Capitolo XVII

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«Che cosa hai fatto, Rose?»

Le lacrime continuarono a scendere sul viso della donna «Lei...lei ti stava minacciando... Io-»

«Era una ragazzina, Rose! Era Riley, per l'amor di Dio, non avrebbe fatto niente»

Rose singhiozzò «Mi dispiace, io... non ho riflettuto... io-»

La donna continuava a piangere senza freni e l'uomo le tolse delicatamente l'oggetto pesante dalle mani, per poi avvolgerla in un abbraccio.

«Mi dispiace» ripeté tra le lacrime.

Avevano lavato il più possibile l'arma del delitto poi lo aveva messo nel garage insieme al tappeto che il giorno dopo aveva provato a bruciare, riuscendoci solo in parte. Solo qualche settimana dopo, quando le acque si furono calmate, l'uomo aveva usato il suo aereo privato per volare nella loro casa alle Bahamas e buttare gli oggetti che li avrebbero incriminati.

Quella sera Ward aveva preso la macchina ed era partito per i boschi che costeggiavano la cittadina, con il cadavere di Riley nel portabagagli.

Aveva detto a Rose che se ne sarebbe occupato lui, mentre lei si faceva vedere alla festa.

Avevano scelto di lasciarla in mezzo agli alberi perché così le autorità avrebbero impiegato molto più tempo a trovarla. Tempo che serviva per far sparire le prove e costruire un alibi.

Ward la coprì con delle foglie e una lacrima sfuggì al suo controllo mentre guardava per l'ultima volta il viso della ragazza che fino a qualche ora prima considerava come una figlia.

Aveva visto Riley crescere insieme ai suoi figli, aveva visto Rafe innamorarsi di lei. Pensò al dolore che avrebbero provato Anna e Mike quando avrebbero scoperto che la loro bambina non c'era più e che qualcuno le aveva strappato la sua giovane vita.

Rafe era arrivato a casa sua correndo. Entrò nella villa senza fare rumore, impaurito dall'idea di essere beccato da suo padre.

Andò in camera sua e si vestì per la festa. Un completo azzurro con un papillon nero che a lui non piaceva per nulla, ma avrebbe fatto tutto per far felice suo padre.

Riprese in mano il ciondolo e sorrise all'idea che quella sera lo avrebbe ridato alla sua legittima proprietaria.

Prese il telefono e chiamò Riley. Voleva sapere come stesse la ragazza, doveva essere ancora dolorante per le percosse subite.

Il telefono però non era raggiungibile.

Rimise il telefono in tasca ed uscì dalla sua stanza. Fece qualche passo nel corridoio e vide la camera di Sarah aperta e scorse la ragazza stesa sul suo letto.

Erano in ritardo per la festa, che ci faceva sua sorella ancora a casa?

Andò da lei e la scosse per le spalle. Rafe notò che la ragazza era pallida e sudaticcia.

Sarah aprì lentamente gli occhi «Che ore sono?» chiese con la voce impastata dal sonno.

«Siamo in ritardo per la festa, tu che ci fai ancora qui?»

La ragazza si guardò intorno, come se si aspettasse di vedere qualcuno che in realtà non c'era.

«Io... credo di essermi appisolata»

«Stai bene, Sarah?»

Sua sorella lo guardò dritto negli occhi, ma Rafe ebbe la sensazione che non stesse guardando lui.

Dopo aver appurato che in casa non ci fosse nessuno oltre a loro due, Sarah e Rafe presero la macchina del ragazzo e si diressero verso la festa.

«Senti, Sarah, hai sentito Ray? Sono un po' preoccupato, non risponde ai messaggi e il suo telefono sembra irraggiungibile»

La ragazza assunse un'aria pensierosa, come se cercasse di afferrare un pensiero che però continuava a sfuggirle.

«Forse l'ho sentita al telefono, ma non mi ricordo che ci siamo dette»

Arrivati alla festa, videro Ward e Rose confabulare tra di loro. La piccola Wheezie era partita per una vacanza studio e Rafe si ritrovò ad invidiare la sorellina minore che non doveva sorbirsi una serata all'insegna della politica.

Provò a chiamare ancora una volta Ray, ma continuò a rispondere la voce fastidiosa della segreteria.

E se si fosse sentita male? Rafe non riusciva più a reggere i suoi pensieri paranoici, ma sentiva come se qualcosa di brutto fosse successo alla sua Ray.

Prese le chiavi della macchina e si diresse verso la casa dei Carrera.

Da quella sera ne erano susseguite molte altre. Riley era andata via senza lasciare traccia di sé da nessuna parte.

Cercava di essere forte, voleva pensare positivo. La sua Ray sarebbe tornata, se lo ripeteva di continuo. Doveva aggrapparsi a questa idea perché sennò sarebbe definitivamente crollato.

Ogni persona in giro per la città parlava di lei, anche chi non aveva avuto la fortuna di conoscerla aveva il suo nome in bocca.

Un giorno gli venne un tuffo al cuore vedendo JJ e Kiara tappezzare la città con le foto di Riley.

Ma il crollo definitivo venne dopo.

Quel giorno era andato a farsi una passeggiata in periferia, nelle zone meno frequentate della città per evitare di sentire nominare la sua ragazza da dei perfetti sconosciuti. Non poteva stare troppo tempo in camera sua dove tutto gli ricordava Ray.

Sentì le sirene della polizia risuonare per le strade di Kildare e le voci della gente mescolarsi a quel frastuono.

Erano vicini al bosco che costeggiava la piccola cittadina, quando sentì quelle poche persone attorno a lui dire «È lei! Hanno trovato la ragazza scomparsa»

Rafe non ci vide più e corse verso le volanti della polizia.

«Ray» disse sperando che la sua voce gli rispondesse.

«RAY»

Venne fermato dai poliziotti che stavano isolando l'area.

«È il figlio di Cameron» bisbigliò qualcuno dietro di lui nella folla che si era venuta a creare.

Shoupe venne verso di lui «Rafe, vai a casa»

«È Ray? La prego mi dica solo se è Riley»

Il poliziotto annuì.

«Sta bene? Posso vederla? RAY» gridò sporgendosi dalla spalla dell'uomo e fu lì che lo vide.

I soccorritori stavano portando una barella con sopra un corpo coperto da un lenzuolo bianco.

Il piccolo sorriso che si era formato sulla bocca di Rafe si spense immediatamente.

«No» disse piano «No no no no no»

«Ragazzo, vai a casa»

Rafe iniziò a vedere sfocato, mentre il suo viso si bagnava delle lacrime che aveva provato a non versare in quelle due settimane.

«È Ray» ripeté di nuovo, come se avesse bisogno di convincersene perché nella sua testa era tutto troppo irreale.

Shoupe lo abbracciò e il ragazzo si lasciò andare ad un pianto disperato mentre continuava a ripetere «È la mia Ray»

Cold case || Rafe CameronDove le storie prendono vita. Scoprilo ora