Capitolo 7

596 19 0
                                    

La cena era proseguita allegra e fin troppo veloce, come ultimamente succedeva sempre. Gli argomenti affrontati erano dei più variegati, si andava dai dubbi sugli esami, lo stress da addestramento, i desideri futuri, le storie del passato e gli scherzi tra loro. Era ormai abitudine che almeno una volta a sera Eren e Jean litigassero, ed era sempre anche quello un ottimo modo per riempire la testa di bei ricordi e il petto di splendide emozioni. Il più delle volte finivano a terra tra di loro, Beatris non aveva mai smesso di provare a scommettere sul vincitore e si sbracciava a volte in un tifo decisamente troppo esagerato, ma non era raro che alla fine l'unico vincitore fosse sempre e solo Mikasa, che irritata interveniva per bloccare entrambi. Gli insulti che i due compagni d'arme si rivolgevano non appena ce n'era l'occasione erano sempre molto fantasiosi e a tratti infantili, ottimi per solleticare un po' l'ilarità. L'unica preoccupazione che avevano era che Shadis avesse potuto sentirli, prima o poi, e metterli in punizione. Era qualcosa di talmente tanto sottile, superficiale, leggero come una piuma che persino una cosa come quella risultava piacevole, alla fine.
Lì a Paradis non c'erano guerre, ritorsioni, odio razziale, indottrinamenti assurdi, non c'erano violenze gratuite contro persone che avevano solo avuto la colpa di nascere. Quelle persone erano demoni, era vero, ma la promessa di pace fatta dal Re sembrava comunque essere mantenuta. Anche con la piaga dei giganti, lì, dentro quelle mura, era un vero Paradiso dove a chiunque era concesso sorridere ed essere addirittura felice. Era una quotidianità a cui Reiner non era abituato e che sentiva, ora che aveva possibilità di goderne, che forse era ciò che aveva realmente sempre desiderato. Quanto era triste pensare che invece, presto o tardi, tutto sarebbe stato spazzato via.
Ma anche in quella meravigliosa quotidianità, non c'era pace per uno come lui. Era un sentimento egoista, quella gioia che provava sempre più intensamente, perché sapeva che fuori dalle mura, oltre al mare, c'era chi aspettava il suo ritorno e pregava sulla riuscita della loro missione. La missione che avrebbe avuto come epilogo lo sterminio di tutto quello...
Erano pensieri come quelli che certe notti non gli permettevano di dormire e anche se si sforzava di ricordare la canzone di Beatris, che aveva scoperto avere un effetto magico sul suo stato d'animo, a volte non era così forte da riuscire a vincere il dolore. Erano passati anni, in fondo, da quando l'aveva ascoltata... cominciava persino a dimenticarsene. Inoltre più passava il tempo e più sentiva la propria determinazione vacillare, quando poteva scherzare con Connie, guardare Eren e Jean litigare, ascoltare le storie di Armin, fare insieme al resto dei ragazzi le previsioni del tempo in base a come Bertholdt si addormentava. Sentiva la propria determinazione vacillare tutte le volte che riusciva a intercettare il sorriso scaldante di Beatris, o quando lei arrivava al suo fianco potente come un uragano, a riempirgli le orecchie di parole, a saltellargli intorno con allegria, o quando nel tentativo di proteggerla finiva nei guai insieme a lei. Si era legato a lei con l'unico scopo di usarla a suo vantaggio, risultare amichevole e affidabile agli occhi del nemico, prendendosi cura di una ragazza che sembrava avere decisamente bisogno di qualcuno che si occupasse di lei. Era quello che aveva detto a Bertholdt e Annie, ed era quello che aveva creduto fin dall'inizio, ma ultimamente quando pensava che prima o poi avrebbe dovuto uccidere anche lei... vacillava. Vacillava spaventosamente. E doveva alzarsi dal letto, prendere aria, riflettere, sforzarsi di ricordare i volti dei suoi amici a Marley, di sua madre, dei suoi zii, o dei suoi compagni d'arme. Si sforzava di ripensare a Marcel, che si era sacrificato per salvarlo e aveva lasciato così indirettamente a lui la responsabilità di quella missione. Doveva ritrovare qualcosa a cui appigliarsi per salvare l'intera umanità, di cui si era fatto carico fin da bambino. E allora usciva a prendere aria, da solo, senza neanche Bertholdt al suo fianco, perché aveva bisogno solo di un po' di solitudine per dare pace al proprio animo. Non voleva essere Reiner il Guerriero, ma neanche Reiner il soldato, in quei momenti aveva solo bisogno di essere Reiner... e basta. Solo Reiner, senza dover dimostrare niente a nessuno, senza alcuna responsabilità da portare sulle spalle. In quei momenti aveva solo bisogno di abbassare la guardia, e sentirsi comunque al sicuro.
Si appoggiò alla ringhiera della veranda del proprio dormitorio con i gomiti e alzò gli occhi al cielo puntinato di stelle. Le fiaccole del centro di addestramento erano abbastanza intense da contrastarle, molte le nascondeva, ma non tutte. Era comunque un bello spettacolo, anche da lì.
Peccato solo non si vedesse la luna, nascosta dietro gli alberi della foresta alle spalle del centro. Quella sera ci sarebbe stata la luna piena, e secondo Armin sarebbe stata addirittura tinta di rosa.

I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no KyojinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora