10. «Era una cazzo di minaccia Jolie.»

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Buttai la sigaretta per terra, ritornando all'interno del locale, continuando a a servire i pochi clienti rimasti; mi sistemai il grembiule bianco con le mani, per poi lavare l'ennesima tazzina.

Sentii il campanello suonare, segno che qualcuno fosse entrato all'interno del negozio.
Alzai il capo e vidi il mio fratello, insieme ad Aziz, Valerio e Amine.

Guardai l'ultimo, vedendo il suo sguardo basso e mi vennero in mente le mie parole nei suoi confronti di ormai qualche settimana fa. Scossi la testa, vedendo i quattro avvicinarsi al bancone.

«Ma che sorpresa, non vi aspettavo.» dissi, posando entrambe le mani sul bancone, facendo un cenno col capo, in segno di saluto.

«Non sapevamo che fare e siamo venuti qui.» disse Anas, prendendo il menù, che era posato sopra al bancone. «Lo so che ti mancavamo da morire, Mon cœur.»

Trattenne una risata, scambiandosi uno sguardo d'intesa con gli altri tre. Io feci una finta risata, togliendo il menù dalle mani di mio fratello.
«Credo che quattro caffè andranno bene.» dissi, non lasciandogli il tempo di ribattere.

«Ci sediamo fuori.» mi informò Aziz, uscendo dal locale, seguito da Valerio e Anas.
Rimase solo Amine, che mi guardava solamente, mentre il silenzio regnava fra noi due.

Sentivo lo sguardo del moro bruciare su di me, mentre io cercavo di sembrare il più disinvolta possibile, preparando i quattro caffè per i ragazzi.

«Come stai?.» chiese, parlandomi dopo 2 settimane, finalmente.

«Bene, tu?.» dissi, guardandolo negli occhi, sorridendogli dolcemente.

«Si va avanti.» disse, sorridendomi senza mostra i denti. «Mi manchi Jolie.»

Sono quasi certa di essere arrossita e giuro di aver sentito lo stomaco rigirarsi su se stesso.

«Anche tu Mon ange, tanto.» dissi, posando le quattro tazze di caffè su un vassoio. «Ma ricordati che sei tu quello che è scomparso, non io.»

Lo vidi scuotere la testa e sorridere, prendendo il vassoio in mano. «E tu sei troppo orgogliosa.» disse, aprendo la porta e uscendo dal locale.

Mi lasciai scappare una risata, per poi ritornare a lavare le tazzine, fin quando il campanello non attirò nuovamente la mia attenzione.

Vidi un ragazzo, con un passamontagna in faccia, che teneva salda una pistola nera puntata contro di me; feci cadere la tazzina, che si frantumò in mille pezzi e alzai le mani, cercando di rimanere calma.

«I soldi, adesso.» mi urlò, facendomi sobbalzare.
Aprii la cassa dove all'interno c'erano i soldi, per poi riporli all'interno del borsone nero che il ragazzo aveva riposto sul bancone. «Muoviti cazzo!.»

Deglutii, guardando con la coda dell'occhio il ragazzo, il quale era occupato a osservare fuori dal bar, stando attento che non arrivasse la polizia.

Notai un tatuaggio sulla sua mano, "M.O." , ma continuai a riporre i soldi all'interno del borsone, non proferendo parola.

«È un peccato conoscere una ragazza così bella in questa circostanza.» disse, chiudendo il borsone e metterlo sulle sue spalle. «Ma sono sicuro ci rivedremo presto, in altre circostanze.»

Mi fece l'occhiolino e uscii correndo; una volta che fu fuori dal locale sospirai, portandomi una mano al petto.

Vidi Amine correre verso di me, stringendomi fra le sue braccia. «Jolie, ti ha detto qualcosa? Ti ha fatto qualcosa?.» disse, prendendomi le braccia ed esaminandole.

«No Amine. È solo che avere una pistola puntata contro non è una bella scena.» dissi, sentendo la salivazione mancarmi, a causa dell'ansia e adrenalina. «Amine, chi erano?.»

Vidi il moro abbassare lo sguardo, mentre teneva ancora le sue mani intrecciate tra le mie.

«Sulla mano aveva tatuato M.O.» dissi, mentre Amine posò nuovamente lo sguardo su di me. «Milano Ovest.» sussurrai, prendendo un grosso sospiro.

«Non era una semplice rapina.» disse, staccando le sue mani dalle mie, portandosele al capo.
«Era una cazzo di minaccia Jolie.»

𝗣𝗮𝘂𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗮𝗺𝗮𝗿𝗲 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora