23. «Vivere per me.»

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(*Vi comunico che questo è il penultimo capitolo. Ho scritto questo capitolo con il cuore in mano e fra le lacrime, spero che possa far smuovere in voi qualche emozione, buona lettura.)

Avevo preparato in fretta e furia un borsone, Amine era corso a casa sua per preparare anche lui il suo.
Ci siamo accordati che questa sera scapperemo, visto che di notte in piazza non c'è più quasi mai nessuno e nessuno ci potrà vedere.

Paura, ansia e felicità; tre sentimenti che insieme sembrano una barzelletta, ma in questo momento si alternano dentro di me.

Guardo la mia camera, dove ne ho passate davvero tante: da momenti di estrema felicità a momenti di estrema tristezza.
Toccai le lenzuola del mio letto, che non avevo ancora cambiato da stamattina, si poteva sentire ancora il suo odore.
Guardai lo specchio, alle estremità era leggermente spaccato, a causa dei pugni che ho tirato in dei momenti di rabbia.
Guardai la mia scrivania, letteralmente piena di libri e fogli, dove mi piaceva scrivere i miei pensieri.

Un senso di malinconia si impossessò di me. Lasciare tutto e tutti non mi faceva piacere, ma scappare da questo posto era la cosa che desideravo di più, ancora meglio se con Amine.

«A che pensi?.» mi chiese Anas, appoggiandosi allo stipite della porta di camera mia, osservandomi.

«Nulla, sono solo felice.» dissi, mentre una lacrima solitaria cadde sul mio volto, che asciugai con il pollice, per poi guardare mio fratello.

«Con Amine è una cosa seria allora.» disse, ridendo, forse per imbarazzo. «Voglio solo dirti che la tua felicità è la mia, i tuoi occhi sono diversi quando sei con Amine, sono pieni di amore e vita.»

«Vieni qua.» dissi, aprendo le braccia, in modo che Anas potesse abbracciarmi. «Ti voglio bene Anas, davvero tanto.»

«Anch'io, non immagini quanto.» mi sussurrò, posandomi un bacio su una tempia.

•••

Sono le 4 del mattino. Il borsone è pronto, fisicamente sono pronta, ma mentalmente no.
Guardai la piazza, vuota e silenziosa, mentre fumavo una sigaretta sul balcone. Seppur fosse metà Giugno, di notte faceva abbastanza freddo, quindi avevo indossato una felpa di mio fratello.

Spensi la sigaretta, dando un altro sguardo alla piazza dall'alto, per poi ritornare dentro.

Andai in camera di mia madre, osservandola che dormiva beatamente. Sospirai, lasciandole un dolce bacio sul capo. Poi andai in camera di Anas, posando anche a lui un bacio sul capo.
Andai in camera mia e presi la lettera che avevo scritto questo pomeriggio, posandola sul tavolo della cucina, posandoci un bacio sopra.

Presi un grosso respiro, prendendo il borsone e aprire piano la porta, per poi dare un ultimo sguardo alla casa, chiudendo la porta dietro le mie spalle.
Scesi piano le scale, mentre nella mia mente riaffioravano i ricordi di tutti i momenti belli che ho passato qui, per poi chiudere piano la porta alle mie spalle.

Vidi Amine appoggiato a una colonna, più bello che mai. Sorrisi, correndo ad abbracciarlo, prese il suo borsone e ci dirigemmo verso la sua macchina, che si trovava appena fuori dalla piazza.

«Sei sicura?.» chiese, facendomi annuire. «Pensavo di fermarci in qualche motel fuori Milano per qualche giorno, poi pensiamo dove andare.»

«Va bene.» dissi, mentre le nostre mani erano intrecciare fra di loro e i nostri sguardi si scambiavano qualche occhiata fugace, mentre camminavamo velocemente, temendo che qualcuno potesse vederci.

Ma a un tratto, a rompere il meraviglioso silenzio di San Siro: uno sparo.
Guardai istintivamente Amine, non capendo cosa stesse succedendo. Quando lo vidi portarsi una mano allo stomaco, allora capii tutto.

«No, no, per favore no.» dissi, vedendo il ragazzo cadere sulle ginocchia. Buttai da qualche parte il mio borsone e presi fra le mie braccia Amine, il quale aveva la mano sul suo stomaco, nel quale c'era un buco da cui stava grondando sangue. «Non ho un cellulare, come cazzo faccio adesso.»

«Jolie.» disse a fatica, sorridendomi senza mostrare i denti. «Va tutto bene, stai tranquilla.»

«No Amine, non va tutto bene, stai sanguinando, devo chiamare qualcuno.» dissi, sentendo le prime lacrime cadermi sul volto.

«No, va bene così. Sapevo che prima o poi mi avrebbero ucciso.» disse a fatica, mentre io scuotevo il capo. «Sei stata l'unica donna oltre a mamma che io abbia mai amato in vita mia, sei riuscita a colorare la mia vita grigia e monotona. Ma abbiamo saputo buttare il nostro orgoglio troppo tardi e confessare i nostri sentimenti l'uno per l'altro troppo tardi. Avrei voluto fare tante cose con te, ma il tempo è un cazzo di bastardo. La mia vita gira intorno al crimine, ho sempre vissuto per quello e ora morirò per colpa sua. Mi dispiace Jolie, avrei voluto avere insieme a te una bambina con i tuoi occhi e magari sposarci e vivere felici insieme. Mi dispiace, mi dispiace per tutto.»

«Quella notte tu eri pronta a morire per me, adesso ti chiedo di vivere per me. Io sarò sempre con te, dietro a ogni tuo passo, dietro a ogni tuo successo, io ci sarò.» una lacrima cadde sul suo viso, che stava diventando sempre più bianco. «Dimmi che mi ami, ti prego, per l'ultima volta.»

«Ti amo Amine, ti amo da quando eravamo solamente bambini. Ti amo per ciò che sei. La mia anima è legata alla tua, per sempre. Ti prometto amore eterno, fedeltà e lealtà per sempre, anche tra 50 anni.» dissi, tra le lacrime, accarezzandogli il volto. «Ti amo.»

«Ti amo Jolie.» disse. Lo baciai, un lungo bacio.
Guardai i suoi occhi marroni spegnersi sempre di più, fino a quando non li chiuse completamente.
Il suo ultimo respiro fu nella mia bocca, in modo che potesse vivere per sempre dentro di me.

Una volta che mi staccai da lui, capii che era morto.
Cacciai un grido: un grido di dolore, rabbia, amore, paura e altre molteplici emozioni che non saprei spiegare.

Sono morta insieme a lui, questo è certo.

𝗣𝗮𝘂𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗮𝗺𝗮𝗿𝗲 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora