15. «Ti amo anch'io Amine.»

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Buttai la sigaretta fuori dal balcone, dando un rapido sguardo alla piazza, vedendola stranamente piena di ragazzi, cosa che non accadeva da un po'.
Sorrisi amaramente, quando vidi tra i ragazzi Amine, per poi ritornare all'interno.

Ormai sono passate 2 settimane da quella notte e nessuno dei due ha più riaperto l'argomento, sia perché non ci siamo proferiti parola e sia perché non saremmo in grado di affrontare l'argomento.

Accesi la tv, cercando di trovare qualcosa di interessante da ascoltare mentre svolgevo qualche mansione domestica, ma purtroppo non trovai nulla e lasciai il telegiornale.
Iniziai a lavare il pavimento in tutta la casa, mentre ascoltavo il telegiornale, per poi sentire la porta di casa sbattere violentemente.

Mi portai la mano al petto, dando uno sguardo alla porta d'entrata, dove appoggiati ad essa c'erano Anas e Amine. Aggrottai le sopracciglia, vedendo i due col fiato corto e le mani al petto.

«Vai in camera, sotto al mio letto c'è una busta, butta tutto nel cesso.» disse Anas ad Amine, il quale annuii. Mi rivolse un sorriso timido, quando passò al mio fianco, per poi scomparire nella camera di mio fratello.

«Che cazzo sta succedendo?.» chiesi, piazzandomi davanti ad Anas, il quale stava ancora sulla porta di casa.

«La polizia, tra meno di cinque minuti sale a fare un controllo in casa, Aziz mi ha avvertito.» disse, sorpassandomi e sedendosi al tavolo, portandosi le mani in faccia. «Stai tranquilla e cerca di sembrare il più normale possibile.»

«Come se fosse la prima volta che fanno una perquisizione qui.» dissi, lasciando trasparire un po' d'amarezza dal mio tono di voce, uscendo fuori in balcone.

Il vento mi scompigliò leggermente i capelli, legati in una coda alta, la piazza si era completamente svuotata, c'erano solamente tre macchine della polizia.

Sentii la porta aprirsi violentemente, ma non mi girai, sapevo bene che fosse la polizia. Non ascoltai il dialogo che ebbero con mio fratello, decisi di restare in balcone per gli affari miei.

«Agitata?.» mi chiese una voce, che conoscevo fin troppo bene. Amine si mise al mio fianco, posando i gomiti sulla ringhiera e osservandomi.

«No, sto bene.» dissi, tenendo lo sguardo fisso nel vuoto, mentre sentivo i suoi occhi bruciare su di me.

«Senti, volevo parlarti di quello che è successo l'altra sera.» disse, mentre io mi morsi l'interno guancia.

«Non c'è bisogno che tu dica nulla Amine, eravamo entrambi stanchi e non sapevamo cosa facevamo.» dissi, guardandolo finalmente negli occhi. «O almeno, così la penso io.»

«Senti, mi sto preparando questo discorso da almeno 2 settimane, puoi solo ascoltarmi e non interrompermi?.» disse, muovendo le mani freneticamente e dando un rapido sguardo all'interno del salotto, assicurandosi che fossimo soli. «Quella sera, morivo dalla voglia di baciarti Jolie, davvero. È da tanto tempo che volevo dirtelo ma per le mie paure non sono mai riuscito ad ammetterlo a me stesso e a te. È fin da quando siamo bambini che sono terribilmente innamorato di te e non potertelo dire per paura mi distruggeva. Non mi aspetto che tu mi dica la stessa cosa, ma dovevo farlo, dovevo dirtelo, non potevo più tenermi questa cosa dentro di me.»

«Ti amo Jolie.» disse infine, mentre sul mio volto cadevano delle lacrime, ma non di dolore, di gioia. Aprii le braccia, in modo che il moro ci si fiondasse dentro, in modo da abbracciarci.

Un abbraccio che valeva più di mille parole, un abbraccio che valeva più di mille baci.

«Ti amo anch'io Amine.» gli sussurrai, stringendolo ancora di più a me.
Dicendo questa semplice frase avevo finalmente abbattuto tutte le mie paure e le mie paranoie, sentendomi estremamente felice.

𝗣𝗮𝘂𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗮𝗺𝗮𝗿𝗲 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora