Capitolo 1

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Pov's Mattia

Alcol.
Fiumi di alcol scorrevano davanti ai miei occhi, come se non bastassero mai per potermi tirare su, ma quello avevo capito che non era più ciò che realmente cercavo fra quei bicchieri stracolmi, pieni di fastidioso ghiaccio che rimaneva prigioniero del fondo del bicchiere.

«Sei pronto?»

Annuii alla voce conosciuta di uno dei miei colleghi di lavoro, Dario, che arrivò ovattata alle mie orecchie.

Mi alzai così da quello sgabello lercio, destreggiandomi tra la folla sudata ed enfatizzata, strisciando fino a raggiungere il bagno del personale del locale, venendo raggiunto dallo stesso Dario

«Sei sicuro di stare bene? Sembra che tu stia per vomitare da un momento all'altro»

Ignorai le sue parole, poggiando le mani a quel lavandino sudicio ma comunque più pulito di quelli riservati al pubblico, stringendo forte la presa fino a far diventare le nocche bianche

«Se non te la senti stasera dovresti dirlo e andare a casa, non ho voglia di sentire le urla del capo perché hai vomitato addosso a qualcuno»

Lo ignorai nuovamente, sentendo la testa sempre più pesante, compiendo uno sforzo immane per voltarmi verso di lui

«Sto bene, devo lavorare. Ho bisogno di soldi, lo sai.»

«Allora vai a cambiarti e sciacquati la faccia, hai un aspetto orribile. Hai dieci minuti.»

Quelle furono le ultime parole di Dario prima che uscisse dal bagno, lasciandomi da solo a guardare con perdizione la mia immagine sullo specchio incrostato dal calcare delle gocce d'acqua schizzate.

Fissai i miei occhi all'apparenza più scuri per via della luce fioca, sentendo quasi la sensazione di essere davanti a uno sconosciuto, come se quello lì riflesso non fossi io.

Dopo quelli che mi sembrarono minuti infiniti riuscii a scollare lo sguardo da quello specchio, aprendo il rubinetto per poter raccogliere con le mani a coppa un po' d'acqua fredda, sciacquandomi così quel viso stanco di chi non riusciva mai a dormire più di tre ore a notte senza svegliarsi in preda ai soliti attacchi di panico.

Mi cambiai rapidamente dopo essere uscito da quel bagno e aver raggiunto la stanza apposita, mi bastó soltanto sfilarmi la maglia e togliermi i jeans per poter indossare dei pantaloni estremamente aderenti che di solito facevano fermare il respiro e rendevano difficili i movimenti, ma almeno attiravano l'attenzione di tutti quei ragazzi lì per guardarci e bramarci.

Ed ero dinuovo lì.
Stesso posto, stessa merda, pronto a fare l'animale da palcoscenico.
E, per concludere al meglio la serata probabilmente sarei andato a letto con uno dei tanti ragazzi che erano sotto al palco a godersi lo spettacolo, per il solo bisogno di sfogare i miei istinti e la mia rabbia.

Su quel palco insieme a Dario ed altri tre ragazzi, mi ritrovai a fingere come sempre sentimenti e comportamenti che non mi appartenevano, con l'unico scopo di apparire ammaliante, provocante e seducente davanti a tutti gli occhi presenti in quel locale prettamente frequentato da gay.

Ad ogni movimento potevo sentire degli occhi muoversi con me, analizzare ogni mio lembo di pelle vergognosamente scoperto, mentre urla e fischi di gradimento riuscivano a sentirsi nonostante la musica fosse ad un volume talmente alto da far male alle orecchie.

Durante quello spettacolo imbarazzante, forse più del solito per via dell'alcol che avevo in corpo in grado di amplificare ogni tipo di stimolo proveniente dall'esterno, riuscii finalmente a scorgere un ragazzo degno di nota, il cui viso era illuminato appena dalle luci blu, con in mano un drink mezzo pieno e uno sguardo languido puntato sul mio corpo che muovevo sinuoso: era il ragazzo perfetto per quella notte.

AMNESIA [Zenzonelli-Amici21] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora