Capitolo 42 - Christian

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Chris

Seguo mia figlia in camera, sbatte la porta chiudendola, è davvero capricciosa e non tollero un comportamento simile, lo sa bene.
La apro piano, non vorrei fosse dietro la porta, la trovo sul suo letto, sdraiata a pancia in giù con il viso rivolto al muro.
"Non sono atteggiamenti che puoi avere in questa casa, non ti ho insegnato a sbattere le porte, né ad urlare in faccia alla gente, soprattutto senza motivo, signorina."
Il mio tono è duro ma ha esagerato.

"Non mi vuoi più bene."
Inizia a piangere e sinceramente il mio cuore si sgretola di fronte alle sue parole.
Mi siedo sul letto e inizio a punzecchiarla sul fianco facendola saltare e lamentare, io continuo ma stavolta mi sposto verso le ascelle, i suoi lamenti diventano risate soffocate dal cuscino.
Continuo fino a quando non mi mostra i suoi occhioni lucidi, sospiro perché non posso credere di trovarmi in una situazione simile, finalmente ritrovo l'amore della mia vita ma non posso essere felice a pieno.

"Io ti amo tantissimo, sono il tuo papà e lo sarò sempre."
É una verità che mi emoziona, è una verità che ora è troppo piccola per capire.

Tira su con il nasino.
"Sempre, sempre?"
Mi si stringe il cuore per la sua espressione, ha bisogno di rassicurazioni e vorrei strozzare Gabriella.
"Ma certo, e Sara vuole solo diventare tua amica."
Resta in silenzio e sembra pensarci.
"Non mi piace come ti sei comportata, sei stata maleducata, papà non ti ha insegnato questo."
Si rimette sdraiata a pancia in giù e  infila la testa sotto il cuscino, questi atteggiamenti li odio.
"Stefany, devi chiedere scusa a Sara."
Non mi risponde, mi sembra di parlare con il muro.
"Signorina, queste azioni ti porteranno ad una punizione."
Mi volto e vado via richiudendo la porta alle mie spalle, non so come risolvere questa situazione, spero che con il tempo tutto vada per il meglio.
Torno dalla mia ragazza, i suoi occhi balzano nei miei e scatta in piedi.
"Non dirmi che l'hai sgridata, darà la colpa a me, poi non potrà davvero vedermi. Stark non è servito per conquistarla, eppure non ho detto o fatto nulla per starle antipatica, non ci so fare con i bambini, lo sapevo che..."
La blocco posando entrambe le mani sulle sue spalle, sta sparlando e non si fermerà perché è andata nel panico, sta gesticolando muovendo entrambe le mani e nei suoi occhi spalancati leggo paura.
" Tranquilla, tu non centri, ma è meglio rimandare. "
Mi guarda stordita, inizia a racimolare le sue cose.
" Mi dispiace, io.. "
Accarezza il mio viso per fermarmi e resto imbambolato a guardare i suoi occhi dolci, mi sento già meglio nel scrutare in quel verde la mia Sara, temevo non capisse, sono uno sciocco.
Appena va via prendo il telefono e mando subito un messaggio alla donna che mi ha complicato la vita chiedendole di venire per discutere di alcune cose.
La sua risposta positiva mi rincuora, sono così agitato e nervoso che non potrei attendere oltre, cerco di capire come affrontare i problemi in modo corretto e costruttivo senza aggredire Gabriella appena varcherà quella soglia.
Cerco di tenermi occupato nell'attesa di sentire suonare il campanello di casa, l'unico modo per scaricare la tensione sarebbe tirare due pugni al sacco da boxe nello stanzino, ma c'è la bambina e non ho tempo.
Dopo una ventina di minuti ecco la vera cattiva della mia vita delle favole di Stefany, faccio accomodare sua madre, entra in casa mia come al solito lasciando una scia di profumo troppo forte per le mie povere narici.
"Mi hai fatto un po' preoccupare, nostra figlia sta bene?"
Si libera del cappotto verde menta e della sciarpa di lana bianca.
"Sí, certo, volevo parlarti di altro."
Mantengo volutamente le distanze, più del solito, sapendo già dove andrà a finire presto la conversazione.
La piccola peste all'improvviso arriva correndo verso la madre, si arrampica sul divano dove è seduta quest'ultima e le salta in braccio.
Gabriella è sempre stata molto affettuosa per fortuna, sembra avere una doppia personalità, quella tenera che vedo con la piccola, e quella fredda e vendicativa che mi aspetto salti fuori fra un instante.
"Ho conosciuto la matrigna cattiva."
Mia figlia cerca di bisbigliare nell'orecchio della madre questo segreto, peccato non abbia ancora ben chiaro il concetto di privacy.
Gli occhi chiarissimi di Gabriella si spalancano e cercano subito i miei, sul suo viso leggo emozioni contrastanti, sorpresa,non le avevo detto nulla di questo incontro fugace, ed infine, quello che mi aspettavo e che sono pronto a combattere, rabbia.
Come al solito si ricompone nel giro di pochi minuti, a volte mi fa quasi paura la sua capacità di nascondere ciò che prova, dice alla bambina di andare in camera a giocare e restiamo soli.
Non mi muovo dalla mia postazione di battaglia, in piedi poggiato al tavolo di fronte a lei distante pochi metri.
Scruto i suoi occhi diventare quasi gelidi, capita ogni volta che si parla di Sara, è così da quando la conosco, succedeva a Milano anni fa e succede qui ora.
"Hai fatto conoscere la tua amichetta a nostra figlia senza chiedermi cosa ne pensassi, assurdo."
Scuote la testa chiudendo gli occhi.
"Ti consiglio di non continuare."
Faccio leva sul mio buonsenso cercando di ripetermi che mia figlia è a pochi passi.
"Non etichettare Sara come la mia amichetta mai più e poi ti ho detto che le avrei fatte conoscere."
Mi ripeto che non devo gridare per il bene di Stefany.
La donna davanti a me resta in silenzio fissandomi, quasi scorgo fra l'azzurro delle sue iridi dolore, poi vedo di nuovo il ghiaccio.
Chiama la bambina a gran voce per andare via che arriva saltellando, la aiuta ad infilare il cappottino e il cappello, io le metto la sciarpa e le do un bacio.
Gabriella si avvicina a me, purtroppo o per fortuna, la sua vicinanza non mi ha mai colpito, nonostante sia una bella donna.
"Dimmi, la cara Sara, sa tutta la verità? Sai a cosa mi riferisco."
Non rispondo, gelato da queste parole che voglio scacciare, che cerco di allontanare dalla mia testa da tempo.
"Strano come sia riuscita a perdonarti, strano che abbia accettato tutto questo, e intendo davvero tutto, oltre Stefany."
Si volta e va via, giurerei di aver intravisto un ghigno di soddisfazione su quelle labbra colorate di rosso.
Porto le mani sul viso,le faccio scivolare fra i capelli che strattono un po', un senso di angoscia sembra accogliermi come un abbraccio confortante quasi, è davvero un controsenso.
Sono così abituato a questi pensieri negativi, questi sensi di colpa, questo vuoto nel petto, che ora ritrovarlo è familiare.
Non ho detto tutta la verità a Sara, ho cercato di recuperare  piccoli pezzi del suo cuore, piccoli tasselli di noi, spero che non vada tutto in frantumi quando dovrò rivelarle altre verità nascoste.

Come due pezzi di un puzzle. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora