missive

15 4 5
                                    


HOGWARTS
Sirius se ne stava seduto su degli scalini in pietra, la schiena appoggiata al muro e Marlene fra le sue braccia. Il moro avvolgeva i morbidi ricci biondi della strega fra le sue dita, che ogni tanto reclinava la testa all'indietro e fissava con quei grandi occhi verdi quelli scuri di Sirius che quel giorno sembravano ancora più neri del solito.
"Un galeone per i tuoi pensieri!" esordì Marlene, sorridendo con quelle fossette sulle guance che Sirius tanto amava.
Il moro la scrutò e le toccò la punta del nasino all'insù: “Ti hanno mai detto che sei troppo curiosa? Comunque non ho niente, sto bene, non preoccuparti!" disse Sirius mentendo spudoratamente e lasciando un lieve bacio sul suo collo.
"Sarà..." rispose la bionda, scrutandolo ancora un poco, poi tornò a poggiarsi con la schiena sul suo petto, "ma a me non sembra!" sussurrò a mezza voce.
Marlene, non aveva affatto torto, Sirius era tormentato ormai da giorni dal pensiero di cosa stesse combinando Regulus, e della reazione che doveva aver avuto Bellatrix dopo la sua lettera, tanto che ogni qual volta ne aveva la possibilità se ne stava con gli occhi rivolti verso la guferia per vedere se stesse per arrivare un gufo di risposta da parte della cugina. Quel giorno aveva uno strano presentimento e quindi, una volta terminate le lezioni, aveva deciso di appostarsi con Marlene proprio alla base delle scale che portavano alla guferia. Senza ovviamente rivelare il vero motivo alla ragazza.
D'un tratto, le intuizioni di Sirius si rivelarono fondate, vide un gufo giungere dall'alto, ma non era il suo o quello di Bellatrix, era Ozymandias, il gufo di Regulus che un tempo però era appartenuto anche a lui.
Sirius non ci pensò un attimo di più, fece il famoso fischio con cui una volta chiamava il suo gufo, il quale appena lo vide volò in picchiata verso di lui per andarlo a salutare, Sirius riuscì a intravedere la firma apposta sulla busta, era quella di Bellatrix ed era per Regulus.
“Ti conviene mollare la presa, fratello!” disse una voce glaciale, mentre Sirius prendeva la lettera, “te lo dico con le buone una volta, con le buone due volte e con le cattive la terza!”
Sirius si voltò e vide Regulus che lo fissava torvo: “Scusa, di grazia, e perché dovrei?!” disse il Grifondoro in tono strafottente.
“Mai sentito parlare di proprietà privata, fratello? Quella lettera è mia e a te non deve interessare cosa ci sia scritto dentro.”
“Beh, invece credo che la legger…” disse Sirius nell’atto di srotolare la pergamena, ma Marlene urlò.
Regulus con un incantesimo le aveva inciso una guancia, gocce di sangue imperlavano il viso niveo della ragazza.
“EHI!” urlò Sirius indignato, “cosa cazzo stai facendo?!”
“Mollala, ti ho detto, o lo farò un’altra volta!” rispose Regulus, ma non fece in tempo a terminare la frase che si trovò la bacchetta della bionda premuta contro la giugulare.
“Adesso ti faccio saltare la testa!” disse la Serpeverde, fuori di sé dalla rabbia.
Sirius non aveva mai visto la ragazza così furibonda, le sue placide iridi verdi adesso dardeggiavano e lanciavano saette verso quelle antracite di Regulus, se non fosse intervenuto le cose si sarebbero messe male.
A quel punto Sirius mise il palmo della propria mano sul dorso di quella di Marlene, la cui stretta sulla bacchetta faceva a stento defluire il sangue verso le dita, e iniziò ad abbassarla e con l’altra porse la lettera al fratello.
Non appena Regulus fece per prendere la lettera, abbassando la guardia, Sirius percepì il guizzò della mano di Marlene che per un attimo parve voler sollevare la bacchetta per colpire Regulus con un incantesimo, ma Sirius la trattenne e portò il suo braccio lungo il busto, la fissò negli occhi e le sfilò la bacchetta.
A quel punto Regulus, una volta passato il pericolo, arrischiò una battuta: “Pericolosa la tua strega, adesso capisco perché è stata messa nella nostra Casa e non nella tua, faresti meglio a tenerla sott’occhio!”
A quel punto Sirius si infervorò e puntò la bacchetta di Marlene verso Regulus: “Prova di nuovo a sfiorarla anche solo con un dito e finirò il lavoro che questa bacchetta voleva fare con te, posso assicurartelo!”
Poi prese Marlene per mano, dettero le spalle a Regulus e se ne andarono.
Una volta premuratosi che non ci fosse più nessuno nei paraggi, Regulus aprì la lettera, tremava, la lesse, la missiva diceva di presentarsi di nuovo da Voldemort e portare con sé anche Severus.
Andò fino alla Sala Comune di Serpeverde, si presentò davanti al letto di Piton che stava riposando in un’ora di pausa, lo svegliò: “È arrivata l’ora, Sev, ci hanno chiamato”.
Piton lo guardò, un’espressione di folle eccitazione gli incorniciava il volto: “Beh, cosa stiamo aspettando? Hai intenzione di tirarti indietro? Dai, pigrone, non accadrà nulla, andiamo a compiere il nostro destino!” e uscirono insieme dalla stanza.

Regulus e Severus si recarono nell'ufficio di Silente per chiedere il permesso di utilizzare la Metropolvere. Regulus era nervoso, era riuscito a gabbare una volta il Preside, farlo di nuovo e con un'altra persona per giunta iniziava ad essere rischioso. Sulla porta dell'ufficio di Silente, Regulus tentennò, ma Piton lo spinse dentro e gli intimò di farsi coraggio.
Quando vide i due ragazzi, Albus fece un'espressione accigliata:" Ah, Regulus, Severus, come posso aiutarvi?"
Regulus avanzò, cercando di stare calmo: “Ecco, vede, signore, purtroppo le condizioni di mia madre sono peggiorate considerevolmente e vorrei il permesso per andarla a trovare”.
Silente si accigliò ancora di più e si spinse indietro sulla sedia: “Ah, ok, Regulus, va bene, ma Severus che ci fa qui?”
Regulus tentennò e Severus gli diede una gomitata: “Ecco, mi chiedevo se Severus potesse farmi da supporto, vede…è uno dei miei migliori amici e per me sarebbe davvero importante averlo accanto in questo momento, capisce?!”
Silente guardò Regulus dritto negli occhi, per quello che parve un minuto, poi rispose: “Va bene, ragazzi, andate, ma fate attenzione!”
“Grazie, Signore, grazie” Regulus s’inchinò e Piton chinò la testa.
I ragazzi, convinti di averla fatta franca, si diressero a passo spedito verso il camino, lanciarono la polvere volante ai loro piedi, pronunciando “Grimmauld Place”, e in men che non si dica sparirono in un effluvio di polvere. Silente tossì un paio di volte e improvvisamente dalla nube grigia sbucò Fanny, la sua fenice, quello era il loro richiamo. Al che Silente la fissò nei languidi occhi e disse:" Amica mia, sai cosa devi fare!"

Lumos & NoxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora