solo lei (Carlotta)

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"Vieni qui, sono sicuro che le mie coinquiline ti staranno simpatiche quando le conoscerai."
"Io accetto, ma non so se c'è posto per me e non so se a loro va bene."
"Certo che andrà bene. Aspetta, Sphia sta gridando. Tu mettiti in viaggio, ti chiamo dopo."
Torno a casa, ma solo per fare le valigie. Ho scoperto il mio posto nel mondo, credo.
"Dove vai sorellona?"
"Cintya la mamma è" stavo per dirle tutta la verità, stavo per sputarle in faccia lo schifo di genitore che si ritrova, ma non potevo farlo, ci sarebbe rimasta troppo male: "è una donna che ti vuole molto bene. Purtroppo a me non ne vuole così tanto. Tesoro, io vado da Leon, vado via da questa casa. Il fatto è che qui mi sento una prigioniera, ma non devi sentirti così anche tu. Devi imparare a volare sorellina."
"Carly non sapevo ti sentissi così. Io ti voglio bene, lo sai vero? Non sono come la mamma. Ti prego, trova Dafne e vivi felice con lei. Fallo per me." Le sue parole appaiono una supplica, un desiderio, quasi come se sapesse tutto, che non mi accetto e che mia madre è una merda. Annuisco solamente, le sue parole mi fanno piangere, non mi ero mai sentita dire da un familiare che mi vuole bene. O forse si, ma si capiva che non lo pensava veramente, Cintya invece si.
"Buona fortuna e abbi cura di te. Invitami al matrimonio, mi raccomando." Ci mettiamo a ridere e ci diamo un abbraccio talmente forte che fa sciogliere il nodo che ho in gola e probabilmente quello che aveva anche lei, perché le nostre lacrime ci rigano il viso senza fermarsi un secondo.

Scendo le scale, prendendo tutto il poco coraggio che mi è rimasto, devo affrontare mia madre.
"Vado via."
"Dove? A fare la puttana in giro?"
"Non voglio fare il tuo lavoro, stronza." Prima che collegassi il cervello con la bocca le parole sono uscite e mi sono resa conto dopo del significato.
"Cosa hai detto? E come mi hai chiamato?" Si alza dalla sedia in sala da pranzo e si dirige verso di me con passo svelto e sbattendo i piedi, per poi arrivare con una mano infuocata che lascia il segno sulla mia guancia sinistra.
"Ti pare normale picchiare tua figlia?"
"Ti pare normale amare le donne?" Mi pietrifico, ma sono più forte di lei. Sono più forte, sono più
"Sei una figlia che nessuno desiderebbe mai avere e sono contenta che te ne vai di casa, almeno Cintya non sarà costretta a sentire i tuoi racconti da lesbica. Tu hai una malattia, devi farti curare, e se non funziona devi morire. Devi bruciare molto lentamente finché non ti renderai conto che hai rovinato questa famiglia. Tuo fratello non doveva raccontarti quelle cose, ti ha messo in testa delle idee strane e stupide. Tu sei normale in fondo. Cambia per me, tesoro." All'inizio mi augura di morire e alla fine mi chiama tesoro, non la capirò mai quella donna.
"Credi che se potessi scegliere com'essere sceglierei di essere così? Pensi che sceglierei non avere affetto da mia madre piuttosto che essere una figlia di cui vantarsi? Beh, sbagli. Sono contenta anche io di andarmene."

Esco di casa, senza ascoltare le sue ultime parole e vado alla stazione, ma mi addormento sul sedile perché sono sfinita dopo quello che è successo.
Sono qui. Sono fuori dalla porta dell'appartamento di Leon e sento delle urla assurde. Una delle voci femminili mi sembra riconoscerla.
Apro la porta. Silenzio. Dafne. Dafne. Solo lei. Vedo solo lei e nient'altro.







scusate se ho pubblicato oggi ma ieri letteralmente credevo che fosse martedì e non mercoledì.

non so perchèDove le storie prendono vita. Scoprilo ora