CAPITOLO 23

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"Chi è a quest'ora?" si chiede Alessandro quando ben oltre le ventitré sente suonare il campanello. Nel tempo in cui formula quella frase, il suo sesto senso però ha già proiettato la risposta. Si avvicina al portone di ingresso e guardando attraverso lo spioncino vede il bel viso di Gabriele: coi riccioli che gli ricadono scompigliati sul viso coprendo in parte gli occhi ed il labbro inferiore intrappolato tra i denti, è proprio una maledetta tentazione! Appoggia la fronte sulla porta abbattuto, suo malgrado è pronto a scommettere come andrà a finire quella serata ed addio ai buoni propositi di tenerlo un po' a distanza!

Prende un respiro profondo e si decide ad aprire, mantenendo una mano sulla porta e l'altra nella tasca del pantalone, nell'estremo tentativo di tenere le mani a posto, mentre dentro di se imperversa una lotta tra l'istinto che lo porterebbe a stringerlo tra le braccia e la ragione che gli impone di allontanarlo.

Si guardano l'uno l'altro, restando ciascuno nel proprio spazio: Gabriele un passo fuori dalla porta, Alessandro uno dentro. Non parlano, non si muovono, ma come spesso accade tra loro si affidano esclusivamente agli occhi: quelli verdi di Alessandro esprimono sofferenza, amarezza ma anche tanto affetto, mentre quelli scuri di Gabriele avanzano una muta richiesta di indulgenza e lasciano trasparire uno stato d'animo travagliato.

Gabriele resta immobile, in trepidante attesa di un cenno dell'altro, che tarda ad arrivare, facendo crescere vertiginosamente il suo livello di angoscia. In piedi davanti all'uomo all'origine della gran parte dei suoi tormenti, sul quale vorrebbe lanciarsi per ripristinare quel legame di cui sente la mancanza fin nelle ossa, si tiene impegnato giocando nervosamente con le chiavi della moto strette a sinistra, mentre a destra regge il casco.

Alessandro, che percepisce lo struggimento di Gabriele, stringe il pugno nascosto nella tasca, mentre l'altra mano si artiglia al legno della porta, come fosse l'ultima speranza di salvataggio nel fiume di emozioni che lo sta travolgendo inesorabile e contro il quale non è certo di poter combattere a lungo.

"Che ci fai qua? Perché sei venuto?" rompe infine lo stallo.

"Ho bisogno di parlarti. Non avrei voluto piombarti in casa a quest'ora, ma non mi hai lasciato altra scelta."

"A quanto pare tra noi funziona così: per incontrarci dobbiamo invadere a vicenda i rispettivi spazi con prepotenza".

Gabriele, coglie il chiaro riferimento, abbassa gli occhi per un attimo, poi torna a guardarlo:

"Mi concedi qualche minuto?"

"Come se potessi dirti di no..." bofonchia Alessandro arrendevole. Fa un passo di lato per dare modo a Gabriele di entrare, ma lui non si muove e scuote il capo.

"Ti aspetto qua, prendi il giacchetto, parliamo in strada."

Alessandro è sorpreso dall'insolita richiesta di Gabriele, ma decide di assecondarlo. Scendono insieme fino al piano terra, mantenendo anche in ascensore una certa distanza che nessuno dei due tenta di ridurre, aspetto assolutamente nuovo per loro. Nell'angusto spazio della cabina la tensione sale a livelli altissimi, il silenzio si fa insopportabile, interrotto solo dai rumori metallici dell'impianto che arrivano loro attutiti. Si guardano, si studiano a vicenda, ma nessuno prende l'iniziativa. Quando le porte si aprono nell'androne del palazzo, Gabriele esce per primo e si dirige svelto in strada fermandosi vicino alla sua moto, dove inizia ad armeggiare inutilmente con i comandi, in una gestualità che denuncia un chiaro nervosismo.

Alessandro in piedi dietro di lui, con le braccia conserte lo osserva in attesa che dica qualcosa, ma dopo qualche minuto, infastidito, gli afferra i polsi per costringerlo a fermarsi.

Gabriele spalanca gli occhi e sussulta: nei punti in cui Alessandro lo sta toccando sente la pelle sensibilizzata, come se quel semplice contatto lo avesse scottato. Poi solleva lo sguardo in quello dell'altro che prosegue nel suo mutismo.

Una vita sospesa a meta' (boyxboy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora