il mondo perché ci hai convinti e ci hai trascinato qui».
Con quell'ultimo sorriso, infine, sentirono Eren urlare. Un fulmine li avvolse, producendo un potente boato. L'ultimo di quel genere che avrebbero mai più sentito.
E non ci fu altro che un leggero e inconsistente oblio.

Fu come galleggiare in un lungo sogno.

I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no KyojinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora