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Novembre 2011

Sono furiosa, perché deve intromettersi nelle mie cose.

Perché è entrato così di prepotenza nella mia quotidianità, perché inizia a entrarmi fin dentro alle ossa, le viscere risalendo fino ai pensieri.

Lo detesto.

Attraverso a grandi falcate il campo da gioco, la squadra di football ha terminato da pochi istanti l'allenamento. I giocatori sono quasi tutti intenti a rimettere a posto gli strumenti disseminati sul prato sintetico.

Ma il mio obiettivo è un ragazzo alto e... maledettamente sexy.

Il migliore amico di mio fratello.

«Finalmente ho saputo il motivo della rissa della scorsa settimana. Non ti permettere mai più di usare la violenza per prendere le mie difese... non sono una damigella da salvare. So badare a me stessa. È chiaro?» Punto sicura il dito contro il suo petto fatto d'acciaio.

«Ehi, piccola K. A cosa ti riferisci?»

«Oh, non fare il finto tonto... sai benissimo a cosa mi riferisco.» Tyler, responsabile di quel commento stupido nei miei confronti osserva la scena a debita distanza. Buon per lui, perché voglio che il messaggio lo raggiunga.

Negli spogliatoi, a quanto pare, oltre a tirarsi pacche sulle spalle e grugnire da veri cavernicoli, passano anche il loro tempo a schernire o commentare in maniera misogina le ragazze. Qualche giorno fa sono stato io al centro del dibattito e Peter ha preso le mie parti scaraventandosi su di lui e le sue guardie del corpo.

«Non ti scaldare... non penso tu sia una damigella indifesa, ma insomma non è giusto che dei ragazzi rivolgano dei commenti di quel genere ad una ragazza.»

«Peter, non è un tuo problema. Posso sbrigarmela benissimo da me. Non ho bisogno che tu difenda il mio onore.»

«Non capisco perché te la prendi tanto... davvero. Qual è il punto, Kate?» Questo è il suo punto di rottura, quando pronuncia il mio vero soprannome riconosco di aver toccato un tasto dolente.

«Non voglio che tu faccia a botte per me. Primo perché non ho bisogno del tuo aiuto, secondo perché potresti farti male, terzo potresti finire nei guai... e non voglio.» La voce quasi rotta mi tradisce. Maledizione.

Abbasso anche il dito e le spalle, in segno quasi di resa e, raramente, succede.

«Quindi, ti preoccupi per me?» ammicca sfrontato.

«Piantala di fare il cretino. Hai capito benissimo.» Non voglio che legga sul mio volto altri segni di cedimento, mi volto in fretta e scompaio all'orizzonte, lasciando sconcertati tutti i presenti, compreso Evan che mi fissa interdetto dallo scambio di battute.

Lo sguardo di Peter in quel dannato campo sintetico mi rimane conficcato in testa per diverse ore, come se una fiamma danzasse in quelle stupende iridi pitturate del colore del cielo.

***

Lisa ha finalmente trovato il modo per piegarmi come una sua pedina e farmi sgobbare per allestire le scenografie e organizzare il materiale dello spettacolo teatrale della scuola.

Lavoro più tedioso e infinito non esiste.

È già da parecchie ore che mi trovo nell'auditorium e la schiena inizia a dolorare.

Sto facendo roteare il collo per sciogliere la contrattura e con le cuffie ascolto a tutto volume i Genesis, quando ad un certo punto sento bussare alla mia spalla, faccio un sobbalzo.

È Peter, che allarga un sorriso sul suo volto. «È questo l'effetto che faccio?» e si mette nuovamente a ridere, mostrandomi le fossette lungo le guance.

Me in Your AbsenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora