il peso delle aspettative

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I quattro si sedettero su degli sgabelli bianchi appoggiati ad un bancone nero opaco, sul cui piano stavano dritte in bella mostra, come soldatini di piombo, tante bottiglie colorate dalle forme più disparate.
La serata era appena iniziata, quindi non c’erano ancora molte persone sulla pista da ballo, tutti iniziavano a scaldarsi con qualche bevuta e così fecero anche i quattro maghi che riuscivano a confondersi tra i babbani con estrema naturalezza.
Lily e Marlene stavano ordinando già un secondo giro di birre e Sirius beveva cercando di ridere alle battute di James e ignorando il suo continuo “Ehi amico, alla goccia, alla goccia, alla goccia!”
Un pensiero, però, lo adombrava, non sapeva più che cosa ci facesse lì, sapeva che era con i suoi amici, ma qualcosa lo turbava: lo turbava il fatto di stare cercando di nascondere un qualcosa più grande di lui, un qualcosa di cui aveva assolutamente bisogno di parlare con qualcuno, ma non sapeva con chi.
Nel frattempo, Lily, non essendo troppo abituata a quei bagordi, era già un po’ su di giri; al che James, per evitare che continuasse a ordinare drink, la portò al centro del locale, dove si trovava una piccola pista da ballo a scacchi neri e bianchi sulla quale alcuni ragazzi stavano ballando sulle note di una canzone rock.
D’improvviso però le luci si abbassarono e iniziò un lento, James avvicinò Lily e la strinse a sé, con le braccia intorno ai suoi fianchi e quelle di lei che gli cingevano il collo. Dai visi, pericolosamente vicini, baluginavo occhiate inequivocabili.
A quel punto, Sirius e Marlene si guardarono imbarazzati.
“Ti inviterei a ballare” disse il moro, “ma questo non è il mio genere di musica!” e guardò Marlene, quasi scusandosi, al che esordì “ti va se andiamo fuori a fare una passeggiata e lasciamo i due piccioncini a mettere su le basi per questa notte?!”
Risero entrambi alla battuta e uscirono, il freddo era pungente, Sirius guardava l’orizzonte pensando alle parole da dire.
Marlene notò un’ombra di malinconia negli occhi del giovane e, da come serrava la mascella, sembrava che stesse provando anche rabbia. Lei conosceva bene quegli stati d’animo, così provò a disinnescare la bomba prima che scoppiasse e mise delicatamente una mano sulla spalla del ragazzo, mentre con l’altra gli spostava in modo affettuoso un riccio che gli danzava di fronte agli occhi: “Tutto bene, Sirius?!”
“Bene è un parola grossa, Marlene! Non so se tu possa sapere cosa significa avere una famiglia che ti dà pressione, avere una famiglia che non è mai contenta di quello che fai, avere una famiglia che non rispecchia i tuoi ideali, la mia è così.
La nobile e antichissima casata dei Black… da chi vogliamo partire, eh? Da mia madre…che urla stronzate sul sangue puro?! Da mio padre che è come lei?! O dal caro fratellino Regulus, il preferito, quello che gira in casa con le riviste dedicate a Voldemort? O vogliamo parlare di me…del reietto?! Non mi sorprenderei se avessero mandato Kreacher, il nostro elfo domestico, qui a spiarmi, anzi probabilmente lo avranno fatto.
Come pensi che sia vivere con una famiglia che ti prova ad inculcare il lato oscuro da quando sei nato?! Come pensi che sia vivere con una zia che uccide gli elfi domestici quando diventano troppo vecchi per portarle i vassoi del tè? Come pensi che sia il fatto che quando c’è una parente minimamente decente, venga eliminata dall’albero genealogico EH? COSA PENSI CHE SIA FAR PARTE DI UNA FAMIGLIA DI CUI NON VUOI FAR PARTE?! DOVREI ESSERE MORTO SOLO PER PORTARE IL NOME BLACK!”
Sirius non riusciva a credere di aver detto ciò che aveva appena detto ad una semisconosciuta. Ci aveva messo anni ad aprirsi con James, il suo migliore amico, sull’argomento e lo aveva fatto in modo assai più morigerato. Adesso invece, in una delle serata più gioiose dell’anno, aveva appena vomitato, su quella ragazza gentile, anni e anni di rabbia e tristezza repressa.
Si sentiva un verme, non riusciva nemmeno ad alzare gli occhi, temendo di incontrare lo sguardo di disapprovazione della ragazza. Poi, ad un certo punto, si fece coraggio e alzò lentamente la testa: Marlene lo stava fissando, senza distogliere un attimo lo sguardo, i suoi occhi verdi incatenati a quelli neri di Sirius.
“Marlene…io sono mortificato, non volevo, perdonami…”
Ma la giovane lo interruppe:” Non scusarti, Sirius, avevi bisogno di confidarti, di mostrare i tuoi veri sentimenti in una giornata in cui tutti si sentono in dovere di mettere da parte i propri, come se non esistessero. Ma siamo umani, non possiamo aprire e chiudere i cassetti del cuore a nostro piacimento, come se niente fosse. E se te lo dice una Serpeverde, come me, puoi crederci!”
I due rimasero un po’ in silenzio, con Marlene che rifletteva sulle parole di Sirius e quest’ultimo che faceva altrettanto, ancora scosso dal suo precedente scoppio. Intanto James e Lily dentro si stavano baciando come non si erano mai baciati e non avevano idea di quello che stesse accadendo fuori, come non avevano idea di quello che accadeva a circa una decina di metri.

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