CH22: LEGAMI

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Tutti i diritti sono riservati a Rick Riordan e a justsmileandwaveboys. Non sono proprietaria di questa storia, sono solo un'intermediaria.

!!!!!!!Per chi non avesse letto entrambe le saghe di Percy Jackson, sappiate che ci saranno spoiler; quindi, per evitare spiacevoli inconvenienti, se siete tra quelle persone non iniziate nemmeno a leggere!!!!!!!

Per favore, niente insulti o imprecazioni nei commenti. Sono tornata indietro e ho aggiunto questa postilla 5 mesi dopo aver pubblicato questo capitolo, grazie a *cough cough* qualcuno che, molto gentilmente, non ha smesso di usare gli insulti nei commenti. Se li vuoi usare, almeno fai sì che siano divertenti. Mh, okay.

(ho voluto lasciare questa postilla dell'autrice perché, anche se è un fatto accaduto a lei, sono perfettamente d'accordo).

Vi lascio qui la nota che l'autrice ha scritto nell'originale.

In ogni caso, la parte che riguarda il discorso tra Percy e Jason è stato ispirato da uno di quelli che ho avuto con la mia migliore amica qualche anno fa. Quando ero nella stessa posizione di Percy. Quindi, mi dispiace se vi potrà sembrare OOC, ho provato a farli rimanere quanto più possibile nel personaggio.

Buona lettura!

AVVISO: in questo capitolo si tratta di argomenti molto delicati e che potrebbero toccare particolarmente le persone che hanno, o che stanno attraversando, un momento simile. Perciò, se vi sentite a disagio, potete saltarlo tranquillamente.

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La cena fu nuovamente sontuosa, con l'umore più rilassato che l'Olimpo avesse mai avuto.

Un dio alto e dai capelli neri si fece strada tra i membri della sua famiglia, con due calici di vino in mano, dirigendosi verso la moglie. Dopo essere stato fermato almeno una dozzina di volte sia da vecchie conoscenze che nuovi amici, raggiunse finalmente la sua destinazione.

Il dio allungò uno dei calici ad Anfitrite e poi si mise a chiacchierare con le dee con le quali la moglie stava parlando. Non riusciva però ad essere abbastanza veloce da uscirne e andarsene verso il suo unico vero obiettivo: osservare i suoi figli, specialmente Percy e Tyson.

Poseidone non era affatto un tipo schivo e riservato. Tra i sei degli dei più antichi, lui era quello che riusciva a catturare per più tempo l'attenzione delle persone solamente parlando.
Ma non ora, non dopo aver scoperto che suo figlio aveva dovuto attraversare un tale pericolo.

Cercando un angolino in cui rilassarsi, il dio del mare si appoggiò contro il muro, con la spalla di fianco ad una torcia, come se il palazzo fosse suo. Cosa che non era poi tanto lontana dalla realtà, dato che non era passato tanto tempo da quando era a gestione della città, prima di decidere di costruire il suo palazzo nell'oceano.

I suoi occhi verde-mare vagarono per la stanza, per poi fermarsi su Tritone, suo figlio maggiore, il quale era impegnato in una conversazione con una bellissima dea minore.

Poseidone sperò solo che ciò non portasse ulteriori controversie o una nuova storiella per Afrodite: ne aveva abbastanza di tutte e due.

Poi vide Teseo parlare di cose burocratiche con Perseo. O almeno così pensava Poseidone, anche se non gli importava più di tanto. L'importante era che non finissero per litigare, cosa molto comune per i figli dei tre pezzi grossi.

Cercò ancora per un po', finché non scorse Percy seduto insieme a Tyson sul divano intenti a chiacchierare. Suo figlio aveva la testa rivolta all'indietro a causa delle risate mentre il ciclope sorrideva.

Il dio del mare si irrigidì di scatto sentendo un presenza dietro di lui: una presenza che avrebbe potuto riconoscere ovunque; dopotutto, era stata la prima cosa che aveva visto dopo aver aperto gli occhi all'interno dello stomaco di suo padre.

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